3
RIASSUNTO
Il termine frattale è stato coniato da Benoit B Mandelbrot nel 1975 per caratterizzare tutti quegli
oggetti del mondo naturale con forme irregolari, complesse, di dimensione non intera e dotati della
proprietà di autosomiglianza che non possono essere studiati attraverso la classica geometria euclidea,
ma che necessitano di una nuova disciplina, la geometria frattale. Nel campo delle scienze della vita
questo nuovo concetto acquisisce da subito un forte sviluppo e soprattutto in patologia trova il suo
massimo utilizzo: l’analisi frattale permette di quantificare con un numero, la dimensione frattale D,
l’irregolarità e la complessità di molte strutture patologiche contribuendo in modo oggettivo alla
diagnosi e alla prognosi di malattie vascolari, ossee e neoplastiche. Il nostro lavoro si è concentrato
sullo studio morfologico del carcinoma prostatico attraverso l’analisi frattale di immagini istologiche
effettuate su campioni raccolti negli archivi dell’Anatomia Patologica dell’Università di Siena
(Dipartimento di Biotecnologie Mediche). Abbiamo analizzato 90 casi di adenocarcinoma, suddivisi
in otto gruppi in base alla crescente gradazione istologica espressa in Gleason score (da 6 a 9), 25
casi di adenoma e 31 casi da cui abbiamo recuperato aree sane da utilizzare come controlli (702
immagini totali). Dai dati ottenuti dall’analisi frattale di tutti i campioni risulta che la complessità
geometrica D0 e l’entropia D1 aumentano al progredire della gravità della lesione. Le aree normali
mostrano D0=1.63 ± 0.06, D1=1.59 ± 0.07 (p˂0.001), mentre nei campioni neoplastici D0 è compresa
tra 1.78 ± 0.05 e 1.88 ± 0.02 mentre D1 varia tra 1.73 ± 0.07 e 1.87 ± 0.02 crescendo linearmente
(D0, r = 0.93, p = 0.007, D1, r = 0.89, p=0.02) dalle lesioni con Gleason 6(3+3) a quelle con Gleason
9 (5+4). Gli adenomi mostrano valori di complessità geometrica ed entropia (D0=1.67 ± 0.07,
D1=1.64 ± 0.08) statisticamente differenti dai valori delle aree sane (adenomi vs. tessuto sano p<0.03,
p˂0.01) e delle aree carcinomatose (adenomi vs. carcinoma p<0.001 per entrambe le dimensioni
frattali), con valori intermedi tra quelli sani e tumorali, in accordo con la loro crescita di tipo benigno.
Le analisi con le curve ROC mostrano gli alti livelli di sensibilità e specificità (D0, sensibilità = 0.98
e D0 specificità = 0.96, per tutti i Gleason) degli indici frattali, con maggiore sensibilità e specificità
per la complessità geometrica (D0) rispetto all’entropia (D1). Con il nostro studio viene confermata
la validità dell’analisi frattale nel quantificare la lesione neoplastica e la sua utilità come supporto al
patologo durante la valutazione diagnostica e prognostica.
5
INTRODUZIONE.
I frattali sono figure geometriche caratterizzate da forme irregolari con dimensioni non intere e da
una proprietà conosciuta come autosomiglianza. Una struttura auto-somigliante ha le stesse proprietà
geometriche quando analizzata a diversi livelli di ingrandimento. Diversamente da una linea retta
euclidea, di dimensione unitaria, una figura frattale possiede una dimensione intermedia tra 1 e 2,
risulta irregolare, increspata. L’esame microscopico di queste increspature ne rivela altre più piccole
e anche la loro osservazione al microscopio mostra altre ripiegature ancora più piccole. Ripetendo la
figura originale in modo esatto se il frattale è matematico, in modo statistico se il frattale è naturale.
Più precisamente, i frattali godono delle proprietà di omotetia (autosomiglianza), eterogeneità e
irregolarità. Sono oggetti complessi e non si possono descrivere con le regole della geometria euclidea
o con semplici condizioni analitiche. È per questo motivo che Benoit B Mandelbrot introdusse la
geometria frattale con il suo Lavoro seminale pubblicato su Science nel 1967, facendo nascere la
disciplina in grado di caratterizzare le strutture che godono della proprietà di invarianza di scala nel
mondo naturale.
1) Rivoluzioni antieuclidee: mostri matematici.
Già alla fine del XIX secolo matematici di primissimo ordine avevano prodotto risultati che
sembravano rendere del tutto inadeguati concetti ormai dati per scontati come quelli di dimensione,
di area e di perimetro.
Il primo attacco al comune senso di vedere questi concetti avvenne per opera di George Cantor; in
una sua lettera del 1877 affermava di avere in mano dei risultati secondo i quali un quadrato risultava
possedere un numero di punti che non sembrava maggiore di quello di ciascuno dei suoi lati, colpendo
nelle fondamenta la geometria euclidea. Si trattò solo della prima di una serie di osservazioni che
sembrò allontanare la matematica dal mondo reale. Da parte loro, l’italiano Giuseppe Peano e il
polacco Waclaw Sierpiῄski avevano invece iniziato a produrre strane entità matematiche,
infinitamente irregolari e capaci di ripetere indefinitamente la stessa forma. Queste figure iniziarono
a proliferare nei loro scritti e in quelli di altri matematici. Nella Curva di Helge von Koch si potevano
vedere triangoli che si frantumavano in triangoli sempre più piccoli o, cambiando punto di vista,
triangoli che nascevano infinite volte dai lati di altri triangoli. Il perimetro di queste figure risultava
infinito, mentre l’area risultava senz’altro finita, misurabile.
6
Alcuni matematici rimasero colpiti favorevolmente, tanto che il matematico Ernesto Cesàro nei suoi
Remarques sur la curve di von Koch (1905), ne scrisse entusiasta:
“Questa tra il tutto e sue parti […] ci porta a considerare la curva di von Koch alla stregua
di una linea veramente meravigliosa tra tutte. Se fosse dotata di vita” - aggiunge- “non sarebbe
possibile annientarla senza sopprimerla al primo colpo”, poiché, “in caso contrario rinascerebbe
incessantemente dalle profondità dei suoi triangoli, come la vita nell’universo”.
La maggior parte dei matematici però non condivisero l’entusiasmo di Cesàro, considerando queste
strane forme solamente un “museo degli orrori”, una collezione di “mostri” che non potevano avere
alcun corrispettivo nel mondo reale. Curve che hanno perimetro infinito e area finita, come la curva
di Koch, quale significato fisico avrebbero potuto mai avere?
Gli studi di queste figure continuarono ancora per alcuni anni; gli ultimi risalgono al secondo
decennio del 1900 per opera dei matematici francesi Pierre Fatou e Gaston Julia.
Poi per molti anni non si sentì più parlare di questi “mostri matematici”.
2) Dalla Matematica alla Fisica: Moto Browniano
Nel 1908 il fisico francese Jean Perrin iniziò a studiare a fondo il fenomeno del Moto Browniano (il
perenne movimento oscillatorio delle particelle scoperto da Robert Brown nel 1827 osservando al
microscopio una sospensione di granuli di polline) per mezzo del suo ultramicroscopio. I tempi erano
maturi perché si ritenesse, correttamente, che il moto instancabile osservato fosse dovuto alla continua
agitazione termica delle molecole di acqua e ai susseguenti urti che queste producevano sulle
particelle osservate al microscopio. Egli verificò sperimentalmente il modello matematico
probabilistico sviluppato da Albert Einstein e riuscì anche a stimare con questo lavoro, primo nel
mondo, le dimensioni delle molecole d’acqua e il loro numero per unità di volume, ovvero a
confermare la teoria atomica della materia. Nel 1926 Perrin conseguì per questo suo studio il Premio
Nobel per la Fisica.
Ma nel suo lavoro Jean Perrin si era spinto ben oltre. Non solo aveva confermato la teoria atomica
della materia, ma aveva scoperto che il comportamento dinamico della materia risultava essere di
natura ben diversa da quella che la scienza newtoniana aveva portato a credere, fondata su metodi
matematici e geometrici basati sul concetto di regolarità e analiticità. Nella sua opera del 1913, Les
Atomes, Perrin fece notare come il concetto di traiettoria o di velocità istantanea presente nella
meccanica classica fosse completamente erroneo quando applicato nel mondo del microscopico.
7
Parafrasando Perrin, prendiamo ad esempio il movimento di un’automobile, la traiettoria e la velocità
del mezzo cambieranno più o meno continuamente. Con la dinamica newtoniana si potrà
rappresentare in un grafico il cammino seguito dalla macchina, la tangente in qualsiasi punto della
curva tracciata darà la traiettoria nell’istante t e sarà possibile calcolare la velocità in quell’istante t,
o velocità istantanea. In effetti, prendendo un intervallo temporale sempre più piccolo, le variazioni
di velocità e di traiettoria saranno sempre più piccole e si potrà quindi conoscere punto per punto le
grandezze dinamiche del corpo in movimento. I matematici diranno che in ogni punto la curva
ammette una tangente ed è derivabile: questo garantisce la conoscenza delle grandezze traiettoria e
velocità.
Ovvio: su questo si basa la dinamica della meccanica classica costruita da Galilei e Newton. Tanto
ovvio quanto falso, faceva notare invece Perrin, quando applicato a molti fenomeni naturali, come ad
esempio il moto browniano. “L’esperienza” -scriveva il fisico francese- “ci dimostra che pur facendo
diminuire l’intervallo di tempo, la velocità della particella varia continuamente in modo
imprevedibile, senza mai tendere ad alcun valore limite”. Pur scendendo di scala, queste variazioni
rimangono ineliminabili. La curva della traiettoria non risulta derivabile; è impossibile conoscere la
velocità o la direzione all’istante t.
Fig.1 Riprodotto da Jean Baptiste Perrin, "Mouvement brownien et réalité moléculaire," Ann. de
Chimie et de Physique (VIII) 18, 5-114, 1909. Tre tracciati del movimento di particelle colloidali immerse in
un fluido viste al microscopio: la loro velocità varia continuamente in modo imprevedibile, senza mai tendere
ad alcun valore limite. Le posizioni assunte ogni 30 secondi sono unite dai segmenti rettilinei. Se osservassimo
la traiettoria della particella ad istanti sempre più ravvicinati, ogni salto sarebbe sostituito da un numero di
salti di lunghezza totale superiore: pur scendendo di scala, queste variazioni rimangono ineliminabili. Sarà
merito di Mandelbrot scoprire che questo comportamento è quello tipico di un andamento frattale.
Ma questo strano mondo, aggiunge Perrin, esiste anche a livello macroscopico: “prendete una linea
costiera, la rappresentazione su un atlante ci darà sempre una curva continua, ma non è così il