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Introduzione
In un mondo globalizzato come quello odierno, le nazioni hanno sempre più bisogno di
crearsi un’identità, con cui presentarsi sui mercati esteri. Questo significa che spesso un
Paese si trova a dover procedere come di solito fanno i brand.
Da qui inizia la mia riflessione, che vuol cercare di approfondire il tema del nation branding e
di come questo tema si sia sviluppato in maniera rapida negli ultimi dieci anni, per poi
cercare di legarlo al tema dell’effetto del paese d’origine.
Il Country of origin (che può essere abbreviato con C.O.O.) è quel concetto secondo cui il
paese da cui provengono i prodotti è esso stesso portatore di sensazioni, associazioni mentali,
valori. Viene spesso legato al concetto del made in, il quale invece indica la provenienza del
prodotto e può essere sinonimo di garanzia e qualità.
Considerando che i paesi oggi sono sempre più consapevoli che la reputazione e l’immagine
sono requisiti fondamentali, ho cercato di capire come l’Italia si inserisse in questo quadro di
riferimento.
Certo è che riuscire a suscitare una percezione positiva è sempre favorevole, poiché le
associazioni che verranno fatte saranno il punto di riferimento nel processo d’acquisto. I
consumatori saranno più propensi ad acquistare prodotti e magari visitare quel determinato
Paese. I country brand avranno quindi un vantaggio competitivo, rispetto alle altre nazioni,
reale e tangibile.
In questa breve ricerca ho cercato di partire da un livello più generale, e quindi dal fenomeno
del Nation Branding e dal suo sviluppo nel tempo, per arrivare poi allo specifico, cioè
all’applicazione di questo concetto al made in Italy.
È stato interessante capire come ci siano molti fattori che influenzano le potenzialità di una
nazione all’estero. Si passa da fattori più tangibili e misurabili come il prodotto interno lordo
e l’economia, a fattori meno concreti come la cultura, il territorio.
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È molto importante rilevare che a volte potrebbe esserci una differenza tra le percezioni dei
consumatori e le reali capacità di una nazione. È luogo comune pensare, infatti, che paesi
come il Brasile, la Cina, e quelli considerati in via di sviluppo siano paesi arretrati. In realtà
questo non è sempre vero, soprattutto in un mercato aperto come quello odierno, in cui sono
proprio questi paesi che stanno al passo con l’economia globale e sviluppano elevate
competenze tecnologiche.
Partendo dall’idea quindi che ogni paese ha le proprie potenzialità ma spesso non sono
percepite allo stesso modo dai consumatori esteri, ho introdotto il discorso del made in Italy,
fenomeno ormai discusso da governi e lavoratori, ma altrettanto difficile da comprendere.
Negli ultimi anni abbiamo, infatti, assistito alla delocalizzazione della produzione, alle
materie prime che provengono da paesi esteri, al rischio molto alto di contraffazione. Questi
sono solo alcuni degli argomenti che colpiscono il nostro paese.
La mia riflessione parte da un interesse molto forte verso il nostro paese, verso la storia che
lo circonda e che lo caratterizza. È inoltre importante cercare di capire come il nostro paese
non abbia mai sfruttato appieno le proprie capacità, rimanendo sempre “seduto” e vivendo di
rendita. Oggi quella rendita che tanto ci ha resi famosi nel mondo si sta degradando, e spetta
solamente alle persone e alle istituzioni ridar vita a quel patrimonio infinito di monumenti,
arte, cultura, artigianato e tradizione che da sempre ci ha fatti essere un punto di riferimento
nel mondo.
1. Nation branding e identità competitiva
1.1 L’universo di riferimento
A partire dall’avvento della globalizzazione il mondo è diventato sempre più interconnesso
ed è cresciuta di pari passo anche la competizione globale tra immaginari relativi alle varie
nazioni con lo scopo di mantenere o modificare la propria reputazione in ambito
internazionale. Ora è importante osservare che la competizione di cui abbiamo appena parlato
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non ha luogo solamente tra politiche o programmi economici, ma anche tra operazioni
simboliche, utili a diffondere nel mondo una data immagine di un Paese. Per immagine di un
paese s’intende la percezione che le persone hanno di quel determinato luogo, le associazioni
che fanno.
Per riuscire a proiettare all’esterno una data immagine si dovrebbe far leva su alcune
proiezioni della realtà che, comunicate attraverso l’uso di simboli e rappresentazioni,
dovrebbero agire sulle percezioni che il mondo ha di quel dato Paese. È importante quindi
individuare una serie di valori, idee, principi che, in ogni azione progettata, rappresentino
l’identità di quel paese all’estero. Si tratta, come possiamo immaginare, di un processo molto
complesso ma alla base di tutto sta l’idea di considerare una nazione come un vero e proprio
brand. A questo proposito, quindi, parliamo di Nation Branding.
Prima di vedere le principali teorie su questo argomento, credo sia importante spiegare due
termini spesso molto confusi: brand e branding.
• Il brand (marca) è «un nome, termine, segno, simbolo, disegno o combinazione di
essi usati per identificare i prodotti o servizi di un venditore o gruppo di venditori per
differenziarli da quelli dei loro concorrenti»
1
. Non è quindi solo il logo, solo il
prodotto o il packaging. Il brand è l’esperienza creata con e per il consumatore. E’
fatto di valori, della cultura che viene trasmessa, della sua personalità.
• Il branding, invece, è l’approccio utilizzato per vendere non il prodotto, ma il brand
stesso. E’ il progetto strategico che va a costruire i vari elementi che compongono il
brand come l’immagine e l’identità.
Utilizzare tutte le strumentazioni comunicative della marca è tanto importante per le aziende
quanto lo è per un luogo.
Dopo aver chiarito brevemente cos’è un brand, è indispendabile chiarire che esso è composto
da quattro diverse facce: brand identity, brand image, brand purpose, brand equity.
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P. Kotler, W.G. Scott, Marketing management, Isedi, Torino, 2002.
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La brand identity, o identità di marca, è la modalità utilizzata da un’impresa per identificare
se stessa o il proprio prodotto servizio. È l’insieme dei significati e dei significanti che il
brand management attribuisce alla marca al fine di renderla unica e desiderabile per i
consumatori, ma anche per distinguerla dai competitor e produrre valore.
J.N. Kapferer, nella prima metà degli anni Novanta, propone un modello per illustrare il
concetto di brand identity. Graficamente rappresenta un esagono, che ci mostra tutte le facce
della marca.
Figura 1.1 Brand Identity Prism
Questo approccio considera sia gli elementi più esterni che quelli più interni della marca e
analizza sei diversi aspetti:
• luogo fisico: una serie di attributi tangibili, di caratteristiche oggettive ed esteriori
associate alla marca;
• personalità: il carattere della marca, i suoi discorsi, le sue parole che spesso la
rendono simile ad una persona;
• cultura: l’universo culturale, il sistema di valori, una serie di significati profondi;
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• relazione: un legame simbolico, il rapporto tra brand e consumatori;
• riflesso: l’immagine esteriore che la marca restituisce del proprio consumatore ideale;
• mentalizzazione: come il consumatore si sente attraverso l’uso della marca.
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I sei lati formano una struttura indissolubile.
La brand image, o immagine di marca, è «l’insieme delle percezioni su una marca presenti
nella memoria dei consumatori. Tali percezioni si riflettono in associazioni di varia natura
alla marca stessa»
3
. La brand image può o meno essere in armonia con la brand identity.
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Include una serie di associazioni, aspettative e sentimenti legati alla marca.
Il brand purpose, o scopo della marca, è l’espressione più “intima di un marchio”, la sua
essenza. Va a catturare quello che è il rapporto all’interno dell’impresa stessa, considera i
dipendenti “cittadini” dell’impresa. É un concetto riconducibile alla cultura d’impresa.
La brand equity, o valore della marca, è «il valore aggiunto che una marca conferisce al
prodotto o servizio. Questo valore si riflette nelle percezioni e nei comportamenti d’acquisto
dei consumatori rispetto alla marca, ma anche nel valore azionario e, più in generale, nella
profittabilità della marca per l’impresa»
5
. Il valore viene acquisito una volta che il prodotto o
il servizio conquistano una reputazione forte e stabile.
La principale funzione della marca è quella di differenziare un prodotto da quello dei
competitor e di conferirgli un valore aggiunto grazie agli elementi che lo identificano.
Attraverso questi elementi fondamentali per identificare quali siano i meccanismi di
funzionamento e le attività che debbono essere coerentemente pianificate per i brand,
proviamo ad analizzare le teorie che più specificamente hanno cercato di interpretare la
nazione come una marca.
2
M. Lombardi, La strategia in pubblicità. Manuale di tecnica multimediale: dai media classici al
digitale, Franco Angeli, Milano, 2014, pp. 121-122.
3
C. Rossi, Marketing collaborativo e online value co-creation, Franco Angeli, Milano, 2014, p. 143.
4
S. Anholt, L’identità competitiva: il branding di nazioni, città, regioni, EGEA, Milano, 2007.
5
P. Kotler, K. Keller, Marketing management, Pearson, Torino, 2007, p.338.