INTRODUZIONE
Nella primavera del 1945 la posizione della Germania nazista era ormai
definitivamente compromessa; il Paese era in ginocchio e buona parte degli
edifici ridotti a un cumulo di macerie; non esisteva alcuna forza politica o
apparato amministrativo in grado di confrontarsi dignitosamente con le forze
alleate, ormai destinate alla vittoria.
L'8 Maggio 1945 vi fu la resa definitiva del Terzo Reich. Dopo che una prima
richiesta di pace separata, con l'offerta di capitolazione solo di fronte alle
armate occidentali, venne seccamente rifiutata dagli alleati, l'esecutivo dell'alto
comando tedesco, presieduto dall'ammiraglio Karl Dönitz, fu costretto a
firmare la resa incondizionata (unconditional surrender) nei confronti dei Capi
di Stato Maggiore delle forze alleate: il generale Dwight Eisenhower per gli
Stati Uniti e il maresciallo Georgij Zukov per l'Unione Sovietica. La coalizione
tra le potenze occidentali e l'Unione Sovietica, infatti, era riuscita a rimanere
salda fino a quel momento, nonostante profonde divergenze ed una reciproca
diffidenza: la priorità degli alleati era quella di raggiungere la vittoria militare e
di debellare il nazismo in Europa.
Il mese successivo, con una dichiarazione comune, le quattro “potenze”
vincitrici della Seconda Guerra Mondiale (Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran
Bretagna e Francia) assunsero formalmente il controllo di tutti i poteri sul
territorio tedesco, delineato secondo i confini precedenti al 1937, dando vita ad
un Consiglio di Controllo interalleato il quale si sarebbe dovuto occupare di
tutte le decisioni politiche ed amministrative del regime di occupazione. Anche
la capitale Berlino, integralmente situata nell'area sovietica, venne suddivisa in
quattro zone.
Fu proprio l'interesse per controllo della città di Berlino che calamiterà le
attenzioni del mondo negli anni del dopoguerra e diventerà il principale teatro
di “scontro” tra le due superpotenze (ex-alleate) Stati Uniti ed Unione Sovietica
in piena Guerra Fredda. Berlino non era solo la capitale distrutta del Terzo
Reich, ma era anche il simbolo dell'intera Germania, il fulcro economico e
politico attraverso il quale sarebbe partita la ricostruzione dell'intera nazione,
nonché la sede istituzionale tedesca. Ciò che caratterizzava l'importanza di
Berlino non era dunque la sua mera posizione geografica, bensì la sua
immagine, il suo significato e il suo ruolo di città di confine tra due mondi
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completamente antitetici tra loro: quello marxista-leninista e quello
democratico-liberale.
La guerra sul continente europeo volgeva finalmente al termine; tuttavia, un
nuovo e cruciale dilemma andava delineandosi: quale assetto dare alla
Germania ed all'intera Europa per evitare che catastrofi come la Seconda
Guerra Mondiale potessero ripetersi? Quale strategia politico-diplomatica
adottare per evitare che i rapporti tra le due superpotenze degenerassero
irrimediabilmente?
Questa tesi ha il compito di esporre ed analizzare le vicende storiche sotto un
duplice punto di vista: il primo, mira a percorrere e riesaminare le principali
vicende europee che caratterizzarono l'inizio della guerra fredda, in particolare
con riferimento al blocco di Berlino; il secondo, invece, è uno studio sul punto
di vista dell'opinione pubblica italiana sui fatti che segnarono indelebilmente la
Germania post-bellica.
La tesi, per questo motivo, è stata strutturata su quattro capitoli:
– Nel primo si ripercorre storicamente la vicenda delle conferenze
interalleate e l'inizio del deterioramento dei rapporti tra i quattro alleati
della Seconda Guerra Mondiale. Come noto, una delle principali
questioni che segnarono la rottura tra sovietici ed occidentali fu proprio
la suddivisione della Germania e la difficile gestione dell'ex capitale del
Reich.
– Nel secondo si focalizza l'attenzione sulla cosiddetta “questione
tedesca” e sulla creazione delle due Germanie separate: la Repubblica
Federale tedesca, filo occidentale, e la Repubblica Democratica tedesca,
filo sovietica. Come vedremo in seguito, la scissione fu determinante
anche per le decisioni che portarono al drastico peggioramento dei
rapporti nella gestione berlinese: si può infatti sostenere che la
questione tedesca e quella berlinese si alimentarono vicendevolmente
costruendo le basi della creazione delle due entità statali.
– Nel terzo capitolo è presente un focus molto dettagliato sulla vicenda
del blocco sovietico di Berlino e del ponte aereo alleato. La questione
berlinese divenne ben presto il cuore della prima guerra fredda, un
perfetto terreno di battaglia per dimostrare la supremazia di una
superpotenza sull'altra.
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– Nel quarto è ultimo capitolo viene invece svolto un lavoro di ricerca ed
analisi sulle diverse posizioni dell'opinione pubblica italiana rispetto
agli eventi tedeschi. Per questo, sono stati presi in considerazione i
principali quotidiani del tempo portatori di valori politici differenti:
“L'Unità”, strettamente legato al partito comunista italiano e fervido
sostenitore della politica sovietica; “La Stampa”, vicina a posizioni
liberali; e il “Corriere della Sera”, il più imparziale dei tre, più su
posizioni conservatrici.
Nella speranza che il lavoro svolto riscontri l'interesse dei lettori tengo a
precisare che le osservazioni finali devono essere considerate come il mio
semplice e personale punto di vista sulle vicende che segnarono i primi anni
della Germania post-bellica.
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CAP. 1:
LA SITUAZIONE DELLA GERMANIA AL TERMINE DELLA
SECONDA GUERRA MONDIALE
1.1 – LE CONFERENZE INTERALLEATE.
Il problema tedesco venne affrontato per la prima volta durante la
Conferenza tripartita di Mosca dei Ministri degli Esteri, nell'Ottobre 1943. Qui
i tre “grandi” alleati Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna discussero
sul trattamento da riservare alla Germania una volta sconfitta; durante tale
Conferenza furono esplicitamente condannate le atrocità commesse dal regime
nazista nei territori occupati e venne preso il formale impegno di sottoporre a
giudizio, una volta conclusa la guerra, i diretti responsabili; venne inoltre
discusso il futuro assetto da dare alla Germania sulla base di documenti
presentati dalla delegazione statunitense
1
; in particolare, si decise di istituire a
Londra una Commissione Consultiva Europea per lo studio dei problemi che
sarebbero sorti nel continente alla cessazione delle ostilità.
Il passo successivo fu la Conferenza di Teheran (28 novembre – 1 dicembre
1943), il primo summit tra i tre capi di Governo alleati: Franklin Delano
Roosevelt, Winston Churchill e Josif Stalin). Durante questo incontro venne
posto l'obiettivo di concordare una politica comune per impedire il risorgere di
una minaccia espansionistica tedesca in Europa. Di fatto, tale obiettivo si
sarebbe realizzato attraverso una duplice dimensione: una economica, orientata
a contenere e controllare il potenziale industriale tedesco, e l'altra territoriale,
attraverso la divisione del territorio tedesco in diversi Stati autonomi. A tal
riguardo, ogni delegazione avanzò delle proposte:
1 “(...) mentre venivano confermati i dubbi sulle possibilità di realizzare un effettivo smembramento della
Germania in più stati (...)” E. Collotti, “Storia delle due Germanie: 1945 – 1968”, Einaudi edit., Torino,
1968, pag. 9.
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– La Gran Bretagna puntava al completo disarmo militare e al controllo
del potenziale industriale e tecnologico tedesco, senza incidere
profondamente sull'assetto territoriale della Germania, per evitare di
ripetere gli errori commessi precedentemente nella Conferenza di
Versailles che pose fine alla Prima Guerra Mondiale, e che comportò
sanzioni pesantissime per la giovane “Repubblica di Weimar”;
(all'articolo 231 tale Trattato prevedeva l'imposizione del pagamento dei
danni per le responsabilità del Reich: ogni anno Berlino fu condannata a
sborsare 2,5 miliardi degli allora Reichsmarks dal proprio gettito fiscale
nelle casse degli Stati vincitori. Solamente nell'ottobre 2010 la
Germania – unificata – ha finito di pagare i debiti imposti dal Trattato).
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2 “Debiti con l’estero (Trattato di Londra sui debiti)», si legge al punto 2.1.1.6 della Finanziaria tedesca
2010. Importo: 69.950.000. All’apparenza una voce come tante. In realtà quei 69 milioni e 950 mila euro
chiudono un’epoca: domenica, quando verranno versati, la Prima guerra mondiale potrà dirsi finalmente
conclusa. Sarà infatti anche vero che l’ultima battaglia risale a oltre 90 anni fa e che l’ultimo veterano
tedesco, il giurista di Lipsia Kästner, è passato a miglior vita nel 2008. Eppure per la Germania quel
conflitto non è mai finito: mentre assisteva alla nascita e al tragico declino della Repubblica di Weimar,
mentre appoggiava la folle ascesa del nazismo e abbracciava l’ideologia razzista del suo Führer, mentre
lanciava una nuova, devastante guerra, si spaccava in due e infine si ricongiungeva, la Germania si
portava dietro un pesante fardello: le riparazioni della Prima guerra mondiale. Un conto salatissimo, che
Berlino salderà finalmente il 3 ottobre. Una data scelta non a caso: quel giorno, infatti, nelle stesse ore in
cui festeggerà i 20 anni della sua riunificazione, la Germania pagherà l’ultima tranche dei debiti di guerra,
chiudendo così una vicenda che si trascina dal 1919. Fu in quell’anno che a Versailles la Germania fu
costretta a riconoscersi unica responsabile del Primo conflitto mondiale e si impegnò a versare riparazioni
salatissime. L’importo verrà fissato solo due anni dopo: 132 miliardi di marchi oro, una cifra già enorme
per la giovane Repubblica di Weimar, diventata impagabile a seguito dell’inflazione galoppante: nel 1914
il dollaro costava poco più di quattro marchi; nel novembre del 1923 era arrivato a toccare quota
4.200.000.000.000 Marchi.Fu così che si rese necessaria una prima correzione di rotta: nel 1924 il «piano
Dawes» concedeva alla Germania un’obbligazione da 800 milioni di marchi oro con un interesse del 7 per
cento. La seconda correzione arrivò cinque anni dopo con il «piano Young», che consentiva alla Germania
di «spalmare» il pagamento dei debiti fino al 1988 e lanciava un’altra obbligazione da 300 milioni di
marchi oro, stavolta a un tasso più conveniente (5,5 per cento). Ad assicurarsi le obbligazioni furono
soprattutto dei privati, per i quali l’investimento si rivelerà una catastrofe: la Germania, infatti, non ha
mai saldato quel debito. Il primo stop arrivò poco dopo: per l’ideologia nazista le riparazioni di Versailles
rappresentavano una vergogna da cancellare a tutti i costi. Fu così che, dopo aver tentato invano un
«referendum contro il piano Young» già nel 1929, quattro anni dopo, ormai al potere, Hitler decise
semplicemente di bloccare i pagamenti. Bisognerà aspettare fino al 1945, perché la questione delle
riparazioni torni all’ordine del giorno. Dopo la guerra a farsi carico dei debiti fu la sola Germania
occidentale: Bonn decise, infatti, di ricominciare a saldare il conto mai pagato, anche se gli Alleati
preferirono sforbiciarlo non poco, per non strozzare la neonata Repubblica federale e non ripetere così il
tragico errore compiuto dal piano Dawes. Fu così che alla conferenza sul debito di Londra del 1953 il
capo-delegazione tedesco Hermann Josef Abs (che in seguito guiderà per un decennio la Deutsche Bank)
riuscì a convincere le controparti ad abbassare le riparazioni a 30 miliardi di marchi. A restare scoperte
furono, però, due obbligazioni siglate tra il 1945 e il 1952 e il cui pagamento venne semplicemente
rinviato al periodo successivo alla riunificazione e scaglionato su un periodo di vent’anni. A conti fatti,
l’ennesimo stop: l’ipotesi di una Germania riunita appariva, infatti, allora lontanissima. Con l’ingresso dei
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– Gli Stati Uniti proposero la spartizione della Germania in cinque Stati
autonomi ed in due zone sotto amministrazione delle Nazioni Unite,
nella Ruhr e nella regione Anseatica.
– L'Unione Sovietica avanzò invece pretese di modifiche territoriali
allargando i propri confini verso la Polonia; quest'ultima, a mo' di
compensazione, avrebbe incorporato territori ad occidente, a danno
della Germania, per le eventuali perdite “orientali”.
Nell'impossibilità di raggiungere un'intesa definitiva la questione venne
deferita all'analisi della Commissione Consultiva Europea; grazie a tale organo
fu possibile trovare un iniziale accordo sui punti di vista degli alleati. In
particolare, la Commissione si occupò della delimitazione delle zone
d'occupazione nelle quali sarebbe stata ripartita la Germania, basandosi sul
principio di “amministrazione e responsabilità congiunta”.
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Con la successiva conferenza di Yalta (4 - 11 febbraio 1945), l'ipotesi dello
smembramento territoriale non fece passi avanti sostanziali: vennero
delimitate definitivamente le rispettive zone di occupazione e si stabilì la
necessità di strutturare un controllo militare congiunto.
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In merito alle
riparazioni di guerra venne stabilito che esse sarebbero state calcolate in tre
modalità: rimozione di impianti e beni industriali, forniture di merci e beni di
produzione, prestazioni di manodopera tedesca. Sì trovò inoltre un accordo per
l'approvazione alla piena partecipazione della Francia all'occupazione della
Germania; la zona francese sarebbe stata “ritagliata” all'interno delle zone già
assegnate a Gran Bretagna e Stati Uniti
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, senza quindi intaccare la zona
orientale assegnata all'U.R.S.S.
territori dell’ex Repubblica democratica nella Repubblica federale, invece, sono rispuntate le clausole
dimenticate. E per la Germania, nata praticamente già appesantita dai debiti passati, si è riaperto il
conto. Nel 1990 la Repubblica federale doveva ai possessori delle obbligazioni del piano Dawes e Young
qualcosa come 125 milioni di euro. Interessi che Bonn prima, Berlino poi hanno segnato puntualmente
ogni anno nella propria legge Finanziaria. E che ora, oltre novant’anni dopo la firma del Trattato di
Versailles, la Germania è pronta a pagare, chiudendo letteralmente il conto con la Prima guerra mondiale
e i suoi incubi.” Articolo a cura di A. Alviani, “La Germania domenica chiude la Grande Guerra” da La
Stampa del 1° ottobre 2010.
3 E. Collotti, “Storia delle due Germanie: 1945 – 1968”, cit., pag. 14.
4 Vds. Punto III del testo degli accordi raggiunti alla Conferenza di Yalta: (Smembramento della Germania)
“Il Regno Unito, gli Stati Uniti d'America e l'U.R.S.S. rappresenteranno la suprema autorità in tutta la
Germania. Nell'esercitare tale Autorità essi adotteranno tutti i provvedimenti che riterranno opportuni e
necessari a garantire la pace e la sicurezza, ivi compreso lo smembramento della Germania”.
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