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INTRODUZIONE
La responsabilità sociale d’impresa, la green communication e la sostenibilità - ambientale e
sociale – sono tematiche che negli ultimi anni hanno iniziato a suscitare sempre più interesse,
non solo nel consumatore, ma anche nel mondo delle imprese.
Il consumatore moderno, infatti, è più informato, più responsabile e presta maggiore
attenzione alla sicurezza, alla qualità e alla provenienza dei prodotti.
In effetti, nel corso del tempo, ha modificato il suo comportamento d’acquisto orientandosi
verso prodotti eco-friendly e a un minore impatto ambientale, ha fatto sì che nascesse quello
che viene definito il “consumatore green”, più attento alla salute dell’uomo e del pianeta.
Consapevole dell’importanza che ricopre, nasce in lui il desiderio di adottare scelte più
rispettose dell’ambiente e quindi più orientate al risparmio e al riciclo e allo stesso modo,
anche le imprese, sia per andare incontro alle nuove esigenze e alle nuove richieste dei
consumatori, sia per operare in maniera più responsabile e verde, iniziano ad attribuire una
maggiore importanza alla sostenibilità e all’ecologia; modificano le loro politiche aziendali
orientandole verso un atteggiamento di maggiore collaborazione e cooperazione con i
consumatori, cercano di raggiungere obiettivi comuni e di dare vita a progetti di grande
rilevanza sociale come promuovere comportamenti più responsabili e ad un più basso impatto
ambientale.
Ma il destinatario ultimo del valore creato dall’azienda non è più semplicemente il
consumatore, bensì un complesso sempre più ampio di entità - individuali e non - che
interagiscono con l’azienda poiché appartenenti, direttamente o indirettamente, all’ambiente
in cui l’impresa stessa opera. Tali entità sono definite “stakeholders” o “portatori di
interesse” che partecipano al valore realizzato dall’azienda stessa: influenzano e sono a loro
volta influenzate positivamente o negativamente dall’iniziativa aziendale.
Partendo da queste considerazioni, ho deciso di sviluppare il primo capitolo evidenziando il
ruolo fondamentale che la responsabilità sociale d’impresa gioca quotidianamente nella
relazione con gli stakeholders. Difatti sono molte le aziende che, negli ultimi anni, hanno
deciso di orientarsi verso approcci più sostenibili, ma, sono invece ancora troppe, quelle che
continuano a non curarsi dei danni - soprattutto a livello ambientale - che provocano. Per
questo motivo ho voluto dedicare il secondo capitolo alla Campagna Detox lanciata da
Greenpeace, l’associazione internazionale che vanta oltre 2.8 milioni di sostenitori nel mondo
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e che dal 1971 promuove campagne a favore dell’ambiente. Le ricerche effettuate da
Greenpeace hanno dimostrato come alcune industrie tessili, produttrici e anche collaboratrici
di case di moda del calibro di Nike e Adidas, rilascino scarichi dannosi e inquinanti nei più
grandi corsi d’acqua, in particolare in quelli presenti sul territorio cinese, dove ormai molte
imprese - anche italiane - hanno spostato i loro impianti produttivi.
Lo scopo di questa campagna di sensibilizzazione è quello di convincere queste aziende e i
loro fornitori stranieri ad adottare politiche più sostenibili, coinvolgendo l’opinione pubblica
sul tema dell’inquinamento delle falde acquifere e, più in generale, del pianeta. Nel giro di
poco tempo le adesioni di brand italiani ed internazionali sono state numerose: molte sono
state le aziende che hanno accolto la sfida proposta dall’associazione e hanno
progressivamente modificato i propri metodi di produzione eliminando l’utilizzo di alcune
sostanze tossiche a favore di un maggiore rispetto per l’ambiente e per la salute dell’uomo;
alcune, inoltre, hanno accettato di rendere noti i dati sulla dismissione di agenti chimici,
promuovendo, anche una maggiore trasparenza nei confronti dei consumatori. Le analisi
svolte da Greenpeace su alcuni abiti di diversi brand, acquistati come campioni, hanno
mostrato che nelle fasi di produzione e di lavorazione dei tessuti venivano utilizzate sostanze
chimiche come ftalati, con soglie che superavano quelle consentite dalla legislazione europea,
ammine cancerogene e nonilfenoli etossilati, ossia prodotti chimici non presenti in natura che,
una volta rilasciati e dispersi nell’ambiente, provocano danno irreparabili.
La prima azienda tessile italiana che ha voluto aderire alla Campagna Detox è stata Canepa
che si è impegnata pubblicamente ad eliminare le sostanze chimiche entro il 2020,
sottoscrivendo il Detox Solution Commitment ed accogliendo la sfida lanciata da Greenpeace,
uno dei più grandi movimenti ambientalisti del mondo.
L’azienda comasca, fondata nel 1966, nasce originariamente come produttrice di tessuti serici,
attività in cui è diventata leader mondiale di fascia alta nel mercato, ma, in seguito, decide di
aggiungere alla sua originaria attività la produzione di una vasta gamma di tessuti pregiati di
diverse fibre naturali come il cachemire, la lana, il cotone, il lino e, infine, la canapa.
Da sempre, l’industria tessile, è stata riconosciuta e identificata come una delle maggiori e
principali responsabili del degrado ambientale ma Canepa è particolarmente sensibile a
tematiche che stanno ricoprendo sempre più importanza, ossia il futuro, la sostenibilità
ambientale e la responsabilità che le imprese hanno nei confronti del pianeta e dell’uomo.
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Per questo motivo l’azienda si assume l’impegno di rispetto e tutela dell’ambiente adottando
una nuova tecnologia produttiva brevettata in grado di ridurre rapidamente i livelli di
consumo di acqua ed energia.
Il dipartimento CanepaEvolution ha sviluppato e depositato il brevetto IT 148122 per una
nuova tecnologia capace di rivoluzionare il mondo dei tessuti e, soprattutto, la nobilitazione
nel tessile.
Riciclando l’esoscheletro dei crostacei, ottenuto dagli scarti dell’industria alimentare, si ricava
il “chitosano”, una sostanza organica biodegradabile che deriva dalla chitina che permette di
ridurre notevolmente l’impatto ambientale. Il suo utilizzo, infatti, porta a una riduzione fino a
dodici volte del consumo d’acqua e fino al 90% del consumo di energia e, allo stesso tempo,
permette di diminuire drasticamente l’uso di detergenti, sbiancanti e altri agenti chimici che
risultano essere particolarmente dannosi per l’ambiente.
Considerando i risultati ottenuti relativi all’eliminazione delle sostanze tossiche e alla
riduzione sostanziale dell’utilizzo di energia e acqua, Canepa rappresenta una delle aziende
che ha maggiormente dimostrato di essere realmente interessata alla sostenibilità ambientale,
alla cura e all’attenzione della salute del nostro pianeta.
Ha provato come la ricerca, accanto alle attività di produzione e di lavorazione del tessuto, sia
di notevole rilievo per raggiungere nuove tecnologie e innovazioni che permettano di ridurre
non solo i costi di consumo, ma anche l’utilizzo di sostanze nocive. Canepa non si è limitata a
sottoscrivere l’accordo Detox ma l’ha considerato solo come un punto di partenza. L’azienda
ha sviluppato nuovi brevetti e nuove tecnologie per rivoluzionare il mondo dei tessuti e, allo
stesso tempo, ridurre l’impatto ambientale. Non si è occupata solo dell’inquinamento delle
falde acquifere - che maggiormente ha interessato la Campagna di Greenpeace – ma ha anche
permesso, con grande successo, di ridurre costi e utilizzo di energia e di acqua nelle fasi di
produzione e di lavorazione tessile.
Proprio per l’impegno e l’attenzione che l’impresa ha dimostrato nei confronti della tutela
dell’ambiente e della salute dell’uomo, sono fermamente convinta che costituisca un valido
esempio di azienda-modello che dovrebbe essere motivo di ispirazione a molte altre,
soprattutto a coloro che ancora negano gli effetti devastanti e dannosi degli agenti chimici
adottati tutt’oggi nelle fasi di lavorazione e produzione più tradizionali e che vengono poi,
inevitabilmente, dispersi nell’ambiente.
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CAPITOLO I
LA CSR COME CHIAVE DELLA RELAZIONE TRA IMPRESA E STAKEHOLDERS
Gli ultimi anni sono stati contrassegnati da una profonda crisi finanziaria e, ancora oggi,
l’economia reale continua ad accusarne i colpi e a subirne le conseguenze. Sebbene il
desiderio e l’auspicio di una ripresa economica siano forti, essi si presentano pur sempre
accompagnati da problemi che si sono radicati nella nostra economia molto prima che
iniziassero questi anni d’instabilità economica e con i quali le imprese si trovano e si
troveranno sempre più costrette a convivere; tra questi vi sono: i crescenti squilibri economici,
sociali e geografici, una maggiore scarsità delle risorse (energetiche e non), l’invecchiamento
graduale della popolazione mondiale, ma anche e soprattutto la sostenibilità dello sviluppo e
la salvaguardia ambientale.
Lo scenario in cui le imprese si trovano ad operare è caratterizzato (soprattutto nell’ultimo
decennio) da un rapido cambiamento e questo ha costretto le aziende a dover ripensare alle
modalità di creazione di valore per gli azionisti e alle configurazioni che questo può assumere
in relazione ai diversi stakeholders dell’azienda. Ora più che mai, il destinatario ultimo del
valore creato dall’azienda non è più semplicemente il consumatore, bensì un complesso
sempre più ampio di entità- individuali e non- che interagiscono con l’azienda in quanto
facenti parte direttamente o indirettamente dell’ambiente in cui l’impresa stessa opera. Tali
entità sono definite “stakeholders”, ovvero, “portatori di interesse”. Questo significa che, per
quanto distinte dall’azienda in sé, tali entità partecipano al valore realizzato dall’azienda
stessa: influenzano e sono a loro volta influenzate positivamente o negativamente
dall’iniziativa aziendale. Secondo Freeman
1
(1984), tra gli stakeholders vi sono sia gli
“stakeholders in senso stretto, quegli individui e gruppi ben identificabili da cui l’impresa
dipende per la sua sopravvivenza”, tra cui gli azionisti, i dipendenti, i clienti e i fornitori, sia,
in senso più ampio, “ ogni individuo ben identificabile che può influenzare o essere
influenzato dall’attività dell’organizzazione in termini di prodotti, politiche e processi
lavorativi”, includendo, quindi, entità quali i gruppi d’interesse pubblico, movimenti di
protesta, enti di governo, ma anche i sindacati, la stampa e la comunità.
1
Ideatore della teoria degli Stakeholders che consiste nell’estendere la missione dell’impresa al perseguimento
di obiettivi d’importanza sociale. Secondo tale teoria, l’impresa non è più focalizzata esclusivamente sulla
realizzazione del profitto per soddisfare gli azionisti, ma è orientata anche a promuovere il benessere dell’intera
società.
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Nel corso degli anni, le opinioni degli interlocutori più esterni alle aziende sono diventate
sempre più importanti e hanno acquisito un ruolo talmente rilevante da poter, in alcuni casi,
anche influenzare le decisioni delle aziende. Il successo aziendale, oggi, è quindi legato anche
alle sollecitazioni di enti che appartengono all’ambiente esterno all’impresa e alla qualità
delle relazioni che l’azienda è in grado di mantenere con essi.
Risulta, così, evidente quanto il marketing ricopra attualmente un ruolo decisivo, considerato
che il suo obiettivo principe è proprio quello di contribuire alla creazione di valore, non solo
per i clienti, ma anche più in generale per la società.
1.1. Il ruolo degli Stakeholders nella relazione con l’impresa.
Nel 1995 Clarkson estese il concetto di “Stakeholder” a tutti quei potenziali soggetti portatori
d’interessi per un’azienda, cioè persone o gruppi che hanno titoli di proprietà, diritti o
interessi relativi alle attività d’impresa o all’azienda stessa.
Esistono due differenti tipi di stakeholders: gli stakeholders primari e gli stakeholders
secondari.
Senza la continua partecipazione dei primi, l’impresa non può sopravvivere come complesso
funzionante; quindi, appartengono a questa categoria gli azionisti, gli investitori, i dipendenti,
i clienti e i fornitori, ma anche i governi e le comunità che forniscono le infrastrutture, i
mercati, le leggi e i regolamenti. Gli stakeholders secondari, invece, comprendono coloro i
quali non ricoprono un ruolo essenziale per la sopravvivenza di un’azienda, cioè quegli
individui che, pur non avendo rapporti diretti con l’impresa, risultano essere comunque
influenzati dalle sue attività, come per esempio le generazioni future.
Gli stakeholders sono quindi tutti quegli individui o gruppi che possono influenzare il
successo di un’impresa o che hanno interessi nelle decisioni dell’impresa (Figura n.1).
A confermare l’importanza degli stakeholders nella relazione con l’impresa, Golinelli
2
nel
2000 affermò che per comprendere a pieno il concetto d’impresa, bisogna capire prima di
tutto come si possono attuare azioni economiche che ottengano incrementi nella creazione di
valore destinato ad essere successivamente ridistribuito a tutti i soggetti coinvolti, ovvero
proprio agli stakeholders.
2
G.M. GOLINELLI, L’approccio sistemico al governo delle imprese. L’impresa sistema vitale, 2000.