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Introduzione
Nell’incessante evoluzione dell’itinerario teorico di Michel Foucault
1
, la
curvatura metodologica ed epistemologica inaugurata dalle lezioni al Collège de
France dei primi anni Settanta
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trova nei concetti di norma, normatività e
normalizzazione un riferimento costante, trasversale ai temi trattati, tanto da
ergersi a potenziale chiave di lettura dei meccanismi di funzionamento del potere
a cui il filosofo francese ha dedicato gran parte dei suoi scritti più celebri.
In questa sede si intende approfondire l’utilizzo foucaultiano del concetto di
normalizzazione e definirne il ruolo di strumento/effetto del potere (così come
formulato in Sorvegliare e punire
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) nel processo di assoggettamento dell’intero
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Nato a Poitiers nel 1926, figlio della media borghesia francese, Michel Foucault riceve nei primi anni
un’educazione cattolica. Dopo il diploma conseguito al Lycée Henri-IV di Parigi viene ammesso all’École
Normale Supérieure dove si laurea in filosofia nel ’48 e in psicologia nel ’50. Solitario e anticonformista,
Foucault vive con difficoltà la propria omosessualità, tenta tre volte il suicidio e per un breve periodo si
sottopone all’analisi freudiana. All’inizio degli anni ‘50 aderisce al Partito Comunista Francese e ottiene i
primi incarichi universitari che lo condurranno a lunghi soggiorni all’estero. Influenzato dalle letture di
Heidegger, Freud e soprattutto Nietzsche, pubblica nel 1961 Storia della follia in età classica sotto la
direzione di Canguilhem e nel 1963 Nascita della clinica. Negli anni successivi si trasferisce a Tunisi con
il compagno di vita Daniel Defert e nel 1966 cura con Deleuze l’edizione francese dell’opera omnia di
Nietzsche e dà alle stampe Le parole e le cose (che diventa un best-seller). Nel ’68 torna in Francia e
appoggia il movimento studentesco, preparando L’archeologia del sapere che vedrà la luce nel 1969.
Nell’aprile 1970 viene chiamato al Collège de France per succedere a Jean Hyppolite e ricoprire la
cattedra di Storia dei sistemi di pensiero: qui condurrà le sue ricerche fino all’anno della sua morte,
pubblicando Sorvegliare e punire (1975), La volontà di sapere (1976) e L’uso dei piaceri (1984). Nel
1984 la salute di Foucault inizia a deteriorarsi: dirada così gli impegni per concentrarsi sul secondo e
terzo volume della Storia della sessualità (La cura di sé), che porta a pubblicazione il 20 giugno. Cinque
giorni dopo muore in ospedale a Parigi: l’équipe medica dirama un comunicato che descrive, senza
nominarlo, il quadro clinico dell’Aids. Per approfondire la biografia di Foucault cfr. P. Veyne, Foucault.
Il pensiero e l’uomo, Garzanti, Milano, 2010.
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La ricerca di Foucault vede a quest’epoca l’emergere di uno sguardo più direttamente rivolto alle
pratiche extra-discorsive e la loro rilevanza sul piano storico-sociale. Cfr. § I.2.
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Si tratta di una precisazione indispensabile: in Sorvegliare e punire trova infatti definitiva formulazione
la funzione “positiva” di un potere che produce, lontano da una concezione verticista che ne spiega il
funzionamento in termini di repressione e interdizione. Lo stesso Foucault in un’intervista del ’76
ammette di avere in passato utilizzato questi schemi di funzionamento per parlare di potere: «la nozione
di repressione […] è più infida o in ogni caso ho avuto molta maggiore difficoltà a sbarazzarmene nella
misura in cui, in effetti, sembra quadrare così bene con tutta una serie di fenomeni che dipendono dagli
effetti di potere. Quando ho scritto la Storia della follia mi servivo almeno implicitamente di questa
nozione […]. Mi sembra oggi ch’essa sia del tutto inadeguata a render conto di quel che c’è appunto di
produttivo nel potere […]. In Sorvegliare e punire, quel che ho voluto mostrare è come, a partire dal
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corpo sociale a una norma prescrittivo-descrittiva
4
, base necessaria per il
funzionamento di ogni istituzione disciplinare. Ad essere indagata sarà la
capacità del potere disciplinare di produrre soggettività normali e anormali,
attraverso le tecniche di oggettivazione dei corpi e assoggettamento alla norma,
rintracciabili in istituzioni quali l’esercito, la scuola, l’istituto psichiatrico e
quello penitenziario.
Al fine di restituire un quadro esaustivo di una nozione tutto sommato poco
tematizzata da parte della critica si prenderà in esame la normalizzazione a
partire dalla formulazione originale di Georges Canguilhem
5
nell’opera Il
normale e il patologico (1943), dalla quale Foucault ha ripreso i tratti principali.
Si tenterà poi di far emergere la concezione di potere di normalizzazione in
Sorvegliare e punire (1975), oltre che da alcuni corsi tenuti da Foucault al
Collège de France: Il potere psichiatrico (1973-1974), Gli anormali (1974-1975)
e “Bisogna difendere la società” (1976).
L’approdo di Foucault al concetto di normalizzazione verrà ampiamente
introdotto nel corso del primo capitolo, nel quale verrà presentato l’autore con
particolare riferimento alla concezione storica, al metodo genealogico
6
e all’idea
di potere come prodotto e condizione delle relazioni intersoggettive, un potere
XVII-XVIII secolo, c’era stato realmente uno sblocco tecnologico della produttività del potere». (M.
Foucault, Intervista a Michel Foucault, in Fontana-Pasquino (a cura di), Microfisica del potere, cit., pp.
12-13). Nell’analisi che si intende condurre sul tema della normalizzazione non si può quindi prescindere
dalla maturazione di questa nuova concezione di potere, che ne è anzi il punto di partenza.
4
Su questo punto si tornerà nel corso dell’elaborato.
5
Storico e filosofo della scienza, successore di Bachelard alla Sorbona, è considerato uno dei grandi
maître à penser della Francia del secondo dopoguerra.
6
Ereditato da Nietzsche e definito dallo stesso Foucault come «uso rigorosamente antiplatonico» della
storia. M. Foucault, Nietzsche, la genealogia, la storia, in Fontana-Pasquino (a cura di), Microfisica del
potere, cit., p. 49.
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che si lascia intravedere nei «meccanismi infinitesimali»
7
delle tecniche di
disciplinamento dei corpi, e che è in grado altresì di creare regimi di verità.
Avvicinare il potere di normalizzazione in Foucault dal punto di vista
genealogico permetterà di delineare gli elementi di critica del presente, nella
prospettiva di una filosofia che trova nel «sospetto dell’ovvio»
8
criterio e
direzione.
7
S. Catucci, Introduzione a Foucault, cit., p. 90.
8
S. Natoli, La verità in gioco. Scritti su Foucault, cit., p. 11.
4
I. Genealogia del potere
I.1 Foucault, la storia, la filosofia
“Ma che cosa è dunque la filosofia […] se non
consiste, invece di legittimare ciò che si sa già,
nel cominciare a sapere come e fino a qual punto
sarebbe possibile pensare in modo diverso?”
Foucault, L’uso dei piaceri
«Alla fine venne squartato, – racconta la “Gazzetta di Amsterdam”»
9
. La
ricerca di Foucault sulla nascita della prigione si apre sui fasti del rito punitivo
d’Ancien Régime rievocati dalle cronache dell’epoca, per passare poi al fitto
regolamento di un carcere minorile parigino all’indomani della riforma penale.
Un corpo straziato e un corpo disciplinato: meno di un secolo li separa, ma la
sparizione dei supplizi
10
fra le tecniche della repressione penale tra la fine del
XVIII secolo e l’inizio del XIX emerge qui in tutta la sua eloquenza, malgrado
«oggi siamo un po’ portati a trascurarla»
11
in quanto trasformazione nell’epoca
delle trasformazioni, molte più evidenti, pregnanti e maggiormente soggette alle
attenzioni minuziose degli storici.
Il fatto stesso che l’indagine di Foucault prenda avvio dalle testimonianze di
una scomparsa anziché di un’apparizione, pone in rilievo un tratto specifico del
suo sguardo sulla storia, come osserva Salvatore Natoli: «Foucault sta sempre
9
M. Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, cit., p. 5.
10
In pochi decenni la spettacolarizzazione del corpo connessa al rituale punitivo cede il passo a un
sistema istituzionalizzato di vincoli e costrizioni: «Il castigo è passato da un’arte di sensazioni
insopportabili a una economia di diritti sospesi». Ivi, p. 13.
11
Ivi, p. 10.
5
sulla soglia, indugia in quell’intervallo inafferrabile, in cui poteva prendere avvio
qualcosa d’altro rispetto a ciò che poi ha avuto corso, in quello spazio di silenzio
in cui qualcosa è stato messo a tacere»
12
. È qui visibilmente in gioco quel
principio di rovesciamento introdotto da Foucault nella lezione inaugurale al
Collège de France il 2 dicembre 1970:
“Là dove, secondo la tradizione, si crede di riconoscere la scaturigine dei
discorsi, il principio del loro proliferare e della loro continuità, […] bisogna
piuttosto riconoscere il gioco negativo d’un ritaglio e d’una rarefazione del
discorso”
13
Come era accaduto in Storia della follia
14
, Sorvegliare e punire dà
immediatamente voce ai silenzi e indica i vuoti, poiché non si dà storia «se non
sullo sfondo di un’assenza di storia che ne rappresenta la condizione interna»
15
.
Oltre a suggerire allusivamente la complessità dell’oggetto di studio
16
,
l’incipit di Sorvegliare e punire esprime a pieno l’unicità delle ricerche
foucaultiane anche dal punto di vista storiografico: documenti d’archivio,
delibere amministrative e rapporti di polizia sono costantemente intrecciati ad
articoli di giornale, fonti letterarie e classici del pensiero filosofico. La varietà dei
12
S. Natoli, La verità in gioco. Scritti su Foucault, cit., p. 10.
13
M. Foucault, L’ordine del discorso, cit., p. 26.
14
Cfr. M. Foucault, Folie et Déraison. Histoire de la folie à l’age classique, Plon, Paris, 1961; trad. it. di
F. Ferrucci, Storia della follia nell’età classica, Rizzoli, Milano, 1992.
15
S. Catucci, Introduzione a Foucault, cit., p. 10. Catucci allude in particolare all’ambizione e al
paradosso di Storia della follia, «nella volontà di far emergere la struttura di un’esperienza che si suppone
aurorale, irriducibile all’ordine del linguaggio, eterogenea al tempo della storia, ma che d’altra parte non
può essere né colta, né raccontata al di fuori di un linguaggio e di una storia». Ibidem. Per Foucault
l’esperienza della follia andrà quindi colta a partire dai «gesti oscuri, necessariamente dimenticati non
appena compiuti» che circondano una cultura come uno «spazio bianco» e contribuiscono a definirne
l’identità. M. Foucault, Prefazione in M. Foucault, Storia della follia nell’età classica, cit., p. 51.
16
Benché il sottotitolo dell’opera sia “Nascita della prigione” il lettore ne avverte sin dalle prime pagine il
carattere sottilmente pretestuoso nel celare gli obiettivi di un lavoro le cui ambizioni filosofiche
oltrepassano ampiamente quelle storiografiche. L’oggetto della ricerca è svelato prima che venga
dichiarato: non tanto la prigione, quanto la tecnologia disciplinare.
6
materiali risponde a una duplice esigenza, formale e sostanziale; da un lato
esprime la volontà di svincolarsi da definizioni definitive circa il proprio statuto
intellettuale, siano esse le etichette di “filosofo”, “storico” o “sociologo”:
Foucault «non voleva essere costretto in un “genere letterario”, voleva essere
libero da un qualsiasi statuto disciplinare che predefinendo le aspettative avrebbe
impedito a molti di cogliere l’originalità del suo pensiero»
17
; dall’altro lato
l’audace utilizzo delle varie fonti documentarie – «che molti storici avrebbero
giudicato azzardato»
18
– risponde al preciso intento di spostare l’attenzione dal
piano della politica a quello della vita materiale, «delle lotte, delle strategie e
delle tattiche»
19
, al servizio di una storia effettiva di dichiarata ispirazione
nietzscheana
20
.
Alle spalle di Foucault confluiscono gli apporti della storiografia francese
degli Annales
21
, in particolare l’attenzione ai mutamenti di lunga durata, alle
trasformazioni anonime
22
, agli “eventi segreti” che «scintillano nel passato e che
17
S. Natoli, La verità in gioco. Scritti su Foucault, cit., p. 10. L’analisi di Natoli prosegue evidenziando
come l’impostazione stilistica di Foucault sia in primis l’effetto di un particolare sguardo ermeneutico:
«Non c’è luogo specifico da cui Foucault parla e in un certo senso parla da un non luogo. Per accertare,
infatti, come nascono i discorsi non ci si può identificare con nessuno di essi, ma si è obbligati a tenere
una posizione deangolata, a guardarli quasi di sbieco per identificare il terreno da dove essi provengono».
Ibidem.
18
S. Catucci, Introduzione a Foucault, cit., p. 4.
19
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, in Fontana-Pasquino (a cura di), Microfisica del potere, cit.,
p. 9.
20
Cfr. § I.2.
21
“Les Annales” è una rivista di studi storici fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre che ha
dato avvio a una vera e propria scuola in contrapposizione alla cristallizzazione accademica della
cosiddetta histoire événementielle. Cfr. P. Burke, Una rivoluzione storiografica. La scuola delle
“Annales” (1929-1989), Laterza, Bari, 2007. Cfr. anche un’intervista del 1978, M. Foucault, La scena
della filosofia, in M. Bertani (a cura di), Il discorso, la storia, la verità, dove il pensatore francese
approfondisce i suoi legami con Fernand Braudel, uno degli esponenti principali della scuola della École
des Annales.
22
In questo senso la già citata “scomparsa dei supplizi” è esemplare.
7
ancora segnano il nostro presente»
23
. Per arrivare a cogliere ciò che è stato
ignorato dall’histoire événementielle sarà quindi necessario allontanarsi dai
grandi eventi e soffermarsi sulla produzione materiale dei fenomeni, sul loro
incessante sovrapporsi.
Alla filosofia di Bachelard
24
risale invece il concetto di discontinuità del
movimento storico, per Foucault vera e propria esigenza metodologica da
applicare all’analisi dei discorsi che «devono essere trattati come pratiche
discontinue»
25
. Da «legame delle continuità ininterrotte»
26
, la storia deve
diventare «uso regolato della discontinuità»
27
attraverso la messa in gioco
sistematica del discontinuo come oggetto e criterio operativo:
“C’è tutta una tradizione della storia (teologica o razionalista) che tende a
dissolvere l’avvenimento singolare in una continuità ideale. […] Le forze
che sono in gioco nella storia non obbediscono né ad una destinazione,né ad
una meccanica, ma piuttosto al caso della lotta”
28
Da ciò deriva la ferma opposizione di Foucault a orientamenti che
intendano imporre paradigmi trascendentali o dialettiche concilianti alla
23
M. Foucault, La scena della filosofia, in M. Bertani (a cura di), Il discorso, la storia, la verità, cit., p.
217.
24
«Ho letto molto quand’ero studente i libri di Bachelard: nelle sue riflessioni sulla discontinuità […] vi
era tutta una serie di elementi di cui ho fatto tesoro, e che ho ripreso». M. Foucault in D. Trombadori,
Colloqui con Foucault, cit., p. 52.
25
M. Foucault, L’ordine del discorso, cit., p. 27. In questa sede Foucault definisce quattro strumenti
metodologici per le ricerche che ha in mente di svolgere in futuro: attraverso i principî di rovesciamento,
discontinuità, specificità ed esteriorità sarà possibile svelare il carattere di superstizione della tradizionale
storia delle idee e sostituirvi un’analisi che concepisca i discorsi «come serie regolari e distinte di eventi»
anziché come emersioni necessarie. Ivi, p. 30.
26
M. Foucault, La storia e la discontinuità, in M. Ciampa (a cura di), Il sapere e la storia. Due risposte
sull’epistemologia, cit., p. 25.
27
Ibidem.
28
M. Foucault, Nietzsche, la genealogia, la storia, in Fontana-Pasquino (a cura di), Microfisica del
potere, cit., pp. 43-44.