CAPITOLO 1
COME NASCONO GLI STUDI DI SETTORE
Sommario: 1. La riforma del 1973 2. Le modalità di elaborazione degli
studi 2.1 La normativa in materia 2.2 I questionari e i cluster 3. La natura
dei decreti di approvazione degli studi
1. LA RIFORMA DEL 1973
La riforma fiscale del 1973 concernente gli accertamenti delle
imposte sul reddito prevedeva un sistema di accertamento dei redditi
incentrato sulla contabilità degli imprenditori e dei professionisti dove le
infedeltà dovevano rilevarsi o rettificando le voci contabili nell’ambito di
un accertamento analitico
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, di cui al comma 1 dell’art. 39 del D.P.R. 29
settembre 1973 n. 600, o dopo aver accertato le gravi irregolarità del
comma 2 della medesima disposizione, prescindendo dalla contabilità.
L’accertamento extracontabile era considerato come eccezionale e,
di solito, successivo all’ispezione della contabilità. Tuttavia il legislatore
già nel 1973 aveva considerato i casi in cui la contabilità non fosse
utilizzabile perché il contribuente non l’avesse tenuta, perché l’avesse
sottratta all’ispezione, perché con gravi errori, omissioni o con tante e
inesatte indicazioni o irregolarità formali da rendere le scritture contabili
assolutamente inattendibili prevedendo che, in tutti questi casi, gli uffici
tributari potessero determinare la ricchezza imponibile usando dati o
notizie raccolti o di cui erano venuti a conoscenza con possibilità di
prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze di bilancio e/o di avvalersi
di presunzioni
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prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (ex
art. 39 comma 2).
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L’accertamento analitico è l’accertamento che mira ad accertare l’eventuale importo evaso
ricostruendo una o più componenti reddituali.
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Per presunzione, detta anche prova indiretta, si intende ogni argomento attraverso cui, partendo
da un fatto noto, si giunge a considerare provata un’altra circostanza, priva di prova diretta. Per
aversi una presunzione è quindi necessario partire da un fatto noto per arrivare ad un fatto ignoto.
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Con il trascorrere degli anni anche un tale sistema si è rilevato
inadeguato per questo sono stati adottati numerosi istituti giuridici che
ricostruiscono la base imponibile con riferimento a indici di varia natura e
tipo tra cui merita rilievo l’accertamento mediante studi di settore.
2. LE MODALITÀ DI ELABORAZIONE DEGLI STUDI
2.1 LA NORMATIVA IN MATERIA
La prima disposizione che ha riguardato gli studi di settore è l’art.
11 comma 1 del D.L. 2 marzo 1989 n. 69 (convertito nella L. 27 aprile
1989 n. 154) il quale disponeva che “In relazione ai vari settori economici
sono elaborati, viste le caratteristiche e le dimensioni dell’attività svolta,
coefficienti presuntivi di compensi e ricavi ....”.
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Ma la normativa più
importante sugli studi di settore, che si pone all’origine degli stessi, è
contenuta negli art. 62-bis e 62-sexies del D.L. 30 agosto 1993 n. 331
(convertito nella L. 29 ottobre 1993 n. 427) e nell’art. 10 L. 8 maggio 1998
n. 146 (che sarà esaminato nel Capitolo 2).
Originariamente l’art. 62-bis prevedeva che “gli studi di settore
fossero elaborati dagli uffici finanziari che dovevano identificare campioni
significativi di contribuenti, appartenenti agli stessi settori economici e
professionali, da sottoporre a controllo allo scopo di individuare gli
elementi caratterizzanti l’attività esercitata con particolare riferimento agli
acquisti di beni e servizi, ai prezzi medi praticati, ai consumi di materie
prime e sussidiarie, al capitale investito, all’impiego di attività lavorativa,
ai beni strumentali impiegati, alla localizzazione dell’attività e ad altri
elementi significativi in relazione all’attività esercitata”.
Ora tali requisiti minimi sono stati eliminati ed è previsto solo che
“gli uffici del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze sentite
le associazioni professionali e di categoria elaborano in relazione ai vari
settori economici, appositi studi di settore al fine di rendere più efficace
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Tale disposizione rimasta in vigore per i periodo di imposta 1989-1994 è stata poi abrogata con
l’art. 3 comma 179 della L. 28 dicembre 1995 n. 549.
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l’azione accertatrice e di consentire una più articolata determinazione dei
coefficienti presuntivi di cui all’art. 11 comma 1 del D.L. 2 marzo 1989 n.
69 ecc...”.
L’art. 62-sexies al comma 3 stabilisce invece che “gli accertamenti
di cui agli artt. 39 comma 1 lettera d) del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600
(concernente l’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa e di
lavoro autonomo) e 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (concernente
l’accertamento analitico sull’ Iva) possono essere fondati anche
sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi
dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle
condizioni d’esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di
settore elaborati ai sensi dell’art. 62-bis del presente decreto.”
2.2 I QUESTIONARI E I CLUSTER
Per procedere all’elaborazione degli studi era stato previsto, per la
raccolta delle informazioni, di inviare dei questionari ai contribuenti,
contenenti la richiesta di dati contabili (valore delle rimanenze finali ed
iniziali, spese del personali, costi d’acquisto ecc..) e non (numero di
addetti, ammontare degli acquisti, localizzazione territoriale dell’esercizio,
condizioni di concorrenza, livello dei prezzi, andamento della domanda
ecc..) che avrebbero dovuto restituire compilati all’Amministrazione
Finanziaria. La raccolta dei dati non doveva più essere fatta su un
campione significativo di contribuenti ma sulla totalità di essi; ciò in realtà
non è avvenuto: i contribuenti che non hanno risposto ai questionari non
erano sanzionabili, gli uffici finanziari non hanno provveduto, come
predisposto, alla raccolta dei dati dei contribuenti inadempienti e inoltre i
risultati degli studi elaborati sulla base dei questionari ricevuti non sono
stati accompagnati dalla verifica e dal controllo diretto della effettiva
condizione economica dei contribuenti presi in esame come previsto
dall’art. 62-bis.
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É questo è un motivo di debolezza degli studi di settore infatti la
loro valenza dipende “in gran parte dalla veridicità dei dati ed elementi
forniti dai soggetti interessati e dalla efficienza dei relativi controlli
compiuti dall’Amministrazione Finanziaria (.....) per cui se i contribuenti
mentono anche gli studi mentono”
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.
Successivamente all’invio dei questionari l’elaborazione degli studi
è stata caratterizzata da una serie di fasi: nella prima fase sono stati
eliminati i questionari non corretti, nella seconda fase sono stati creati dei
gruppi omogenei di contribuenti (cosi detti cluster) secondo determinate
caratteristiche comuni giudicate con riferimento a particolari indicatori
economici, nella terza fase sono stati eliminati i contribuenti “anormali”
(che si potevano ritenere non adeguati per quel gruppo), nella quarta fase
si è proceduto alla creazione di una funzione matematica che ricostruisse i
ricavi per ciascun gruppo omogeneo di contribuenti e nella quinta ed
ultima fase ciascun contribuente è stato assegnato al gruppo omogeneo
d'appartenenza con l’applicazione dei ricavi a lui attribuibili in base al suo
studio di settore e con l’indicazione di un intervallo di confidenza
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entro il
quale il ricavo così ottenuto (cosi detto ricavo puntuale) può essere
ritenuto congruo rispetto al ricavo minimo e al ricavo massimo nel quale si
situa l’intervallo di confidenza.
La funzione dei ricavi è stata corretta in relazione alla variabile
territoriale che prende in considerazione alcuni indici (grado di benessere
economico, grado di sviluppo del sistema economico locale, grado di
competizione locale, grado di specializzazione produttiva, posizione
dell’attività all’interno della città ecc...) di modo che gli studi tengano
sotto controllo le variabili che influenzano, sul territorio, la formazione dei
ricavi e possiamo così sostenere che “la funzione dei ricavi consente di
individuare un intervallo di confidenza in cui dovrebbero collocarsi, in
situazione di normalità, i ricavi dichiarati dai soggetti che operano con
caratteristiche simili. Questo intervallo è personalizzato in riferimento al
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GALLO, Gli studi di settore al bivio tra tassazione del reddito normale e di quello effettivo in
Rass. Trib., 2000, cit. 1495.
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L’intervallo di confidenza è la stima di un parametro (ad es. il ricavo) con una fascia di valori
plausibili per quel parametro.
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singolo soggetto in analisi. Per poter essere al di sotto del minimo, devono
esserci delle giustificazioni che comprovano una situazione di non
normalità.”
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Gli studi di settore così elaborati sono stati sottoposti all’esame di
un’apposita commissione ministeriale, convalidati dagli stessi
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e approvati
con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze e pubblicati sulla
Gazzetta Ufficiale (in questo modo viene resa conosciuta la nota
metodologica che contiene l’iter formativo dello studio).
3. LA NATURA DEI DECRETI DI APRROVAZIONE DEGLI
STUDI
Molto interessante è la questione sulla natura dei decreti
ministeriali di approvazione degli studi per determinare l’adempimento
dell’obbligo di motivazione degli atti dell’Amministrazione Finanziaria
(qual è l’avviso di accertamento che può essere emesso in conseguenza
alle gravi incongruenze tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto
desumibile dagli studi di settore) e l’onere della prova.
Se ai decreti di approvazione è attribuita la natura di atti
amministrativi generali, privi di valore normativo, i decreti dovranno
essere allegati all’atto e riportati in giudizio al fine di soddisfare l’onere
probatorio; in caso di mancata allegazione dei decreti il giudice non potrà
tenerne conto ai fini della decisione non essendo obbligato a conoscerli.
Se ai decreti si attribuisce la natura di atti normativi regolamentari
gli stessi si hanno per conosciuti dal contribuente accertato e dal giudice e
non dovranno essere prodotti in giudizio ed il giudice potrà usarli per la
sua decisione, anche se non prodotti in giudizio, sulla base del principio
“iura novit curia” (letteralmente il giudice conosce le leggi).
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BRUNELLO, Le metodologie e i processi per la costruzione degli studi di settore. L’utilizzo
dello strumento, in atti del convegno internazionale sul tema “Gli studi di settore: strumento di
controllo e di accertamento nei confronti delle Piccole e Medie imprese, ... ma non solo” svoltosi a
Venezia il 29-30 novembre 2002.
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Con l’approvazione dei singoli studi vengono elencate le possibili cause di inapplicabilità dello
studio a particolari casi.
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