5
1.1 Società: sistema o mondo vitale
La società può essere definita come un sistema di interrelazioni che unisce
fra loro degli individui.
1
In questa definizione appare chiaro il legame tra
individuo e società. È l’unione di individui a formare la società. Ma è veramente
così, oppure la società è qualcosa di diverso dalla somma dei singoli elementi?
È vero che è possibile individuare una “società” costituita da individui che
interagiscono fra loro in base a specifiche norme di socializzazione, ma è anche
vero che ad un aumento esponenziale dei componenti queste norme non sono più
sufficienti a gestire la complessità che ne risulta. Nonostante ciò, oggi, vi sono
società formate da milioni di persone che senza dubbio interagiscono tra di loro
ma che creano anche una complessità tale, facilmente immaginabile. La
complessità, dal punto di vista comunicativo, significa sovrabbondanza di azioni
comunicative rispetto al volume informazionale che normalmente una persona
può affrontare.
2
Ciò rileva che i processi comunicativi innescano un fattore
moltiplicativo che porta ad un eccesso quantitativo di informazioni, eccesso che
determina una ipercomplessità del sistema. Ardigò
3
ha individuato gli elementi
responsabili di tale meccanismo in:
• l’elevata numerosità degli elementi della organizzazione sociale ( strutture
funzionali operanti ai confini dell’ambiente e verso l’ambiente, reti di
comunicazione e di interazione tra parti del sistema sociale, flussi di
pensiero riflesso sulle prassi sistemiche selettive);
• le modalità di intreccio fra tali elementi;
1
A. Giddens – “Sociologia” – Il Mulino, Bologna 1994, p. 37;
2
G. Mazzoli – “Profili sociali della comunicazione e nuove tecnologie” – Franco Angeli, Milano
1995, p. 43;
3
A. Ardigò – “L’ipercomplessità come problema epistemologico e di organizzazione sociale.
L’approccio del sociologo dopo le cibernetiche e la sociosistemica”, in A. Ardigò, G. Mazzoli (a
cura di), “L’ipercomplessità tra socio – sistemica e cibernetiche” – Franco Angeli, Milano 1990,
pp. 18 – 19;
6
• il crescere delle asimmetrie tra istituzioni e sistemi sociali parziali, da un
lato, e deboli capacità di adattamento cognitivo e di controllo consensuale
delle persone, anche nei paesi più democratici, dall’altro lato;
• il crescere dei flussi di pensieri riflessi sulle prassi, nella direzione che è
stata chiamata della progressiva mentalizzazione della vita sociale, e con la
accelerata frequenza delle revisioni di saperi già dati per scontati, insieme
al crescere delle specializzazioni sia linguistiche che di competenze nei
contenuti;
Riflettendo sugli elementi individuati da Ardigò ci accorgiamo che sono tutti
caratterizzati da un fattore moltiplicativo, infatti lo sviluppo del sistema sociale è
raffigurabile come:
1) aumento esponenziale degli elementi partecipanti al processo
comunicativo;
2) aumento delle possibilità di collegamento tra gli elementi grazie alle
opportunità che la tecnologia quotidianamente mette a disposizione;
3) aumento delle differenza tra sistema e ambiente, tra sistema e mondo
vitale;
4) aumento della differenziazione funzionale, quale strumento della riduzione
della complessità.
Un esempio esplicativo di questo processo è rintracciabile nella rete Internet. Gli
elementi sopra elencati ci sono tutti. Proviamo ad individuarli:
Aumento degli elementi: è un fatto noto che giornaliermente s’incrementa il
numero degli utenti connessi alla rete.
Aumento delle possibilità di collegamento: miglioramento delle linee telefoniche
(ISDN prima e ADSL oggi), agevolazioni economiche (accesso alla rete gratuito o
addirittura si viene pagati per navigare) e tecnologie hardware & software, hanno
contribuito ad ampliare le opportunità di collegamento.
Aumento delle differenze sia tra sistema e mondo vitale, sia all’interno degli
stessi: la crescita delle due parti è asimmetrica, infatti si assiste ad uno sviluppo
differenziato tra la rete e gli utenti ma anche all’interno di ciascun elemento. Si
pensi allo sviluppo della rete che differisce da paese a paese (in relazione alle
7
strutture disponibili – reti telefoniche) e allo sviluppo degli utenti il cui
incremento è legato al livello culturale e al grado di alfabetizzazione informatica.
Aumento della differenziazione funzionale: il sistema genera puntualmente
meccanismi di riduzione della complessità. L’elevata numerosità di informazioni
ha portato alla nascita di sub – sistemi a cui è stato assegnato il compito di
selezionare informazioni, i cosiddetti “motori di ricerca”. Man mano che la
complessità è aumentata vi è stata una loro ulteriore differenziazione nella
funzione svolta; infatti, sono sorti motori di ricerca specializzati in un particolare
tipo di informazione.
L’era della globalizzazione che stiamo vivendo ci porta ad una ulteriore
considerazione. Ogni giorno milioni di persone hanno contatti con persone di tutto
il globo terrestre, allora in completa sintonia con la definizione di cui sopra,
dobbiamo considerare l’intero mondo un’unica società.
Provando a sganciare l’individuo dalla rappresentazione della società ci
accorgiamo che è difficile descriverla. La società è diventata talmente complessa
che non riusciamo a raffigurala.
Di recente, alcuni testi sociologici, hanno rintracciato la spiegazione della
complessità sociale in un brano di un libro di Lewis Carroll dal titolo “Alice nel
paese delle meraviglie”. La singolarità e la straordinarietà della metafora ci
spingono a riportarne il contenuto. La scena descrive una partita di croquet tra
Alice e la Regina di cuori:
“Quello era il più singolare campo da gioco che Alice avesse mai visto, tutto solche e
cunette com’era. Alcuni piccoli porcospini, vivi naturalmente, fungevano da palle e le mazze non
erano altro che fenicotteri, ben vivi anch’essi. Gli archi erano poi formati dai soldati stessi, i quali
stavano curvi, appoggiando a terra piedi e mani.
La prima difficoltà che incontrò Alice fu quella di imparare a usare la sua mazza-
fenicottero: riuscì a sistemarsela sotto il braccio, lasciando che le zampe andassero dove volevano,
ma allorché tentava di mettere il collo del fenicottero nella giusta posizione per dare un colpo alla
palla – porcospino, l’uccello la guardava con espressione così buffa che lei non poteva fare a meno
di ridere. E quando finalmente l’ebbe messo in posizione, s’avvide che il porcospino s’era stancato
di aspettare e se n’era andato. Nel frattempo i soldati che facevano da archetti si alzavano e
cambiavano posto in continuazione, spostandosi da una parte all’altra del campo.
Alice finì bel presto col concludere che quel gioco era troppo complicato per lei. I
giocatori non attendevano il loro turno per tirare, urlavano come matti e litigavano in
continuazione per il possesso di un porcospino.”
La complessità che Alice incontra nella partita è rintracciabile nel fatto che
gli elementi cambiano nel tempo e che questi interagiscono con il giocatore. Allo
8
stesso modo la nostra società è complessa perché i suoi elementi sono tra loro
legati e soprattutto perché noi ne siamo elementi costitutivi
4
e consapevoli al
tempo stesso,come Alice che è parte del gioco.
A questa esegesi era già arrivato Luhmann, il quale avverte che,
contrariamente ai principi sociologici di base che si pongono come obiettivo
quello di spiegare le azioni e i comportamenti degli individui all’interno
dell’ambiente sociale, non è possibile elaborare una teoria sulla società al di fuori
della società stessa. Questo significa che già nel definirla, “la descrizione compie
ciò che viene descritto: la descrizione, nel momento in cui si effettua, deve
descrivere anche se stessa”
5
, si deve autodescrivere. Autodescrizione della società
può quindi voler dire soltanto che la società distingue se stessa da ciò che non è
società, e in questo modo distingue nel contempo la descrizione come operazione
da ciò che viene descritto. Nel processo dell’autodescrizione della società, quindi,
sorgono sempre nello stesso tempo due ambiti non marcati: ciò che non è società,
e ciò che la descrizione produce al suo interno.
6
Per Luhmann, la società è un particolare tipo di sistema sociale. Essa è il
sistema sociale che comprende al proprio interno tutte le comunicazioni.
7
Talcott Parsons equiparò la società ad un sistema e pose, questo concetto,
al centro della sua teoria. Per quest’ultimo società e sistema sociale sono sinonimi,
egli afferma che “una società è un tipo di sistema sociale che raggiunge il più alto
livello di autosufficienza come sistema nei confronti dell’ambiente che lo
circonda”
8
.Egli vede la società come un insieme di sotto – sistemi, ciascuno
autonomizzatosi ma interagente e compenetrantesi con gli altri, ciascuno dei quali
si rapporta all’altro come al proprio ambiente.
9
4
L. Paccagnella - “La comunicazione al computer” –– Il Mulino, Bologna 2000, p. 142;
5
N. Luhmann/ Raffaele De Giorgio - “Teoria della società” –– Franco Angeli, Milano 1992, p. 9;
6
N. Luhmann - “Le due sociologie e la teoria della società” in Teoria Sociologica N.ro 2 – Franco
Angeli, Milano 1993 – p. 131;
7
C. Baraldi, G. Corsi, E. Esposito - “ Glossario dei termini della teoria dei sistemi di N.
Luhmann” –– Editrice Montefeltro , Urbino 1991, p. 164;
8
R. A. Wallace, Alison Wolf - “La teoria sociologica contemporanea” –– Il Mulino, Bologna
1994, p. 52;
9
cfr. M. Rosati - “Consenso e razionalità. Riflessioni sulla teoria dell’agire comunicativo” ––
Armando, Roma 1994;
9
Una pietra miliare, quindi, in questo concetto di società anche a detta di
Luhmann. Secondo quest’ultimo, quello di Parsons, è un tentativo mai realizzato
prima di elaborare una teoria in un certo numero di funzioni. Ma la teoria
parsoniana manca di due concetti essenziali, due elementi che sono in grado di
renderla universale: “autoreferenza” e “complessità”.
L’autoreferenza è per Luhmann una condizione necessaria per il perfetto
funzionamento del sistema. Attraverso di essa il sistema riesce ad osservare se
stesso, riesce a vedersi come ambiente, riflette su se stesso ed è capace di prendere
delle decisioni basate su queste riflessioni.
Parsons nella sua teoria dell’azione identificò i maggiori problemi che i
sistemi di azione devono risolvere per potersi sviluppare e sopravvivere:
l’adattamento, il raggiungimento dei fini, l’integrazione, il mantenimento della
struttura latente e la gestione delle tensioni. La risoluzione di questi problemi o
più specificatamente bisogni, consentono al sistema di espandersi all’interno di un
ambiente ostile. La tendenza generale del sistema è sempre verso un
soddisfacimento di bisogni con lo scopo finale di ottenere un “equilibrio sociale”.
Il termine equilibrio sociale esprime:
“un concetto secondo cui la vita sociale possiede una tendenza ad essere e rimanere un fenomeno
integrato a livello funzionale, di modo che ogni mutamento in una parte del sistema sociale porti
con sé aggiustamenti in altre parti del sistema. Il mutamento iniziale crea uno squilibrio, ma
avviene un assestamento funzionale delle parti al fine di ricostruire un sistema integrato, messo a
punto e relativamente stabile.”
10
La stabilità del sistema è ottenuta grazie a tale equilibrio. Luhmann va oltre la
visione di Parsons di un sistema con dei bisogni e con il generale ottimismo di una
tendenza all’equilibrio.
Il sistema di Luhmann non ha bisogni ma un compito principale: ridurre la
complessità e contingenza del mondo.
Abbiamo detto che il tentativo di spiegare la società attraverso l’uomo
rende difficile la sua rappresentazione, anzi la prova è destinata a fallire in
partenza perché l’uomo è un elemento costitutivo della stessa, ma questo non
significa esclusione completa dell’individuo.
10
G. A. e A. S. Theodorson (a cura di) – “A Modern Dictionary of Sociology” – Thomas Y.
Crowell Co, New York 1969, p. 133;
10
Sistema e individuo danno entrambi la possibilità di concettualizzare la
società da un proprio punto di vista: come mondi vitali socioculturali (dal lato
umano) e come sistemi autoregolantisi (dal lato sistemico).
11
Dal punto di vista sistemico la società viene esaminata sotto il suo aspetto
burocratico – organizzativo. Aspetto questo che richiede elementi certi, precisi,
con comportamenti che seguono determinate norme e quindi prevedibili. Per tale
motivo l’uomo non può farne parte, egli è un elemento di disturbo, perché
disorganizzato, imprevedibile. Per il sociologo tedesco l’uomo è dotato di una
complessità enorme, una complessità troppo elevata, non gestibile dal sistema.
L’uomo, allora, diventa, in questa linea teorica, ambiente, elemento addirittura
perturbativo del sistema.
Ma l’uomo è presente nella società, ne fa parte, e quindi è impossibile non
poter esaminare la società dal suo punto di vista, cioè quello culturale. L’uomo ha
bisogni, ha proprie modalità espressive, simboliche, metaforiche, ha proprie
norme di socializzazione, ha, usando un concetto di Habermas, un proprio mondo
vitale.
L’uomo (mondo vitale) è ambiente del sistema ma anche il sistema è
ambiente dell’uomo, ognuno con i propri confini, quindi, emerge l’impossibilità
di comunicazione tra loro. Tale impossibilità, però, non è altro che complessità,
una complessità che il sistema non è (ancora) in grado di gestire, di ridurre.
Il rapporto tra le parti è a prima vista impossibile, l’uno vede nell’altro il
proprio ambiente, ma nel momento in cui l’uomo si organizza si comincia a
delineare una possibile modalità comunicativa. In verità l’organizzazione
dell’uomo è la disponibilità di strutture simili a quella del sistema, solo in questo
modo è fattibile un processo comunicazionale.
Un dubbio al riguardo ci assale: il fatto di creare e usare strutture simili a
quelle del sistema non significa, in effetti, diventare un sub – sistema da lui
dipendente? Questa dipendenza potrà, in seguito, trasformarsi in restrizione della
libertà? A prima vista la preoccupazione sembra eccessiva ma soffermandosi per
un attimo a pensare quello che sta accadendo non lo è.
11
Cfr. S. Petrucciani - “Introduzione a Habermas” – Editori Laterza, Bari 2000;
11
L’uomo interagisce con gli altri, quotidianamente e in misura crescente,
attraverso media elettronici (e-mail, chat, telematica) controllati e controllabili dal
sistema. L’evoluzione in corso della Pubblica Amministrazione, come vedremo in
un successivo capitolo, ci darà modo di evidenziare che questa paura è tutt’altro
che infondata. Su questo punto un’eccellente ricerca di studiosi francesi ha messo
in luce una trasformazione in atto della società odierna che da società
dell’informazione sta diventando “la società della sorveglianza”
12
. Del resto
questa problematica ha portato alla nascita di modalità di progettazione software
che tutelino la raccolta di informazioni occulte da persone non autorizzate
(PET)
13
, questo fa capire come la questione sia sentita. Stefano Rodotà fa notare
come sia importante la riservatezza addirittura ai fini della partecipazione del
cittadino a discussione di forte rilevanza politica. Partecipazione che, secondo
Rodotà, oggi più estesa grazie alla rete, rischierebbe di essere “raffreddata” dalla
consapevolezza degli utenti che possa essere ritrovata ogni traccia del loro
navigare.
14
Questo è uno dei rischi dell’interattività comunicativa telematica ma un
altro, ben più grave, è già sotto i nostri occhi, è quello della formazione di una
nuova stratificazione sociale tra “information haves e have nots”
15
, tra chi
possiede informazioni e chi non le possiede. Il possesso qui è da intendersi come
possibilità di procurarsi informazioni. La tendenza, oggi, è quella di rendere
disponibile sulla rete non solo dati di natura culturale e politica, che,
intendiamoci, non sono di secondo ordine, ma anche dati di natura sociale,
economica e fiscale. Si pensi alle numerose università che pubblicano sulla rete
notizie sugli orari dei corsi o sulle pratiche burocratiche da seguire, oppure agli
ospedali che forniscono notizie sulle specializzazioni trattate e sulle modalità di
fruizione, o ancora all’ambito fiscale, ad esempio, in cui vengono messe a
disposizione degli utenti delle procedure on – line per il calcolo automatico
12
Cfr. E. Heilman, A. Vitalis, B. Vendaud – “Nouvelles technologies, novelles règulations?“ –
Centre d’ètude del Mèdias, Bordeaux 1996.
13
L’acronimo Pet sta per Privacy Enhancing Technologies.
14
Cfr. S. Rodotà – “Tecnopolitica – La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione” –
Editori Laterza, Bari 1997.
15
S. Rodotà – “Tecnopolitica – La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione” –
Editori Laterza, Bari 1997, p. 90.
12
dell’imposta di registro che grava su un contratto di fitto. Naturalmente questi
sono solo degli accenni a quella che è la disponibilità delle informazioni sulla rete.
Tutto questo viene certamente in aiuto al cittadino e migliora in maniera ottimale
il suo rapporto con la Pubblica Amministrazione, ma siamo tutti capaci di
accedere alla rete? Abbiamo tutti la possibilità economica di possedere la
tecnologia idonea all’accesso? Allo stato attuale sembra proprio di no, e questa
capacità e/o possibilità di procurarsi informazioni sta portando alla creazione di
una vera e propria “information apartheid”
16
. L’importanza dell’uso di questi
nuovi media sta nel fatto che gli stessi sono strumenti indispensabili per la
partecipazione culturale, sociale, politica ed economica e questo rende reale il
rischio dell’accentuazione di disuguaglianze, ma di questo parleremo in maniera
più approfondita in un prossimo capitolo.
16
T. K. Bikson – “New Inequalities” – Quaderno di studio presentato al “First Information
Imperative International Inquiry” il 4 – 5 giugno 1996.
13
1.2 Sul soggetto “pubblico e privato”.
I soggetti da definire mostrano una particolarità, non esistono nella realtà,
non hanno delle caratteristiche fisiche, non si possono toccare, ma nonostante ciò
quotidianamente abbiamo contatti con loro. Dicevo che non sono reali ma
esistono e molte volte si confondono, infatti basta pensare ad un parco verde e
accorgersi che questo può essere sia pubblico che privato. Ma che cosa lo fa
diventare l’uno o l’altro? Certo di elementi ve ne sono molti, ad esempio l’orario
di accesso, ma quello che è di nostro interesse è che questi elementi devono essere
percepiti, al fine di individuarne la differenza. Proprio questa labilità nei confini
rende di primaria importanza la loro individuazione.
Riferirsi ad un bene, un soggetto o qualcosa altro, significa riferirsi a:
-pubblico come inerente allo Stato, alla Pubblica Amministrazione, alle istituzioni
in generale che operano nell’interesse della società civile e che sono fonti di
comunicazione;
-pubblico come inerente alla collettività cui è diretta l’informazione e che instaura
con le fonti un rapporto di comunicazione su questioni di interesse generale.
Abbiamo detto che il pubblico deve essere percepito. Ora questa
percezione ci permette di individuare anche quello che pubblico non è, il privato.
Da ciò nasce una prima considerazione: riusciamo a distinguere i due ambiti
grazie ad una differenza. Chiariamo questo passaggio riportandoci al concetto di
forma di G. Spencer Brown. Con “forma” ci si riferisce ad una differenza: da uno
spazio non marcato si opera una distinzione tracciando una demarcazione che
separa due parti che vengono così a costituire uno spazio marcato. Con il concetto
di forma non si fa altro che tracciare un confine nel mondo, in questo modo si
hanno due lati e si deve decidere da quale lato porsi per riflettere, osservare.
Forma è allora una linea di confine che segna una differenza e costringe a chiarire quale
parte si indica quando si dice che ci si trova da una parte e dove si deve cominciare se si
vuole procedere a nuove operazioni………forma è proprio la distinzione stessa, in quanto
14
costringe a indicare (e quindi a osservare) l’una o l’altra parte e proprio per questo non
può realizzare essa stessa la propria unità.
17
Idee molto simili le sviluppa Jacques Derrida
18
. Nel suo pensiero il concetto di
forma perde la sua figura a tutto tondo (morphé) e viene visto come il marcare una
cesura, o comunque come una traccia lasciata da qualcosa di non più visibile. La
forma comprende solo ciò che è presente, e la metafisica si è attenuta a questa
indicazione.
Ma ciò che è presente è dovuto a ciò che è assente, che fa si che possa apparire, e
la différence è dovuta di conseguenza ad una différance, ad uno spostamento della
cesura, cioè a ciò che Spencer Brown pone come l’ordine (injunction) di compiere
un’operazione: draw a distinction
19
. È in definitiva la rivoluzione che è avvenuta
grazie a René Descartes, il quale pose alla base del sapere l’intuizione diretta
dell’essere nel pensiero. Cogito, ergo sum – Penso, dunque sono. Una
individualità, una unità che è in grado di differenziarsi in una parte materiale ed
una immateriale che al tempo stesso formano un tutt’uno. Un principio fissato,
quindi, sulla distinzione su quello che è l’uomo immateriale (il pensiero) da quello
che è l’uomo materiale (il corpo). La particolarità di questa riflessione sta nel fatto
che, l’uomo, parte esclusa dalla teoria dei sistemi, fornisce il principio base di
descrizione della società. Come l’uomo descrive se stesso, grazie alla possibilità
di differenziazione, la stessa cosa si riesce a fare nel momento in cui si descrive la
società.
La forma è un atto creativo che consente di indicare una parte (e non
l’altra) della forma stessa.
20
Il pubblico esiste perché vi è un privato, e al pari delle
parti di una forma possono senz’altro esistere separatamente, ma non possono
esistere, rispettivamente, l’uno senza l’altro.
21
17
N. Luhmann – R. De Giorgi - “Teoria della società” – Franco Angeli, Milano 1994, p. 17;
18
Cfr. J. Derida – «Marges de la Philosophie» - Paris 1972.
19
N. Luhmann, “Le due sociologie e la teoria della società” in Teoria Sociologica N.ro 2 – Franco
Angeli, 1993 – p. 125;
20
G. Piazzi - “La società come comunicazione e il suo rapporto con la modernità. Il valore della
storia” - – in Sociologia della Comunicazione Anno XIII n. 26 Franco Angeli, Milano 1996, p. 65;
21
N. Luhmann – R. De Giorni –“Teoria della società” – Franco Angeli, Milano 1994, p. 19;
15
Abbiamo accennato, in precedenza, al fatto che la percezione è il processo
chiave nell’individuazione del soggetto pubblico; percezione intesa come
esperienza. Di primaria importanza per Schutz è il significato che l’individuo
attribuisce alle situazioni che si presentano nella vita di tutti i giorni. Per l’autore è
il significato della nostra esperienza, e non la struttura ontologica degli oggetti, a
costituire la realtà.
22
Certo che qui non siamo in presenza di cose materiali ma di soggetti
virtuali. Ma questo poco importa, è relativo il fatto di vedere o toccare un
determinato oggetto, l’importante è percepire quel soggetto, averne esperienza,
considerarlo reale, presente, perché, in linea con il teorema di Thomas: “Se gli
uomini definiscono le situazioni come reali, esse sono reali nelle conseguenze”.
Tramite l’esperienza l’individuo deve crearsi una soggetto che diventa reale nello
stesso momento in cui ne fa esperienza. Si badi che questa non è immaginazione
perché l’attore ne ritrae conseguenze reali. Ma questo problema è sentito da
ambedue le parti: ognuna deve instaurare dei meccanismi, che sono prettamente
comunicativi, per far sì che l’altro lo percepisca come soggetto, che l’altro dia
senso alla sua comunicazione. L’assegnazione del senso, da parte del pubblico e
del privato, dai segnali che da questi provengono, è essenziale perché solo così
“..questi producono effetti anche in termini di legittimazione o meno del comando
e di giustificazione morale o meno della norma ricevuta”.
23
La distinzione che fin qui abbiamo delineato (Pubblico e Privato), può
essere equiparata a quella più problematica e storica tra sistema e mondo vitale.
Un paradigma che porta con sé innumerevoli problemi di comunicazione e
transazione che sono tipici del rapporto tra Pubblico e Privato. Soggettività di
mondi vitali e sistema sociale, soggetto pubblico e soggetto privato, sono come
due anime di ogni società umana che si debbono compenetrare.
24
Gli ambiti così individuati rappresentano due sistemi presenti all’interno
del nostro sistema sociale.
22
A. Schutz, “Saggi Sociologici” – Utet, Torino 1979, p. 57;
23
A. Ardigò, “Crisi di governabilità e mondi vitali” – Cappelli editore, Bologna 1984, p. 13;
24
A. Ardigò, “Crisi di governabilità e mondi vitali” – Cappelli editore, Bologna 1984, p. 14,
corsivo nostro;
16
Caratteristica di questi sistemi è che sono autopoietici e chiusi verso gli
input ed output esterni, sia dal punto di vista strutturale che operazionale. Tale
chiusura, però, non significa isolamento ma possibilità di apertura. Infatti sarà
proprio questa chiusura operazionale, che crea complessità interna, a permettere al
sistema di reagire nei confronti del proprio ambiente, in altri termini di osservare.
“….solo sistemi operativamente chiusi possono costruire alta complessità propria, la quale può
servire per specificare sotto quali aspetti il sistema reagisce alle condizioni del suo ambiente,
mentre da tutti gli altri aspetti si può permettere indifferenza grazie alla sua autopoiesi”
25
Il concetto di autopoiesi è stato introdotto da H. Maturana per definire
l’organizzazione dell’essere vivente. Secondo l’autore un sistema vivente è
caratterizzato dalla capacità di produrre e riprodurre esso stesso gli elementi che
lo compongono; inoltre, l’unità minima del corpo vivente, la cellula, è vista come
il prodotto di un reticolo di operazioni interne al sistema di cui essa è un elemento,
e non di processi esterni. Il sistema vivente, essendo chiuso verso l’esterno e
producendo da solo gli elementi che gli necessitano, basa la produzione di questi
elementi su operazioni precedenti, le quali, a loro volta costituiscono il
presupposto per le operazioni che seguiranno.
Abbiamo detto che i nostri sistemi sono autopoietici, riescono quindi a
produrre da soli gli elementi di cui si compongono, ma di quali elementi si tratta?
Ebbene, ambedue i sistemi si nutrono di comunicazione. La comunicazione è il
loro elemento vitale, è quello che ne permette l’autopoiesi, che permette al
sistema stesso di restare in vita, che dà la possibilità ad ambedue di “essere”.
25
N. Luhmann – R. De Giorgi –“Teoria della società” - Franco Angeli, Milano 1994, p. 22;