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Introduzione
Negli ultimi anni, in un contesto internazionale funestato dalla gravissima crisi
economico/finanziaria che ha portato ad una pesante recessione, ha acquisito sempre più
rilevanza nel nostro Paese un problema per troppi anni sottovalutato: l’evasione fiscale.
Recenti indagini ci attribuiscono, infatti, il poco invidiabile primato di paese Europeo con il
maggior tasso di evasione fiscale, potendo vantare, si fa per dire, un’economia sommersa pari
al 21% del PIL, circa 340 miliardi di Euro l’anno, e 180,9 miliardi di Euro di imposte sottratte
ogni anno all’Erario.
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In ragione delle enormi dimensioni che il fenomeno ha raggiunto nel corso degli anni, il tema
dell’evasione rappresenta il momento centrale della politica fiscale, con cui i vari governi che
si sono susseguiti al potere hanno dovuto misurarsi nel tentativo di arginare l’erosione del
gettito erariale e raggiungere un miglior livello di equità sociale. Mai quanto ora, infatti, il
recupero a tassazione dell’imponibile nascosto, o quanto meno di una parte di esso,
rappresenterebbe una vera e propria boccata di ossigeno per i conti dello Stato, oltre che la
chiave di una ritrovata credibilità in ambito Europeo.
Alla base di una simile deriva vi è un circolo vizioso che, partendo da piccoli fenomeni
evasivi o elusivi, intesi come la più semplice reazione del contribuente ai propri gravosi
obblighi tributari (soprattutto in periodi di depressione economica, in cui la diminuzione della
capacità contributiva rende intollerabile l’anelastica pressione fiscale esistente), spinge
l’Amministrazione finanziaria, nel tentativo di garantire la propria sostenibilità, ad aumentare
la pressione fiscale, e quindi ad “incoraggiare” nuova evasione. Una situazione in cui ad
essere danneggiati saranno sempre i contribuenti onesti, che scontano l’onere derivante
dall’altrui inadempimento sotto forma di nuove imposte o maggiori aliquote.
Di fronte a tale scenario, constatata l’impossibilità per l’Amministrazione di sottoporre a
controllo analitico ogni singolo contribuente, risulta essere un fattore critico di successo
l’utilizzo di strumenti che, individuando incongruenze tra tenore di vita e reddito dichiarato,
vadano a colpire gli evasori più incalliti ricostruendo “a ritroso” la base imponibile reale.
In tale ottica, al pari di quanto accade in ambito commerciale con gli studi di settore, nel corso
degli ultimi decenni ha assunto sempre maggior peso l’accertamento sintetico dei redditi delle
persone fisiche, originariamente pensato come procedura “straordinaria” da utilizzare solo in
via residuale. Uno strumento controverso e discusso, sospeso tra necessità di efficacia
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Dati tratti dalla ricerca effettuata da KRLS Network of business, per conto dell’Associazione Contribuenti
Italiani, 2012, disponibili on-line sul sito: www.contribuenti.it.
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dell’azione accertatrice e contemporanea tutela dei diritti inviolabili del contribuente, su cui
opinione pubblica e dottrina si sono sempre mostrate divise, e riguardo cui la Suprema Corte è
stata più volte chiamata a pronunciarsi.
Al fine di ricostruire il percorso di sviluppo dello strumento e porre in evidenza virtù e limiti
dello stesso, il presente lavoro di tesi, strutturato in due capitoli, analizzerà in chiave critica
l’evoluzione di giurisprudenza, dottrina e prassi a riguardo; partendo dalle origini della
disciplina moderna, identificabile con l’emanazione del D.p.r. n. 600 del 1973, e giungendo
alle più recenti novità.
Più nello specifico, nel primo capitolo, dopo aver fornito il quadro giuridico di riferimento,
l’attenzione si soffermerà sulla descrizione delle caratteristiche e dei profili di legittimità
Costituzionale del vecchio strumento per poi spostarsi, nel secondo capitolo, sull’analisi della
riforma del 2010 che, con l’emanazione del D.L. n.78, ha integralmente rivisto le precedenti
disposizioni in materia.
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Capitolo Primo
1.1 Il quadro giuridico
L’avviso di accertamento, disciplinato principalmente dal D.p.r. 600/1973, è il provvedimento
impositivo in cui sfocia il procedimento amministrativo di applicazione delle imposte, ossia
l’atto con cui l’Amministrazione finanziaria determina, mediante l’utilizzo di diverse
tecniche, l’ammontare dell’imponibile e conseguentemente dell’imposta dovuta.
L'attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente
eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l'autoliquidazione dei tributi più importanti da
parte del contribuente stesso tramite l'istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono
quindi solo per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa
presentazione delle stesse. Si tratta di una tipica attività amministrativa, il cui fine ultimo è
indicato all'art. 53 Cost. con la necessità di garantire che tutti contribuiscano alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
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Tuttavia, a differenza degli altri
provvedimenti amministrativi, generalmente discrezionali, l’avviso di accertamento è, in
ossequio a quanto statuito dall’art. 23 Cost.
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, espressione di una funzione strettamente
vincolata. L’Amministrazione finanziaria, pertanto, in presenza di ciò che la legge richiede,
deve emanare l’avviso di accertamento, con contenuti aderenti ai criteri prestabiliti dalla legge
e senza alcuna possibilità di scelta discrezionale. Da tale circostanza derivano svariate
conseguenze, tra cui l’impossibilità di rilevare negli atti di imposizione il vizio di eccesso di
potere, che può aversi solo negli atti amministrativi discrezionali
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.
Il contenuto dell’avviso di accertamento è disciplinato dall’art. 7 dello Statuto del
Contribuente e dalle singole leggi d’imposta. Così come per le sentenze possiamo distinguere
in esso due parti: motivazione e dispositivo.
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L’una indica i presupposti di fatto e le ragioni
che hanno portato all’emissione dell’avviso e l’altra contiene la statuizione relativa alla base
imponibile e all’obbligazione tributaria accertata. L’avviso di accertamento deve essere poi
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Da it.wikipedia.org.
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Art 23 Cost.: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
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F. TESAURO, “Istituzioni di diritto tributario/Parte Generale”.
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Si applica anche all’avviso di accertamento l’art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 241 ove è stabilito che ogni
provvedimento amministrativo deve essere motivato indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che
hanno determinato la decisione dell’Amministrazione in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.
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notificato al contribuente, non solo affinché quest’ultimo ne sia portato a conoscenza, ma
anche perché possa addivenire ad esistenza e quindi essere produttivo di effetti giuridici.
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L’art. 21-septies, comma 1, della legge n.241/1990 dispone infatti, con riferimento a tutti gli
atti amministrativi, e quindi anche tributari, che “è nullo il provvedimento amministrativo che
manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato
adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti
dalla legge”.
Riguardo l’efficacia che l’avviso di accertamento ha circa l’obbligazione tributaria, vi sono
due orientamenti giurisprudenziali distinti: secondo il primo ha efficacia dichiarativa, ossia,
poiché l’obbligazione tributaria sorge non appena se ne verifica il presupposto, il potere
impositivo dell’avviso d’accertamento è un mero potere di accertamento e non si inserisce nel
meccanismo costitutivo del rapporto d’imposta; il secondo, invece, sostiene che perché sorga
l’obbligazione è necessaria la presentazione della dichiarazione o l’emissione dell’avviso di
accertamento, che, pertanto, non accerta ma costituisce l’obbligazione tributaria stessa. A
favore del primo orientamento si è espressa buona parte della dottrina
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, oltre che la stessa
Cassazione, la quale, in una sentenza del 1982
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sembra aderirvi, seppur con molte riserve,
facendone discendere il principio secondo cui gli interessi moratori decorrono dallo stesso
giorno in cui è nato il rapporto tributario. Nella direzione opposta muove invece il pensiero di
altri, il cui punto di vista è sintetizzabile attraverso le parole dello Zanobini: “Altri, infine, pur
escludendo che l’atto di accertamento abbia un valore decisivo nella formazione del rapporto,
sono costretti a riconoscere in esso una particolare rilevanza, un’efficacia almeno in parte
costitutiva” e conclude “Un esatto concetto degli atti di accertamento costitutivo permette di
ascrivere a questa categoria il provvedimento di cui si discute. Il carattere costitutivo di un
atto non importa che il rapporto di cui si tratta abbia origine da esso, anziché dal fatto
sostanziale di cui accerta l’esistenza: l’atto pubblico ha effetto costitutivo rispetto alla
donazione, pur essendo fuori dubbio che la fonte del rapporto è soltanto la volontà del
donante. Analogamente deve dirsi che fonte del rapporto tributario è il fatto giuridico previsto
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Per alcuni atti giuridici, ad esempio le sentenze, la notificazione si aggiunge ad un atto già perfetto, nel caso
dell’avviso di accertamento, invece, è circostanza necessaria per la sua legittimità.
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Tra cui il Giannini, l’Allorio, il Vignocchi, il Perini e l’Alessi Stamati.
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Cass. Civ., sentenza 5 ottobre 1982, n. 5115.
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come tale dalla legge e che, tuttavia, il rapporto non assume esistenza giuridica se non in
seguito all’atto formale di accertamento, compiuto dagli organi finanziari”
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Ovviamente il contribuente cui è notificato un avviso di accertamento ha dinanzi a sé svariate
possibilità: può pagare integralmente quanto accertato, può limitarsi al pagamento delle sole
sanzioni, proporre istanza di accertamento con adesione, impugnare integralmente o
parzialmente l’avviso o proporre istanza di sospensione giudiziale/amministrativa.
A seconda degli strumenti utilizzati dall’Amministrazione finanziaria per ricostruire la base
imponibile del contribuente è possibile classificare gli accertamenti in quattro macro-classi:
- Accertamento analitico, che mira a ricostruire interamente la base imponibile del
singolo contribuente attraverso la verifica analitica (e l’eventuale rettifica) delle varie
fonti di reddito che la compongono.
- Accertamento sintetico, previsto per le sole persone fisiche, che tenta di ricostruire la
base imponibile nel suo complesso (in via unitaria, a prescindere dai singoli redditi
che lo compongono) basandosi sulle spese di qualsiasi genere sostenute dal
contribuente in rapporto al livello di reddito dichiarato per il medesimo periodo di
imposta e sul cosiddetto “redditometro”.
- Accertamento induttivo “extracontabile”, che riguarda esclusivamente i soggetti
obbligati alla tenuta delle scritture contabili ed è applicabile nei soli casi
tassativamente indicati dalla legge: quando manca la dichiarazione dei redditi, da
un’ispezione è emersa la mancanza di una o più scritture contabili, tali scritture
risultano inattendibili a causa di gravi omissioni o false indicazioni, il contribuente si è
rifiutato di compilare un questionario oppure non ha ottemperato ad un invito ad
esibire atti o documenti.
- Accertamento “analitico-induttivo” mediante studi di settore, che costituisce un mezzo
di accertamento parziale, volto non tanto alla ricostruzione complessiva del reddito,
quanto alla rettifica di specifiche componenti reddituali, tramite la correzione in
aumento dei ricavi e dei compensi dichiarati dal professionista e dalle imprese
minori. Il metodo si basa sull’utilizzo di un software informatico e statistico in grado
di definire i cosiddetti “cluster”, gruppi omogenei di imprese raggruppati in base a vari
fattori, cui si associano determinati volumi di affari che consentono di verificare la
congruità del livello di ricavo di ciascuna impresa in base a tali standard.
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ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, 1958, vol. IV, pag. 411.
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Da “Le tipologie di accertamento tributario” di Anna Jennifer Christiansen.