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Introduzione
Le frane, unitamente ad alluvioni e terremoti, appartengono alla categoria delle
catastrofi naturali. Lo studio del fenomeno franoso rappresenta una delle
problematiche più complesse nell’ambito dell’ingegneria geotecnica e richiede
una specifica identificazione dei fattori di instabilità dei versanti. La principale
causa dei dissesti è l’alterazione dello stato tensionale del terreno che induce
una diminuzione delle azioni stabilizzanti.
Le frane registrate annualmente sul territorio italiano sono oltre un migliaio e
la maggior parte si sviluppa mediante cinematismi caratterizzati da intensa
energia ed elevata velocità. Il territorio italiano è geologicamente “giovane”,
motivo per il quale esso presenta un alto grado di vulnerabilità.
L’incompatibilità tra le opere antropiche e le caratteristiche geologiche del
territorio sono le cause della maggior parte dei dissesti. L’errata
urbanizzazione, la carente pianificazione territoriale, lo scarso studio di
conservazione del suolo, la scarsa gestione delle risorse ambientali e
l’approccio superficiale da parte dei tecnici non rappresentano un
concepimento reale del problema.
I fenomeni distruttivi potrebbero essere preventivamente affrontati
analizzando, in modo dettagliato, il contesto territoriale. La prevenzione del
fenomeno comprende attività che minimizzano la possibilità di eventi franosi
ed i conseguenti danneggiamenti. Inoltre, gli interventi di stabilizzazione di
frane, costituite da ingenti volumi di materiale smosso, risultano irrealizzabili
sia da un punto di vista tecnico che economico.
Il ripristino delle condizioni di stabilità richiede un’analisi approfondita dei
caratteri geometrici, idrogeologici e geotecnici del versante. Il criterio per
l’individuazione di un idoneo intervento di stabilizzazione è condotto
mediante l’analisi delle condizioni di stabilità del pendio, dei parametri
cinematici della frana e del contesto ambientale. Gli interventi di
stabilizzazioni tradizionali sono risultati inadeguati, pertanto si sta sempre di
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più ricorrendo alle tecnologie dell’ingegneria naturalistica, tra cui le strutture di
sostegno in terra rinforzata.
Il terreno viene rinforzato mediante l’inclusione di materiali (geosintetici o
metallici) ad alta resistenza a trazione, che inducono un elevato miglioramento
delle caratteristiche meccaniche dei terreni. Il principio di funzionamento delle
terre rinforzate consiste nel trasferimento degli sforzi agenti sul terreno agli
elementi di rinforzo; perciò, il sistema terreno-rinforzo conferisce alla struttura
un’elevata capacità di resistenza. La terra rinforzata è una grande risorsa ed il
progresso avvenuto in materia di ricerca e sperimentazione di casistiche reali
ha condotto allo sviluppo dei materiali costituenti il sistema migliorandone le
prestazioni strutturali. Gli interventi di stabilizzazione realizzati con terre
rinforzate comportano vantaggi tecnici, ambientali ed economici; un
importante vantaggio tecnico della terra rinforzata è la risposta strutturale alle
azioni sismiche rispetto alle tradizionali opere di sostegno.
Le strutture in terra rinforzata rientrano nelle opere di stabilizzazione interna e
vengono suddivise in: muri in terra rinforzata (con inclinazione del paramento
≥70°) e pendii in terra rinforzata (con inclinazione del paramento ≤70°). La
presente trattazione intende affrontare le strutture in terra rinforzata nelle sue
generalità, analizzando nello specifico il caso dei pendii in terra rinforzata con
elementi geosintetici a facciata rinverdita. Il profondo interesse verso questa
tecnologia è stato motivato nel corso della mia esperienza professionale, nella
quale ho potuto analizzare e constatare le reali potenzialità dell’opera. Perciò, il
lavoro svolto intende fornire una prospettiva, il più ampia possibile, sulla
stretta correlazione tra l’impiego dei pendii in terra rinforzata e i versanti in
frana. La tesi sarà strutturata in 4 capitoli intesi come strumenti di concezione
e progettazione per la stabilizzazione dei versanti in frana mediante le strutture
in terra rinforzata.
Nel primo capitolo affronteremo i fenomeni franosi e la stabilità dei pendii.
Nella prima parte verrà esposto l’approccio che si ha in Italia nei confronti
delle frane, nonché saranno individuate le frane più catastrofiche degli ultimi
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sessant’anni e verrà discussa la frana del Vajont (1963). In seguito saranno
descritti i concetti teorici alla base della classificazione e dell’analisi di un
fenomeno franoso che risultano fondamentali nella valutazione della stabilità
dei pendii e nella conseguente scelta dell’intervento di stabilizzazione.
Nel secondo capitolo saranno analizzate le strutture di sostegno in terra
rinforzata e, analizzando le caratteristiche e le proprietà dei materiali
costituenti la struttura, andremo ad esporre i principi di funzionamento del
sistema terreno-rinforzo. Saranno illustrate anche le opere complementari che
collaborano all’efficacia delle terre rinforzate. In questa parte sarà possibile
valutare i vantaggi da un punto di vista sia tecnico che ambientale posseduti da
tale tecnologia.
Nel terzo capitolo, in riferimento ai pendii in terra rinforzata, verranno esposti
i passaggi per redigere la progettazione. Si esporranno le attuali normative
nazionali ed internazionali che permettono un’adeguata comprensione del
problema e un’idonea risoluzione da un punto di vista strutturale. Le
normative internazionali risultano essere le più complete, in quanto la
normativa nazionale NTC 2008 non affronta nello specifico tale tipo di
struttura. Inoltre, saranno analizzate le analisi e le verifiche di stabilità,
correlate ai carichi gravanti sul pendio in terra rinforzata, che condurranno al
dimensionamento della struttura. Infine, verranno esposte le modalità di posa
in opera della terra rinforzata che, rispetto ad altre opere di sostegno, non
necessitano di manodopera specializzata o di mezzi pesanti particolari, fattore
che comporta un elevato miglioramento dal punto di vista dell’impatto
ambientale ed economico, in quanto comporta una diminuzione di spesa.
Nel quarto ed ultimo capitolo vedremo in cosa consiste un’idonea
caratterizzazione geognostica del sito ed, in base agli strumenti forniti negli
altri capitoli, approcceremo direttamente la stabilizzazione di un versante in
frana mediante le strutture in terra rinforzata. Esporremo i criteri principali alla
base della scelta di tale opera di sostegno ed i vantaggi che può avere rispetto
ad un muro di sostegno in calcestruzzo armato, raffrontandoli da un punto di
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vista tecnico ed economico. Infine, verranno riportati degli esempi di casi reali
nei quali il versante in frana è stato stabilizzato mediante i pendii in terra
rinforzata.
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CAPITOLO 1. Pendii naturali e frane
1.1 Cenni preliminari
La genesi e la struttura dei terreni rappresentano due elementi fondamentali
per lo studio dei versanti. Il modellamento di un versante dipende da fattori
morfogenetici, quali: agenti atmosferici (degradazione meteorica), gravità
(movimenti di massa, frane), acqua di precipitazione e di deflusso superficiale
(erosione superficiale)
1
. L’acqua è il principale costituente naturale che altera,
in relazione al suo contenuto, lo stato fisico di un terreno, la sua struttura e le
sue caratteristiche meccaniche
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. In base al grado di saturazione del terreno si
possono riscontrare fenomeni di instabilità, le cui cause dipendono anche da
altri fattori: il degrado ambientale, l’acclività del pendio, le condizioni
climatiche, le variazioni dei carichi agenti, la forma del rilievo e la struttura del
terreno. I fenomeni di instabilità, in particolare le frane, rientrano nella
categoria delle catastrofi naturali. Secondo Cruden, il termine frana o
fenomeno franoso può essere definito come “il movimento di una massa di roccia,
terra o detrito lungo un pendio
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”. Analizzando nello specifico la definizione fornita
da Cruden, è possibile intendere che il movimento di materiale o di versante
avvenga lungo i pendii per effetto della forza di gravità, il cui baricentro si
sposta verso il basso o verso l’esterno.
Il territorio italiano è fortemente interessato da eventi franosi analizzati
costantemente da ingegneri geotecnici e geologi, la cui stretta collaborazione
garantisce un’esatta interpretazione del fenomeno. Tale cooperazione necessita
del supporto di indagini geognostiche atte a determinare la modalità di
intervento più idonea. Inoltre mediante le indagini e i sistemi di monitoraggio
delle frane, è possibile identificare le proprietà, l’assetto, nonché la struttura e
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G.C. PEROSINO, Scienze della Terra, Torino, Crest, 2012.
2
R. LANCELLOTTA, Geotecnica, Bologna, Zanichelli, 2004 3°, (1987).
3
D.M. CRUDEN, A simple definition of a landslide, in IAEG Bull 43 (1991), pp. 27-29.
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la storia idrogeologica
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della frana, al fine di ricostruire il meccanismo di
dissesto e valutare l’efficacia nel tempo dell’intervento di stabilizzazione.
Negli ultimi anni, in seguito alla crisi che ha investito il settore, le Stazioni
Appaltanti hanno realizzato i loro studi dando priorità all’aspetto economico
piuttosto che a quello tecnico-funzionale, garantendo così dei risultati
inaffidabili e realizzando opere di stabilizzazione non idonee. Per di più, uno
degli errori maggiormente commessi riguarda l’esecuzione di progetti redatti in
passato e quindi correlati ad indagini geognostiche poco attendibili. Di
conseguenza, le opere di consolidamento non conseguono i risultati attesi
rendendo sottostimato il fattore di sicurezza prospettato in fase progettuale,
causando, a lungo termine, un forte aumento dei costi manutentori. Gli effetti
che ne conseguono non sono dovuti unicamente ad osservazioni o
interpretazioni geologiche errate, ma dipendono anche dalla volontà di
occupare ogni spazio in natura, ampliando centri abitati e collegamenti
infrastrutturali anche laddove non necessari. Un esempio è la costruzione di
case e strade ai piedi dell’Appennino italiano - l’incidenza dei fenomeni è
sintomo dell’intensificarsi dell’urbanizzazione - che poggia su strati argillosi,
dove il rischio di scivolamento di uno strato a granulometria grossa su uno a
granulometria fine è elevato. Di seguito si riportano i principali eventi
catastrofici registrati negli ultimi sessanta anni:
25-26 ottobre 1954 Salerno;
9 ottobre 1963 Vajont;
13 dicembre 1982 Ancona;
19 luglio 1985 Tesero;
17-19 luglio 1987 Valtellina;
2-6 novembre 1994 Italia Nord-Occidentale;
4-6 maggio 1998 Sarno (vedi figura 1);
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L. SCESI, M. PAPINI, P. GATTINONI, Geologia applicata, Il rilevamento geologico-tecnico,
Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 2006 2°, (2001).
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13-16 ottobre 2000 Italia Nord-Occidentale;
2 luglio 2006 Vibo Valentia (vedi figura 2);
2010-oggi Liguria.
Figura 1 – Foto aerea della frana di Sarno, maggio 1998.
http://www.cngeologi.it/wp-content/uploads/2013/11/3.-Il-Dissesto-Idrogeologico-in-Italia.pdf
Figura 2 – Foto aerea della frana di Vibo Valentia nel luglio del 2006.
http://www.cngeologi.it/wp-content/uploads/2013/11/3.-Il-Dissesto-Idrogeologico-in-Italia.pdf