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Premessa teorica 
 
   A partire dai primi anni ’70, nelle società occidentali ci sono state trasformazioni 
radicali nel campo dei mezzi di comunicazione, sia sul terreno dell’innovazione 
tecnologica, sia su quello degli assetti economici. L’innovazione tecnologica, 
soprattutto nel campo delle telecomunicazioni, ha prodotto in pochi anni una 
moltiplicazione degli strumenti disponibili per l’invio e la ricezione di messaggi, che si 
sono affiancati a quelli già esistenti. Contemporaneamente, lo sviluppo dell’informatica 
da un lato e l’introduzione di forme di trasmissione “a larga banda” dall’altro, hanno 
consentito di unire forme di comunicazione che prima necessitavano di canali 
differenziati. Ad esempio, oggi è possibile gestire con un unico PC archivi di 
informazione “multimediale” che includono testi, immagini, suoni, dati. Allo stesso 
tempo, è possibile inviare sulla rete telefonica voci, dati, immagini in movimento, testi. 
Per poter avere una visione unitaria del fenomeno e collegarlo ai processi storici che 
l’hanno prodotto, può risultare utile fare riferimento alla categoria del sistema dei 
media
1
. 
   Per mezzo di comunicazione o medium si intende uno strumento destinato a 
trasmettere, preservare o ricevere un messaggio, il quale può essere costituito da suoni, 
scrittura o immagini. Lo sviluppo di un medium si può considerare, in generale, come 
l’evoluzione di una soluzione tecnologica a un problema di comunicazione, ossia di 
scambio di messaggi. È soprattutto a partire dall’800 che lo sviluppo della 
comunicazione si è intrecciato sempre più con lo sviluppo tecnico, fino a giungere alla 
fase attuale, in cui l’industria dell’informazione ha assunto un ruolo dominante nel 
processo dell’innovazione tecnologica
2
.  
      Il XIX e il XX secolo sono stati caratterizzati da un processo di industrializzazione 
dei media e della cultura di massa: le più diverse forme di comunicazione sono state 
progressivamente tecnicizzate, cioè sono state dotate di appositi strumenti e diventate 
oggetto di produzione industriale. Tuttavia, l’industrializzazione della cultura di massa 
non è stato un processo lineare, bensì di natura contraddittoria e segmentaria. 
                                                           
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 P. ORTOLEVA, Mediastoria: mezzi di comunicazione e cambiamento sociale nel mondo 
contemporáneo, Net editore, pp. 23-24. 
2
 Ivi, p. 25.
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   La storia dei media del XIX e XX secolo è segnata da periodi di boom e periodi di 
stasi, ossia periodi in cui si addensano le innovazioni nel campo della comunicazione, e 
periodi in cui le importanti innovazioni sono sporadiche e si ha soprattutto un forte 
processo di diffusione delle tecnologie già introdotte. Un primo periodo esplosivo sono 
gli anni 1830-40. A quest’epoca risalgono l’introduzione del francobollo, della 
macchina fotografica, delle tecniche di tipografia rapida e della sperimentazione del 
telegrafo. Un secondo periodo esplosivo è quello che va dal 1875 al 1895 circa. In 
questi anni sono stati introdotti la macchina da scrivere, le macchine di piegatura veloce 
dei giornali, il grammofono e altri. Un terzo periodo esplosivo sono i quindici anni 
successivi al 1920, ai quali risalgono la fotocopiatrice, le prime sperimentazioni di 
televisione, il cinema sonoro e a colori. Infine, un quarto periodo esplosivo è quello 
attuale, tuttora in corso. Tra le innovazioni tecnologiche si possono ricordare gli 
apparecchi audio digitali, il videoregistratore, il personal computer
3
.  
   La co-presenza di fasi esplosive e fasi riflessive non riguarda solo aspetti strettamente 
tecnici. Gli stessi periodi che sono caratterizzati dall’abbondare di innovazioni 
tecnologiche sono accompagnati anche da innovazioni organizzative e commerciali. Ad 
esempio, alla fine dell’800, la nascita del cinematografo fu accompagnata dal 
diffondersi di altri tipi di divertimento collettivo come il teatro di varietà negli Stati 
Uniti e gli sport da stadio. Bisogna inoltre ricordare che negli ultimi vent’anni ci sono 
state, accanto all’ondata di sviluppo tecnologico, anche varie novità istituzionali, come 
la privatizzazione di molte reti televisive in Europa, la diffusione di sistemi televisivi 
via cavo e via satellite, l’introduzione della concorrenza nei sistemi telefonici, la nascita 
di grandi industrie specializzate in forme di divertimento come i videogames. In tutti e 
quattro i periodi considerati, sono comparsi contemporaneamente sia molte innovazioni 
tecnologiche che varie novità istituzionali e prodotti commerciali. Ciascuna di queste 
svolte ha contribuito a fare avanzare il processo di industrializzazione della cultura di 
massa, imprimendovi una propria impronta
4
.  
   Tutto ciò costituisce la premessa per lo sviluppo di una cultura del consumo. Gli 
ultimi due decenni del XIX secolo possono considerarsi come il momento di origine 
della società dei consumi, poiché sono stati teatro della nascita di nuovi mezzi di 
                                                           
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 P. ORTOLEVA, Mediastoria, cit., pp. 39-41. 
4
 Ivi, pp. 41-43.
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comunicazione. Grazie a tali media, sono aumentate esponenzialmente le possibilità di 
circolazione per beni e messaggi, i quali non devono più rimanere legati a un particolare 
luogo sociale o culturale, e si è reso quindi possibile per la prima volta l’affermarsi di 
una vera e propria cultura di massa
5
.  
   Tra i mezzi di comunicazione va sicuramente ricordata la stampa. Per quanto riguarda 
invece gli altri media, hanno esercitato una forte influenza sul pubblico attraverso un 
linguaggio eccessivamente ideologico, inscenando nel loro universo chiuso, uno spazio 
di libertà e felicità al di fuori del tempo e delle classi. Questo era il terreno ideale al 
quale aspirava la cultura del consumo che domina la società attuale. Non è un caso che 
proprio in quel periodo storico siano state messe a punto tecnologie comunicative che in 
breve avrebbero consentito alle nuove forme di spettacolo di massa di avere un rapido 
sviluppo e di dare vita all’industria culturale. Il cinema è un’industria che non produce 
solo merci culturali, ma anche modelli di comportamento e stili di vita, proprio come la 
pubblicità, che all’inizio del ‘900 diviene un vero e proprio sistema industriale. La data 
ufficiale di nascita della pubblicità è anteriore a quella del cinema se la si fa coincidere 
con la comparsa della professione di agente pubblicitario, durante gli anni ’40 dell'800. 
La pubblicità ha prodotto profonde modifiche nel modo di percepire le merci da parte 
dei consumatori. Solo due decenni dopo l’inizio del XX secolo, però, essa avrebbe 
esercitato un’influenza a livello di massa che il cinema già manifestava in quell’epoca
6
.   
   All’inizio del nuovo secolo era operante negli Stati Uniti un’altra importante 
istituzione: il department store o emporio commerciale. Tali empori cominciarono a 
svilupparsi alla fine del XIX secolo. L’emporio ha cambiato l’intero atto di fare la 
spesa. Ora, la persona non doveva rivolgersi al negoziante per ottenere un articolo: i 
prodotti erano esposti e l’acquirente aveva un’ampia gamma di merci da guardare. 
Perciò, la possibilità di catturare lo sguardo diventa l’elemento più importante del 
prodotto, e, per il commerciante, il problema più grande non è conoscere l’assortimento, 
ma saperlo presentare bene. Gli empori hanno fortemente contribuito allo sviluppo della 
società dei consumi. Crescono le possibilità di scelta dei consumatori, ma diviene 
ambiguo e incerto per loro stessi identificare i bisogni individuali, sempre più concepiti 
solo in termini di benefici apportati da prodotti differenti. Una prima conseguenza del 
                                                           
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 V. CODELUPPI, Alla ricerca del consumo, Franco Angeli ed., 2007, pp. 28-29.  
6
 Ivi, pp. 30-32.
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fatto che l’attenzione per i beni di consumo sostituisce progressivamente quella per la 
comunicazione con gli altri individui, è che diventa incerta la stessa percezione che i 
consumatori hanno del mondo in cui vivono, perché è diventato confuso e irreale. I beni 
di consumo, a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio dell’attuale, iniziano sempre 
più a funzionare come un vero e proprio linguaggio sociale strutturato, oltre che come 
messaggi comunicativi: un linguaggio che permette alle persone di trovare un proprio 
collocamento in società, di trovare una propria identità sociale con cui entrare in 
relazione con gli altri
7
.  
   Oltre al disorientamento nella vita quotidiana degli individui causato dai nuovi 
modelli di consumo, bisogna considerare anche l’effetto dell’aumento della mobilità 
geografica e sociale delle persone. Il mondo esterno diventa sempre più un “mondo di 
estranei”; nemmeno il rapporto con il negoziante può più rassicurare, poiché 
nell’emporio il rapporto quasi amichevole tra venditore e acquirente viene sostituito 
dalla nuova condizione solitaria del consumatore, lasciato solo nel momento delle scelte 
delle merci. È quindi possibile capire perché questo periodo preparatorio dell’avvento 
della cultura del consumo, caratterizzato dalla caduta generale dei modelli di 
riferimento, delle norme e dei ruoli sociali dettati dalla tradizione, abbia causato anche 
conseguenze psicologiche negative sull’identità degli individui, rendendo la loro 
percezione di sé frammentaria. È a partire da questo periodo che le aziende hanno 
sfruttato i desideri delle persone producendo beni di marca e proponendo, tramite la 
pubblicità, degli status sociali e delle identità prefabbricate e raggiungibili sul mercato 
mediante l’acquisto delle merci che li contengono
8
.   
   Oggi si può parlare di globalizzazione neo-liberista, la quale trova terreno fertile nella 
società dell’informazione ipertecnologica. Il processo di globalizzazione è strettamente 
legato alla modernità, ovvero rispecchia un particolare processo di modernizzazione che 
coinvolge vari livelli dell’agire sociale, da quello economico a quello politico e 
culturale. La caratteristica fondamentale di questo tipo di globalizzazione è la sua 
dimensione spaziale, che produce un'interdipendenza sempre più intensa delle relazioni 
sociali tra luoghi distanti, e causa quindi processi di dislocazione delle relazioni sociali. 
Tuttavia, secondo il modo comune di concepire la globalizzazione, è la dimensione 
                                                           
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 V. CODELUPPI, Alla ricerca del consumo, cit., pp.32-34. 
8
 Ivi,  p. 35.
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economica ad occupare il posto di rilievo, il punto di partenza di tutto il processo. In 
questo senso, tale dimensione rappresenta una crescita delle interdipendenze 
economiche a scala mondiale, derivante da un mercato dei capitali dinamico, libero dai 
vincoli fiscali alla circolazione, dalle innovazioni tecnologiche che hanno valorizzato gli 
scambi immateriali, e dalla competizione crescente tra i mercati del lavoro. Le nuove 
tecnologie info-telematiche, quindi, ricoprono un ruolo centrale nel processo, incidendo 
su tutti questi piani
9
.  
   Il processo di globalizzazione economica investe luoghi e culture: in alcuni luoghi dà 
uno slancio alla modernizzazione, in altri causa reazioni di chiusura. La globalizzazione 
neo-liberista produce un processo di individualizzazione che si focalizza in una precisa 
direzione, imponendo ai soggetti di rispondere in modo individuale alle sollecitazioni 
del mercato del lavoro e del consumo. Due elementi essenziali dell’accelerazione del 
processo di globalizzazione negli ultimi decenni sono stati: a) lo sviluppo delle 
tecnologie, in particolare quelle info-telematiche, come medium che supporta gli scambi 
immateriali internazionali (flussi di informazioni, di dati monetari, di servizi ecc...); b) 
la liberalizzazione dei mercati del lavoro e dei capitali. Entrambi questi processi si 
sviluppano a partire dagli anni ’80 del ‘900. Inoltre, la globalizzazione neo-liberista si 
accompagna a una forte concentrazione dell’industria culturale (media, spettacolo, 
pubblicità, informazione)
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. 
   Se si va oltre la visione dell’attuale globalizzazione come un fenomeno strettamente 
economico, si deve tener presente innanzitutto l’azione di un’istituzione immaginaria 
della società, secondo cui gli abitanti del pianeta sono arrivati a condividere una visione 
della realtà conducente a una piattaforma ideologica che fa sì che quella globalizzazione 
economica non funzioni come una conquista esterna che porta alla rovina delle 
economie locali, bensì alla partecipazione a un immaginario comune unito all’idea di 
modernità. Quindi, attraverso quest’esercizio di istituzione sociale, la globalizzazione 
capitalista è considerata l’accesso a una società mondiale caratterizzata dalla 
partecipazione a un immaginario planetario comune. E perciò, dal momento che la 
produzione capitalista vigente oggi si è dotata di tale componente immaginaria che nella 
pratica svolge una funzione istituzionale di carattere ideologico che prima 
                                                           
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 A. FRESCHI, La società dei saperi: reti virtuali e partecipazione sociale, Carocci editore, Roma, p. 31. 
10
 Ivi, pp. 32-33.