INTRODUZIONE
In seguito alle numerose critiche che, soprattutto negli ultimi anni, emergono
quando si parla di televisione e, nel caso specifico, di cartoni animati, può sembrare arduo
domandarsi se sia possibile individuare un filone di pensiero che ritenga possibile, e
soprattutto costruttivo, il rapporto tra media e infanzia.
Appare però fondamentale ricordare che, pur concordando con chi ritiene che le
tecnologie possano in realtà essere un aiuto ed un supporto nel processo di crescita e di
formazione del bambino, non bisogna assolutamente ignorare, né tantomeno
sottovalutare, quelli che sono i punti critici della questione. Bisogna anzi sottolineare che
ciò potrebbe rivelarsi improduttivo nonché altamente dannoso: decantare solo ed
esclusivamente i pregi, seppur innumerevoli, dei media causerebbe infatti un
abbassamento dei livelli di guardia di educatori e genitori, i quali potrebbero facilmente
correre il rischio di ritenere che la TV sia una compagna di giochi ideale, affidando ad
essa i propri figli senza magari preoccuparsi di veicolare e mediare, nel modo più
opportuno, il messaggio televisivo.
«Il nostro secolo ha visto imporsi, in maniera dirompente e totalitaria, la dimensione
tecnologica... E’ un processo rivoluzionario a cui non poteva sottrarsi il discorso teorico
della pedagogia»
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. In realtà, sebbene tutto ciò fosse probabilmente chiaro sin dai primi
decenni in cui i media cominciano a diffondersi, bisogna riconoscere che solo negli
ultimi anni psicologi e pedagogisti hanno concentrato l’attenzione su questo nuovo canale
educativo, elaborando a tal proposito una serie di teorie. La questione risulta però essere
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AA. VV., Educazione, cultura, multimedialità, La Scuola, Brescia 1996
Introduzione
più complicata di quello che può sembrare poiché «i nuovi media, televisione e computer
in particolare, non si sono semplicemente aggiunti ai vecchi ma hanno creato potenti
campi di interferenza nei processi cognitivi... e introducono sulla scena antropologica
forti elementi di novità»
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.
Inizialmente non ci si era probabilmente accorti della forte influenza esercitata dalla
televisione e, per tale ragione, in un primo momento si è fatto di essa un uso smodato,
spropositato e talvolta irresponsabile. Col senno di poi è facile concludere che sia stato
proprio quest’uso inadeguato a far sì che si giungesse a demonizzare il mezzo televisivo:
numerosi studiosi hanno infatti attribuito per anni, proprio alla televisione, la
responsabilità dell’insorgere di comportamenti negativi in bambini e adolescenti.
Basterebbe però analizzare la questione in maniera meno superficiale, e soprattutto
basterebbe mettere in discussione il ruolo dell’adulto, per accorgersi di come tale
conclusione sia banale e scontata, una sorta di escamotage dietro al quale si sono a lungo
rifugiati gli adulti pur di non mettere in discussione il proprio operato.
Essi sembrano infatti dimenticare che spetta a loro il compito di educare o quanto meno
sembrano ignorare che, in una società pervasa dai media, il concetto di educazione deve
essere inteso in un’accezione ben più ampia. Nell’era della tecnologia educare significa
infatti, anche e soprattutto, aiutare il bambino ad approcciarsi nel modo migliore alla
televisione, e ai media in generale, permettendogli di sviluppare un giusto atteggiamento
che gli consenta di diventare quanto prima possibile un fruitore critico. Solo in tal modo
potrà porsi come un individuo attivo, avente la facoltà di operare una selezione nel
momento in cui viene a trovarsi di fronte alla miriade di informazioni e di messaggi
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Fragnito R., La rete della didattica, Pensa Multimedia, Lecce, 2003
Introduzione
provenienti dalla televisione, rielaborando e assimilando quelli positivi e, allo stesso
tempo, tralasciando quelli fuorvianti.
A sottolineare l’importanza del ruolo dell’adulto-educatore ricordando è soprattutto
Postman il quale ribadisce che, nel caso in cui il messaggio televisivo non venga mediato
da un’azione educativa adeguata, viene a crearsi uno «svuotamento del soggetto-utente»
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.
Sebbene tale concetto possa sembrare scontato esso è in realtà il risultato di un processo
lungo e travagliato.
Senza dubbio l’intera questione va indagata tenendo conto di molteplici sfaccettature,
prima tra tutte quella relativa all’ambito pedagogico, in quanto tale ambito non può essere
ignorato quando si parla di educazione, e individuando quindi come sfondo per l’intera
trattazione quelle teorie dell’attivismo pedagogico che hanno portato il bambino da
posizioni marginali a posizioni sempre più centrali all’interno dei processi educativi, in
quanto ciò ha inevitabilmente condizionato anche il modo di fare televisione.
Il compito attribuito alla TV, nonché il modo di approcciarsi e relazionarsi a essa, ha
infatti subìto notevoli e sostanziali modifiche soprattutto nel momento in cui ci si accorge
che i principi della cosiddetta pedagogia attiva, nonché le teorie di autori quali Dewey o
ancora, le italiane Montessori e le sorelle Agazzi, potevano essere adottati anche in
ambito tecnologico per far sì che i media fossero sempre più a misura di bambino.
Solo nel momento in cui ci si accorge dell’esistenza del mondo infantile si comincia a
progettare una realtà che, negli ambiti più disparati, sia adatta alla psiche infantile e si
giunge in tal modo alla nascita di programmi e, in tempi recenti, di interi canali, pensati e
strutturati in modo da essere particolarmente adatti per i bambini, di canali che non hanno
più come scopo unico e solo quello di intrattenere: essi si pongono piuttosto l’obbiettivo
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Postman N., Ecologia dei media, trad. it., Armando Editore, Roma 1991
Introduzione
di proporre una didattica interattiva, una creatività ed un’educazione intesa in
un’accezione molto più ampia di quanto si possa immaginare.
Si rivela quindi tanto necessario quanto interessante, un excursus della storia della
televisione, partendo dall’Inghilterra e dalla sua invenzione, considerata la vera
rivoluzione del Novecento, passando poi all’Italia per narrare quelli che sono stati gli
eventi che, in pochi decenni, hanno causato un passaggio dal monopolio della RAI, alla
nascita del duopolio, quando cioè la RAI comincia ad essere affiancata a livello nazionale
dalla Fininvest, divenuta poi l’odierna Mediaset, ed a livello locale da numerose altre
emittenti private, giungendo poi alla rivoluzione dei nostri giorni, ovvero all’introduzione
del Digitale Terrestre, che propone tra le altre cose anche una serie di novità studiate
proprio per i più piccoli.
Dopo tali osservazioni, essendo ormai palese l’importanza dei mass media per la società
moderna, nonché l’enorme influenza che tali strumenti hanno sullo sviluppo culturale,
etico e morale della popolazione, ho ritenuto opportuno introdurre ed illustrare il concetto
di media education, divenuto negli ultimi decenni sempre più importante.
Sebbene definire tale disciplina sia un’impresa ardua, in quanto essa è caratterizzata
dall’unione di due diversi ambiti già di per se molto complessi, relativi all’educazione e
alla comunicazione, è comunque necessario analizzare quelle che sono le sue origini e i
suoi obbiettivi in quanto, in un’epoca in cui, come già detto, vi è una vera e propria
invasione da parte dei media, diviene fondamentale essere adeguatamente preparati a tal
proposito ed essere educati ad un giusto utilizzo delle tecnologie e ad una giusta
comprensione dei messaggi che esse veicolano.
Ricordando poi che il media per eccellenza dei bambini è la televisione, si terrà conto
anche degli aspetti legislativi che cercano in ogni modo di tutelare i più piccoli,
Introduzione
ricordando che tale evoluzione normativa ha portato alla nascita del Testo Unico della
Radiotelevisione all’interno del quale la tutela del minore occupa un’ampia sezione.
S’indagheranno infine le modalità di fruizione di un cartone animato nei bambini in età
prescolare sia da un punto di vista cognitivo che da un punto di vista emotivo, cercando di
comprendere quali sono le capacità che il bambino mette in gioco, sin dai primi mesi di
vita, nel momento in cui si trova davanti alla necessità di comprendere un cartone
animato e di attribuire un significato personale a quanto narrato.
Infine, dopo una breve spiegazione di ciò che si intende in realtà per cartone animato, ed
una rapida occhiata a quella che è stata l’evoluzione storica di tale genere televisivo, si
parlerà in modo specifico dei canali per bambini e, in maniera particolare, Rai Yoyo,
rivolto ai bambini da 0 a 3 anni, poiché tale canale introduce forti e validi elementi di
innovazione, mettendo in discussione quello che è il concetto di brainframe televisivo
elaborato da Kerckhove, allievo di McLuhan. Egli, infatti, nel lontano 1977, definiva il
brainframe televisivo come un qualcosa che «richiede all’utente una comprensione di tipo
intuitivo, riducendo al minimo la possibilità di riflettere e rielaborare i singoli aspetti del
messaggio, imponendo una modalità di integrazione preconfezionata e uguale per tutti»
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ed è evidente come, alla luce delle recenti novità, tale concetto appaia obsoleto e
inadeguato.
Ed è proprio per comprendere tali novità che saranno descritti i caratteri principali e
fondamentali dei cartoni proposti dal canale sopra citato, individuando in essi quegli
elementi psico-pedagogici che li rendono cartoni validi e educativi e chiarendo
ulteriormente, infine, la posizione dell’adulto-educatore e rivolgendo proprio a
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McLuhan M., Gli strumenti del comunicare, trad. it., Garzanti, Milano 1977
Introduzione
quest’ultimo una serie di consigli che gli permetteranno di aiutare il bambino a sviluppare
tutte quelle capacità necessarie per cogliere dal mezzo televisivo solo aspetti positivi,
formativi e, in qualche modo, educativi.
Scopo di tale lavoro è, in definitiva, quello di ricordare che la TV non è una baby-sitter
gratuita a tempo pieno e sottolineare piuttosto che, nel momento in cui ne viene fatto un
buon uso, può rivelarsi uno strumento prezioso per la formazione dei bambini. Fragnito
afferma infatti che «un utilizzo cosciente, e progettato con competenza, dei media porterà
ad un potenziamento dell’Io»
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ed è evidente che tale aspetto non può essere tralasciato, né
tantomeno sottovalutato, nel momento in cui ci si chiede se, e in che misura, il binomio
media – infanzia sia possibile.
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Fragnito R., La rete della didattica, Pensa Multimedia, Lecce 2003