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INTRODUZIONE
L’iniqua distribuzione delle risorse agroalimentari a livello mondiale può essere
attutita attraverso un rinnovamento delle istituzioni internazionali.
Fondendo l’esperienza europea dell’Economia Sociale di Mercato e quella
internazionale del Protocollo di Kyoto, si sono tracciate le linee guida per un
nuovo modello istituzionale che fonda la libertà del mercato globale con la
solidarietà del sistema economico europeo.
La cooperazione internazionale può fare frutto dell’esperienza del Protocollo di
Kyoto e stabilire una struttura istituzionale che permetta di orientare l’interesse
economico privato verso il perseguimento del bene comune. Lo strumento
proposto tramite cui è possibile perseguire questo risultato è un sistema di
concessioni “Cap and Trade” diretto a orientare il mercato agroalimentare verso
una sostanziale riduzione del numero di persone denutrite al Mondo.
Questa tesi non ambisce a delineare una soluzione al problema che possa essere
direttamente applicabile, bensì vuole fornire un argomento di riflessione per il
dibattito accademico e politico che l’EXPO di Milano 2015 chiama tutti a
condurre.
Di seguito si esporranno brevemente i passaggi seguiti durante l’elaborazione
del lavoro.
Nella prima parte del lavoro si mette in luce come determinate risorse
economiche possano essere percepite come beni pubblici globali e, per questa
ragione, oggetto di politiche sovranazionali.
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In particolar modo viene
analizzato il tema dello sfruttamento delle energie fossili in relazione al
problema del surriscaldamento terrestre.
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Per la definizione di “beni pubblici globali” si veda il CAPITOLO III.
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Viene quindi mostrato come il successo o l’insuccesso della cooperazione
internazionale risieda non tanto nel potere coercitivo, quanto piuttosto
nell’interesse economico di cui le parti in causa possono beneficiare.
Su questa ipotesi si argomenta nella seconda parte l’impostazione economica
liberale come alternativa al liberismo. In particolare si espone l’esperienza
tedesca dell’Economia Sociale di Mercato e i suoi principi guida.
Nella terza parte si riprende il problema del clima trattato nella prima parte e
si enfatizza come la soluzione adottata nel Protocollo di Kyoto rispetti i canoni
dell’Economia Sociale di Mercato. Nello specifico viene studiato come
l’Emission Trading System possa evolvere verso una struttura di Cap and Trade
a livello internazionale.
Nella quarta parte si ricercano gli elementi chiave del modello Cap and Trade
al fine di poterlo adattare a contesti altri da quello delle emissioni di gas serra.
Si analizzano gli aspetti economici e le peculiarità tecniche che deve avere il
modello a seconda delle caratteristiche del mercato.
Individuato il funzionamento del Cap and Trade, l’obiettivo è quello di
applicare il modello alla problematica delle risorse agroalimentari. A tale scopo
è opportuno svolgere una panoramica del settore agroalimentare per
comprendere se ciò sia possibile. Nella quinta parte dunque viene sviluppata
un’analisi qualitativa e quantitativa del settore, mettendo il problema della
denutrizione sotto una nuova luce.
A fronte delle argomentazioni addotte in precedenza è stato possibile nella
sesta parte comprendere i difetti delle politiche di cooperazione internazionale
intraprese sinora dai governi per la sicurezza alimentare.
Nella settima ed ultima parte si propone per ciò una soluzione alternativa alle
iniziative di cooperazione adottate negli ultimi anni. Riprendendo la
modellizzazione di Cap and Trade effettuata nella quarta parte, si adatta
questo schema interpretativo alle peculiarità del mercato agroalimentare viste
nella quinta parte.
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La soluzione che si propone è la creazione di un meccanismo di Cap and Trade
che si applichi allo spreco delle risorse agroalimentari, creando un sistema di
trading delle “concessioni allo spreco”. In analogia all’Emission Trading System
esistente, si è ipotizzata la nascita di un Wasting Trading System.
Seppur possa sembrare complessa la realizzazione di un tale meccanismo di
mercato, questa proposta vuole mostrare come sia possibile, attraverso
l’opportuna regolamentazione, convogliare le forze di mercato verso il
perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico.
Negli ultimi decenni si è creata la tendenza a demonizzare il mercato globale
come un nemico da combattere. Le grandi multinazionali come fautrici di
oppressione e ingiustizia.
Tuttavia esse hanno solo fatto – così come tutti farebbero in un contesto
deregolamentato - il proprio interesse. Definendo le giuste regole del gioco è
forse possibile trasformare questo grosso problema in un’opportunità da cui
tutta l’umanità possa trarre vantaggio? Questo è il quesito a cui si cerca di dare
risposta.
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I PARTE. IL PROBLEMA ECOLOGICO
CAPITOLO I. LE RISORSE FOSSILI E IL CLIMA
Le risorse globali sono scarse. Questo è essenzialmente il messaggio d’allarme
lanciato dal libro The Limits to Growth del Club di Roma del 1972.
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Tale
documento, seppure si sia dimostrato erroneo nello stimare quantitativamente
il trend decrescente delle risorse globale, ha suscitato molto clamore. Il
rapporto ha dato vita a fervide discussioni tra gli esperti di tutto il Mondo su
quali potessero essere i provvedimenti da intraprendere per evitare una
catastrofe economica ed ecologica nei decenni a seguire.
Questa coscienza globale è maturata anche nella società civile, soprattutto
grazie all’avvento delle nuove tecnologie di trasporto e di comunicazione, le
quali hanno permesso di dare vita al World-Wide Web.
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Il web non si limita
unicamente alle tecnologie informatiche ma si tratta di una rete globale
multilayer, fatta di linee di trasporto terrestre, marino e aereo, ma anche linee
di comunicazione veloce delle informazioni grazie ai dispositivi informatici
costantemente connessi l’uno all’altro dalle reti satellitari.
La cresciuta connessione spazio-temporale è uno degli aspetti positivi
derivante dalle dinamiche della globalizzazione (Giaccardi & Magatti, 2001).
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Il Club di Roma è un’associazione nata nel 1968, che riunisce
rappresentanti della comunità scientifica, civile e politica globale, al fine di
trovare una soluzione alle problematiche globali. Il Rapporto sui limiti della
crescita è contenuto nel libro The Limits to Growth, commissionato dal Club
di Roma al MIT (Meadows, et al., 1972).
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World Wide Web è la dicitura inglese dell’acronimo “WWW” che
contraddistingue internet. In italiano significa Rete Globale.
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Dagli anni Settanta il consumo delle risorse fossili globali ha continuato
inesorabilmente ad aumentare a seguito della crescente industrializzazione.
L’eccessivo consumo delle risorse del sottosuolo, in particolare le fonti di
energia fossile ha importanti esternalità negative sull’ambiente e sul clima. E’
stato appurato dalla comunità scientifica internazionale che il clima sta
subendo consistenti alterazione per colpa della sovrabbondante immissione di
gas a effetto serra nell’atmosfera (USEPA, 2015).
I danni che l’uomo sta infierendo all’ambiente e alla stabilità climatica non
sono solo moralmente sbagliati, ma hanno delle ripercussioni anche
economiche sull’umanità. La desertificazione, lo scioglimento dei ghiacci,
l’intensificazione degli eventi climatici distruttivi creano una riduzione del
benessere complessivo dell’umanità senza che ne sia stabilito una causalità
diretta con l’attività industriale.
Il problema risiede nel fatto che le industrie non operano ecologicamente
perché non hanno un vantaggio economico a farlo e non hanno un aggravio in
termini di costi nell’utilizzare processi produttivi inquinanti piuttosto che
ecologicamente sostenibili. (Glossner & Gregosz, 2010)
CAPITOLO II. IL PROTOCOLLO DI KYOTO
Nonostante questo, la consapevolezza che sia necessario un progetto comune
per l’utilizzazione efficiente delle risorse si è consolidata e le iniziative
internazionali in tale direzione si sono fatte più frequenti. Una delle iniziative
di maggiore portata è stata promossa dalla Comunità Europea all’interno
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e, nel dicembre del 1997, ha portato
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alla sottoscrizione da parte di 192 soggetti istituzionali del Protocollo di
Kyoto.
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I paesi aderenti sono convenuti nel riconoscere il ruolo determinante
dell’azione umana nel aumentare la concentrazione di CO
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nell’atmosfera. E’
stata inoltre riconosciuta una responsabilità maggiore dei paesi industrializzati
a favorire lo stato attuale di inquinamento atmosferico. Per tale ragione
l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra è stato supportato principalmente
dall’Occidente.
Sfortunatamente solo i Paesi firmatari dell’allegato n° 1 si impegnarono in una
effettiva riduzione dei gas serra, questo accordo non fu sottoscritto dagli Stati
Uniti e non trovò applicazione per Paesi in Via di Sviluppo quali Cina e India.
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Da questa iniziativa tutte le nazioni avrebbero potuto un potenziale beneficio,
se solo vi fosse stata maggiore cooperazione internazionale per il
raggiungimento dello scopo.
Poiché molti Paesi industrializzati furono esenti dall’applicazione del
protocollo di Kyoto, anche il settore industriale europeo avanzò pretese contro
questo. L’industria europea, infatti, si trovava in una posizione di svantaggio
competitivo rispetto alla concorrenza internazionale poiché vincolata alle più
stringenti norme di tutela ambientale del protocollo, norme che non
vincolavano in egual modo i competitors stranieri (Fiorentini & Montani, 2012).
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L’ONU è composta da 191 Stati più l’Unione Europea.
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I Paesi firmatari del I allegato si sono impegnati in Quantified Emission
Limitation and Reduction Objectives (QELRO), ovvero limitazioni quantitative
delle emissioni nocive associate a degli obiettivi di restringimento graduale di
questi limiti (UNFCCC, 2014).