Sommario
In questa tesi è proposta un’analisi approfondita dei fenomeni mentali associati alle
individuali resistenze al cambiamento. È osservato in primis l’aspetto comunicativo
umano, in tutte le sue manifestazioni, specialmente nella possibilità di meccanismo
favorente un approccio verso l’innovazione. Secondariamente sono osservate le variabili
presenti tra piccole/medie imprese italiane sia internazionalizzate sia operative
esclusivamente a livello nazionale.
L’obiettivo è di vagliare la possibilità che esistano fattori, tra cui il più importante è la
comunicazione, predisponenti o meno l’approccio al cambiamento, all’innovazione e
all’internazionalizzazione.
A 104 leaders d’impresa è stato somministrato un questionario composto di tre test:
Social Skill Inventory (Ronald E. Riggio 1986); Resistance to Change (Oreg S. 2003) e
un questionario sulla desiderabilità sociale.
I molteplici risultati ottenuti permettono di accettare l’ipotesi che vi sia una correlazione
inversamente proporzionale tra social skill e resistenze al cambiamento.
È stato dimostrato come la comunicazione non mostri significative differenze tra
soggetti internazionali e esclusivamente nazionali.
Le resistenze al cambiamento, invece, risultano significativamente differenti nei due
gruppi considerati.
Infine, è rifiutata l’ipotesi che l’età potesse essere una confounding variable alterante i
risultati desiderati.
L’obiettivo di questa tesi è essenzialmente creare le basi per studi maggiormente precisi
e specifici su: la comunicazione nelle organizzazioni; la leadership e la gestione della
comunicazione e dell’organizzazione in periodi di transizione verso il cambiamento;
progetti di networking e reti sociali atte a favorire cooperazione tra organizzazioni.
IV
Capitolo 1:
Resistenza & Cambiamento
Ciò cui opponi resistenza persiste.
Ciò che accetti può essere cambiato.
Karl Gustav Jung
Cambiamento e resistenza.
Due insiemi di significato interdipendenti quanto quelli di yin e yang.
Ogni circostanza ha un suo opposto, non assoluto, ma in termini comparativi.
Nulla può essere completamente bianco o completamente nero; al suo interno è presente
sempre il seme per il proprio opposto; esattamente come in ogni uomo e in ogni donna
sono presenti una parte femminile e una maschile.
Il principio è nella radice condivisa, un'origine reciproca che impedisce l'esistenza di
uno senza l'altro.
La loro forza e azione muta, può crescere o diminuire; la loro complementarità permette
che si consumino e sostengano a vicenda alla continua ricerca di un equilibrio.
Sbilanciamenti in eccesso o insufficienza da entrambi le parti generano scompensi
critici.
Considerando la dicotomia nella scelta tra un atteggiamento o comportamento di
resistenza e un processo di cambiamento, definibile anzitempo come una perturbazione
dettata dall'accettazione di una modifica sostanziale di atteggiamenti, si può osservare
l'interdipendenza tra questi due fenomeni.
Sia in ottica quantitativa che qualitativa, si può cadere nell’errore di considerare
cambiamento e resistenza come due fenomeni associati a proprietà positive o negative;
potrebbe essere, ma solo nel caso si contestualizzasse un determinato evento e vi fosse
un’applicabilità pratica. Oltre a dover considerare un soggettivo punto di vista.
In realtà queste due possibilità sono squisitamente neutre.
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1.1 Resistenza
Questa prima parte dello scritto indaga il fenomeno di resistenza, come risposta umana,
conscia o inconscia, in modo particolare se attivata da una perturbazione come il
processo di cambiamento.
Ognuno di noi passa attraverso un processo reattivo quando si trova a confrontarsi
personalmente con grandi cambiamenti. (Jacobs, 1995)
In accordo con il modello proposto da Scott and Jaffe, questo processo di accettazione,
consiste in quattro fasi: rifiuto iniziale, resistenza, esplorazione graduale ed eventuali
compromessi. (Scott & Jaffe, 1988)
I cambiamenti comportano l'attivazione di processi inconsci in risposta alla minaccia
percepita. (Halton, 1994)
Le minacce producono un aumento del livello di ansia, per questo motivo il soggetto
può essere indotto, inconsciamente, ad attivare specifici meccanismi di difesa nel
tentativo di proteggersi. Per questo motivo potrebbe instaurarsi un meccanismo di
circolarità automatica tra ansia, cambiamento e meccanismo di difesa che si ripete nel
tempo. (Oldham & Kleiner, 1990)
Perpetuandosi esso può trasformarsi in un fenomeno definito “coazione a ripetere”,
impedendo al soggetto di apprendere nuove e migliori strategie per adattarsi meglio ai
cambiamenti.
La resistenza è un fenomeno naturale nel processo di cambiamento, questo è prevedibile
(Coghlan, 1993) ed è necessario in un passaggio verso l’ignoto.
Tipicamente gli individui desiderano una conoscenza approfondita di tutto ciò che
avviene attorno a loro. Per questo motivo sono costantemente alla ricerca
d’informazioni nel tentativo di mantenere attivo e tendente questo stato. (Nadler, 1981)
La loro riuscita dipende dalla capacità e dalla volontà individuale, questo perché ogni
individuo esperisce soggettivamente circostanze di questo tipo. (Darling, 1993)
Alcune persone tendono ad accettare più rapidamente e con più naturalezza i fenomeni
di cambiamento, mentre altri possono bloccarsi o avere esperienze di transizioni
multiple (Scott & Jaffe, 1988). Un'analisi, della ricerca empirica, rivela tre differenti
accenti sul concetto di resistenza: come stato cognitivo, come uno stato emotivo e come
un comportamento. (Bovey & Hede, 2001)
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In questa ricerca si desidera affrontare, attraverso un'analisi critica, ognuno di questi
stati. Prima di tutto vorrei chiarire come e perché, la resistenza, non sia un fenomeno
esclusivamente esperibile passivamente. Immaginando di compiere una qualsiasi
azione, chiunque è in grado di comprendere come a essa sia associato un determinato
significato e che esso comporti una reazione, per noi stessi e/o per gli altri.
Anche concependo l’azione antitetica a essa, potrà essere comunque attribuita
un’etichetta significativa.
La resistenza, poiché espressione di volontà, in egual modo possiede un significato
proprio. È un meccanismo di opposizione, verso un determinato fenomeno.
Le persone, avendo percepito un significato, sono in grado di gestirlo in due modi per
poi determinare le azioni che desiderano mettere in pratica nella risposta. Daniel
Kahneman ci suggerisce queste due modalità definendole 'livelli di analisi' o 'modalità
di pensiero'. La nostra mente compie e applica questa scelta in base a differenti cause e
ragioni.
La distinzione proposta è la seguente:
- Sistema 1 (pensiero intuitivo o euristico): opera rapidamente e in modo
automatico, con poco o nessuno sforzo e senso di controllo volontario.
- Sistema 2 (pensiero razionale): indirizza l’attenzione verso attività mentali
impegnative che richiedono focalizzazione, come i calcoli complessi. Le
operazioni del secondo sistema sono molto spesso associate all’esperienza
soggettiva dell’azione, della scelta e della concentrazione.
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(Kahnemen, 2014)
Del sistema 1 fanno parte tutte le impressioni e sensazioni che originano
spontaneamente e sono le fonti principali delle convinzioni esplicite e delle scelte
deliberate del sistema 2.
Le operazioni automatiche del sistema 1 generano modelli d’idee sorprendentemente
complessi, ma solo il sistema 2, più lento, è in grado di elaborare i pensieri in una serie
ordinata di stadi.
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Kahneman, D., 2014, Pensieri lenti e veloci, Milano, Mondadori, p.23
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Entrambi i sistemi sono attivi durante la veglia. Durante operazioni quotidiane,
cognitivamente non dispendiose, il primo funge in maniera automatica, mentre il
secondo, di norma, è in modalità “minimo sforzo” cioè attivo in piccola parte rispetto
alle sue potenzialità.
Il primo produce continuamente spunti per il secondo: impressioni, intuizioni,
intenzioni e sensazioni.
Se corroborate dal sistema 2, le impressioni e le intuizioni, sono sublimate in credenze e
gli impulsi sono convertiti in azioni volontarie.
Si può affermare quindi che, circa il 90% delle volte, chiunque può compiere scelte
poco ponderate, dettate da stimoli percepiti e da credenze attivate dal sistema 1.
Oltre a questo meccanismo, per optare a determinate risposte, l’uomo può avvalersi di
strategie nel tentativo di limitare lo sforzo cognitivo.
Kahneman e Tversky notano che: proponendo semplici compiti di giudizio e stime,
anche a persone in possesso di conoscenze e abilità scientifiche e matematiche spiccate,
si osserva la presenza di errori sistematici. Questa scoperta porta a riconsiderare il
rapporto fra norma e pensiero, riscrivendo le modalità di ragionamento della statistica
intuitiva. (Kahneman & Tversky, 1986)
Le successive ricerche psicologiche, sul giudizio in condizione d’incertezza, hanno
avuto un notevole sviluppo dal programma elaborato dai due ricercatori, denominato
<<euristiche e biases>>.
Nei loro esperimenti si sono concentrati sulla dimostrazione di biases, fallacie ed errori
nel giudizio, nelle scelte e nel comportamento decisionale automatico.
Si considera errore o fallacia, in quest’ambito, il fallimento nel fare un'inferenza che
ogni teoria normativa della probabilità classificherebbe come necessaria. Mentre
s’intende un bias quella tendenza sistematica a tenere in considerazione fattori
irrilevanti, per la risoluzione di un dato compito, e/o a trascurarne altri che invece
risultano rilevanti.
Le risposte automatiche e scorrette, proposte dai soggetti sperimentati nell’esperimento,
dimostrano l’utilizzo di scorciatoie nel tentativo di evitare un sovraccarico cognitivo.
Queste euristiche attribuiscono alla nostra conoscenza una certezza, che talvolta non si
possiede e nemmeno esiste.
Le ricerche hanno permesso di individuare diverse tipologie di euristiche.
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