Introduzione
Il presente studio nasce con l’intento di analizzare il ruolo dei fabbisogni standard
nell’impianto del federalismo fiscale per capire in che modo possano offrire all’Italia
un’opportunità di ammodernamento delle relazioni finanziarie intergovernative e di
efficientamento delle spese degli enti territoriali, essendo la loro determinazione fun-
zionale ad assicurare un graduale superamento delle disfunzioni generate dal ricorso
al criterio della spesa storica, causa di inefficienze nella distribuzione dei trasferi-
menti statali e di cattiva gestione della spesa dei governi locali.
Per comprendere questa affermazione è utile fare una premessa: nel momento in cui
l’Italia attua un criterio che determina l’erogazione statale a favore del singolo ente
locale sulla base della sua spesa contabilizzata nei bilanci del passato, senza alcuna
analisi qualitativa, statistica e/o econometrica della stessa, espone il meccanismo di
riparto finanziario al rischio di perpetuare nel tempo iniquità nella distribuzione dei
trasferimenti e generare insostenibilità finanziaria nel lungo periodo; introdurre ele-
menti di casualità nell’erogazione dei flussi di finanza derivata, premiare sistemati-
camente le gestioni inefficienti e non verificare se ad una spesa storica più elevata
corrisponde o meno una maggiore capacità di intervento o migliori servizi resi dal
punto di vista qualitativo e quantitativo, pone le basi per un sistema pubblico che
priva di autonomia l’ente locale e diffonde una generalizzata deresponsabilizzazione.
Mantenere un criterio arbitrario nell’impiego delle risorse, non legato ad una gestio-
ne economica equilibrata e razionale delle funzioni, e un modello di sostanziale fi-
nanza pubblica derivata in un Paese che, con la riforma costituzionale del 2001, de-
centra competenze legislative e amministrative, crea gravi confusioni, dissocia la re-
sponsabilità impositiva da quella di spesa e genera una situazione istituzionale che
rende ingovernabili i conti pubblici.
Di contro, l’implementazione di un processo di determinazione dei fabbisogni stan-
dard indicativi delle reali necessità finanziarie dell’ente, realizzato mediante algorit-
mi evoluti e dati precisi ottenuti in base alle caratteristiche territoriali dell’ente e agli
aspetti socio-demografici della popolazione residente, prospetta la possibilità di con-
seguire obiettivi di efficienza ed equità. In particolare, la legge delega in materia di
federalismo fiscale (Legge 5 maggio 2009, n. 42) e le disposizioni attuative riguar-
6
danti la determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali, offrono la possibili-
tà di avere un coefficiente in grado di misurare le differenze nelle necessità finanzia-
rie degli enti territoriali, determinare il livello efficiente di spesa in base alla specifi-
cità del singolo ente e costituire il riferimento cui rapportare, progressivamente nella
fase transitoria e successivamente a regime, il finanziamento integrale della spesa
relativa alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni.
Considerando che il buon funzionamento di un modello di federalismo fiscale che
voglia conciliare autonomia e solidarietà è fortemente dipendente dall’esistenza di un
efficace sistema di trasferimenti perequativi statali che intendano compensare la dif-
ferenza tra le spese per l’assolvimento delle funzioni e le entrate tributarie di ogni
ente territoriale e quindi ridurre il divario tra giurisdizioni più ricche in grado di pre-
stare maggiori e migliori servizi, a parità di prelievo, e giurisdizioni più povere, la
legge delega individua nel fabbisogno standard il primo parametro per la costruzione
a regime di un nuovo meccanismo di ripartizione dei trasferimenti perequativi poten-
zialmente in grado di limitare gli squilibri territoriali che la devoluzione di maggiore
autonomia locale tende ad amplificare in un paese, come l’Italia, contraddistinto da
un marcato divario economico.
Tuttavia, la possibilità di ottenere concretamente i vantaggi attribuiti all’adozione del
criterio dei fabbisogni standard è strettamente legata alle scelte tecniche relative alla
stima degli stessi, alla precisione con cui il fabbisogno viene calcolato, alla interpre-
tabilità dei risultati e conseguente possibilità di trasmetterli ai soggetti istituzionali.
L’approccio utilizzato per la stima dei fabbisogni standard non è un aspetto soltanto
tecnico, è un elemento determinante per valutare la coerenza alla teoria del federali-
smo fiscale. Tuttavia, il d.lgs. n. 216 del 2010 si limita a precisare le implicazioni
finanziarie dell’introduzione di questi coefficienti standard prevedendo che il com-
plesso dei fabbisogni relativi alle sei funzioni fondamentali di Comuni e Province
non possa eccedere il totale della spesa storica dei corrispondenti comparti effettiva-
mente sostenuta al momento della loro adozione e affida la procedura di calcolo alla
SOSE Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A., in collaborazione con l’Istituto per
la Finanza e l’Economia Locale (IFEL Fondazione ANCI) e l’Unione Italiana delle
Province (UPI) e sotto la supervisione delle Commissione tecnica paritetica per
l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF). La presente ricerca vuole verificare
7
attraverso l’esperienza dei tecnici se si sceglie un approccio metodologico coerente
con la teoria della finanza multilivello o si definisce una metodica che centralizza le
scelte sull’allocazione delle entrate e di conseguenza delle spese, creando possibili
divaricazioni tra il finanziamento messo a disposizione e i bisogni riconosciuti nei
diversi enti territoriali e vincolando la possibilità di accrescere la dimensione finan-
ziaria complessiva dell’ente locale a elementi esterni alla sua autonomia decisionale,
definiti esogenamente attraverso scelte politiche. Trovata risposta a questa domanda,
poiché a fianco del processo di determinazione dei fabbisogni standard si inserisce
nel 2012 la complessa operazione di razionalizzazione della spesa pubblica definita
spending review, è necessario porre un altro interrogativo: è possibile individuare
una relazione complementare tra fabbisogni standard e spending review o, viceversa,
l’utilizzo di tale strumento all’interno di un meccanismo di revisione complessiva
della spesa delle pubbliche amministrazioni non risulta auspicabile? Se l’Italia sce-
glierà di considerare interconnessi i due strumenti e rendere applicativa questa rela-
zione, la ricerca vuole verificare se ci sono i parametri necessari, le condizioni suffi-
cienti e dati congrui, validi e aggiornati per permettere un impiego dei suddetti coef-
ficienti in una operazione di revisione della spesa pubblica. Di conseguenza, si deve
capire se il singolo dato di fabbisogno standard, calcolato sulla base delle caratteri-
stiche socio-demografiche e territoriali dell’ente intermedio, consente di individuare
effettivi spazi di recupero di spesa o necessita del supporto di ulteriori parametri per
dare razionalità al meccanismo dei tagli alle dotazioni di bilancio ed evitare di intac-
care il concetto di autonomia locale.
L’analisi si pone quindi l’obiettivo di analizzare le politiche di risanamento della fi-
nanza pubblica degli ultimi anni, individuare i criteri utilizzati, l’entità e la portata
delle riduzioni previste per capire se la logica emergenziale tipica di un contesto di
grave crisi economica favorisce pratiche consuetudinarie distorsive che, pur di otte-
nere risparmi di spesa, si pongono in disaccordo con la teoria del federalismo fiscale,
ossia se lo Stato sceglie di intraprendere misure che lasciano sullo sfondo l’articola-
zione di una finanza pubblica multilivello. Queste considerazioni devono essere va-
lutate sulla base di un attuale contesto italiano di forte crisi. In una fase di recessione
economica in cui lo Stato e le Pubbliche amministrazioni non hanno risorse per ga-
rantire l’attuale livello di spesa pubblica e, ancor di più, per garantire l’equilibrio del-
8
le risorse da distribuire sul territorio, è naturale domandarsi se il federalismo fiscale,
volto a completare la valorizzazione del sistema delle autonomie territoriali, abbia
ancora senso o siano altri i temi da affrontare. La ricerca crede nella possibilità che la
crisi possa costituire una ragione per esaltare il federalismo fiscale e che lo strumento
del fabbisogno standard, se correttamente calcolato, gradualmente applicato per le
finalità con cui è stato ideato e supportato da adeguati parametri, possa rappresentare
la componente essenziale per rafforzare la responsabilità delle autonomie territoriali
nella gestione dei propri bilanci a partire da una ripartizione delle risorse pubbliche
ispirata a criteri di equità ed efficienza. Se questa prospettiva risulta positiva, resta da
rispondere ad un altro quesito, forse il più importante nell’immediato futuro. L’intero
processo va infatti avanti da anni senza riuscire a trovare l’equilibrio che lo renda
effettivamente funzionante. Quindi, quali sono le scelte politiche e tecniche da com-
piere per poter applicare in modo serio un coefficiente standard potenzialmente in
grado di cambiare il meccanismo di finanziamento e razionalizzazione della spesa?
Quali sono le lacune e gli ostacoli che rendono impossibile implementare il processo
di riforma? E ancora, se si individua una di queste difficoltà nel carattere assoluta-
mente provvisorio delle funzioni fondamentali delineato dalla legge delega n. 42 del
2009 rispetto alle quali sono determinati i fabbisogni standard, può essere intrapreso
un percorso di determinazione degli suddetti coefficienti ai fini di una standardizza-
zione della spesa pubblica senza conoscere con certezza i soggetti chiamati a gestirla,
in presenza di contorni normativi poco chiari e in assenza di una legge statale che
stabilisca una definitiva allocazione efficiente delle funzioni? Anche se, probabil-
mente, si può convenire sulla necessità di una loro individuazione anche provvisoria
volta a garantire un necessario ambito di riferimento per avviare la determinazione di
questo coefficiente, è comunque lecito domandarsi se, può l’ordinamento procrasti-
nare l’attuazione del dettato costituzionale in ragione di un lavoro da decifrare? Non
si corre il rischio che un lungo, costoso e impegnativo lavoro di calcolo e stima svol-
to dalla SOSE s.p.a., in collaborazione con IFEL e UPI, e sotto la supervisione della
COPAFF, sia messo in discussione per i presupposti mutevoli sui quali è stato avvia-
to?
L’attualità e l’importanza della necessaria definizione delle funzioni fondamentali
non può non tener in considerazione le implicazioni generate dall’entrata in vigore
9
delle Legge Del Rio, 7 Aprile 2014, n. 56, concernente disposizioni sulle città metro-
politane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni: se l’attuale scenario pro-
pende verso l’attuazione di un livello di governo istituzionale, le Città metropolitane,
non contemplato nella procedura di calcolo dei fabbisogni standard riservata a Pro-
vince e Comuni, occorre verificare se è necessario rivedere i dati raccolti da SOSE
s.p.a. relativi alle numerosissime variabili di contesto necessarie per il calcolo dei
fabbisogni, fermo restando il verificarsi di una possibile dimostrazione di scarsa pro-
pensione ad assorbire le modifiche nel tempo. Quindi, è davvero auspicabile comple-
tare un lavoro sulla determinazione dei fabbisogni standard e utilizzare i coefficienti
stimati senza attendere l’esito del processo di riordino territoriale?
Per rispondere a questi interrogativi, la ricerca intende procedere in questo modo: si
ritiene utile presentare un primo capitolo storico-ricostruttivo che consenta di capire
il significato del termine “federalismo fiscale”, di considerare il contesto economico
finanziario nel quale è stato ideato per la prima volta e di individuare gli obiettivi che
si prefigge di soddisfare. Fatta questa premessa, si ripercorre l’evoluzione storica dei
rapporti tra finanza locale e centrale per sottolineare l’alternanza di fasi di maggiore
o minore autonomia per i governi locali. Il primo riferimento storico scelto è il pe-
riodo immediatamente successivo all’Unità d’Italia avvenuta nel 1861: si fa luce sul
modello, disegnato da Marco Minghetti nel 1861 e poi ratificato dalla legge comuna-
le e provinciale del 1865, rimasto in vigore nel nostro Paese fino al 1942. In partico-
lare, si mostra come la crescita economica del Dopoguerra metta in crisi il sistema
della finanza locale e renda necessario intervenire, all’inizio degli anni ’70, con una
riforma generale del sistema tributario per tentare di razionalizzare gli assetti finan-
ziari degli enti del settore pubblico ed ampliare la qualità e quantità dei servizi forniti
ai cittadini. Si individuano le condizioni che configurano la finanza locale come “de-
rivata” ed i limiti che conducono ad un nuovo processo di riforma delle autonomie
locali a partire dagli anni ’90. Si considera come intervento emblematico di questi
anni la legge 8 giugno 1990, n. 142 che rappresenta la cornice entro la quale si inse-
risce una nuova disciplina in materia di federalismo fiscale e si chiarisce come il le-
gislatore degli anni ’90 abbia tentato di stabilire una stretta correlazione tra l’auto-
nomia finanziaria degli enti locali e la finanza pubblica con l’obiettivo di informare il
sistema della finanza locale a criteri di razionalità, semplificazione e rispondenza alla
10
disciplina costituzionale delle autonomie locali. Segue l’attenzione su una importante
occasione rappresentata dalla riforma ordinamentale attuata con le Leggi Bassanini
n. 59/1997 e n. 127/1997: si percorrono le innovazioni introdotte in materia di de-
centramento a favore degli enti sub-centrali di funzioni e compiti un tempo attribuiti
allo Stato e, a seguito di tale conferimento, non si può non considerare la centralità
del riconoscimento agli stessi di un reale potere impositivo, soprattutto in un momen-
to in cui si presenta al nostro Paese una nuova necessità: dover rispettare i parametri
imposti dal Trattato di Maastricht in quanto Stato membro dell’Unione Europea. Si
mostra come, di fronte ad una situazione in cui il debito pubblico italiano mostra la
debolezza finanziaria del nostro Paese e della sua competitività, il rilancio della poli-
tica delle Autonomie locali possa rappresentare una svolta nell’assetto della Repub-
blica per affrontare i problemi dell’integrazione europea. Segue quindi un processo
di rivalorizzazione delle Regioni e delle autonomie locali che sfocia nel decreto legi-
slativo 18 febbraio del 2000, n. 56 recante “Disposizioni in materia di perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale”, e riguardante, in particolare, l’adozione di
un nuovo sistema di finanziamento delle Regioni a statuto ordinario; si considerano i
principi ispiratori di questo intervento volti a condurre il sentiero di riforma verso il
soddisfacimento di due esigenze fondamentali: garantire certezza riguardo alle risor-
se disponibili, allentando la dipendenza dai trasferimenti decisi annualmente in sede
di bilancio e costruire un sistema di perequazione che realizzi in modo trasparente gli
obiettivi di solidarietà interregionale e superi gradualmente quello basato sulla spesa
storica. Si va ad evidenziare il salto culturale introdotto dalla riforma ma anche il
contrasto tra risultati raggiunti, aspettative e problemi rimasti insoluti.
Una particolare attenzione viene rivolta alla Riforma del Titolo V della Costituzione:
bisogna capire in quale misura l’intervento sul testo costituzionale, giunto a conclu-
sione di un lungo cammino verso il decentramento amministrativo e legislativo, ab-
bia limitato la discrezionalità del legislatore statale ed in che modo abbia cercato di
attribuire stabilità alla ripartizione del potere impositivo tra Stato, Regioni ed enti
locali; particolare attenzione è rivolta alla disposizione contenuta nell’art. 119 Cost.,
data la consapevolezza da parte del legislatore costituente del 2001 che non si può
parlare di federalismo e di autonomia legislativa ed amministrativa senza prevedere
una corrispondente redistribuzione delle risorse finanziarie.
11
Si vuole mostrare come con l’entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42, re-
cante <<Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’arti-
colo 119 della Costituzione>>, si sia verificato un segnale importante in direzione
della realizzazione di quel disegno riformatore complessivo che il Paese attende da
tempo: avviare il federalismo fiscale e razionalizzare la struttura della finanza pub-
blica.
Dopo aver fornito un inquadramento storico ricostruttivo sul federalismo fiscale, oc-
corre entrare nel vivo della tematica oggetto della presente ricerca ponendo specifi-
camente attenzione al principio guida enunciato dalla legge delega sul federalismo
fiscale n. 42/2009 che sancisce il superamento del criterio della spesa storica attra-
verso il passaggio ad un nuovo parametro di riferimento per il finanziamento degli
enti territoriali: un fabbisogno standard in grado di giustificare la spesa di ciascun
ente sulla base delle proprie caratteristiche strutturali che incidono sulla domanda di
servizi dei cittadini e sulle condizioni di produzione. Per capire se questo coefficiente
standard possa consentire una più efficace responsabilità dei governi, un più incisivo
controllo da parte degli elettori e un parallelo incremento dell’autonomia dell’ente
sub-centrale, è necessario analizzare, nel secondo capitolo, l’approccio metodologico
utilizzato per determinarlo: attraverso l’esperienza dei tecnici e servendosi di intervi-
ste personali ai consulenti della SOSE s.p.a., si vuole capire la procedura di calcolo
nonché gli sforzi di standardizzazione compiuti nel definire un modello adattabile
alle diverse caratteristiche delle funzioni degli enti locali e alle rispettive prestazioni
finali corrispondenti, si può capire se si è delineata una metodica centralizzata di di-
stribuzione delle risorse che mal si concilierebbe con gli aspetti teorici del federali-
smo fiscale. Questa analisi comporta la necessità di distinguere il procedimento di
determinazione dei fabbisogni standard stabilito per le funzioni fondamentali di Enti
locali da quello previsto in ambito sanitario per le Regioni; in entrambi i settori, il
presente coefficiente rappresenta una svolta rispetto ad un passato in cui le ineffi-
cienze locali e regionali sono coperte dai ripiani statali: passare ad una logica di re-
sponsabilità consente ai cittadini di giudicare se la differenza tra spesa effettiva del-
l’ente territoriale e quella standard è dovuta a sprechi o, viceversa, ad in servizio di
qualità eccezionale. Per verificare se il federalismo fiscale fornisce lo strumento con
il quale lo stato centrale può impedire una dispersione ingiustificata della spesa ed
12
eliminare le sperequazioni esistenti sul versante delle entrate, bisogna prima capire se
la sua definizione permette ai tecnici di seguire un approccio semplificato o, al con-
trario, si rintracciano difficoltà e problematiche nel processo di standardizzazione e
nella misurazione dell’output pubblico e quindi del servizio effettivamente svolto
dall’ente: trovare affidabili misure dello stesso è spesso difficile, sia dal punto di vi-
sta teorico che pratico, soprattutto se si considerano delicati campi del settore pubbli-
co, come la sicurezza, la sanità ecc., dove i risultati ottenuti dalla misurazione del-
l’output non sono l’effetto diretto di un’attività produttiva e/o di servizio, ma dipen-
dono molto spesso dal modo con cui tali diverse e multiformi attività vengono coor-
dinate fra loro. Valutare la complessità della metodologia utilizzata consente di veri-
ficare se conduce a razionalizzazioni che impattano sulla capacità finanziaria del sin-
golo ente.
Individuata la procedura di calcolo, si focalizza l’attenzione sulla possibilità di utiliz-
zare il dato ottenuto per revisionare qualitativamente la spesa pubblica. La premessa
che consente di porci la domanda sulla possibile esistenza di una relazione comple-
mentare tra spending review e fabbisogni standard risiede nella filosofia di fondo del
decreto legislativo n. 216/2010 attuativo della legge delega sul federalismo fiscale:
addivenire ad un federalismo solidale in grado di riconoscere gli sprechi. Pertanto, è
prima di tutto utile fornire un inquadramento concettuale di riferimento dello stru-
mento di programmazione economico-finanziario definito spending review, la cui
metodologia sistematica è volta a migliorare sia il processo di allocazione delle ri-
sorse, sia la performance delle amministrazioni pubbliche. E’ necessario ripercorrere
i provvedimenti di manovra finanziaria degli ultimi anni e verificare se le politiche di
risanamento della finanza pubblica si sono fondate per lo più su aumenti di entrate o
su tagli della spesa; in questo secondo caso, è necessario individuare se, nell’imputa-
zione delle riduzioni previste, vi sono criticità dal punto di vista procedurale da ana-
lizzare e se c’è coerenza e conformità tra teoria e prassi della spending review.
Poiché quest’ultima trova appoggio su numerose esperienze internazionali, si con-
clude il secondo capitolo con una breve analisi comparata per riflettere sulla confor-
mità del percorso intrapreso dall’Italia alle scelte dei paesi OCSE e individuare even-
tuali diversi approcci metodologici dei quali il nostro Paese può far esperienza al fine
di aumentare il grado di responsabilità della stessa: nello specifico, l’impianto del
13
processo di revisione della spesa in Italia viene comparato con quello proprio di altri
esperimenti internazionali sulla base delle caratteristiche generali che un sistema di
spending review può avere.
E’ nel terzo capitolo della ricerca che si verifica il rapporto tra soluzioni adottate e
premesse teoriche del federalismo fiscale. L’attenzione viene rivolta allo stato di
avanzamento dei lavori sui fabbisogni standard su tutte le funzioni fondamentali di
Comuni e Province: si cerca di capire se il risultato raggiunto realizza gli obiettivi
previsti dalla legge delega e dai decreti delegati o vi sono lacune che impattano sulla
capacità di raggiungere gli scopi prefissati. Si focalizza l’attenzione sull’utilità del
dato di fabbisogno standard nel processo di ridisegno di confini e competenze del-
l’Amministrazione locale e, infine, si chiude lo studio sul federalismo fiscale verifi-
cando se il presente processo di riforma è o meno accompagnato da un parallelo in-
cremento della sfera di autonomia finanziaria di entrata degli enti decentrati. A tal
fine, si ripercorrono le proposte del legislatore con una particolare attenzione alle
recenti modifiche in materia di fiscalità municipale, la cui centralità è oggi senz’altro
rilanciata dalle difficoltà della politica nazionale e dal recupero del concetto di pros-
simità, essenziale perché la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni ripren-
da, per capire se l’ambizioso obiettivo del legislatore di delega e del legislatore dele-
gato del passaggio da una finanza derivata ad una maggiormente autonoma è perse-
guito o l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento di un vero federalismo fiscale.
14