Pag. 4 di 95 - Capitolo I – Breve storia della Palestina
Col nome Palestina viene indicata la regione geografica del Vicino Oriente compresa tra il
Mar Mediterraneo, il fiume Giordano, il Mar Morto, a scendere fino al mar Rosso e i confini
con l'Egitto. Attualmente il suo territorio è diviso tra i territori palestinesi, la Giordania (l'area
transgiordana più vicina al fiume, sulla sponda orientale è chiamata appunto "Palestina
orientale"), il Libano, la Siria e lo Stato di Israele, ovvero l'area del Mandato britannico della
Palestina (1920-1948) a ovest del fiume Giordano.
Il mandato britannico della Palestina fu un'istituzione storica, frutto degli Accordi Sykes-Picot
del 1916, che permise al Regno Unito di governare la Palestina tra il 1920 e il 1948, dopo la
sconfitta dell'Impero Ottomano nel corso della I Guerra Mondiale. La gestione mandataria
britannica tentò di mantenersi neutrale nei contrasti già esistenti tra le due entità
maggiormente presenti nell’area (Popolazione Araba, a sua volta divisa tra Mussulmani e
Cristiani, e Popolazione Ebraica), ma tale atteggiamento provocò critiche da entrambe le parti,
che culminarono nel burrascoso termine del mandato britannico, chiusosi ufficialmente nel
maggio 1948. I contrasti nelle popolazioni presenti in quel territorio risalgono alla notte dei
tempi, ma per motivi di opportunità legati alla finalità di questo studio verrà tenuto in
considerazione solo il periodo a partire dalla fine del mandato britannico.
Pag. 5 di 95 - 1. La fine del Mandato Britannico
Il 2 aprile 1947, la delegazione del Regno Unito inviò una lettera al Segretario Generale delle
Nazioni Unite (facente funzioni), chiedendo che la “questione palestinese” fosse iscritta
all'ordine del giorno della successiva sessione ordinaria dell'Assemblea Generale e, inoltre,
che una speciale sessione dell'Assemblea Generale fosse convocata al più presto al fine di
costituire e istruire un comitato speciale per preparare l'esame della questione da parte
dell'Assemblea nella prossima sessione ordinaria. La lettera indicava anche che il governo del
Regno Unito avrebbe presentato un resoconto della sua amministrazione del Mandato della
Palestina all'Assemblea Generale e chiedeva all'Assemblea di formulare raccomandazioni, ai
sensi dell'articolo 10 della Carta, per quanto riguardava il futuro governo della Palestina
1
.
L'ONU designò il 13 maggio 1947 i membri di un Comitato, l'UNSCOP, composto dai
rappresentanti di 11 Stati (Australia, Canada, Guatemala, India, Iran, Paesi Bassi, Perù,
Svezia, Cecoslovacchia, Uruguay, Jugoslavia). Per evitare accuse di parzialità, nessuna delle
grandi potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale (Cina, Francia, Gran Bretagna,
URSS, USA) entrò a far parte del Comitato, né tantomeno alcuno stato arabo.
L'UNSCOP considerò diverse opzioni, dai due stati alla federazione, allo stato cantonale, in
modo da rispettare per quanto possibile le richieste di entrambe le fazioni, considerate
comunque fondate. Nella sua relazione l'UNSCOP giunse alla conclusione che era
“manifestamente impossibile” contemperare entrambe le esigenze appieno, in quanto le
posizioni di entrambi i gruppi erano incompatibili, ma che era anche inaccettabile appoggiare
solo una delle due posizioni
2
. Alla fine le proposte messe al voto furono due, sette dei membri
dell'UNSCOP (Canada, Cecoslovacchia, Guatemala, Paesi Bassi, Perù, Svezia, Uruguay)
votarono a favore di una soluzione con due Stati divisi e Gerusalemme sotto controllo
internazionale (spartizione che era già stata proposta più volte senza successo dalle autorità
britanniche), tre per un unico stato federale (India, Iran, Repubblica Socialista Federale di
Jugoslavia), ed uno si astenne (Australia). Tra le raccomandazioni date all’unanimità
dall’UNSCOP vi era oltretutto quella di chiudere il mandato Britannico e concedere
l’indipendenza alla Palestina nel più breve tempo possibile. L'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite accettò a larga maggioranza la proposta dell'UNSCOP (anche e soprattutto
grazie alla pressioni svolte sull’Assemblea dagli Stati Uniti e dal loro presidente Harry
Truman), ma apportò alcune modifiche al tracciato frontaliero che avrebbe separato i due
istituendi Stati.
Pag. 6 di 95 - L’approvazione della risoluzione di spartizione, fortemente osteggiata dalla Gran Bretagna
che si astenne al voto, provocò gravi tumulti in tutto il mondo arabo, tumulti che portarono ad
una guerra civile non dichiarata ma sempre più aspra
3
. Con il crescere della violenza si capì
che la Gran Bretagna non aveva alcun interesse ad intervenire in una problematica che non era
più di interesse nazionale ed attuò una tattica di impegno minimo delle forze militari, ed
esclusivamente in autodifesa, atteso che i comandanti militari britannici non avevano alcun
interesse a vedere ulteriori loro uomini feriti od uccisi, né tantomeno il Governo Britannico, al
termine di sei anni di guerra, aveva le risorse finanziarie per effettuare un intervento militare
su larga scala nell’area.
L’assenza di intervento britannico aprì la strada ad un inasprimento del conflitto per il
controllo della Palestina. Per entrambe le parti in causa la posta in gioco era troppo grande
perché rinunciassero a combattere per ottenere il monopolio del paese
4
.
Fin dall’inizio fu evidente la maggior coordinazione delle forze israeliane in campo rispetto a
quelle arabe che, seppure potessero contare (almeno inizialmente) sulla superiorità numerica,
pagavano lo scotto della divisione in più gruppi e dell’assenza di individui addestrati alla
guerra moderna. Anche dal punto di vista politico l’obbiettivo era poco chiaro, a parte il
comune desiderio di impedire la nascita dello stato ebraico. Per contro migliaia di ebrei
avevano esperienze militari con l’esercito britannico o con la brigata ebraica, con preciso
addestramento e conoscenza della guerra moderna. L’organizzazione militare ebraica,
derivata dalla haganah
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, era basata su sei brigate a difesa delle zone cruciali che arrivarono a
contare circa 15.000 unità, ben addestrate ed organizzate ma scarsamente equipaggiate a
causa della ostilità britannica.
Nei mesi critici che precedettero la fine del mandato, gli ebrei si assicurarono il vantaggio
tattico, schierando le proprie forze attraverso l’attuazione del “Piano Dalet” (o Piano D) che
prevedeva una serie di ordini operativi dati alle brigate per difendere i territori assegnati
dall’ONU all’istituendo stato ebraico nonché gli insediamenti ebrei in territorio arabo. Il piano
nasceva con uno scopo prettamente difensivo, ma il suo effetto fu quello di ampliare de facto
le zone sotto controllo ebreo, consolidare la continuità territoriale dell’area dell’istituendo
stato ebraico ed assicurare la superiorità tattica ebrea al momento della fine del mandato
Pag. 7 di 95 - Britannico. Nel corso dell’applicazione del Piano D decine di migliaia di arabi fuggirono o
furono forzatamente allontanati dalle loro case.
2. La proclamazione dello stato di Israele e la guerra arabo israeliana del 1948
Il 14 maggio 1948 l’alto commissario Britannico lasciò Gerusalemme e si imbarcò ad Haifa,
sancendo la fine del mandato Britannico sulla Palestina. Contemporaneamente, nel museo di
Tel Aviv, fu annunciata la dichiarazione di indipendenza dello stato di Israele, che sarebbe
stato aperto a tutti gli ebrei.
Il giorno successivo, mentre le ultime truppe britanniche lasciavano la Palestina, la lega araba,
attraverso gli eserciti di Libano, Siria, Iraq, Arabia Saudita, Giordania ed Egitto, attaccava
contemporaneamente il neonato stato di Israele, ovviamente non riconosciuto, con l’asserito
intento di annientarlo
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. Di fatto la lega araba che intervenne in Palestina il 15 maggio non era
unita negli scopi, né preparata alla guerra. Quattro dei sei eserciti schierati contro Israele –
libanese, siriano, iracheno e saudita – fecero molto poco in termini di azioni offensive,
sebbene la loro presenza tenesse ovviamente impegnate le truppe israeliane
7
.
Gli scontri ebbero vicende alterne nella fase iniziale. Israele sembrò sopraffatta dalle
preponderanti forze ostili, soprattutto dalla legione Araba di Transgiordania, comandata da
ufficiali britannici, che combatteva nel settore di Gerusalemme e dalle forze egiziane che
attaccando da sud minacciavano Tel Aviv, ma alla tregua predisposta dalle Nazioni Unite per
l’11 giugno non era chiaro quale fazione fosse in posizione di vantaggio. Lo sforzo bellico
degli arabi aveva gravemente risentito della mancanza di un comando unificato, mentre gli
israeliani avevano un disperato bisogno di carri armati, artiglieria e, soprattutto di aerei
8
.
La tregua consentì alle forze in campo di riorganizzarsi e ad Israele di far giungere in
supporto (in parziale violazione delle condizioni della tregua) mezzi e soprattutto aerei dalla
Cecoslovacchia e dal resto d’Europa (in quel periodo stracolma di mezzi rimasti dalla seconda
Pag. 8 di 95 - guerra mondiale). Il cessate-il-fuoco fu sorvegliato dal mediatore delle Nazioni Unite Folke
Bernadotte che, al termine di essa, presentò un nuovo Piano di partizione che avrebbe
assegnato la Galilea (la regione più settentrionale della Palestina) agli ebrei ed il Negev (la
regione più meridionale della Palestina) agli arabi. Entrambe le parti contendenti respinsero il
Piano. L'8 luglio le forze armate egiziane ripresero le operazioni di guerra, ma gli israeliani
passarono in evidente vantaggio, e lo mantennero fino alla seconda tregua disposta, dopo
intensi sforzi diplomatici condotti dall'ONU, per il 18 luglio. Il 16 settembre, Folke
Bernadotte propose una nuova partizione che rifletteva la situazione delle forze in campo.
Israele avrebbe mantenuto la Galilea ma abbandonato gran parte del Negev e restituito Lydda
e Ramla agli arabi; Gerusalemme avrebbe avuto uno status internazionale ed i rifugiati
palestinesi avrebbero avuto diritto a tornare a casa. Il piano fu nuovamente respinto da
entrambe le parti. Il giorno dopo, 17 settembre, Bernadotte fu assassinato ed il suo vice, lo
statunitense Ralph Bunche, lo rimpiazzò.
L’offensiva israeliana continuò contro l’unico degli avversari che continuava apertamente le
ostilità, l’Egitto, e terminò, su pressione degli Stati Uniti, solo quando l’aviazione israeliana
abbatté 5 Spitfire Britannici che stavano fornendo supporto agli egiziani nel deserto del Sinai.
Gli Stati Uniti non potevano consentire una eventuale guerra Israele-Gran Bretagna.
Nel 1949, Israele firmò armistizi separati con l'Egitto il 24 febbraio, con il Libano il 23
marzo, con la Transgiordania il 3 aprile e con la Siria il 20 luglio. Per quanto la linea di
demarcazione armistiziale non dovesse avere, in linea di principio, alcun valore in merito alla
sistemazione territoriale definitiva della Palestina, essa segnò de facto i confini del neonato
stato di Israele, che iniziò ad essere riconosciuto dalla comunità internazionale e, nel maggio
1949, ebbe un seggio alle Nazioni Unite.
Per contrasto, la situazione degli arabi palestinesi era disastrosa. Le Nazioni Unite stimarono
che 711.000 palestinesi, metà della popolazione araba della Palestina dell'epoca, fuggirono,
emigrarono o furono obbligati a sgomberare durante il conflitto
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.
3. Il consolidamento di Israele e il problema dei profughi palestinesi
Israele uscì dalla guerra del 1948-49 cosciente delle proprie capacità difensive,
tendenzialmente rassicurata e con confini notevolmente più ampi di quanto prevedesse la
risoluzione di spartizione del 1947 (nonostante fosse, di fatto, in guerra con tutti gli stati
limitrofi, atteso che i suoi confini si basavano su linee di armistizio). Precaria era invece la