2
Tell alla ricerca di nuovi pascoli. Gli abitanti delle città marittime
erano abituati, da tempo, a giovarsi del fenomeno, per mezzo del quale
ottenevano prodotti come lana e formaggi, ma forse anche
manodopera a buon mercato per le attività agricole. La migrazione era
di breve durata, poiché, passati pochi mesi, essi tornavano nelle loro
sedi meridionali, ripercorrendo a ritroso il medesimo tragitto che
avevano seguito in precedenza
4
. Mi sono soffermato su questo punto
perché, in età romana, l’esercito giocò un ruolo fondamentale nello
smistare e filtrare questo annuale flusso e riflusso di persone: ufficiali
e soldati si occupavano del controllo delle merci, mediavano i
contrasti intertribali e, nello stesso tempo, dovevano difendere il
confine da quelle stesse tribù, qualora esse fossero entrate in guerra
contro Roma
5
. Una simile situazione non si riscontrò in nessuna delle
altre frontiere dell’impero, dove il contatto con i barbari avvenne in
misura molto minore o con modalità differenti, e mi sembrava il
contesto più adatto per analizzare la vita del soldato in tutti i suoi
molteplici aspetti. Per quanto riguarda la Cirenaica e l’Egitto, anche
qui possiamo trovare tracce di vie di transumanza. Nella prima,
tuttavia, sembra non esistesse un vero e proprio limes, e sono state
rinvenute soltanto piccole installazioni frontaliere, dal momento che
non erano presenti delle serie minacce per la sicurezza della regione
6
.
In Egitto, invece, sono state scoperte, nel deserto orientale, importanti
fortezze, come quella del Mons Claudianus
7
. È certo, comunque, che
la natura “fluviale” dell’ambiente egiziano costringesse le truppe
romane di stanza qui a concentrarsi principalmente lungo la fascia
nilotica
8
. Cirenaica ed Egitto, inoltre, facevano parte della sfera
culturale greco-ellenistica e presentavano, quindi, sostanziali
differenze rispetto alla fascia costiera nordoccidentale, caratterizzata,
invece, dalla cultura fenicio-punica. Per tutte queste ragioni, ho
pensato di escludere dalla mia analisi tali province. Il termine
4
DANIELS, 1987, p. 260.
5
TROUSSET, 1985, p. 202; LEWIN, 1988, p. 208.
6
DANIELS, 1987, p. 256.
7
DANIELS, 1987, pp. 252-253.
8
LE BOHEC, 1989b, pp. 230-231.
3
“esempio africano” presente nel titolo della mia tesi, va, inoltre, inteso
estensivamente. Le particolari caratteristiche della frontiera numidico-
africana, il cui sistema difensivo era strettamente connesso a quello
della Caesariensis, mi hanno, infatti, spinto ad includere nel mio
lavoro anche questa provincia e, di conseguenza, pure la vicina
Tingitana.
Riporto ora, a proposito dei territori sopracitati, una breve sintesi di
carattere storico-amministrativo. La provincia dell’Africa
proconsolare venne istituita dopo la III guerra punica, che vide la
sconfitta e la distruzione di Cartagine nel 146 a.C. ad opera di
Scipione Emiliano. Il confine con il vicino regno di Numidia era
determinato dalla fossa regia: un’opera, scavata per merito dello
stesso Scipione, che servì a separare le due regioni anche quando, in
epoca successiva, il territorio numidico fu annesso dai Romani. La
capitale venne collocata ad Utica, dove risiedeva un proconsole o un
propretore, in qualità di governatore, coadiuvato da un questore per
l’amministrazione e l’esazione tributaria. La provincia era divisa in tre
circoscrizioni i cui capoluoghi erano Utica, Hadrumentum e Thapsus.
Qui, annualmente, il governatore provinciale dava udienza agli
ambasciatori delle comunità dei dintorni e si occupava, in qualità di
giudice, di dirimere i contrasti tra gli abitanti; spesso, però, egli
affidava tale compito ad un legato di sua fiducia. Per quanto riguarda
la condizione giuridica delle città africane, tutte quelle che erano
rimaste fedeli fino alla fine a Cartagine subirono delle decurtazioni
territoriali o, addirittura, persero la qualifica di civitas e scomparvero.
Molte altre, invece, come le già citate Utica, Hadrumentum e Thapsus,
in considerazione della loro alleanza con Roma durante il conflitto,
vennero esentate da ogni tributo e conservarono la propria sovranità
divenendo civitates liberae
9
.
Dopo la guerra contro Giugurta, la provincia d’Africa non subì alcun
ampliamento territoriale a scapito della Numidia, la quale rimase
autonoma sotto la guida di Gauda, un fratello del re precedente.
9
LUZZATTO- MANSUELLI, 1985, pp. 87-90
4
L’ultimo sovrano del regno fu Giuba I che, parteggiando per il partito
pompeiano anche dopo Farsalo, fu travolto nella sconfitta di Tapso nel
46 a.C. In seguito a tali avvenimenti, la parte sudorientale della
Numidia fu annessa da Roma col nome di Africa Nova e così, per
contrapposizione, la provincia dell’Africa proconsolare assunse il
nome di Africa Vetus. La Mauretania, per riconoscenza verso il suo re
Bocco che aveva prestato un valido aiuto a Cesare contro i pompeiani,
ricevette la parte più occidentale del territorio numidico; mentre, i
dintorni della città di Cirta andarono all’avventuriero campano P.
Sittio, il quale, con il proprio esercito privato, aveva dato un
contributo decisivo alla vittoria. Per un breve periodo, l’Africa Vetus
fu retta da un proprio governatore con sede a Zama, o meno
probabilmente a Thugga, ma, già con Augusto, le due province
vennero riunite. Le guerre civili, che sconvolsero il mondo romano dal
43 al 31a.C., videro coinvolta soltanto marginalmente la regione e non
ne modificarono l’assetto territoriale; se non che, con l’uccisione di
Sittio, avvenuta poco dopo quella di Cesare, la zona di Cirta venne
anch’essa annessa e aggregata al territorio della Nova. Dopo il 17 a.C.
l’Africa divenne un’unica provincia di tipo senatorio, retta da un
proconsole coadiuvato da un questore e tre legati. Per garantirne la
sicurezza, furono stanziate un paio di legioni che si ridurranno ad una
(la III Augusta) all’epoca di Tiberio; e, cosa molto singolare, il
proconsole e non un legato propretore ne deteneva il comando. La
capitale dell’intera provincia fu spostata a Cartagine, da poco
rifondata per merito di Augusto: qui, si trovava il governatore con un
piccolo distaccamento di legionari che doveva garantire l’ordine nella
già pacificata regione della Vetus. Il grosso dell’esercito si trovava in
Numidia e, data la lontananza del proconsole dagli accampamenti che
complicava non poco la catena di comando, sotto Caligola la legio III
Augusta venne affidata ad un legato propretore. In questo modo,
furono gettate le basi per una nuova separazione dell’Africa: all’epoca
dell’imperatore Settimio Severo verrà creata, infatti, la provincia di
5
Numidia, di rango imperiale, il cui governatore era lo stesso
comandante della legio III Augusta
10
.
Con la riforma dioclezianea l’Africa proconsolare fu suddivisa in tre
circoscrizioni: Zeugitana o proconsularis, governata da un proconsul
residente a Cartagine; Byzacena, con centro in Hadrumentum/ Sousse
e Tripolitania con capoluogo Leptis Magna. La Numidia diede luogo
alla Numidia Cirtensis, dal capoluogo Cirta, detto poi Costantina, e
alla Numidia Militiana, posta più all’interno, che vennero in seguito
riunificate sotto Costantino
11
. Il rapporto con le popolazioni di origine
punica fu molto fecondo: i Romani, già in età repubblicana, poterono
attuare, senza un’apprezzabile resistenza, una vasta opera di
colonizzazione; fenomeno, che divenne più intenso con Cesare e
Augusto dove si arrivò addirittura a rifondare l’antica nemica
Cartagine. La creazione di numerosi centri cittadini, sia pure a
strutture e con caratteri diversi, ebbe importanti ripercussioni sul
regime del suolo: in Africa troviamo vaste tracce di centuriazione,
anche se è necessario distinguere fra le assegnazioni coloniarie e
viritane e i rilevamenti catastali attuati negli anni 29 e 30 d.C. ai lati
del Chott Djerid ed eseguiti dalla legio III Augusta. Tale
centuriazione, portata a termine probabilmente per ragioni fiscali, non
rappresenta, infatti, una prova della messa a cultura di questi terreni
12
.
All’infuori delle città, rimasero vaste porzioni di ager publicus, dove
andava formandosi il latifondo, nelle mani di pochissimi proprietari,
per lo più italici. L’imponenza del fenomeno è testimoniata da
Plinio
13
, il quale riferisce dell’uccisione da parte di Nerone di sei
grandi proprietari, padroni di quasi metà del territorio africano. La
morte di questi latifondisti e la successiva confisca dei beni
appartenuti loro, accentuarono la sostituzione del latifondo privato con
il saltus imperiale, amministrato da procuratori ad hoc
14
. Il rapporto
con le popolazioni berbere fu, spesso, difficile: i Romani, con il
10
LE BOHEC, 1989 b, p. 232; LUZZATTO- MANSUELLI, 1985, pp. 206-209.
11
VISMARA, 1989, p. 84
12
KOLENDO, 1991, pp. 15-16.
13
Cfr. Plin., Nat. Hist., XVIII, 7, 35.
14
LUZZATTO-MANSUELLI, 1985, pp. 387-390
6
tempo, si espansero sempre più all’interno ed entrarono quindi in
conflitto con le popolazioni nomadi che non accettavano di veder
occupati territori di loro appartenenza
15
. Indicativa, in questo senso è
la richiesta che il ribelle Tacfarinas fece pervenire all’imperatore
Tiberio e che destò meraviglia e indignazione nella corte: la
concessione, cioè, di terre per i propri uomini
16
. Sull’intensità e la
consistenza di questa opposizione alla romanizzazione esistono
diverse opinioni tra gli studiosi. Secondo quanto alcuni hanno
affermato, ritengo che nonostante vi fossero tensioni tra Romani e
nativi, l’esercito di stanza nella regione seppe far fronte egregiamente
ad ogni pericolo
17
. Per quanto riguarda la Mauretania, i primi contatti
con Roma risalgono alla guerra giugurtina in cui essa fu prima
avversaria, poi alleata dei Romani. Negli anni del conflitto tra Cesare
e Pompeo, la regione si trovava divisa in due parti: ad oriente si
trovava il regno di Bocco, ad occidente quello di Bogud. Dopo la fine
della guerra civile, il primo ottenne, come abbiamo già visto, la
Numidia occidentale ad esclusione del territorio che toccò a Sittio.
Bocco divenne, infine, l’unico sovrano di Mauretania, dopo essersi
schierato dalla parte di Ottaviano nello scontro che lo vide opposto ad
Antonio. Il re Bogud fu costretto alla fuga e la città di Tingi, che si
trovava sotto l’autorità di quest’ultimo, giocò un ruolo fondamentale
nella sua cacciata, ribellandosi a lui e sconfiggendolo ripetutamente.
In considerazione di ciò, il governo di Roma ne riconobbe
l’autonomia e concesse ai suoi abitanti la cittadinanza romana. Nel 33
a.C. Bocco morì lasciando in eredità il suo regno al popolo romano;
tuttavia, la Mauretania non venne annessa ma, dopo un periodo di otto
anni, venne concessa a Giuba II di Numidia. In questo intervallo,
Ottaviano fondò tutta una serie di colonie di veterani, le più sul mare:
Cartennae, Gunugu, Rusguniae, Rusazus, Saldae, Igilgili, forse Zilis;
nell’interno: Tupusuctu, Aquae, Zucchabar, Babba, Banasa. Anche se
gli interventi augustei miravano a vincolare strettamente la politica del
15
DECRET-FANTAR, 1981, p. 322.
16
Cfr. Tac, Ann., III, 73.
17
LE BOHEC, 1985b, pp. 377-381.
7
monarca vassallo, la Mauretania rimase indipendente fino
all’assassinio del suo re Tolemeo, effettuato per ordine di Caligola nel
40 d.C. e fino alla redactio in formam provinciae compiuta da Claudio
nel 42 d.C. Quest’ultimo organizzò la regione in due province
procuratorie: la Mauretania Tingitana con capoluogo forse Volubilis,
e la Caesariensis, ad est con capoluogo Caesarea/Cherchel. Nelle
zone più impervie e montagnose rimasero taluni principati indigeni
che, di fatto, conservarono la propria indipendenza mentre la presenza
romana si concentrò sulla costa
18
. Il rapporto con le popolazioni locali
fu, soprattutto qui, abbastanza travagliato: le tribù rimaste autonome
fomentavano rivolte all’interno della provincia e compivano esse
stesse incursioni contro le città costiere e addirittura atti di pirateria,
ma, sulla base delle scarse forze impiegate nella difesa delle due
province e alla mancanza di legioni, verrebbe da pensare che la
situazione fosse considerata, tutto sommato, nella norma. È possibile,
però, che la politica espansionistica intrapresa da Settimio Severo
abbia ulteriormente rafforzato l’opposizione delle tribù indigene
mauretane
19
. Più difficile è dare una spiegazione ai periodici conflitti
che sconvolsero la Tingitana. Qui, i Romani si espansero meno che
nelle altre province
20
, limitandosi alla zona costiera con la sola
eccezione della regione di Volubilis, e installando numerosi veterani
nelle città
21
. Sotto Dioceziano la Caesariensis fu divisa in due parti: la
prima conservò il nome dell’antica provincia, la seconda venne
chiamata Sitifensis, dal capoluogo Sitif/Sitif. La Tingitana, invece, non
subì modifiche e venne riunita alla diocesi delle Spagne, mentre la
Caesariensis e la Sitifensis, con le rimanenti province africane,
costituirono la diocesi d’Africa
22
.
18
LUZZATTO-MANSUELLI, 1985, pp. 365-367.
19
BENSEDDIK, 1982, p. 163.
20
SIGMAN, 1977, pp. 438-439; FREZOULS, 1980, p. 94.
21
ROXAN, 1973, pp. 854-855; LASSÈRE, 1977, p. 275.
22
VISMARA, 1989, p. 84.
8
I. IL CONTESTO AMBIENTALE E I SUOI
PROTAGONISTI
1. Il limes nordafricano dal I al IV sec d.C.
1.1. Alcune considerazioni generali:
Non è possibile parlare della vita del soldato, senza fare riferimento
alla struttura del limes, dove l’esercito romano aveva il suo principale
teatro di operazioni. La mia, però, vuole essere solo una panoramica:
non mi soffermerò, quindi, troppo su questioni strategiche o tattiche,
né, almeno in questo capitolo, mi dilungherò eccessivamente
sull’evidenza archeologica. Preferisco, invece, fornire un quadro
generale dello sviluppo della frontiera nordafricana, mettendo in luce,
sia la sua evoluzione nel tempo, sia le diverse soluzioni che i romani
adottarono in base all’ambiente in cui si trovarono ad operare. Prima,
però, mi preme porre l’accento sul significato del termine limes che,
per la molteplicità delle sue interpretazioni, può dar adito facilmente
ad errori o a fraintendimenti. Questa parola, per noi moderni, è legata
indissolubilmente all’immagine di una difesa fortificata; ma, per i
Romani, questo fu, più che altro, un significato accessorio. Alla base
del termine c’è, invece, il concetto di strada, spesso utilizzata come
linea di demarcazione, e grazie alla quale, le truppe romane dislocate
lungo la frontiera potevano intervenire con tempestività contro
possibili attacchi o irrompere in territorio ostile, impiegandola come
asse di penetrazione
23
. Tale significato rimase prevalente per tutto
l’alto impero, ed è interessante notare come il cambio della strategia
militare da parte di Adriano con la costruzione, tra l’altro, del famoso
Vallum, determinò, di conseguenza, il graduale affermarsi
23
FORNI, “limes” in «Diz. Epigr.», DE RUGGIERO, IV, 1, 1959, p. 1081.
9
dell’accezione ora prevalente di limes
24
. Riguardo alla situazione in
Africa settentrionale, i Romani si trovarono di fronte a condizioni
geografiche assai varie, dalle quali non si poteva prescindere al fine di
rendere efficace un sistema difensivo come quello che, poi, si sviluppò
tra il I e il IV secolo d.C. In Mauretania, per esempio, venne sfruttato,
almeno inizialmente, il rilievo dell’Atlante e del Rif; mentre, per
quanto riguarda l’ambito numidico-africano, la linea dei chotts, che
era il confine naturale della regione, venne raggiunta solo in età
traianea
25
. Ancora diverso, infine, era il caso della Tripolitania, il cui
territorio, in prevalenza desertico, consigliò una difesa puntuale
concentrata sulle oasi e, per questa ragione, il limes tripolitano viene
considerato comunemente come una “frontiera aperta”
26
.
Sull’esistenza, poi, di un “confine climatico” alcuni studiosi, tra i
quali Trousset, hanno compiuto interessanti ricerche al fine di
dimostrare una possibile relazione tra le isoiete di precipitazione e le
installazioni militari frontaliere. A tal proposito, si è evidenziata una
certa convergenza tra la frontiera mauretana di epoca severiana e il
limite della cultura cerealicola; mentre, in altri contesti, come in
quello numidico e tripolitano, non è stata identificata nessuna
particolare connessione
27
. L’espansione della romanizzazione verso
l’interno probabilmente modificò il delicato equilibrio che esisteva tra
comunità agricole e pastorali, fomentando rivolte e conflitti
28
. La
regione nordafricana era, infatti, interessata da secoli da un fenomeno
di migrazioni stagionali che coinvolgeva le popolazioni nomadi della
steppa presahariana, ai margini del mondo così detto civilizzato. Il
compito del soldato non si limitava, quindi, alla semplice difesa dei
confini, ma egli doveva occuparsi di filtrare questo flusso di persone e,
se necessario, respingere gli elementi indesiderati.
1.2. Il settore tripolitano
24
MILAN, 1993, pp. 164-165; LE BOHEC, 1989 b, p. 205.
25
CAGNAT, 1913, p. 681.
26
LUTTWAK, 1976, p. 107.
27
EUZENNAT, 1985, pp. 161-171; TROUSSET, 1986, pp. 75-84.
28
DECRET-FANTAR, 1981, pp. 165-169, 322.
10
La Tripolitania fu quasi sempre legata amministrativamente alla
provincia d’Africa; tuttavia, essa presenta condizioni climatiche e
ambientali del tutto peculiari che la differenziano dall’area del Tell.
Qui, infatti, le precipitazioni sono molto meno frequenti e, per questa
ragione, gli insediamenti umani erano concentrati soprattutto nella
zona del golfo della grande Sirte, dove le piogge raggiungevano una
quantità tale da permettere, quanto meno, l’olivicultura; mentre, il
territorio a ovest dell’odierna Mizda era, oggi come allora, del tutto
inabitabile. In questa ristretta fascia erano insediate da tempo
popolazioni di origine e di tradizione punica, dedite principalmente
all’agricoltura
29
.
Per quanto riguarda la difesa della Tripolitania in epoca alto imperiale,
sappiamo molto poco: Tacito ci parla di un presidio a Leptis durante la
guerra contro Tacfarinas
30
; ma, oltre a questo, non abbiamo altre
informazioni. Dobbiamo arrivare all’epoca di Adriano, per trovare
riferimenti al sistema difensivo della regione: analogamente, infatti,
alla datazione che il Baradez attribuisce al grande complesso
fortificato noto come Fossatum Africae, si propende per il periodo
adrianeo anche nei riguardi dei piccoli sbarramenti presenti nel limes
tripolitano
31
. Tale datazione è però molto contestata: mentre il Van
Berchem, per esempio, è più propenso a collocare l’intera opera
all’epoca di Gordiano III
32
; addirittura, Trousset attribuisce il tratto di
Tebaga alla seconda metà del IV secolo
33
. Il ritrovamento, nel
massiccio di Garian, dei resti di una linea fortificata con torri e porte
che richiamano quelle presenti nel forte numidico di Gemellae, di età
adrianea, sembra, però, un’ulteriore conferma della tesi del Baradez
34
.
Non si può escludere, tuttavia, che in epoca successiva a quella di
Adriano, vi siano state modifiche e integrazioni agli sbarramenti
presenti in Tripolitania, come, presumibilmente, anche alle altre
29
DI VITA, 1964, pp. 65-66.
30
Cfr. Tac., Ann., III, 75, 2.
31
FENTRESS, “limes, Africa” in «Diz. Epigr.», DE RUGGIERO, IV, 2, 1985, pp.
1376/25-27.
32
VAN BERCHEM, 1952, pp. 42-49.
33
TROUSSET, 1974, p. 141.
34
BROGAN, 1979-1980, p. 45-52.
11
installazioni del Fossatum. Se si accetta, dunque, questa datazione,
possiamo assegnare allo stesso periodo pure la fortezza di Remada e la
strada su cui è collocata, che collegava Leptis alla città di Tacape
35
. Il
valore difensivo delle linee fortificate tripolitane doveva essere
piuttosto modesto, vista anche la loro scarsa estensione, ed esse non
avrebbero potuto sicuramente far fronte ad attacchi veramente decisi
36
.
In età severiana, si ebbe un notevole avanzamento del limes, anche per
merito del legato Anicius Faustus, al quale si deve la fondazione delle
fortezze di Cidamae (Gadames), Gheriat el-Garbia e Gholaia (Bu
Ngem) senza contare i castella di Gheria esc-Scerghia e di Gasr
Zerzi
37
. A tal proposito, è opinione del Di Vita che queste
fortificazioni non rappresentassero sporadici centri avanzati; ma, in
realtà, costituissero una protezione diretta degli insediamenti romani
in una zona già largamente colonizzata
38
.
Sulla base di un passo dell’Historia Augusta
39
il Cagnat
40
attribuisce
ad Alessandro Severo l’introduzione di un nuovo sistema difensivo,
costituito dallo stanziamento di soldati contadini (limitanei) lungo il
confine. In passato questa tesi ha avuto illustri sostenitori, tra i quali,
oltre a Cagnat, bisogna citare il Baradez
41
, e, più recentemente, la
Rachet
42
. Ora, la quasi totalità degli studiosi la considera del tutto
superata
43
; mentre più credibile sembra l’ipotesi del Di Vita
44
che
ritiene che tali truppe di frontiera non fossero soldati-coloni romani in
servizio attivo, ma semplicemente degli indigeni, i quali, già
proprietari della terra nella quale vivevano, furono incoraggiati anche
a difenderla.
Pur accettando questa teoria, sicuramente si trovavano in Tripolitania
delle truppe regolari che rivestivano ancora un ruolo fondamentale nel
35
FENTRESS, “limes, Africa” in «Diz. Epigr.», DE RUGGIERO, IV, 2, 1985, p. 1376/26.
36
MATTINGLY, 1995, pp. 177-179.
37
FENTRESS, “limes, Africa” in «Diz. Epigr.», DE RUGGIERO, IV, 2, 1985, pp.
1376/26-28.
38
DI VITA, 1964, p. 88.
39
Hist. Aug.,de vita Alex. Sev., 58.
40
CAGNAT, 1913, p. 741.
41
BARADEZ, 1949a, pp. 156-157; BARADEZ, 1949b, p. 19.
42
RACHET, 1970, pp. 223-224.
43
VAN BERCHEM, 1952, p. 20; FEVRIER, 1990, pp. 165-167.
44
DI VITA, 1964, p. 85.
12
controllo della regione
45
. Lo scioglimento della legio III Augusta
attuato da Gordiano III comportò notevoli mutamenti nel sistema
difensivo tripolitano: di lì a poco, infatti, la fortezza di Cidamae venne
abbandonata; mentre, ancora per breve tempo, rimasero attivi i forti di
Gheriat el Garbia e di Bu Ngem.
All’epoca di Diocleziano, la Tripolitania divenne una provincia a sé
sotto l’autorità di un dux, al quale era affidato il comando delle forze
limitanee tripolitane. Riguardo la composizione di queste truppe,
sembra che esse fossero ancora prevalentemente di origine locale: lo
dimostrerebbe una costituzione di Onorio del 409 d.C
46
.
1.3. Il settore numidico-africano
L’Africa Proconsolare fu annessa a Roma, come abbiamo visto, sin
dal 146 a. C.; nonostante questo, per quasi tutta l’età repubblicana, i
Romani non si preoccuparono di estendere ulteriormente il loro
dominio. Le ragioni possono essere le più diverse, ma, forse, la più
seria è che dopo la sconfitta della grande nemica Cartagine mancò un
forte stimolo all’acquisto di nuovi territori. La provincia d’Africa,
inoltre, facendo parte della fertile regione del Tell, presentava
condizioni ideali per l’insediamento umano, mentre meno favorevole
era la situazione più all’interno. Ancora all’epoca dell’imperatore
Augusto, non era ancora stata organizzata una vera e propria linea
difensiva: la fossa regia, costruita da Scipione Emiliano, se ebbe mai
la funzione militare che gli attribuisce il Romanelli
47
, perdette ogni
utilità, dopo l’annessione della Numidia avvenuta nel 46 a. C. Le
Bohec
48
parla anche, in età augustea, di strutture militari installate
sulla dorsale tunisina
49
, che avevano come terminale la stessa
Cartagine. Non abbiamo prove concrete per avvalorarne la presenza,
45
MANN, 1974, p. 526.
46
Cfr. Cod. Theod., VII, 15, I; DANIELS, 1987, p. 293; MATTINGLY, 1995, pp.79-83.
24
ROMANELLI, 1959 p. 46; ROMANELLI, 1970, p. 30.
48
LE BOHEC, 1989 a, p. 340, p. 357.
49
Qui, ho menzionato la denominazione geografica che il Le Bohec utilizza, anche se il
Khanoussi (KHANOUSSI, 1991, p.320) ritiene più corretta l’indicazione di “sistema
difensivo dell’Alto Tell e della media vallata di Majerda”.
13
se non qualche iscrizione di soldati
50
e una citazione, poco
significativa a dir la verità, di Strabone
51
; per questa ragione, il
Khanoussi esprime forti perplessità sulla sua reale esistenza
52
.
Riguardo le truppe di stanza in Africa in quel periodo, Tacito ci parla
di due legioni
53
, anche se non è escluso che ve ne fosse un’altra
54
. Tra
queste c’era sicuramente la legio III Augusta; la quale, sotto il regno di
Tiberio, rimase l’unica forza legionaria presente nella regione. Essa
venne acquartierata, con ogni probabilità, nella città di Ammaedara
(Haïdra) insieme alla cohors XV e all’ala Pannoniorum, dopo la
costruzione di una strada che collegava la suddetta città con il centro
costiero di Tacape
55
. Sfruttando tale via di comunicazione, i Romani
penetrarono profondamente nel territorio dei Musulami, una
popolazione berbera della Numidia; e, secondo molti, questa fu una
delle cause principali della rivolta di Tacfarinas
56
. Per prevenire il
ripetersi di eventi del genere, l’esercito africano venne dislocato in
piccoli presidi sulla frontiera, pur mantenendo, come centro operativo,
l’accampamento di Ammaedara. L’espansione romana si sviluppò con
forza a partire dall’età flavia: tra il 70 e l’80 d.C. il quartier generale
dell’esercito venne portato più a ovest e precisamente a Theveste.
57
La
data esatta dello spostamento non è conosciuta: la prima testimonianza
sicura della nuova sede della legione risale all’83-84d.C.
58
, ma già tra
il 73-74 era stata costruita una strada che collegava Theveste con
Cartagine
59
, e nel 76 una seconda la mise in contatto con Hippo
Regius
60
.
50
C.I.L., VIII, 21047; C.I.L.,VIII, 9333=20970; C.I.L., VIII, 21538; A.E. 1920,19; I.L.
Alg., II, 4697; C.I.L., VIII, 25437; I.L. Tun., 1078; C.I.L., VIII, 12417; C.I.L.,VIII,
1642=15833; I.L. Tun., 1241.
51
Cfr. Strab, XVII, III, 13.
52
KHANOUSSI, 1991, pp. 319-328.
53
Cfr. Tac, Ann., IV,V, 4.
54
LE BOHEC, 1989b, p. 232.
55
LE BOHEC, 1989a, p. 340; BEN ABDALLAH, 1992, pp. 11-26.
56
BARADEZ, 1949a, p. 152; ALFÖLDY, 1965, p. 830; RACHET, 1970, p. 90;
BENABOU, 1975, p. 83; DECRET-FANTAR, 1981, p. 322; LASSÈRE, 1982, pp. 11-26.
57
DECRET-FANTAR, 1981, p. 171; FENTRESS, “limes, Africa” in «Diz. Epigr.», DE
RUGGIERO, 1985, IV, 2, p. 1376/23.
58
C.I.L., VIII, 27854.
59
C.I.L., VIII, 10165.
60
C.I.L., VIII, 10119.
14
Il regno di Domiziano non vide alcun ulteriore progresso della
penetrazione romana, ma si preferì consolidare le conquiste sin lì
ottenute. Sotto l’imperatore Traiano, invece, l’offensiva verso sud
riprese nuovamente: venne raggiunta la linea dei chotts e la zona
meridionale dell’Aures, portando l’occupazione imperiale ad
estendersi anche nel predeserto
61
. In questo periodo, la legio III
Augusta venne trasferita a Lambesi, mentre, la sua sede precedente,
Theveste, divenne una colonia di veterani.
Non si conosce con precisione la data di questo spostamento anche se
fu, probabilmente, contemporaneo alla deduzione della colonia di
Thamugadi che avvenne nel 100 d.C. Tra il 104 e il 105 d.C., venne
eretta la fortezza di Ad Maiores, e non si può escludere che Traiano
abbia fatto costruire anche altre installazioni fortificate attorno
all’Aures. A riguardo, comunque, mancano prove certe e si preferisce
attribuire la costruzione di tali strutture ai suoi successori
62
. Con
l’imperatore Adriano si ebbe un nuovo periodo di pausa nel quale,
secondo il Baradez
63
, venne attuata una vasta opera di fortificazione
dei confini. A sud delle montagne dell’Aures fino a quelle dell’Hodna
si possono osservare ancora, ad intervalli irregolari, i resti di una linea
difensiva costituita da una strada e un muro a secco, affiancato a tratti,
da una fossa e munito, talora, di torri e porte
64
. L’intero sistema, noto
come Fossatum Africae, si presenta diviso in tre grandi settori
65
, di cui
solo due fanno parte del limes numidico: quello di Gemellae e quello
di Mesarfelta. Al problema della sua datazione, ho già, in precedenza,
accennato a proposito degli sbarramenti tripolitani. Il Baradez, come
dicevo, attribuisce l’intera linea fortificata all’epoca di Adriano e, in
un articolo successivo
66
, avvalora questa tesi ponendo a confronto le
porte e le torri presenti nel tratto di fortificazione a sud di castra
61
ROMANELLI, 1970, p. 32.
62
FENTRESS, “limes, Africa” in «Diz. Epigr.», DE RUGGIERO, 1985, IV, 2, p. 1376/24.
63
BARADEZ, 1949a, p. 155.
64
FENTRESS, “limes, Africa” in «Diz. Epigr.», DE RUGGIERO, 1985, IV, 2 pp. 1376/26-
27.
65
Il quarto settore del Fossatum, identificato per la prima volta dal Baradez (BARADEZ,
1949a, pp. 109-111) ad est di Ad Maiores e che si ritrova ancora nell’opera della Fentress
(FENTRESS, 1979, pp. 82, 120) è in realtà una strada (TROUSSET, 1980a, pp. 135-154).
66
BARADEZ, 1967, pp. 200-210.
15
Gemellae con quelle di due opere di età adrianea, come i castra stesso
e il Vallum britannico. D’altra parte, però, mi sembra un po’ eccessivo
sostenere, come fa Elizabeth Fentress, che il concetto di una linea
fortificata di frontiera appartenga al solo Adriano
67
. Sulla reale
funzione alla quale era adibita quest’opera appare ormai chiaro che
essa non doveva rappresentare un’ermetica chiusura dei confini; ma
semplicemente doveva servire ad incanalare e a controllare le tribù
transumanti e il flusso commerciale. La prova di ciò sta nel fatto che, a
differenza del Vallum, questa non era una barriera continua; inoltre
disponeva di numerosi accessi e non di pochi e controllatissimi
attraversamenti come il suo analogo britannico
68
. Sono probabilmente
attribuibili ad Adriano anche alcune importanti fortezze come
Thabudeos, Ad Piscinam, Mesarfelta e Thubunae, la cui datazione è
strettamente legata a quella del Fossatum, con il quale contribuivano
alla difesa della parte numidica del limes. Il forte di Gemellae è, come
già accennavo, sicuramente di età adrianea: una iscrizione data, infatti,
la sua prima guarnigione, una coorte equitata, al 125-6 d.C
69
.
I successori di Adriano rafforzarono e completarono il sistema
difensivo che avevano ereditato senza modificarne, in pratica, né la
natura, né la filosofia. Solo con Settimio Severo abbiamo un radicale
mutamento della strategia difensiva, che comportò una ripresa
dell’offensiva romana e un nuovo spostamento a sud delle frontiere.
Per quanto riguarda la Numidia, già sotto Commodo erano stati
costruiti tutta una serie di piccoli avamposti di frontiera (burgi), anche
se questi ultimi si trovavano ancora lungo il limes adrianeo; mentre
Settimio Severo li installò in zone ancora selvagge con il duplice
compito di controllo avanzato delle vie carovaniere e delle
popolazioni ivi stanziate
70
.
67
FENTRESS, 1979, p. 98.
68
VAN BERCHEM, 1952, p.44; FENTRESS, 1979, p. 112; DANIELS, 1987, p. 273.
69
A. E., 1950, 58.
70
FENTRESS, “limes, Africa” in «Diz. Epigr.», DE RUGGIERO, 1985, IV, 2, pp.1376/26-
28.