Introduzione
La rivoluzione digitale ha rinnovato la comunicazione stimolando la società con nuovi
strumenti che hanno trasformato profondamente le strutture spazio-temporali e modificato le
relazioni interpersonali. La comunicazione di massa, e la società che aveva generato, è stata
surclassata da una comunicazione dove le parole chiavi sono interazione e istantaneità. Una delle
principali caratteristiche dell'era digitale è infatti la possibilità di interagire in tempo reale e in
modo tempestivo.
Come per ogni cambiamento però, anche intorno alla rivoluzione digitale si sono generate
diverse fazioni rinnovando la dicotomia “apocalittici e integrati” proposta nel 1964 da Umberto
Eco
1
. Come nel 1964, anche nell'universo 2.0, gli Apocalittici sono coloro che considerano la
cultura come “la gelosa coltivazione, assidua e solitaria, di una interiorità che si affina e si
oppone alla volgarità della folla” e vedono la cultura digitale come una cultura “condivisa da
tutti, prodotta in modo che si adatti a tutti, e elaborata sulla misura di tutti, …un mostruoso
controsenso” non “una aberrazione transitoria e limitata”, ma bensì una “caduta irrecuperabile”
2
.
Dall'altra parte gli integrati, gli attuali tecno-ottimisti o tecno-entusiasti che vedono
positivamente l'“allargamento dell'area culturale in cui finalmente si attua ad ampio livello, col
concorso dei migliori, la circolazione di un'arte e una cultura “popolare”
3
. Tra i più popolari
sostenitori della Rete vi sono Doc Searls e David Weinberger, autori delle tesi del Clutrain
Manifesto
4
e dei suoi ultimi e più maturi aggiornamenti. Nel 1999 Rick Levine, Christopher
Locke, Doc Searls e David Weinberger pubblicarono la prima edizione del Cluetrain con 95 tesi
su Internet e il ruolo che avrebbe avuto nel cambiamento della società stabilendo le basi del Web
attuale. A gennaio 2015 Doc Searls e David Weinberger hanno pubblicato 26 New Clues nelle
quali vengono evidenziati i cambiamenti di Internet degli ultimi sedici anni e i rischi legati al suo
sviluppo. Un aggiornamento critico che ha dato forma ad un documento più credibile rispetto al
primo proposto e fondamentale per comprendere il Web attuale nei suoi più diversi aspetti.
Senza prendere una posizione rispetto al dibattito sulla bontà del Web è comunque
importante evidenziare come Internet è ormai vitale per le imprese e quanto sia potenzialmente
utile per le organizzazioni del settore non profit. Il Web non rappresenta solo informazione
condivisa, ma può essere la piattaforma per la gestione della socializzazione e per facilitare un
1 Eco Umberto, Apocalittici e integrati: comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Milano,
Bompiani, 1964
2 Eco Umberto, Apocalittici e integrati: comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Milano,
Bompiani, 1964
3 Eco Umberto, Apocalittici e integrati: comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Milano,
Bompiani, 1964
4 http://cluetrain.com/
7
messaggio sempre più incisivo e partecipato che nel non profit diventa difficoltoso, soprattutto
per le organizzazioni più piccole. La Rete quindi come opportunità per aumentare la propria
visibilità nonostante i budget limitati che caratterizzano molte realtà del Terzo Settore. Questo
non significa esimersi dalla progettazione di strategie di comunicazione ad hoc o di abbandonare
tutti gli strumenti della comunicazione più classica, bensì di utilizzare i nuovi strumenti offerti
dalla rivoluzione digitale riconoscendone le potenzialità e la creatività che ne possono scaturire.
Tra i vari concetti che la rivoluzione digitale ha modificato c'è anche quello di
consumatore. L'interattività offerta dalla Rete ha infatti modificato l'atteggiamento del
consumatore, inizialmente semplice target in attesa di essere colpito dal messaggio pubblicitario,
dalla promozione o dal discorso di marca che lo investiva passivamente. Lo sviluppo del Web ha
dato a questo soggetto, il prosumer, più competenza, maggiore potere di partecipazione e di
decisione. Da comparsa nel processo di consumo, il consumatore diventa consum-attore.
Il ruolo attivo nelle logiche d'acquisto del nuovo prosumer ha dato a sua volta il via ad
un'evoluzione del brand. La marca, abbandonata la sua dualità con il prodotto, ha trovato un
ruolo da protagonista in un nuovo percorso fatto di emozioni. Si tratta delle Lovemarks
5
, i brand
che sanno trascendere da loro stessi e le cui performance superano le aspettative. Le Lovemarks
hanno la capacità di raggiungere, oltre la mente, anche il cuore creando una connessione intima
ed emotiva e facendo dell'identificazione con il marchio un problema identitario
6
.
Se da una parte però le imprese del profit hanno capito quanto il brand rappresenti un prezioso
capitale da custodire con cura e capitalizzare, dall'altra parte la maggior parte delle
organizzazioni non profit devono ancora comprenderne le potenzialità come devono ancora
superare i timori verso la comunicazione d'impresa. Questo ciò nonostante i molteplici casi di
successo di organizzazioni come per esempio WWF, ActionAid, AVSI o quelle organizzazioni
sanitarie come il Medici con l'Africa CUAMM, Emergency e Medici Senza Frontiere senza le
quali la maggior parte delle emergenze umanitarie avrebbero difficilmente voce.
In questo contesto il Web diventa un importante veicolo nella trasmissione di contenuti. Il Web
2.0, a differenza del suo predecessore 1.0, deve infatti il suo successo al superamento della mera
trasmissione di dati a beneficio della diffusione di contenuti complessi e interattivi. Gli stessi
contenuti diventano inoltre l'unico modo di orientarsi nella vastità di messaggi, di segni, di
simboli, di codici e di testi che saturano il Web e causano un'approssimazione della
comunicazione verso il basso. L'eccesso di comunicazione può infatti comportare il rischio di
confondersi nel mare magnum di fonti e contenuti riversati in Rete con la sempre maggiore
5 Roberts Kevin, Lovemarks: The Future Beyond Brands, s.l., s.e., 2005
6 http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizie_rp/corporate/lovemarks-passione-e-rispetto/notizia_rp/42498/3
8
difficoltà di riconoscerne la veridicità. Ecco dunque che diventa necessario riflettere sulla qualità
della comunicazione e degli attori comunicativi.
Uno dei principali termini di giudizio sulla qualità delle informazioni e dei contenuti
pubblicati nel Web è per la maggior parte degli utenti della Rete quello che nella realtà off line
può essere identificato come “passaparola”. È quello che viene detto o consigliato dalla propria
cerchia di conoscenti, o da persone in qualche modo di rilievo, che viene reputato di maggiore
credibilità e di conseguenza ha maggiore tendenza e seguito. In quest'ottica le imprese e le
organizzazioni possono attivare delle strategie di comunicazione di marketing facendo leva sugli
influencer. Il termine influencer non corrisponde ad una figura univoca ma piuttosto ad una serie
di persone che, aldilà del Web, sono capaci con modi e per motivi differenti, di influenzare i
pensieri e le decisioni degli altri. Nel Web questo si traduce in commenti, articoli e opinioni
espresse attraverso le piattaforme sociali e non solo. L'influencer non è quindi uno e unico ma
esistono diverse “specie” di influencer. Il più conosciuto è probabilmente il testimonial, molto
utilizzato prima di tutto nelle campagne off line. Si tratta principalmente di celebrità che fanno
della loro immagine la leva del successo. Vi è poi l'endorser, una persona di grande conoscenza
che consiglia un prodotto/brand con competenza, perché esperto nel campo. Simile all'endorser
vi sono gli evangelist, persone che nutrono una grande stima per un prodotto/servizio e decidono
di promuoverlo spontaneamente. Tutte queste persone hanno tra loro in comune la credibilità che
a sua volta condiziona l'influenza, concetto determinante per essere un influencer appunto.
L'influencer che però può rivelarsi davvero utile per imprese e organizzazioni, ma
soprattutto per chi ne segue le attività, è il brand ambassador. Si tratta di una nuova figura
fondamentale da una parte nella diffusione della conoscenza di un'impresa, di un'organizzazione,
di un brand o di un prodotto e dall'altra nella promozione di cultura in quanto esperto. Non
semplice testimonial ma persona capace di costruire credibilità e stimolare la formazione
personale attraverso argomentazioni di spessore supportate da una provata professionalità e
conoscenza. I principali fattori che fanno di un influencer un brand ambassador sono quindi la
profonda conoscenza e la passione, espressa da un'indubbia professionalità, del mondo in cui un
prodotto o un servizio si inseriscono. Esempi, di come gli influencer possono inserirsi nelle
strategia di comunicazione di un'impresa o di un'organizzazione non profit, sono le esperienze di
Manfrotto, leader mondiale nella produzione di supporti professionali per i mercati della
fotografia, del video e dell'intrattenimento, e Medici con l'Africa CUAMM, ONG sanitaria
italiana impegnata nella promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane. Due
vissuti diversi ma che confermano le potenzialità degli influencer e dei brand ambassador in
particolare.
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1 La comunicazione ai tempi dei social networks
1.1 La rivoluzione digitale
La comunicazione non determina soltanto modelli di relazioni sociali in determinati
momenti storici ma anche le piattaforme espressive che a tali relazioni danno forma e luogo. A
questo proposito è possibile individuare tre piattaforme espressive
7
: la metropoli, la stampa di
massa e lo schermo. Nella metropoli si è sviluppata la società industriale e conseguentemente il
linguaggio pubblicitario nonché la più moderna definizione di commercio. La stampa di massa
ha invece permesso la circolazione di idee in uno spazio molto più esteso rispetto al passato. Lo
schermo, infine, è riuscito ad entrare in luoghi e spazi che nessun media aveva occupato prima.
L'avvento di Internet ha registrato però quello che Aldo Grasso indica come “il divorzio fra
televisione e televisore”
8
, cioè tra il medium e il suo supporto tecnologico tradizionale. Con
Internet prima, e i social network poi, lo schermo, nelle sue più diverse declinazioni, è diventato
il cardine di un nuovo sistema dove Internet rappresenta il cuore pulsante di un nuovo sistema
nel quale la knowledge society è interlocutore indiscusso nel dibattito della network economy o
new economy. Internet ha cambiato il rapporto tra tecnologie della comunicazione e conoscenza
riconfigurando gli ambiti del sapere e le modalità di acquisizione grazie ad una rete globale dove
le barriere spazio-tempo sono state annullate. Il testo, la grafica, la pittura, la musica, il cinema,
la televisione: tutte queste forme di trasmissione della cultura sono state riversate nel grande
universo digitale dando forma alla convergenza digitale fino ad arrivare a concetti di
crossmedialità e di transmedialità.
Per comprendere il concetto di convergenza mediale si può partire da due frasi: la prima
“the unit is the network”
9
di Castells e la seconda “the medium is the message”
10
slogan proposto
da McLuhan. La prima frase richiama il fatto che l'unità del mondo delle comunicazioni è la Rete
mentre la seconda frase evidenzia il fatto che non esiste un medium specifico capace di
fagocitare gli altri ma vi è bensì qualcosa di immateriale e astratto. È proprio questo qualcosa che
trova definizione nella convergenza digitale, un concetto che delinea le dinamiche di relazione
ecologica uomo-ambiente nella “complessa matrice d'interazione”
11
tra utente e Rete. La
convergenza permette a contenuti di diversa natura di convergere, appunto, in un unico spazio,
7 Ciambriello Samuele, Infante Michele, Dentro la comunicazione. Concetti, modelli, persone, Napoli, 2012,
Alfredo Guida Editore
8 Grasso Aldo, Prima lezione sulla televisione, Bari, Editore La Terza, 2012
9 Castells Manuel, Cardoso Gustavo, The Network Society: From Knowledge to Policy, Washington DC, Johns
Hopkins Center for Transatlantic Relations, 2005
10 McLuhan Marshall, Understanding Media: The Extensions of Man, Canada, McGraw-Hill, 1964
11 Green J.O., The New Age of Communications, New York, Scientific American Focus Book, 1997
11
quello digitale, e dare vita al fenomeno definito da Roger Filder di mediamorfosi
12
. I vecchi
media, Internet compreso, si trasformano a seconda dei nuovi bisogni percepiti, si adattano ai
nuovi codici e a nuovi linguaggi. È grazie alla convergenza che settori prima distinti si trovano
ora vicini l'uno con l'altro dando vita a formati innovativi e a nuovi stili espressivi. È però con la
transmedialità, postulata da Henry Jenkins
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, che Internet assume le caratteristiche proprie della
network society. La transmedialità è infatti una condizione orizzontale che implica, rispetto alla
convergenza, un dialogo tra media diversi. La partecipazione e il coinvolgimento del lettore-
fruitore del messaggio mediale è altamente influente sul risultato finale. È questo soggetto,
infatti, a decidere come fruire dei messaggi nello spazio-tempo a sua disposizione. Molto
dipende dalle sue abitudini e anche dai device (e quindi dalla tecnologia) che questi possiede o
ha a disposizione. Tutto ciò diventa ancora più evidente nella teoria dell'Internet of Things
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che
Eric Schmidt, il massimo dirigente di Google, richiama con una provocazione dialettica durante
il WEF - World Economic Forum di Davos del 2015 quando ha affermato che Internet è destinato
a sparire. Questo perché Internet arriverà a coinvolgere tutti gli ambiti della nostra vita in
maniera tanto importante che non sarà più possibile distinguere la sua galassia di appartenenza
dalla vita “normale”.
There will be so many sensors, so many devices, that you won't even sense it, it will be all
around you. [...] It will be part of your presence all the time. Imagine you walk into a room
and you are interacting with all the things going on in that room. [...] A highly personalised,
highly interactive and very interesting world emerges. […].
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In altre parole a scomparire sarà l'Internet quale approdo esterno al nostro modo di vivere, da
utilizzare per il lavoro o per mantenere relazioni sociali. Con le sue considerazioni Schmidt fa
riferimento proprio al sopracitato Internet of Things: Internet sarà in tutti gli oggetti che
utilizzeremo, le case conterranno dispositivi connessi tra di loro e collegati in Rete per poter
facilitare le nostre vite. Il concetto di convergenza mediale non è però sufficiente a spiegare
l'Internet delle cose. Bisogna infatti valutare anche il cambiamento portato dal social Web molto
12 Fidler Roger, Andò Romana e Alberto Marinelli (a cura di), Mediamorfosi. Comprendere i nuovi media, Milano,
Guerini e Associati, 2000
13 Jenkins Henry, Convergence culture: where old and new media collide, New York, New York University Press,
2006
14 Internet of Things è un neologismo riferito all'estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti.
Il suo primo utilizzo ebbe luogo probabilmente nel 1999 presso l'Auto-ID Center, un consorzio di ricerca con
sede al MIT. Il concetto fu in seguito sviluppato dall'agenzia di ricerca Gartner.
15 http://economictimes.indiatimes.com/magazines/panache/wef-2015-internet-will-disappear-google-boss-eric-
schmidt-tells-davos/articleshow/45991616.cms
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