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INTRODUZIONE
Tra gli innumerevoli argomenti che potevo trattare per la stesura della mia tesi di
laurea ho scelto di concentrare il mio lavoro sul fenomeno dei minori stranieri non
accompagnati richiedenti asilo.
Non avevo nessuna cognizione di questo fenomeno fino al momento in cui ho
avuto modo di partecipare all’inaugurazione di una comunità di accoglienza inserita nel
progetto del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).
Di tutte le esperienze che ho avuto durante il periodo del tirocinio, senza dubbio,
partecipare a questo evento mi ha segnato profondamente.
Sono rimasta impressionata dallo sguardo dei ragazzi del centro, così carico di
tristezza e di paura. A vederli non sembravano affatto dei minori già segnati nel fisico e
nell’animo da una vita ingiusta per qualsiasi altro essere umano.
Quando un operatore della struttura di accoglienza mi ha raccontato che molti di
loro avevano visto morire i compagni di viaggio nel deserto, ho capito che non potevo
rimanere indifferente alla loro storia. Ho sentito il desiderio e l’impulso di acquisire
quante più informazioni possibili per conoscere tutti gli aspetti di questa realtà così
problematica.
Procedendo nella ricerca del materiale mi sono stupita di quanti studi fossero
stati condotti su tale tematica e dell’esistenza di siti internet ministeriali dove era
possibile consultare moltissimi documenti.
I libri e i file si concentravano su tanti aspetti del fenomeno e il mio obiettivo è
stato quello di costruire un discorso lineare ed esaustivo, dividendo la tesi in tre capitoli.
Il primo capitolo riguarda il sistema normativo in materia di asilo dove sono
presentate le leggi in vigore sulla protezione internazionale e sussidiaria, spiegando la
differenza dei requisiti e i modi per ottenerla. Inoltre in questo capitolo sono trattate
ulteriori forme di protezione riconosciute dallo Stato italiano e sono esposte le
procedure per la determinazione dello Stato che si assumerà la responsabilità di
esaminare la domanda di asilo e le procedure per il riconoscimento dello status di
rifugiato. Il capitolo si conclude con la normativa che si riferisce al sistema di
accoglienza.
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Nel secondo capitolo è esposta la situazione dei minori stranieri non
accompagnati evidenziando il numero di presenze ed etnie sul territorio italiano. Inoltre
è presentato il “Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non
accompagnati” che coinvolge molti comuni italiani che lavorano in rete per ottimizzare
il sistema di accoglienza. In questo capitolo sono messi in luce tutti i fattori che
ostacolano l’effettiva integrazione del minore come le procedure di accertamento
dell’età, l’assegnazione del tutore e il rilascio del permesso di soggiorno. L’attenzione si
concentrerà poi sui respingimenti in mare dei migranti clandestini senza adempiere agli
obblighi previsti dai trattati comunitari ed internazionali.
Il terzo capitolo è incentrato sugli interventi che sono rivolti ai minori, si parlerà
del progetto SPRAR, dei suoi obiettivi e dell’impatto che ha nel territorio, del ruolo
dell’assistente sociale e di un nuovo stile di intervento raccomandato dal Consiglio
dell’Unione europea. Il capitolo si chiuderà con la trattazione del tema
dell’integrazione.
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Capitolo I
IL SISTEMA NORMATIVO IN MATERIA DI
ASILO
1. LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE E LA PROTEZIONE SUSSIDIARIA
Con la nascita della Comunità europea gli Stati membri hanno adottato una linea
comune in materia di asilo e di protezione internazionale con l’introduzione di tre
direttive fondamentali:
1. la direttiva del 2004/83/CE del 29 aprile 2004, cui è stata data attuazione
nell’ordinamento italiano con Decreto legislativo 19 novembre 2007, n.251 c.d.
Decreto qualifiche recante norme sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o
apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale o della
qualifica di beneficiario della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della
protezione riconosciuta
1
;
2. la direttiva 2005/85/CE del 1º dicembre 2005, cui è stata data attuazione
nell’ordinamento italiano con Decreto Legislativo 28 gennaio 2008, n.25
2
c.d.
Decreto Procedure;
3. la direttiva 2003/9/CE, recepita nell’ordinamento italiano con Decreto
Legislativo 30 maggio 2005, n.140 c.d. Decreto Accoglienza, che ha trasformato
il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo.
Prima dell’entrata in vigore delle tre direttive, esposte in precedenza,
nell’ordinamento italiano la normativa in materia di asilo consisteva esclusivamente
nella previsione del diritto di asilo costituzionale (art.10, co.3 Costituzione), nella
Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato (ratificata e resa esecutiva
in Italia con Legge n.722/54) e nella Legge n.39/90 contenente disposizioni sulle
1
SPRAR Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, La tutela dei richiedenti asilo. Manuale
giuridico per l'operatore, 2012.
2
Successivamente modificato con D. Lgs.3 ottobre 2008, n. 159; Legge 15 Luglio 2009, n. 94;
D.Lgs.1° settembre 2011, n. 150.
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procedure di riconoscimento dello status di rifugiato
3
, nonché nell’art.19, co.1 del Testo
unico immigrazione (D.Lgs.286/98) che vieta l’allontanamento in caso di rischio di
persecuzione.
1.1 Lo status di rifugiato: il timore fondato e il concetto di persecuzione
La definizione di rifugiato è contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1951
nell’art 1A, n.2, p.1, secondo cui è considerato rifugiato chi, per motivi di razza, sesso,
religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale, opinioni politiche, teme di
essere perseguitato e per questo timore si trova al di fuori del Paese di cui è cittadino o
di cui aveva residenza abitualmente e non può o non vuole avvalersi della protezione di
questo Paese.
Affinché il timore sia fondato occorre che si presenti sia la componente
soggettiva (timore), sia la componente oggettiva (ragionevole fondatezza).
Il timore di subire persecuzioni può essere rivolto anche al futuro, infatti non è
necessario che il richiedente asilo
4
abbia effettivamente subito persecuzioni in passato,
dato che potrebbe essere fuggito prima del verificarsi di maltrattamenti o violenze e
avere il timore di poterle subire in futuro, soprattutto quando altri del suo ambiente
sociale o familiare ne siano rimaste vittime.
In ogni caso l’aver subito in passato persecuzioni può contribuire a rendere
fondato il timore di poterle subire nuovamente in futuro. Tali interpretazioni trovano un
riconoscimento espresso nell’art.3 (esame dei fatti e delle circostanze), co.4 del
D.Lgs.251/07
5
.
3
Il Rifugiato è colui che ha ottenuto il riconoscimento di protezione internazionale.
4
Il Richiedente asilo è un cittadino straniero o apolide (privo di cittadinanza) che cerca protezione fuori
dal Paese di provenienza e, ha manifestato la propria volontà di chiedere asilo ed è in attesa di una
decisione definitiva delle autorità competenti su tale istanza.
5
Ai sensi dell’art. 3 (esame dei fatti e delle circostanze), co. 4 del D. Lgs.251/07 “Il fatto che il
richiedente abbia già subito persecuzioni o minacce dirette di persecuzioni costituisce un serio indizio
della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni
gravi, salvo che si individuino elementi o motivi per ritenere che le persecuzioni o i danni gravi non si
ripeteranno...”.
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La valutazione della fondatezza del timore non può essere compiuta senza
un’adeguata conoscenza delle condizioni generali del Paese di origine del richiedente
asilo.
È importante considerare anche la percezione soggettiva del timore e valutare la
situazione individuale del richiedente, quindi le concrete condizioni in cui si trova
(fisiche, psicologiche, economiche, sociali e culturali)
6
.
Nell’ordinamento italiano il concetto di persecuzione è analizzato dall’art.7 del
D.Lgs.251/07 (Atti di persecuzione). Gli atti di persecuzione devono essere
sufficientemente gravi, per la loro natura e frequenza, tali da violare i diritti
fondamentali dell’uomo. Il secondo comma dello stesso articolo esemplifica alcuni
rilevanti atti persecutori
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, un’elencazione che pecca di esaustività.
Si tratta di proteggere quei diritti fondamentali che non ammettono deroghe
come il diritto alla vita (art.2 CEDU)
8
, il diritto alla protezione dalla tortura e dai
trattamenti inumani o degradanti (art.3), il diritto alla protezione dalla riduzione in
schiavitù o servitù (art.4, par.1) ed il diritto alla legalità ed irretroattività delle
incriminazioni penali e delle pene (art.7). La violazione del diritto alla libertà di
pensiero, di coscienza e di religione (art.9 CEDU) può costituire una forma di
persecuzione. Anche le ingerenze particolarmente intense della vita privata e familiare
(protetta dall’art.8 CEDU) potrebbero, in determinate condizioni, essere considerate
persecutorie.
6
Ai sensi dell’art. 3 (esame dei fatti e delle circostanze), co. 3 lett.. c) D. Lgs. 251/07 “...della situazione
individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare la condizione sociale, il sesso e
l’età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o
potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave”.
7
Ai sensi dell’art. 7 (atti persecutori), co. 2 del D. Lgs. 251/07 “Gli atti di persecuzione di cui al comma
1 possono, tra l’altro, assumere la forma di:
a) atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale;
b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura
o attuati in modo discriminatorio;
c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;
d) rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;
e) azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un
conflitto, quando questo potrebbe comportare la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nelle
clausole di esclusione di cui all’articolo 10, comma 2;
f ) atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia.
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Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
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Sono atti persecutori anche quelle azioni che isolatamente non sarebbero
sufficientemente gravi da configurare una persecuzione ma, valutati nel complesso,
causano gravi danni alla persona.
1.2 Il responsabile degli atti persecutori e i motivi di persecuzione
Per il riconoscimento dello status di rifugiato, le persecuzioni attuali o temute
sono quelle innanzitutto riferibili direttamente allo Stato di origine del richiedente.
Gli atti persecutori sono direttamente imputabili alla Stato quando sono
commessi dai suoi organi ufficiali o da soggetti che sono investiti da funzioni pubbliche
secondo il diritto interno dello Stato stesso.
Anche l’atto compiuto da privati può essere direttamente riferibile ad uno Stato
quando i persecutori agiscono sotto la direzione, l’istruzione o il controllo di organi
statali.
Lo status di rifugiato può essere riconosciuto anche quando lo Stato di origine
del richiedente non offre le necessarie tutele per contrastare le persecuzioni attuate da
agenti terzi ed estranei alle organizzazioni statali. È possibile dimostrare l’incapacità o
l’impossibilità di avvalersi della protezione del proprio Stato quando il suo ordinamento
interno non prevede sistemi di tutela adeguati.
9
Per il riconoscimento dello status di rifugiato il solo timore non è sufficiente e ad
esso deve essere associato uno dei motivi previsti dall’ art.1-A n.2 della Convenzione di
Ginevra, secondo cui la persona “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi
di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le
sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole,
a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non
avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a
seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
Il contenuto di tali motivi è definito dall’art.8, co.1 del D.Lgs.251/07 “Al fine
del riconoscimento dello status di rifugiato, gli atti di persecuzione di cui all'articolo 7
devono essere riconducibili ai motivi, di seguito definiti:
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Si vedano gli artt.5 e 6 del D.Lgs.251/07, rispettivamente sugli agenti di persecuzione ed i soggetti che
offrono protezione dalla persecuzione stessa.
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a) "razza": si riferisce, in particolare, a considerazioni inerenti al colore della pelle,
alla discendenza o all'appartenenza ad un determinato gruppo etnico;
b) "religione": include, in particolare, le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la
partecipazione a, o l'astensione da, riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia
singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonché le forme
di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso
prescritte;
c) "nazionalità": non si riferisce esclusivamente alla cittadinanza, o all'assenza di
cittadinanza, ma designa, in particolare, l'appartenenza ad un gruppo caratterizzato da
un'identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la
sua affinità con la popolazione di un altro Stato;
d) "particolare gruppo sociale": è quello costituito da membri che condividono una
caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata oppure
condividono una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l'identità o la
coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi, ovvero quello
che possiede un'identità distinta nel Paese di origine, perché vi è percepito come
diverso dalla società circostante. In funzione della situazione nel Paese d'origine, un
particolare gruppo sociale può essere individuato in base alla caratteristica comune
dell'orientamento sessuale, fermo restando che tale orientamento non includa atti
penalmente rilevanti ai sensi della legislazione italiana;
e) "opinione politica": si riferisce, in particolare, alla professione di un'opinione, un
pensiero o una convinzione su una questione inerente ai potenziali persecutori di cui
all'articolo 5 e alle loro politiche o ai loro metodi, indipendentemente dal fatto che il
richiedente abbia tradotto tale opinione, pensiero o convinzione in atti concreti”.
1.3 I rifugiati “sur place”
Può accadere che le ragioni per temere una persecuzione emergano quando
l’interessato si trova già all’estero, è in questo caso che si parla di rifugiato “sur place”.
Tale situazione può verificarsi quando, durante la permanenza all’estero
dell’interessato, vi sia nel Paese di origine un radicale cambiamento di regime politico o