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Introduzione
Negli ultimi anni lo scenario competitivo è stato caratterizzato da complessi fenomeni
che hanno portato a cambiamenti profondi nelle modalità di organizzazione e di
funzionamento delle aziende: la competizione in costante aumento, la crescente
innovazione tecnologica, i sempre maggiori fenomeni di fusioni e acquisizioni, le
esigenze costantemente nuove e diverse della clientela, il passaggio da logiche di
prodotto a logiche di servizio, la distorsione dei tradizionali confini geografici e di
settore, sono tutti fenomeni che hanno portato le organizzazioni a intraprendere
processi di cambiamento.
Allo stesso modo diventa consistente l’interesse verso la dimensione etica e morale
del lavoro, determinando lo sviluppo di pratiche e politiche anti discriminatorie
sempre maggiori e differenti a livello europeo. Questo è il contesto in cui si inizia a
focalizzare l’attenzione verso gli aspetti intangibili della sfera economica.
In questo scenario, di totale trasformazione e stravolgimento, iniziano a venire meno i
valori tradizionali riversando un effetto di smarrimento anche nei modelli di gestione
del lavoro, le cui pratiche di assunzione e gestione dei dipendenti diventano sempre
più antiche e obsolete. Inoltre, la diversificazione della forza lavoro si configura come
un fenomeno tumultuosamente in crescita e quindi un nodo ineludibile di qualsiasi
competenza imprenditoriale futura. È proprio a questo punto che diventa necessario
dotarsi di un nuovo approccio di gestione organizzativa e del lavoro che sia conforme
alle differenti necessità dei mercati, dei clienti e dei portatori d’interesse e che
consenta, allo stesso tempo, alle imprese di raggiungere gli obiettivi di business.
La gestione della diversità in azienda è uno dei temi fondamentali sul quale molte
imprese investono e impegnano risorse economiche e temporali al fine di aumentare
le proprie capacità competitive in un contesto sempre più mutevole e globalizzato. La
politica di gestione della diversità, definita appunto “Diversity management”, si
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definisce come lo sviluppo attivo e cosciente di un processo decisionale lungimirante
che sappia cogliere, gestire e trasformare le proprie diversità in valore strategico per
l’impresa. Si tratta quindi di un processo di cambiamento della cultura aziendale che,
per essere messo in atto, necessita di una forte sensibilizzazione e un sostanziale
coinvolgimento del management verso tale tematica.
Genere, età, etnia, disabilità, orientamento sessuale sono tutti fattori ai quali bisogna
fare riferimento nel processo di trasformazione dell’impresa in “Diversity oriented”.
Promuovere la diversity non è solo una scelta, ma un valore per le performance delle
imprese. I benefici vanno dall’aumento dell’originalità al miglioramento della qualità
delle relazioni con il mercato, dallo sviluppo della creatività ai vantaggi, anche
economici, derivanti dalla buona reputazione. Le imprese caratterizzate da una forza
lavoro eterogenea producono di più e meglio.
L’idea centrale del presente elaborato è l’indagine approfondita di come quanto
sopracitato possa essere implementato in un contesto aziendale reale, focalizzando in
particolare l’attenzione sulla diversità in termini di orientamento sessuale, aiutando le
imprese a comprendere come poter cogliere, apprezzare e valorizzare il talento
personale, prescindendo da condizioni di differenziazione che possono riguardare gli
individui. Si vuole porre l’accento sul fatto che i manager del futuro sono coloro i
quali dimostrano di avere il coraggio di guardare alla diversità con curiosità e non con
timore, riponendo fiducia nel valore aggiunto che prospettive ed orientamenti
differenti possano apportare in termini di innovazione e miglioramento.
Ai fini del raggiungimento degli obiettivi prefissati la metodologia d’indagine, oltre
alla ricerca teorica sul campo, ha sfruttato l’utilizzo di un’intervista semi strutturata
rivolta alla Dottoressa Patrizia Mezzadra, HR Management and Development
specialist presso Deutsche Bank, condotta personalmente con lo scopo di entrare in
stretto contatto con le iniziative di cui una grande multinazionale si dota per
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affrontare le problematiche della diversità e per trasformare la stessa in un fattore di
vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.
Per quanto riguarda la struttura della tesi, l’elaborato si compone di sette capitoli che
rappresentano il percorso di studio, conoscenza, interiorizzazione e analisi
metodologica dell’argomento, osservato da diverse prospettive e analizzato sotto più
punti di vista.
Nel primo capitolo s’inquadrerà il concetto di Diversity management in
un’accezione prettamente letteraria, focalizzando l’attenzione sulle principali
variabili identificabili in caratteristiche interne, esterne ed organizzative. Questa
classificazione avrebbe come finalità quella di rendere il top management
maggiormente consapevole rispetto alla composizione della forza lavoro, per cogliere
e comprendere le personalità degli individui non basta, infatti considerare solo le
caratteristiche evidenti, ma risulta necessaria un’approfondita analisi del contesto
lavorativo. È solo così facendo che sarà possibile creare un ambiente capace di
valorizzare il contributo di ognuno. Segue una descrizione in termini storici relativa
alla diffusione del concetto di diversity management e a come questo è cambiato nel
tempo. Si valuta, infine, come il concetto sopracitato ha influtito a modificare lo
scenario competitivo, coinvolgendo da un lato le modalità di organizzazione e di
funzionamento delle aziende e, dall’altro, generando un forte impatto su un aspetto
maggiormente profondo e complesso: la cultura organizzativa.
L’elaborato prosegue analizzando, nel secondo capitolo, il concetto di diversity
management nel contesto europeo sia dal punto di vista politico-normativo che
sociale. Lo studio, sotto questo punto di vista, si sofferma sull’importanza delle carte
della diversità, iniziative volontarie che aiutano le aziende e le istituzioni pubbliche a
sbloccare il potenziale della diversità, supportando la realizzazione di benefici
aziendali per le compagnie e vantaggi a lungo raggio per le società. Ci si sofferma in
seguito sulla situazione italiana rispetto all’allinaemento con i temi della diversità,
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facendo un paragone con il contesto europeo.
Nella parte riguardante il terzo capitolo dell’elaborato viene proposto un vero e
proprio percorso per il raggiungimento dell’equità in azienda. Le linee guida
evidenziate fanno riferimento ad un processo di analisi che comincia con una
profonda valutazione della cultura organizzativa e una contestuale constatazione
dell’eventuale necessità di rielaborazione della stessa. In seguito a tale valutazione, si
attiva un processo di indagine che interessa tutti i livelli della cultura aziendale,
partendo da top management, passando per la divisione HR, pervadendo
l’organizzazione nella sua interezza, per poi indicare eventuali metodologie di
valutazione e monitoraggio dei risultati. Infine, per avvalorare maggiormente lo
studio, si inseriscono diverse testimonianze raccolte durante un convegno
denominato “Diversity expo”, tenutosi presso la sede milanese di BOSH Tech, al
quale hanno partecipato esponenti di diverse multinazionali, spiegando le pratiche
attivate nelle rispettive aziende per attivare il processo di integrazione della diversità.
Nel quarto capitolo dell’elaborato, si propone un prospetto completo e approfondito
dei possibili vantaggi e svantaggi connessi alla decisione di affacciarsi alla diversità.
Soffermandosi su un’analisi che interessa sia il lavoratore che l’impresa.
Procedendo, nel quinto capitolo del presente lavoro ci si addentra in quello che
rappresenta l’argomento focale dello studio: la diversità in termini di orientamento
sessuale. A tal proposito si prospetta un excursus storico, sociale e politico del
concetto, evidenziando come lo stesso è cambiato e si è evoluto nel tempo, per poi
inquadrarlo in un contesto prettamente organizzativo, valutando tutti gli eventuali
rischi e benefici connessi alla decisione di inoltrarsi in questa tematica sempre
tramite una duplice prospettiva: l’impresa e il lavoratore.
Nel sesto capitolo, invece, si andrà ad adattare quanto precedentemente teorizzato ad
un contesto specifico: Deutsche Bank. Tramite l’ausilio di un’intervista semi
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strutturata, come precedentemente spiegato, si effettua un’indagine approfondita in
relazione a come l’organizzazione reagisce di fronte alla diversità, quali strumenti e
quale tecniche in particolare ha utilizzato per individuarla e valorizzarla e come
queste sono state messe in atto.
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Capitolo 1 Diversity Management: origini ed evoluzioni
1.1 Le definizioni di Diversity Management e le principali forme di
diversità
La diversità si configura come un concetto in continua evoluzione. Non è semplice,
infatti, dare una definizione precisa di diversità, in quanto il concetto è costituito da
numerose classi di elementi sulla cui identificazione non sempre la letteratura si trova
in accordo.
Esiste in letteratura una classificazione costituita da quattro classi distinte che tentano
di raggruppare tutte le varie differenze e similitudini che caratterizzano i membri di
un’organizzazione:
• Personalità, la quale rappresenta le caratteristiche uniche di un individuo e
impatta sul suo modo di comunicare con l’esterno.
• Caratteristiche interne, le quali non possono essere controllate direttamente
dall’individuo ma generano aspettative, ipotesi e opportunità ad esempio età,
genere, etnia, razza, abilità fisiche e orientamento sessuale.
• Caratteristiche esterne, ad esempio esperienze di vita o fattori caratterizzanti
la storia di una persona, che possono essere controllati e impattano su
attitudini e comportamenti.
• Caratteristiche organizzative, fanno parte del bagaglio di esperienza di una
persona all’interno del proprio ambiente lavorativo e hanno un forte impatto
su assunzioni, aspettative e opportunità.
Esiste un modello particolarmente completo che riassume la distinzione appena
descritta tra personalità, dimensioni interne, esterne e organizzative.
Nei livelli più interni si colloca la persona con i suoi caratteri più intimi e meno
modificabili mentre nella parte più esterna si trovano le caratteristiche maggiormente
influenzate dall’ambiente esterno. Il cerchio centrale comprende la personalità ossia
l’insieme delle caratteristiche psichiche e comportamentali che influenzano la
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performance lavorativa.
È fondamentale, da parte dell’impresa, focalizzare la propria attenzione sulle
dimensioni interne le quali richiedono un intervento mirato tramite la messa in atto di
modelli di gestione che rispettino il singolo e che non siano volti a modificarne le
attitudini ma a comprendere i tratti distintivi che lo caratterizzano.
È possibile affermare che tutte le definizioni di diversità presenti in letteratura, seppur
dissimili tra loro perché focalizzate su un aspetto anziché un altro, presentino come
base di partenza le dimensioni sopra elencate. È possibile fornire alcuni esempi a
riguardo.
Kreitz definisce la diversità come “significativa differenza che distingue un individuo
da un altro” (Kreitz, 2008), tale distinzione può essere determinata da fattori ovvi e
facilmente percepibili oppure da caratteristiche meno riconoscibili a primo impatto.
A tale proposito, Loden e Rosener individuano una doppia dimensione di diversità
che definiscono “primaria” e “secondaria” (Loden & Rosener, 1991). Nel primo caso
ci si riferisce agli aspetti non modificabili e rientranti nel patrimonio innato di un
individuo. In particolare:
• genere
• etnia
• età
• razza
• caratteristiche/capacità psichiche e fisiche
• orientamento sessuale
Nel secondo caso, invece, si prendono in considerazione fattori acquisiti dalle
persone nel tempo e modificabili nel corso della propria esistenza. Tali aspetti
subiscono l’influenza delle variabili ambientali, dei contesti specifici in cui si
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sviluppano e delle culture organizzative con cui si entra in contatto. Nel dettaglio ci
si riferisce a:
• background educativo
• situazione famigliare
• localizzazione geografica
• religione
• reddito
• esperienza militare
• ruolo ed esperienza organizzativa
• stile di lavoro
Kandola e Fullerton spiegano invece che parlare di diversità significa “capire che ci
sono delle differenze tra le persone che lavorano e che queste, se opportunamente
gestite, sono una risorsa per rendere il lavoro più efficace ed efficiente. Le persone
sono diverse l’una dall’altra in molti modo: per età, genere, razza, cultura, etnia,
scolarità, valori, aspetto fisico, intelligenza, personalità, esperienza, abilità e modo di
approcciarsi al lavoro. Guadagnare il vantaggio della diversità significa imparare,
comprendere ed apprezzare queste differenze. Progettare un posto di lavoro che
sviluppi questi valori, diventando flessibile nell’accoglienza e nei bisogni e
preferenze peculiari, crea le condizioni per un ambiente più motivante ed
accogliente” (Kandola & Fullerton, 1998).
I due autori individuano un’ulteriore classificazione di diversità: visibile e non
visibile. Fanno parte della diversità visibile tutti quegli aspetti che possono essere
percepiti immediatamente, la diversità invisibile invece fa riferimento a
caratteristiche non subito riconoscibili.
Questa ulteriore classificazione avrebbe come finalità quella di rendere il top
management maggiormente consapevole rispetto alla composizione della forza
lavoro, per cogliere e comprendere le personalità degli individui non basta, infatti