Abstract
La qualità dei prodotti alimentari italiani ha reso il settore agroalimentare del Bel Paese
sinonimo di ricercatezza ed unicità, derivate dalla tradizione e dall’esperienza intrise nei
processi produttivi e dal pregio delle materie prime. Proprio questa unicità, connessa
alla garanzia di un prodotto generato da condizioni ambientali e produttive inimitabili, è
però minata, in maniera crescente negli anni, dal fenomeno della contraffazione. Questo
processo opera diffondendo sul mercato beni che, secondo fattispecie differenti, imitano
il prodotto alimentare di qualità italiano compromettendone immagine e sottraendone
mercato.
La seguente trattazione avrà il suo incipit in un’analisi del Made in Italy nel settore
agroalimentare, il quale non rappresenta solo un’indicazione di origine ma anche una
garanzia di qualità. Successivamente si strutturerà un esame della contraffazione nel
settore e dei dati relativi. Infine l’attenzione verterà su auspicabili vie risolutive alla
problematica tramite trattati internazionali.
La tematica della contraffazione dell’agroalimentare italiano viene dunque esaminata
esponendone i valori e proponendone un approccio d’intervento possibile che lascia
però un punto interrogativo sulla sua effettiva efficacia: infatti l’accordo internazionale
analizzato, il TTIP, è attualmente in elaborazione e dunque il suo effetto risolutivo o
meno si manifesterà solo in futuro.
La riflessione conclusiva si basa sull’attualità e valenza della problematica della
contraffazione. Ciò che si pone in discussione è quanto e se ancora a lungo questa
pratica potrà debitamente definirsi “problematica”: il rischio, infatti, è che la contestuale
traslazione verso un’omologazione dei gusti e dei bisogni renda la garanzia dell’Origine
una caratteristica del prodotto meno ricercata dal consumatore, e quindi con minore
richiesta di tutela rispetto ad altri attributi di maggiore interesse per l’acquirente.
L’evoluzione dei consumi rischia di allontanare dal cliente il prodotto di Indicazione
Geografica a vantaggio di quello più diffuso, reperibile ovunque perché ovunque
generabile senza legami territoriali. Affinché questo fenomeno sia scongiurato e la
protezione del prodotto con Indicazione d’Origine sia ancora manifestazione di una
domanda concreta, è necessario continuare ad alimentare quest’ultima. I paesi
produttori, Italia in prima fila, hanno il compito di mantenere vivo il mercato dei
prodotti di Indicazione Geografica, solo così il processo di omologazione continuerà ad
avere un’alternativa e questo impegno di tutela manterrà una causa valevole da
difendere, sia in termini sociali che economici.
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INTRODUZIONE
Fornire una descrizione di quotidianità valida, stabile e costante nel tempo è sempre
stato un obiettivo per definizione impossibile, ma oggi lo è ancora di più.
“Cambiamento” è la parola chiave che va ad intaccare il concetto di quotidiano,
trasformandolo in qualcosa di perennemente instabile ed in evoluzione, e di
cambiamenti se ne possono sperimentare di diversi tipi: da quelli silenti, che si
innestano nelle pratiche abituali senza clamori, a quelli più rivoluzionari che rendono le
abitudini “mai più come prima”, ma che, come gli altri, in poco tempo, diventano
assodati e pronti ad essere a loro volta sostituiti.
Così, senza grandi fragori apparenti, gli aggiornamenti per i cellulari si susseguono
senza sosta, così come le scoperte in campo medico e i traguardi nelle tecnologie
informatiche si presentano sempre nuovi. E tutto, sempre in breve tempo, si diffonde in
modo epidemico a livello globale.
Alcune novità sono visibili nel confronto dei comportamenti, delle abitudini e dei
prodotti venduti solo a distanza di pochi anni, come quelle che in un brevissimo tempo
hanno reso le comunicazioni talmente facili da essere date per scontate, mentre altre si
presentano in risposta a bisogni non così conclamati, e dunque vengono accolte e
diventano parte del quotidiano senza apparenti stravolgimenti.
Parte di questa categoria di cambiamenti “taciti” è svolta dall’introduzione di beni
alimentari originari delle più variegate aree geografiche del mondo nella dieta usuale dei
paesi.
Grazie ai fenomeni migratori, ed in parte al turismo internazionale, le culture alimentari
più disparate hanno potuto incontrarsi e sperimentarsi vicendevolmente, introducendosi
gradualmente anche in paesi molto lontani da quello d’origine. Il passo dal pasto servito
a quello confezionato sugli scaffali è stato breve. Con il tempo sono comparsi in tutti i
supermercati del mondo gli stessi prodotti tipici serviti al ristorante “esotico” che
l’avventore curioso e positivamente colpito desidera riprodurre, o ricercati dal cliente
con origini lontane, il quale può trovare comodamente nei punti vendita del paese
d’adozione i prodotti retaggio delle sue origini.
L’Italia è stata investita relativamente tardi da questa ondata di cambiamento che oggi si
è riversata completamente anche sul Bel Paese. Ma se i prodotti esteri hanno fatto la
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loro comparsa sulle tavole italiane da poco, la cucina italiana e le sue materie prime
sono da molto tempo conosciute ed apprezzate in tutto il mondo.
I motivi di questa diffusione sono i più disparati, partendo dalla massiccia emigrazione,
verso America e non solo, che ha portato insieme ai cittadini anche le tradizioni
culinarie italiane, gelosamente tramandate di generazione in generazione anche
all’estero come indelebile connessione alle origini, passando dal turismo che ha
consentito agli avventori di apprezzare le terre italiane e la loro cucina fino ai benefici
sponsorizzati internazionalmente della dieta mediterranea, apprezzata in tutto il mondo
non solo per il suo gusto ma anche per le sue proprietà nutritive equilibrate e salutari.
Questa diffusione è divenuta una grande occasione per i produttori dell’export italiano
che, vista l’ingente richiesta, si sono adoperati per soddisfarla e cercare collocamento
all’estero anche per quelle produzioni pregiate, inizialmente meno conosciute, tipiche e
intrise di tradizione.
Con il tempo la domanda non ha accennato a placarsi inducendo anche altri a tentare di
cogliere “l’occasione”. Produttori di tutto il mondo hanno quindi iniziato a spartirsi il
mercato generato dalla richiesta di prodotti italiani, sconfinando nell’imitazione e
contraffazione per aggiudicarsi anche parte di quella nicchia che poteva essere
alimentata solo da produzioni autenticamente italiane.
Dal momento in cui questo detrimento all’export italiano ha raggiunto dimensioni
ingenti si sono percorse diverse strade per tentare di arginare gli effetti del processo. Ma
l’ostacolo di fondo, oltre al tempo passato dall’inizio del fenomeno, che ha consentito
allo stesso di prendere piede in maniera assodata, è una differente concezione di tutela
del prodotto che giace nelle diverse mentalità dei paesi e che rende difficoltoso il
raggiungimento di un comune accordo sulla problematica.
Nel corso della trattazione seguente verranno analizzati i diversi aspetti del fenomeno
della contraffazione partendo da una sua definizione preliminare, necessaria per
comprendere l’analisi successiva, volta a definire le dimensioni del fenomeno in
relazione all’agroalimentare italiano, per approdare in conclusione ad una possibile
risoluzione tramite trattati internazionali, che portano alla luce gli ostacoli culturali tra i
paesi.
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CAPITOLO 1: Made in Italy e Contraffazione: aspetti teorici
Introduzione
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L’avvento esplosivo della globalizzazione dei mercati e le sue inattese conseguenze
hanno avuto grande impatto sugli scambi internazionali, non solamente a livello di
grandi imprese multinazionali ma bensì anche a livello di singolo consumatore.
Quest’ultimo, infatti, sempre più frequentemente, si trova a contatto con prodotti
provenienti da altri paesi, ma può altresì osservare una crescente dinamica espansiva
delle domestic firms. All’interno di questo contesto di cambiamento, ampliamento degli
orizzonti ed incontro tra contesti di mercato fino a pochi decenni fa inconciliabili, la
nozione di prodotto nazionale assume rilevanza saliente.
Il paese d’origine del prodotto, e nello specifico la sua immagine e percezione
internazionale, giocano un ruolo chiave non controllabile dal mercato ma con impatto
cruciale nelle politiche di marketing di quelle imprese che hanno ambizione di
posizionamento su mercati esteri. Come il prezzo e le caratteristiche qualitative del
prodotto, l’immagine del paese da cui il prodotto stesso proviene ha una forte valenza
sul comportamento decisionale del consumatore.
Nel momento in cui l’acquirente potenziale si approccia all’acquisto, compie
un’associazione tra il paese di provenienza e la sua capacità di fornire prodotti di
qualità, interiorizzando un legame tra il paese, la visione diffusamente condivisa di
questo ed i beni da esso provenienti.
Un’analisi di questa connessione, tra prodotto e origine geografica, è stata eseguita da
Jaffe e Nebenzahal (2006), i quali hanno proposto la seguente tassonomia:
Home Country (HC): in quale paese il consumatore risiede stabilmente?
Design Country (DC): in quale paese viene progettato l’intero prodotto o parte
di esso?
Made-in Country (MC): quale paese è indicato sull’etichetta “Made in”?
Country of Origin (CO): quale paese viene considerato dal consumatore quale
origine geografica di un certo prodotto o brand?
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Bertoli e Resciniti (2012) pag.23-29
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L’Home Country è la voce tassonomica più articolata in quanto costituita dalla
sommatoria delle percezioni riguardanti la cultura locale, il contesto socio-economico,
demografico e competitivo del paese. Escludendo quest’ultima, tutte le categorie
tassonomiche sopra elencate possiedono una loro immagine riconosciuta dal
consumatore, in grado di influenzare le percezioni dei prodotti o del marchio connessi
allo specifico paese generando il, così definito, Country Image Effect (CIE).
L’immagine del paese d’origine, in tutte le sue declinazioni, è quindi la base formante le
brand/product attitudes, percepite ed analizzate dal consumatore in fase d’acquisto.
Figura 1.1 Dimensione del country image effect (CIE)
fonte: Bertoli e Resciniti (2012) pag.28
Per quanto concerne l’Italia il CIE ha una valenza estremamente rilevante, rendendo il
Made in Italy uno tra i più pregiati, riconosciuti e, per questo motivo, anche imitati
“Made in” del mondo. Nel corso di questo capitolo verranno analizzate dunque due
macro-tematiche: il Made in Italy, nei suoi punti di forza e di debolezza, ed il fenomeno
della contraffazione che lo coinvolge.
1.1 Il “Made in Italy”: denominatori comuni e settori principali
Citare l’Italia nel mondo implica rievocare contrastanti percezioni e contesti. Esistono
però spazi in cui il Bel Paese è associato univocamente a ricercatezza e qualità, e sono
questi che lo fanno brillare nel mondo. Affermare quindi che un prodotto è un “Made in
Italy” non significa fornire una semplicistica indicazione di provenienza, ma è diventato