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Introduzione.
“Se non vi occuperete delle reti, in ogni caso saranno le reti a occuparsi di voi.
Se avete intenzione di vivere nella società, in questa epoca e in questo posto,
dovrete fare i conti con la società in rete. Perché viviamo nella Galassia
Internet”.
E’ praticamente impossibile confutare la celebre “sentenza” di Manuel Castells: la
rivoluzione del web, in particolar modo della versione 2.0, si è riversata come un
fiume in piena sulla società, modificandone abitudini, azioni, flussi, interazioni e
relazioni.
L’elaborato che mi accingo ad illustrare tenta di analizzare la “storia”, se così è
possibile definirla, della comunicazione, un processo che si innesca con lo
sviluppo della cognizione umana e viene portato avanti dalla suddivisione dei
poteri e dei ruoli fra gli individui, per poi giungere al concetto di “mediazione”
atto a trasporre e stabilizzare i flussi sopra un “oggetto”, uno “strumento” tecnico
e tangibile di riproduzione (ed anche creazione ex novo) di messaggi, simboli e
informazioni. All’alba della Modernità questo strumento era la stampa, nel primo
Novecento erano il cinema e la radio e nel dopoguerra la televisione dominava il
contesto della mass communication. Nell’epopea della globalizzazione
l’interazione mediata sembra legarsi ad una sola, unica macro-entità, il web, con
le sue molteplici sfaccettature e la strabiliante capacità di strutturare i rapporti di
potere fra soggetti nonché di archiviare in un unico, immenso cervello elettronico
universale tutto (o quasi) il patrimonio culturale forgiato dall’Uomo nell’arco
della sua esistenza terrestre.
La dislocazione dei flussi è, come già accennato, un fenomeno che ha sovvertito
radicalmente qualsiasi ambito della socialità umana. Nemmeno la politica è stata
risparmiata dall’invasione virtuale, la stessa che ha imposto ai governanti il
ripensamento delle strategie di gestione della cosa pubblica e delle modalità di
“confezionamento” dell’offerta elettorale.
Se in precedenza il cittadino era totalmente alieno dall’essere co-protagonista
(assieme alle leadership) delle dinamiche politiche e ne assorbiva passivamente i
flussi, allo stato attuale sembra farsi avanti il riscatto dell’individuo contro le
ingerenze e le aberrazioni delle istituzioni e dei detentori del potere. “Fare
politica” non indica più un’attività intrapresa esclusivamente da un’oligarchia di
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soggetti legittimati attraverso il voto: le moderne tecnologie 2.0 difatti consentono
alla più piccola cellula della società di intervenire e contribuire fattivamente
muovendo in modo rapido e istantaneo qualsiasi istanza, monitorando le strategie
dei leader, comunicando in “presa diretta” con essi e costituendo una rinnovata
società civile, flessibile e decentrata, in grado di orientare l’opinione pubblica a
seconda dei trend del momento.
La politica si trova ad un epocale bivio fra tradizione e post-modernità, e non
poche sono le questioni in merito a tale situazione. Qual è il destino dell’antico
legame governante – cittadino? Internet e la socialità virtuale da esso istituita è in
grado di trasformare blandi sogni di una democrazia giusta, eterna ed
incorruttibile in una realtà senza squilibri e conflitti? Ed infine, sarà il web il
propugnatore nonché l’artefice di un nuovo paradigma politico che possa andare
in soccorso alla contemporaneità in preda ad una grave crisi esistenziale?
Queste sono solo alcune delle domande che mi sono posto, conscio di sussistere in
una bizzarra “era” di transizione e ripensamenti: mentre l’imposizione di flussi e
la tradizionale passività del cittadino-spettatore stando lentamente perdendo la
loro legittimazione dal basso, le attuali strategie di decision making non sono
ancora in grado di esaurire definitivamente il processo di affermazione del
modello 2.0. In questo elaborato viene dunque a contrapporsi la relativa
semplicità nello sfruttamento “informale” delle nuove tecnologie interattive e la
notevole difficoltà nel garantire l’esportazione della filosofia 2.0 all’interno della
leadership.
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SEZIONE 1. L’ERA PRE-WEB: DALLA NASCITA
DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA
ALL’AFFERMAZIONE DELLA POLITICA-
SPETTACOLO TELEVISIVA.
1. L’avvento della comunicazione di massa e della “promocrazia”.
1.1 La comunicazione di massa: concetti e definizioni.
La Contemporaneità ha segnato l’avvento delle nuove tecnologie di
comunicazione di massa: telegrafo, telefono, radio e cinema prima, televisione e
internet successivamente hanno modificato in modo irreversibile i sistemi di
interazione fra individui, nonché il significato di “informazione” relativamente
all’acquisizione, incameramento e diffusione di notizie, eventi ed anche nozioni,
dati e concetti non più in mano ad una strettissima élite di privilegiati e
“illuminati”, ma al contrario disponibili, consultabili e consumabili su larga scala
da una moltitudine di soggetti che reclamavano il diritto alla percezione e
conoscenza di ciò che accadeva attorno ad essi.
Spesso si tende ad associare l’espressione “mezzi di comunicazione di massa” ad
un curriculum di prodotti (libri, giornali, programmi televisivi e radiofonici...)
definibili come “strumenti” tecnici di comunicazione, elementi materiali e
tangibili di larga diffusione. La prima caratteristica ascrivibile alla cosiddetta
mass communication è la pluralità di destinatari che ricevono tali messaggi:
l’interazione che si viene a creare non interessa più un numero limitato di
individui, tantomeno un sistema di scambio informativo one - to - one (un solo
produttore e un solo ricevente), ma un insieme indefinito di destinatari non
conoscibile né identificabile.
Questa forma di interazione è stata definita dal sociologo e professore
all’Università di Cambridge John B. Thompson “quasi-interazione mediata”:
informazioni e contenuti simbolici sono scambiati in luoghi e/o tempi lontani –
provocando uno sganciamento (disembedding) spazio-temporale – e sono prodotti
per una moltitudine imprecisata di potenziali riceventi; inoltre il flusso della
comunicazione è prevalentemente unidirezionale allorché i messaggi, confezionati
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da un insieme più o meno numeroso di individui, sono trasmessi ad altri lontani
dal contesto di produzione originario che difatti non sono in grado di intervenire
attivamente nello scambio simbolico-dialogico.
Thompson nell’opera Mezzi di comunicazione e modernità (1995, trad. it. 1998)
ha utilizzato l’espressione “comunicazione di massa” per indicare la produzione
istituzionalizzata e la diffusione generalizzata di merci simboliche attraverso la
fissazione e la trasmissione di informazioni e contenuti simbolici disponendo
cinque caratteristiche salienti: i mezzi tecnici e istituzionali di produzione e
diffusione, la mercificazione delle forme simboliche, la separazione strutturale tra
produzione e ricezione, l’estesa accessibilità dei prodotti mediali nel tempo e
nello spazio, la circolazione pubblica di forme simboliche mediate.
Le prime due caratteristiche accompagnano parti passo la nascita e lo sviluppo
dell’industria mediatica, lo sfruttamento commerciale delle innovazioni tecniche
atte a produrre e diffondere in modo generalizzato le forme simboliche istituite
dall’Uomo, l’avvento della cultura del tempo libero e l’allargamento del suffragio
alle classi operaia e contadina e alle donne. La mercificazione delle forme
simboliche si trasformò in un particolare processo di valorizzazione delle stesse
alle quali venne attribuito un preciso valore commerciale avulso da qualsiasi
significato etico e/o morale: informazioni e messaggi furono convertiti in beni
trasferibili sul mercato e dotati di un prezzo adeguato al loro standard qualitativo.
Si istituirono veri e propri ambienti “culturali” di compravendita (gallerie e case
d’asta di opere d’arte, ricezione a pagamento di messaggi e informazioni, canone
televisivo...) che stimolarono altresì lo sviluppo della pubblicità e la vendita di
spazi pubblicitari.
La terza e la quarta caratteristica della mass communication sono strettamente
vincolate alla separazione strutturale fra contesto di produzione e ricezione, alla
formazione di flussi strutturali e unilaterali (con limitata o nulla possibilità di
intervento dei destinatari all’interno del processo di produzione dei messaggi),
nonché all’estensione spazio-temporale delle forme simboliche, accessibili a più
individui attraverso distanze maggiori e a più alte velocità.
Infine, l’ultima connotazione thompsoniana concerne la questione della visibilità
e della pubblica circolazione delle forme simboliche.
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1.2 La trasformazione della visibilità.
L’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione di massa ha inteso riformulare
la distinzione fra “pubblico” e “privato” così come è andata a svilupparsi nei
secoli.
Prima della diffusione generalizzata dei media un evento e/o un individuo erano
noti (e dunque “pubblici”) esclusivamente se condividevano un luogo comune
oppure quando erano percepiti e captati da una pluralità di soggetti fisicamente
presenti e ascrivibili ad un determinato contesto. La cosiddetta “pubblicità
tradizionale della compresenza” (Thompson 1995; trad. it. 1998) sfruttava
l’abbondanza di indizi simbolici tipici dell’interazione faccia a faccia,
coinvolgenti l’aspetto visivo, uditivo, tattile e a volte olfattivo e gustativo, come
pure abbracciava il classico elemento dialogico.
Con l’approdo ai moderni mezzi di comunicazione di massa la notorietà di eventi
e/o individui ha assunto forme del tutto inedite: la conoscenza e lo scambio di
informazioni, ampiamente accessibili al pubblico grazie ai nuovi media, si sono
affrancate dalla mera condivisione di un luogo comune; un’azione è resa pubblica
attraverso la semplice registrazione dei contenuti, fissati in un mezzo/apparecchio
tecnico e trasmessi a coloro non fisicamente presenti nel momento e nel luogo in
cui essa è stata intrapresa.
Le moderne forme di “pubblicità mediata” non hanno comunque rimpiazzato del
tutto le forme relazionali in contesti di compresenza, tuttora fondamentali se si
pensa all’abbondanza di comizi, manifestazioni e cortei nei quali la presenza
fisica non può assolutamente prescindere la condivisione attiva delle forme
simboliche e delle azioni ottemperate. Durante il “Secolo dei Lumi” il contenuto
delle opere letterarie e dei pamphlet veniva pubblicamente esposto ad alta voce
nei Caffè, assicurando la conoscenza e l’accessibilità della parola scritta in un
contesto di compresenza a coloro che non possedevano la copia stampata o le
competenze necessarie all’ atto, prima fra tutte la capacità di leggere.
Ad avviare il processo di mediazione della pubblicità è stata l’invenzione tardo-
medioevale della stampa con relativa produzione, diffusione e appropriazione di
messaggi su carta stampata; ciò diede origine ad una collettività non collocata
nello spazio e nel tempo, un insieme di individui che, seppur privati della
tradizionale interazione faccia a faccia, potevano accedere a quel tipo di