INTRODUZIONE
Il presente elaborato si pone l'obbiettivo di proporre la traduzione di una parte di uno dei
volumi più importanti in ambito medico-legale. Si tratta del volume più celebre ed utilizzato
dagli “addetti ai lavori”, Forensic pathology scritto da Bernard Knight. La versione presa in
analisi è la terza ed è stata pubblicata nel 2004. Con la pubblicazione, nel 2015, della quarta
edizione, la terza è stata messa gratuitamente a disposizione sulla rete in formato digitale. Gli
argomenti affrontati dal manuale sono molteplici, per citarne alcuni: i fenomeni cadaverici
post-mortali (capitolo oggetto della mia analisi), modalità di autopsia, soffocamento, morte
connessa a violenza sessuale, morte per ipotermia, morti improvvise, morte per
avvelenamento da monossido di carbonio, ecc.
La mia scelta è ricaduta su tale argomento in quanto gli studi di un membro della mia
famiglia, mia sorella, medico chirurgo specializzando in medicina legale all'Università degli
Studi di Cagliari, hanno fatto nascere in me un insolito interesse nei confronti dell'argomento
dei suoi studi. Da sempre la curiosità mi ha spinto a sfogliare alcuni dei suoi libri, rimanendo
talvolta sgradevolmente colpita, ma probabilmente proprio da questo sono stata temprata ed
ora è difficile trovare trattazioni o immagini relative ad autopsie che io non riesca a leggere o
guardare.
Entrando più nel concreto del mio lavoro, ho scelto di tradurre il secondo capitolo del
volume (“The pathophysiology of death”) in quanto credo sia quello che maggiormente
racchiude in maniera molto esplicativa e chiara ciò che ogni giorno si trovano ad affrontare i
medici legali. Altri capitoli concernevano più nello specifico una singola modalità di morte,
mentre la parte su cui è ricaduta la mia scelta, nonostante sia estremamente specializzata,
interessa un più ampio raggio di casi.
L'organizzazione della mia tesi si sviluppa in tre capitoli: il primo illustra la parte più
teorica partendo dalla definizione di lingua speciale, fornendone una breve storia,
illustrandone le caratteristiche lessicali e morfologiche e presentando ciò che significa fare il
traduttore di ambito medico; nel secondo capitolo propongo il mio lavoro di traduzione con
source text a fronte, idealmente creato per essere comprensibile al pubblico non di profani ma
di addetti allo studio della materia; e nel terzo capitolo illustro ampiamente le caratteristiche
lessicali, morfologiche, e sintattiche dei testi medici, con esempi chiarificatori individuati
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personalmente nel mio testo, e espongo inoltre i punti critici incontrati nel mio percorso e le
strategie utilizzate per superare gli ostacoli derivati dalla complessità del linguaggio
analizzato e dell'argomento scelto.
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CAPITOLO 1
Le lingue speciali
1.1 Breve storia delle lingue speciali
Per quanto riguarda la lingua italiana, specialmente se guardiamo all'ambito della lingua
letteraria, esiste un'enorme mole di pubblicazioni che ne attesta in maniera estremamente
dettagliata la nascita e la storia evolutiva. Non si può dire lo stesso per le lingue speciali
1
.
Non è possibile tracciare un profilo completo, ma gli approfondimenti degli ultimi anni
portati avanti da studiosi come M. L. Altieri Biagi
2
, hanno permesso la conoscenza dei
processi di formazione di tali lingue. A parte le differenze che distinguono le varie lingue
speciali, vi sono indubbiamente alcune caratteristiche che le accomunano: prima fra tutte è il
rapporto con il latino, da sempre utilizzato come lingua della comunicazione specialistica
(abbandonato per permettere l'affermazione di una lingua speciale autonoma e organica); il
legame con i nomi di arti e mestieri, di norma a base regionale; la necessità di disporre di una
sorta di “magazzino” a cui attingere per far fronte ai bisogni lessicali, individuato di volta in
volta nei vari domini della lingua comune, delle lingue regionali, delle lingue straniere o di
quelle classiche; il loro sviluppo nel corso del tempo, che vede nel periodo del XVI e XVII
secolo una fase di incubazione e di scelta dei criteri di costituzione di molte lingue speciali, i
quali sono andati poi a stabilizzarsi nel XVIII secolo.
Fu Galileo Galilei (fisico, filosofo, astronomo e matematico vissuto dal 1564 al 1642)
ad introdurre per primo alcuni termini della fisica sperimentale. La particolarità della
questione sta nel fatto che egli scelse di rinunciare al latino (da sempre, come già detto, lingua
della comunicazione internazionale) e al lessico volgare delle arti meccaniche, per orientarsi
verso un livello medio-alto di lingua comune. Il materiale lessicale usato da Galileo fu
sottoposto ad una necessaria rideterminazione semantica ed eliminazione dei rapporti di
1
Affronteremo la questione relativa alla denominazione di tali lingue nel paragrafo successivo.
2
Allieva di Giacomo Devoto, accademica emerita della prestigiosa Accademia della Crusca e collaboratrice di
diverse riviste di glottologia. Si è occupata di storia della lingua italiana, di linguaggi settoriali, di linguistica
testuale, di didattica dell'italiano e di stilistica.
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sinonimia: tali azioni furono necessarie in quanto si trattava di termini della lingua comune
come forza, resistenza, momento, macchie solari, pendolo.
1.2 Definizione di lingua speciale
Nel presente lavoro si utilizza la denominazione di lingue speciali (Cortelazzo, 1994)
per indicare “le varietà della lingua utilizzate in settori specifici della vita sociale e
professionale” (Berruto, 1977). Sono molte le denominazioni spesso impiegate per riferirsi a
tali varietà, ma non si tratta sempre di sinonimi. Federica Scarpa illustra che tale problematica
di denominazione è inevitabilmente legata anche ad un problema di designazione del campo
d'indagine.
Nel 1981 Wallace si riferì ai linguaggi specialistici con il concetto di restricted
languages, legato a quello già conosciuto di “codici ristretti” (Firth, 1957), ma l'idea che
scaturiva da questa denominazione era estremamente riduttiva e rafforzava “il concetto di
separazione e sottomissione alla lingua generale per designare i codici ristretti contenenti
alcune frasi della lingua comune per la comunicazione di tipo specialistica (Scelzi, 2009)”.
In Italia sono state utilizzate le denominazioni di: lingue speciali (corrispondente
all'etichetta inglese di special languages, a quella francese di langues de spécialité e a quella
tedesca di Fachsprachen), linguaggi speciali, linguaggi specialistici (Gotti, 1991),
microlingue
3
(Balboni, 2000), linguaggi settoriali (Beccaria, 1973), tecnoletti (Wandruszka e
Paccagnella, 1974), linguaggi tecnici (Parisi, 1962), sottocodici (Dardano e Berruto, 1994),
usi speciali della lingua (De Mauro, 2012), lingue per scopi speciali (Montagna, 2004), lingue
di specializzazione. In questa sede non affronteremo l'analisi dettagliata di tutte queste
diciture, ci limiteremo ad impiegare la denominazione di lingua speciale proposta da
Cortelazzo (che deve molto al contributo di Berruto 1974, 68).
Per lingua speciale si intende una varietà funzionale di una lingua naturale, dipendente da un
settore di conoscenze o da una sfera di attività specialistici, utilizzata nella sua interezza, da un
gruppo di parlanti più ristretto della totalità dei parlanti la lingua di cui quella speciale è una
varietà, per soddisfare i bisogni comunicativi (in primo luogo quelli referenziali) di quel settore
specialistico; la lingua speciale è costituita a livello lessicale da una serie di corrispondenze
aggiuntive rispetto a quelle generali e comuni della lingua e a quello morfosintattico da un
insieme di selezioni, ricorrenti con regolarità, all'interno dell'inventario di forme disponibili
nella lingua.
(Cortelazzo, Lingue speciali, 1994: 8)
3
Dicitura inadeguata poiché fornisce l'idea di un “microcosmo non dotato di tutte le potenzialità espressive
tipiche del sistema linguistico standard.” (Gotti, 1991)
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Nonostante Gotti parli principalmente di linguaggi specialistici, egli fornisce una
definizione di lingue speciali che si discosta da quella di Cortelazzo. Per Gotti si può parlare
di lingue speciali facendo riferimento ai quei linguaggi diversi dalla lingua comune che
utilizzano regole proprie e simboli particolari.
Quindi alla definizione di lingue speciali viene attribuito un duplice significato (Scarpa,
2008):
in senso stretto, si tratta di sottocodici oggetto della traduzione specializzata in
possesso di tratti lessicali, morfosintattici e testuali caratteristici. Questi vengono
impiegati affinché la comunicazione in determinati ambiti di esperienza abbia
massima efficacia e funzionalità, ovvero per fornire a scienziati e professionisti uno
strumento di riconoscimento sociale che ribadisca la loro appartenenza ad un gruppo
di specialisti;
in senso lato, si tratta di linguaggi settoriali che, nonostante siano peculiari di
determinati argomenti e ambienti comunicativi, non rappresentano varietà linguistiche
con tratti distintivi omogenei (soprattutto per quanto concerne il lessico).
1.3 Le due dimensioni delle lingue speciali
Nella ricerca italiana le lingue speciali vengono considerate come varietà diafasiche,
ovvero dipendenti dalla situazione, dal contesto sociale e dal ruolo assunto dai parlanti nelle
diverse circostanze. Nella ricerca sulla comunicazione specialistica, la dimensione diafasica
prende il nome di dimensione verticale, la quale analizza il rapporto tra la lingua e l'uso, che
spesso si intreccia con la dimensione orizzontale, la quale prende in considerazione le varie
discipline e sotto-discipline, o meglio il rapporto tra lingua e argomento.
Per illustrare con più chiarezza il concetto di dimensione orizzontale è bene prendere
come riferimento la distinzione tra disciplina scientifica, che distingue le “scienze fisiche” o
“naturali” o “dure”
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dalle “scienze umane” o “sociali” o “morbide” o “molli”. Le scienze
dure comprendono discipline caratterizzate da comportamenti regolari, i cui studi, immutabili
nel tempo, portano a risultati di carattere assoluto, e sono la fisica, la matematica, la biologia,
4
Lo studioso G. D. Fischbach nel 1993 operò un'ulteriore distinzione all'interno delle scienze fisiche: quelle
“astratte” erano riferite a cose immateriali come i numeri e i pensieri, mentre quelle “naturali” si riferivano a
cose esistenti sia al di fuori di noi (rocce e stelle, per esempio) sia dentro di noi (medicina).
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la chimica, l’ingegneria e la medicina. Per scienze molli invece si intendono discipline come
il diritto, l’economia, la sociologia, l’antropologia, la geografia umana e la psicologia. Queste
ultime si occupano dei fenomeni che si verificano all’interno di una società e dei
comportamenti umani, che hanno basso tasso di regolarità e prevedibilità e variano nel
tempo.
In questa dimensione orizzontale le lingue speciali sono costituite da alcuni tratti che
possono suddividersi nella maniera che segue:
tratti comuni a tutte le varietà: è quell'insieme di caratteristiche che costituisce il
common core. Scarpa lo definisce come un tratto composto sia dalla lingua comune
che dalla lingua della scienza, in cui quest'ultima può essere definita tale in quanto
impiega il “metodo scientifico” per scavare nel proprio oggetto di studio: si svolgono
cioè delle osservazioni, si fanno delle ipotesi, si procede con esperimenti di laboratorio
e, solo se le ipotesi iniziali vengono confermate dalle prove di laboratorio, si potrà
parlare di verità scientifica;
tratti comuni ad alcune varietà, anche se con diversa frequenza;
tratti peculiari a una determinata varietà: tramite queste proprietà è possibile
individuare le differenze dei contenuti, delle procedure e dei tipi di argomentazione
tipici delle varie discipline specialistiche.
Nel rapporto tra lingua e uso, affrontiamo quindi la dimensione verticale, è possibile
distinguere le variazioni proprie alle lingue speciali che avvengono a seconda del contesto
sociale e culturale in cui si verifica la comunicazione, ovvero in base alle diverse situazioni in
cui essa viene adoperata. I fattori che influiscono sulla stratificazione verticale sono
essenzialmente tre:
il rapporto tra l'emittente di un testo specialistico e il suo oggetto di studio: un
coinvolgimento personale può avere importanti ripercussioni sull'ipotesi scientifica da
indagare e perciò è possibile che il ricercatore non sia in grado di conservare un punto
di vista del tutto obiettivo;
i “modi di lettura” di un testo, ovvero lo scopo per cui il destinatario legge un
documento: la lettura sarà attenta se lo scopo è quello di ricercare informazioni che
permettano al lettore di svolgere una determinata attività (ad esempio, un manuale di
istruzioni); avverrà uno studio approfondito del documento se l'obiettivo è quello di
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ricordarlo, ad esempio, per fini universitari; la lettura avverrà in maniera rapida e non
del tutto attenta se il fine della lettura è quello di capire sommariamente se il testo in
questione potrà essere utile in un secondo momento;
la varietà dei destinatari del discorso scientifico, poiché la realizzazione del discorso
scientifico non si limita alla comunicazione tra esperti.
È chiaro che ogni livello specialistico necessita di un registro linguistico appropriato e,
tra gli altri, Gotti ha elaborato una classificazione in tre punti basata sulle diverse situazioni in
cui lo specialista può trovarsi quando deve esprimersi su un argomento professionale:
nell'esposizione scientifica, lo specialista si rivolge ad altri specialisti e può quindi
fare uso di termini specialistici (è il caso, ad esempio, di un articolo pubblicato su una
rivista specializzata);
nell'istruzione scientifica, lo specialista fa uso della lingua speciale per esprimere i
concetti della sua disciplina poiché si rivolge, con scopi didattici, a non specialisti (ad
esempio, un manuale d'istruzione);
nel giornalismo scientifico, lo specialista ha un intento prevalentemente divulgativo e,
sebbene si stia di nuovo rivolgendo ad un pubblico di non specialisti, non usa la lingua
speciale, ma cerca di adoperare il più possibile la lingua comune (è il caso degli
articoli scientifici pubblicati sui quotidiani).
1.4 Caratteristiche generali
Per moltissimo tempo lo studio delle lingue speciali è stato rivolto in maniera quasi
esclusiva alla terminologia, o comunque al lessico, poiché è esso a fornire gli elementi che
permettono la distinzione dalla lingua comune ma anche da altre lingue speciali. Ma Fluck nel
1980 affermò che era impossibile parlare di lingue senza includere la sintassi, poiché
altrimenti ci sarebbe stato solo un mero assemblaggio di termini. È per questo che in questa
sede verranno presi in esame ulteriori aspetti come la morfosintassi e l'organizzazione
testuale.
1.4.1 Lessico
Cortelazzo descrive la questione lessicale delle lingue speciali tracciando il profilo di
alcune caratteristiche necessarie affinché si possa parlare correttamente di lessico delle lingue
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