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Introduzione
La crisi che ha colpito l’Europa, a partire dal 2009, ha generato notevoli conseguenze
sull’economia soprattutto a causa del forte coinvolgimento del settore bancario, spesso
accusato di aver trasformato quella che era una crisi finanziaria in crisi reale. Le autorità
europee, probabilmente sorprese dalla portata del fenomeno, hanno adottato, nel tempo,
numerosi interventi al fine di attenuarne l’impatto, ma tali provvedimenti non si sono
dimostrati risolutivi.
Oggi si è diffusa la convinzione che una delle principali cause dell’inefficacia delle
misure anti-crisi europee risiede nella frammentazione a livello nazionale del
meccanismo di gestione e risoluzione delle crisi bancarie; di qui la necessità di
rivederne l’assetto originario alla luce della sempre più forte interconnessione delle
banche a livello internazionale. Il 28 e 29 Giugno 2012, i capi di Stato e di Governo, per
cercare di ripristinare la stabilità finanziaria nell’Eurozona, hanno dato il via alla
creazione di un nuovo modello di prevenzione e risoluzione delle crisi che ne prevede la
gestione a livello europeo: l’Unione Bancaria Europea.
Il presente lavoro, partendo dall’analisi delle origini e delle conseguenze della crisi
sistemica europea, ha lo scopo di esporre quali sono gli obiettivi che i Governi mirano a
raggiungere attraverso l’Unione bancaria europea, le caratteristiche del nuovo progetto e
i pilastri su cui esso si basa.
Nel primo capitolo si tratta l’iter della crisi sistemica europea. Si parte dall’analisi dei
fattori che hanno portato allo scoppio della crisi finanziaria statunitense, per poi
soffermarsi sulle modalità attraverso le quali tale crisi si è trasmessa ai Paesi
dell’Eurozona e sui primi interventi adottati per contrastarla, in maniera temporanea,
dagli organismi europei. Si espongono poi le conseguenze di tali interventi sui bilanci
pubblici, con particolare attenzione al meccanismo del “Doom Loop”, facendo luce,
infine, sui difetti strutturali dell’euro quali fattori di amplificazione della crisi.
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Nel secondo capitolo si espongono quali sono stati i provvedimenti europei, di
assistenza finanziaria e di vigilanza, introdotti successivamente e in maniera definitiva,
in risposta all’insufficienza delle misure precedentemente adottate. I provvedimenti in
questione sono descritti dettagliatamente soprattutto in relazione al ruolo che rivestono
ai fini dell’applicazione dell’Unione bancaria europea. Si analizza, dunque, l’European
Stability Mechanism (ESM), il Fiscal Compact e la Riforma dell’architettura della
supervisione finanziaria.
Nel terzo capitolo, infine, si analizza in maniera approfondita il progetto dell’Unione
bancaria europea. Si illustra, innanzitutto, cosa s’intende per Unione bancaria, quali ne
sono le caratteristiche principali e quali Stati saranno coinvolti. In seguito si espongono
gli obiettivi fondamentali che, attraverso di essa, si intendono raggiungere, ossia la
rottura del “Doom Loop”, il rafforzamento dell’affidabilità delle banche e il
superamento della frammentazione finanziaria. Infine si analizzano in maniera
dettagliata i tre pilastri attraverso i quali opererà l’Unione bancaria europea: il
Meccanismo Unico di Vigilanza, il Meccanismo Unico di Risoluzione delle crisi e
l’Assicurazione comune dei depositi.
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Capitolo I
La crisi sistemica europea
Scopo del capitolo
In un momento in cui l’euro sta attraversando uno dei periodi più bui della sua
esistenza, generando notevoli conseguenze su tutta l’economia europea, appare utile
condurre un’analisi sulle origini e sullo sviluppo del dissesto al fine di comprendere la
ratio delle attuali manovre anti-crisi.
In questo capitolo si analizza in maniera sommaria l’iter della crisi, dallo scoppio
avvenuto negli Stati Uniti fino al raggiungimento dei paesi dell’Eurozona, per poi
soffermarsi sulle prime reazioni degli organismi europei (1.1). A seguire si illustrano le
conseguenze degli interventi adottati sui bilanci pubblici ponendo particolare attenzione
al cosiddetto “doom loop” (1.2). Infine si farà luce sui difetti strutturali dell’euro quali
fattori di amplificazione della crisi (1.3).
1.1 La crisi e i primi meccanismi d’intervento europei
La crisi finanziaria, che ha caratterizzato la storia recente a partire dal 2007, ha avuto un
forte impatto sull’economia internazionale tanto da spingere economisti e analisti a
cercare di comprendere a fondo le sue origini per evitare che in futuro ci siano dissesti
della stessa portata. I fattori che principalmente hanno contribuito allo scoppio della
crisi sono stati i cambiamenti strutturali imposti dalla globalizzazione dei mercati ed in
particolare di quelli finanziari; tali fattori hanno progressivamente generato un
aggravarsi di preoccupanti squilibri tra i diversi sistemi economici che, ormai da anni,
affianca la crescita economica del PIL mondiale.
Nel 2007, anno che ha accolto la crisi finanziaria, il PIL reale
1
mondiale registrava un
incremento del +5%. La crescita in questione era sostenuta in gran parte dai paesi
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Valore complessivo dei beni e servizi finali prodotti all’interno di un paese in un certo intervallo di
tempo (anno), calcolato a prezzi costanti.
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emergenti ed in particolar modo dalla forte crescita dell’economia cinese: la portata
delle esportazioni aveva provocato elevati surplus di bilancia commerciale e accumuli
di riserve di valuta estera.
Tuttavia la crescita dei paesi emergenti, se da un lato generava effetti positivi sul PIL,
dall’altro influiva negativamente su un altro sistema economico, quello degli Stati Uniti:
il forte squilibrio tra il tasso di risparmio statunitense in continua diminuzione e quello
abbondantemente positivo della Cina e dei paesi emergenti (conseguente alla forte
crescita economica) aveva provocato lo squilibrio nella bilancia dei pagamenti degli
Stati Uniti
2
, ossia il deficit della bilancia commerciale.
A questo punto i paesi con forte tasso di risparmio, e la Cina in particolar modo, sono
andati a finanziare i Twin deficits
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(interno ed esterno) americani.
“La crisi finanziaria è scoppiata, però, non a seguito della fuga del dollaro ma per la
crisi del mercato immobiliare e il conseguente deprezzamento dei prodotti della finanza
strutturata: la scintilla iniziale si è inserita in quel quadro di più generalizzata fragilità e
si è rapidamente diffusa senza particolari impedimenti
4
”.
Negli Stati Uniti, infatti, a partire dal 2001, si era iniziata a gonfiare una bolla
speculativa, la cosiddetta bolla subprime. A differenze delle altre bolle (ad esempio
quella dei bulbi di tulipano in Olanda, quella delle abitazioni in Spagna..), questa
2
La bilancia dei pagamenti si compone di tre parti principali: conto corrente, conto finanziario e conto
capitale. Il conto corrente registra i movimenti di valuta che avvengono in seguito agli scambi di beni e
servizi (le cosiddette partite correnti), il conto finanziario registra i movimenti dei capitali per
investimenti finanziari e produttivi, il conto capitale registra i trasferimenti unilaterali di capitali non
contabilizzati in altre voci e le acquisizioni/cessioni di attività non finanziarie non prodotte Il deficit
commerciale si ha quando il Paese importa più di quanto esporta. (www.Econmy2050.it)
3
“Deficit gemelli”: esprime la sintesi di due problemi economici correlati, il disavanzo pubblico (sovrano)
e il disavanzo della bilancia commerciale. Il disavanzo pubblico è la differenza tra le uscite dello stato e le
entrate; il disavanzo della bilancia commerciale è la differenza tra le importazioni e le esportazioni.
Entrambi i deficit si presentano quando si spende più di quel che si ricava. La Cina ha in parte finanziato i
deficit gemelli degli USA investendo una parte del proprio attivo commerciale, sempre più importante,
nell’acquisto di titoli del debito americano. (www.understandingtheMarket.com)
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VISCO, 2009, pag. 5.
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nasceva in un ambiente già profondamente colpito dall’insorgere di altri elementi che, al
momento dello scoppio, ne hanno amplificato le conseguenze a livello mondiale.
Gli elementi in questione sono i seguenti
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:
1. La liberalizzazione dei mercati: processo attraverso il quale si è reso più facile
ai privati indebitarsi e spendere per sostenere l’economia.
Dopo i due shock petroliferi, avvenuti tra il 1973 e il 1980, che avevano fatto
aumentare il prezzo del petrolio colpendo le più importanti economie del
mondo, ci si era resi conto che fermare la crisi ricorrendo alla spesa in deficit
Keynesiana
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non era più sufficiente. Essa, infatti, non aveva bloccato la crisi,
tantomeno aveva fatto crescere l’economia; per questo motivo si decise di
ridurre in maniera rilevante la spesa pubblica espansiva utilizzando al suo posto
la spesa privata. Ma per permettere ai privati di indebitarsi sempre di più, al fine
di sostenere la domanda privata (consumi, investimenti, esportazioni), fu
necessario avviare un processo di liberalizzazione dei mercati, in particolari di
quelli finanziari: le banche prestavano di più, chiedevano meno garanzie,
utilizzavano strumenti più complessi; l’economia cresceva soprattutto perché i
poveri, divenuti sempre più poveri, erano ben disposti ad indebitarsi per imitare
le classi più ricche.
2. Le strategie per favorire l’indebitamento privato: venivano promosse
dall’amministrazione statunitense al fine di promuovere la spesa privata.
Emblematica fu, in quel periodo, la politica “una casa per tutti” attraverso la
quale si sollecitava la concessione di prestiti anche ai soggetti che avevano un
basso reddito o che comunque erano considerati cattivi pagatori (subprimer) per
permettere loro di comprare una casa. A tal fine le amministrazioni da un lato
imposero alla FHA
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(Federal Housing Administration) di abbassare il
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D’ORLANDO, 2012, pag. 22
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Finanziare una politica di spesa espansiva in deficit, ossia indebitandosi, per far crescere l’economia.
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Amministrazione federale delle abitazioni.