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di cui esistono raccolte complete nella biblioteca medica Henri Ey
della clinica Sainte Anne di Parigi (1, rue Cabanis), così come nella
biblioteca di neuroscienze J.M. Charcot all’interno del complesso
ospedaliero parigino della Pitié-Salpêtrière (47, bd. de l’Hôpital).
Altre riviste in cui Franziska Minkowska pubblicò occasionalmente
furono l’Age Nouveau e la Revue Internationale de Filmologie, che si
possono consultare nella raccolta frammentaria della biblioteca Sainte
Geneviève di Parigi (10, pl. du Panthéon); e le Journal de Psychiatrie
Infantile nella collezione incompleta della Bibliotèque Universitaire
de la Méditerranée di Marsiglia (27, bd. Jean Moulin). I libri da lei
scritti — “Epilepsie und Schizophrenie im Erbgang” e “De Van Gogh
et Seurat aux dessins d’enfants” — si trovano nella biblioteca Henri
Ey, nelle edizioni originali che la stessa Minkowska diede in omaggio
alla clinica Sainte Anne. La raccolta dei Cahiers du Groupement
Françoise Minkowska sono oggi introvabili in Francia, i pochissimi
esemplari esistenti essendo ormai in possesso solo di privati.
Le informazioni circa la vita e la personalità di Franziska
Minkowska sono state ricavate in parte dal volumetto “In Memoriam,”
l’insieme delle testimonianze del marito e dei conoscenti raccolte
dopo la sua morte, anch’esso reperibile nella biblioteca del Sainte
Anne. Ulteriori ragguagli sono stati forniti dai figli, Alexandre
3
Minkowski e Jeanine Pillard-Minkowski, entrambi ultraottantenni, ma
con dei ricordi molto vividi riguardanti la madre. La ricerca di
conoscenti e allievi non ha dato risultati; la maggior parte di essi sono
già morti, altri si sono rivelati irreperibili.
Alexandre Minkowski, eminente neonatologo a riposo, nel
corso del nostro colloquio nel giugno 1997 in un ristorante cinese del
quartiere latino di Parigi, rievocò la figura della madre in termini
molto nostalgici e sentimentali, riuscendo a comunicarmi, più che
notizie oggettive, un’immagine “vissuta” di Franziska Minkowska. Il
signor Minkowski ha particolarmente insistito sui rapporti fra i suoi
genitori, esprimendo la convinzione che le loro personalità
esattamente complementari fossero praticamente inseparabili,
incomprensibili l’una senza l’altra, e anzi domandando perplesso le
ragioni del mio interesse esclusivo per una dei due.
La signora Pillard-Minkowski, invece, desiderosa di fornire
informazioni utili e certe più che impressioni personali, mi ha
gentilmente ricevuto per quattro giorni consecutivi nella sua casa, la
stessa in cui a suo tempo visse la Minkowska, al 132 del boulevard
Montparnasse. Nel corso di questi incontri, le vicissitudini della vita di
Franziska Minkowska sono state ricostruite minuziosamente. Il
racconto della signora Pillard-Minkowski è stato ricco di aneddoti e di
4
notizie curiose, facendosi più grave nella rievocazione dei tristi giorni
dell’occupazione tedesca, quando lei stessa fu testimone di tragici
eventi, ma anche della fede incrollabile di sua madre. A differenza del
fratello, è persuasa che la personalità di Franziska Minkowska sia
nettamente separabile da quella del marito, e che la convivenza e la
collaborazione di tanti anni non hanno cancellato i confini fra i due.
Condividendo appieno il mio desiderio di ridare luce alla figura di una
scienziata il cui contributo è stato a torto oscurato da quello del
marito, devo a lei il mio profondo coinvolgimento nel mondo di
Franziska Minkowska.
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1. LA VITA, LA PERSONALITÀ
E LA VISIONE DEL MONDO
«[...] elle était vraiment la patronne, celle qui secoue les timidités ou
les résignations, celle qui fait des projets et batît sans cesse l’avenir.
Les obstacles et les difficultés, elle les prévoyait là où personne ne
songeait à s’en défendre. Quand on la croyait aux prises avec une
chimère, on la trouvait soudain lutter en pleine réalité.
i
»
Con queste parole Emmanuel Valat de Chapelain ricorda Franziska
Minkowska, nel discorso pronunciato al cimitero Bagneux di Parigi, il
17 novembre 1950, il giorno del suo funerale. L’immagine dominante
di Franziska Minkowska, condivisa da tutti coloro che ne serbano la
memoria, è quella di una piccola donna bruna e pallida, ma
traboccante d’energia, dinamica, la cui vitalità o colpiva e catturava
immediatamente, oppure metteva sulla difensiva chi ne era preso alla
sprovvista
ii
. Come ricorda la figlia Jeanine, era capace di
entusiasmarsi e meravigliarsi per tutto ciò che la vita le apportava;
voleva essere sempre informata di tutto, i suoi interessi andavano dal
6
cinema al balletto, dal teatro ai romanzi d’amore, dalla filosofia
all’opera italiana e Wagner.
«MONUMENT DE PROTESTATION PERMANENTE
iii
»
“La patronne,” come era stata soprannominata, aveva il carisma
e la grinta di un vero caposcuola. Guidata dalla sua “innere
Überzeugung
iv
”, difendeva le sue teorie con coraggio e tenacia, e
rispondeva energicamente — talvolta addirittura con veemenza — alle
obiezioni che le venivano rivolte. Nelle testimonianze affidate al
volumetto “In Memoriam,” tutti i colleghi e gli amici della
Minkowska ricordano come quest’ultima si infiammava nelle
discussioni, e di come parlava in un flusso continuo, precipitoso, nel
tentativo di inseguire le associazioni rapidissime che si succedevano
nella sua mente, mettendoci tutta la passione, l’impeto e la risolutezza
di cui era capace, a volte dando perfino l’impressione di essere
aggressiva.
Questo suo modo di parlare irruento, che le valse altri
soprannomi, come quello di “torrent” e di “fusée,”
v
rendeva
inevitabilmente diffidenti gli interlocutori, la cui prima reazione era
quella di difendersi dal suo potere di persuasione. Per risvegliare il suo
spirito bellicoso, colleghi e amici non mancavano di farla oggetto di
7
canzonature e scherzosi aneddoti, ai quali lei si prestava stando
pazientemente al gioco.
Un esempio illustrativo della decisione e del vigore con cui
imponeva il suo punto di vista è lo scontro con il dr. Rüdin, lo
psichiatra tedesco fautore della legge sulla sterilizzazione obbligatoria
dei malati mentali. La signora Jeanine Pillard-Minkowski narra che in
occasione di una riunione della Société Suisse de Psychiatrie nel 1935,
Franziska Minkowska si oppose all’intervento del dr. Rüdin
esponendo delle argomentazioni basate sulle sue pluriennali ricerche
genealogiche, e lo fece con tanta virulenza da stupirne l’assemblea.
Franziska Minkowska era capace di fronteggiare qualsiasi
rischio per difendere le sue opinioni quando riteneva di aver ragione.
Prova evidente ne è il fatto che neanche la sua condizione di ebrea la
frenò dallo scagliarsi contro una legge hitleriana e lo psichiatra nazista
che la sosteneva.
“Modèle de la femme battante,” come me la descrive il figlio
Alexandre, aveva in orrore gli atteggiamenti di scoraggiamento e di
scetticismo. La grande capacità d’indignazione, per tutto ciò che non
era come lei riteneva dovesse essere, sembra costituire il tratto che
maggiormente segnò la memoria di quanti la conobbero.
8
LA VISIONE DEL MONDO
Secondo il suo allievo Joseph Fusswerk, Franziska Minkowska
aveva “una visione sensoriale del mondo
vi
.” Lei stessa era convinta
dell’affinità profonda che la univa a Van Gogh e ai bambini epilettici
che furono oggetto dei suoi studi: la sensorialità appunto, la
percezione del mondo da una distanza estremamente ridotta e
l’incapacità di svincolarsene per averne una visione d’insieme. Il
pensiero di Franziska Minkowska era straordinariamente concreto,
letteralmente catturato dalla realtà che aveva davanti.
Completamente pervasa, permeata dalla molteplicità dei
fenomeni del mondo circostante, non riusciva a sganciarsene, ad
assumere il giusto distacco per concettualizzarli
vii
. Di conseguenza
l’opera di astrazione e di messa per iscritto delle sue esperienze
rappresentava uno scoglio difficile da superare. L’assistenza del
marito le era talvolta indispensabile per dare una struttura speculativa
coerente a ciò che lei letteralmente “sentiva.” Le parole avevano per
lei il senso più concreto ed immediato; spesso quelle trovate dal
marito non la soddisfacevano, non rendevano perfettamente l’essenza
del suo vissuto, il che condannava Eugen Minkowski a lunghe sedute
di pazienti ricerche di vocaboli adeguati.
9
Nelle discussioni e nelle dissertazioni orali sentiva il bisogno di
spiegare non solo per convincere, ma soprattutto per trasmettere
all’altro i propri vissuti. Ciò spiega il fervore e lo slancio che
caratterizzarono sempre il suo stile oratorio.
Tutta l’opera di Franziska Minkowska porta l’impronta di
questa sua “sensorialità.” La sua persona è sempre presente e penetra
con il proprio modo di essere qualunque resoconto o esposizione. Un
indice della profonda partecipazione personale ad ogni enunciazione
più o meno teorica, è l’abitudine di usare nei suoi scritti la prima
persona singolare, invece del plurale majestatis. Eugen Minkowski,
specifica
viii
che non c’era in questo nessun “segno di orgoglio o di
egocentrismo,” solo la necessità di rendere personale e privata la sua
opera così come in modo personale l’aveva vissuta.
Se da un lato questo suo modo così immediato di percepire la
realtà poteva costituire a volte una sorta di prigione da cui era faticoso
liberarsi per accedere al livello concettuale e dare alle proprie
sensazioni una forma teorica sistematica, dall’altro esso poteva anche
essere un potente strumento di comprensione. Per Franziska
Minkowska, infatti, penetrare nell’universo di una persona e coglierne
il modo di essere nella sua globalità era un’operazione immediata e
spontanea, che non necessitava della mediazione di strumenti di
10
rilevazione. Servita da facoltà intuitive fuori del comune, viene
descritta da Joseph Fusswerk come capace di leggere nell’animo degli
esseri umani “come in un libro aperto
ix
.”
UN’EBREA LIBERALE
Alexandre Minkowski, oggi influente intellettuale francese, ha
speso diversi anni della sua vita nel tentativo di ricostruire la storia
della propria famiglia a partire dalle lontane radici nell’Europa
orientale, e in “Mémoires turbulents
x
,
” ma in modo più vivo nel corso
del nostro colloquio, ha tracciato le origini del suo ramo materno.
Franziska Brokman proveniva da una famiglia ebrea polacca
borghese e di buona cultura, nel periodo in cui la Polonia era un paese
smembrato, diviso fra Austria, Prussia e Russia. Nella colonia polacca
in Russia, la vita religiosa e culturale era molto attiva; la famiglia
Brokman, come tutte le famiglie ebree benestanti, era di idee liberali e
rispettava la consuetudine di far istruire i figli da governanti francesi.
Tra gli antenati di Franziska, c’erano innumerevoli intellettuali:
scrittori, filosofi, medici, di cui il più illustre fu il dottor Moses
Matheus Studencki, soprannominato “il medico dei poveri.” Molti di
loro, dovendo far fronte alla dilagante insofferenza nei confronti degli
ebrei — che erano considerati come degli stranieri, quando non
11
venivano apertamente perseguitati dai pogrom — scelsero di lasciare
la loro terra natale in cerca di libertà ed emancipazione in paesi più
democratici.
Tale destino, che fa da motivo conduttore alla storia del popolo
ebreo, ineluttabilmente si ripeterà più tardi nella vita di Franziska
Brokman, più volte presa di mira per motivi razziali ed esule. La sua
leggendaria indignazione si innalzava quando evocava le vessazioni
che era costretto a subire il popolo ebreo, cui era tanto orgogliosa di
appartenere. Ricordava spesso l’esistenza precaria che conducevano
gli ebrei in Polonia e in Russia, le improvvise esplosioni di odio
antisemita, e le umiliazioni da lei stessa subite
xi
.
Secondo Alexandre Minkowski
xii
il giudaismo era per lei un
punto d’onore. Se ne gloriava al punto che, quando in Francia fu reso
obbligatorio per gli ebrei avere la stella gialla cucita agli abiti, lei la
portava con fierezza, come se fosse motivo di vanto. Tuttavia, in
accordo con il liberalismo delle sue tradizioni familiari, non fu mai
settaria o dogmatica nelle sue convinzioni.
Entrambi i figli, Alexandre e Jeanine, sono del parere che il
coraggio e la speranza che caratterizzarono anche i periodi più bui
della vita di Franziska Minkowska siano da attribuire alla sua
incrollabile fede in Dio. Non c’era difficoltà quotidiana che lei non
12
affrontasse con la certezza del sostegno divino. Di fronte ai poliziotti
francesi che, il 23 agosto 1943, l’avevano arrestata insieme al marito
per farla salire sul treno per Drancy, per poi deportarli nel campo di
Auschwitz, cadde in ginocchio e cominciò a pregare con un tale
fervore che essi non osarono interromperla, dando così il tempo allo
psichiatra Cénac di intervenire per salvarli
xiii
.
Il suo essere ebrea e il suo modo di vivere la religione dei padri
non sono secondari rispetto alla sua visione del mondo e al suo lavoro
di ricercatrice. Essi sono infatti lo specchio non solo della sua
tolleranza ed apertura mentale, ma anche della forza della convinzione
di cui era capace anche di fronte a gravi contrarietà.
LA VITA
Le vicissitudini della vita di Franziska Minkowska furono
scandite dal ritmo delle vicende belliche e degli sconvolgimenti
politici che caratterizzarono l’Europa della prima metà del nostro
secolo. La sua appartenenza al popolo ebreo la condusse a seguirne lo
stesso destino, vagando da un paese all’altro in cerca di una patria, e
patendo ovunque le persecuzioni di un’Europa antisemita che si stava
preparando all’olocausto.
13
Franziska Brokman, nata a Mosca il 22 gennaio 1882, era figlia
di ebrei polacchi: Emile Brokman, commerciante di Kalisz, e Anna
Blumental, di Varsavia. Dopo il divorzio dei suoi genitori nel 1892,
Franziska andò a vivere presso i nonni materni a Varsavia. Qui
frequentò il Liceo femminile, dove si diplomò brillantemente nel 1901
con una medaglia d’oro. Dietro esempio del nonno Moses Matheus e
di altri dotti antenati, decise di intraprendere gli studi di medicina.
Dimostrando una determinazione e una volontà fuori del comune,
sfidò l’autorità paterna decidendo di partire per la Svizzera: come
molti altri russi e polacchi, Franziska sperava di poter soddisfare il suo
desiderio di scienza e di libertà in una nazione democratica. Dal 1903
al 1909, dopo un semestre a Berna, continuò i suoi studi a Zurigo. Fu
questo il primo contatto con un paese al quale resterà legata per tutta
la vita, e che determinerà gran parte del suo destino e della sua opera
scientifica. Nel 1909 passò gli esami di dottorato a Zurigo con la tesi
“Über das Verhalten der Pulskurven bei Aortenstenose
xiv
.”
Tornata a Varsavia conobbe Eugen Minkowski, anche lui
giovane polacco appena laureato in medicina a Monaco, col quale si
recò a Kazan, nel cuore della Russia, per sostenere gli esami di stato
ed avere la laurea russa in medicina. Fino al 1913, mentre Eugen
Minkowski, abbandonata temporaneamente la medicina, iniziava ad
14
interessarsi di filosofia e di matematica, Franziska lavorò in diversi
ospedali e case di cura: ad Otwock, a Monaco, ad Aarau, a Kilchberg.
Nel 1912 chiese e ottenne da Bleuler un posto come assistente
volontaria al Burghölzli di Zurigo, dove restò solo pochi mesi.
Il 19 aprile 1913, vennero celebrate a Zurigo le nozze tra
Franziska Brokman e Eugen Minkowski. Tornarono a Monaco, dove
lui intendeva continuare i suoi studi filosofici, ma all’imminenza della
Prima Guerra Mondiale, a causa della loro nazionalità russa, dovettero
lasciare la Germania e rifugiarsi a Zurigo, dove Franziska Minkowska
— come ormai amava farsi chiamare, alla polacca — ritrovò il suo
posto di assistente al Burghölzli. Nel marzo 1915 seguì suo marito in
Francia, dove lui aveva deciso di arruolarsi nell’esercito francese, e
trascorse gli anni della guerra a Parigi, dove ebbe i suoi due bambini,
Alexandre e Jeanine.
Negli anni successivi ritornò spesso in Svizzera, per continuare
le ricerche interrotte dalla guerra. Ma era nei caffè parigini come la
Rotonde, il Dôme e il Coupole, frequentati da intellettuali ed artisti
quali Picasso, Chagall, Hemingway, Breton, che redigeva i suoi
articoli per l’Evolution Psychiatrique e preparava i suoi interventi agli
incontri della Société Médico-psychologique.
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Dal 1940 al 1944, durante l’occupazione della Francia da parte
dei tedeschi, i Minkowski non lasciarono Parigi, nonostante i loro
amici avessero pronti per loro dei permessi di soggiorno per la
Svizzera, dove avrebbero potuto essere al sicuro; decisero di restare e
di portare soccorso alle vittime del nazismo. Ricevevano numerosi
rifugiati ebrei tedeschi, e lavoravano per l’OSE, “Organisation de
Secours aux Enfants,” che si occupava di nascondere i bambini ebrei
per salvarli dalla deportazione. Non lasciarono mai il loro domicilio,
al 132 del boulevard Montparnasse, e docilmente si sottomisero alle
regole imposte da Vichy, tra cui l’obbligo di portare la stella gialla
cucita agli abiti. Neanche in questi anni, tuttavia, Franziska
Minkowska smise mai di occuparsi delle sue ricerche, lavorando
prima all’interpretazione delle opere di Van Gogh, e poi
all’applicazione del test di Rorschach.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale cominciò ad
interessarsi ai disegni infantili. Ma, sfinita dagli estenuanti anni
dell’occupazione e dal lavoro logorante, si ammalò e morì
improvvisamente la notte del 15 novembre 1950.