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Generalità
Ciclo dell’azoto
L’azoto è uno degli elementi essenziali che costituiscono il protoplasma
e, come tutti gli elementi essenziali, circola nella biosfera dall’ambiente
agli organismi e viceversa seguendo un percorso più o meno circolare
detto ciclo biogeochimico dell’azoto, un ciclo molto complesso diviso
in due “pools”:
ξ Pool di riserva, che costituisce il componente più ampio, meno attivo
e generalmente non biologico, che nel caso dell’azoto è costituito
dall’atmosfera.
ξ Pool di scambio, la parte più attiva ed in rapido movimento tra gli
organismi e l’ambiente.
L’atmosfera, costituita per l’80% di azoto, è la riserva di questo sistema;
infatti l’azoto passa nell’atmosfera ad opera dei batteri denitrificanti e da
questa torna nel ciclo per azione di alghe e batteri azotofissatori
(biofissazione), oltre che ad opera di fulmini e altri meccanismi fisici di
fissazione.
Inoltre va considerata l’azione antropica che, con la fissazione industriale
per la produzione di concimi e con la coltivazione delle leguminose,
contribuisce in modo notevole al ritorno dell’azoto in circolo.
Parte dell’azoto è perso dalle zone terrestri e finisce verso i sedimenti
oceanici profondi, uscendo così dal ciclo per alcuni milioni di anni,
mentre è rimpiazzato da quello che, contenuto nei gas vulcanici, si
diffonde nell’atmosfera ad ogni eruzione.
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Il ciclo dell’azoto è regolato da meccanismi a retroazione (feed-back) che
lo mantengono in perfetto equilibrio.
Fig. 1: ciclo dell’azoto (tratta da: Basi di Ecologia – Odum E. P.)
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Biofissazione dell’azoto atmosferico
L’energia necessaria per questo processo è tratta dalla sostanza
organica o dall’energia solare.
Gli organismi capaci di fissare l’azoto atmosferico si dividono in:
ξ Batteri liberi – Azotobacter (aerobico) e Clostridium (anaerobico).
ξ Batteri simbionti su leguminose – Rhizobium
ξ Alghe azzurre (cianobatteri) – Anabena in simbiosi con la felce
acquatica Azolla, Nostoc e altri membri dell’ordine delle Nostocales.
ξ Batteri fotosintetici – Rhodospirillum
ξ Batteri del terreno – Pseudomonas
ξ Attinomiceti, funghi primitivi presenti nei noduli radicali delle seguenti
famiglie: Alnus, Ceanothus, Comptonia, Elaeagnus, Myrica,
Casuarina, Coriaria, Araucaria e Ginkgo.
La biofissazione è mediata da un enzima, la nitrogenasi, che catalizza
la scissione delle molecole di N
2
, abbassando l’energia di attivazione
necessaria per la rottura del triplo legame NΞN, in modo da convertirla
(con somma di idrogeno dall’acqua) in due molecole di ammoniaca.
La nitrogenasi è costituita da due componenti proteiche: componente I
(P.M.= 220.000, 4 subunità, contenenti 24 atomi di Fe e 2 atomi di Mo) e
componente II (P.M.= 55.000, 2 subunità con 2 atomi di Fe).
Una proteina trasportatrice trasferisce gli elettroni alla nitrogenasi, che li
fa reagire con N
2
attraverso il componente II e poi I, dove avviene la
riduzione.
Entrambi i componenti proteici si alterano irreversibilmente per contatto
con l'O
2
atmosferico. Pertanto i microorganismi azotofissatori hanno
sviluppato diversi accorgimenti per proteggere dall'O
2
i propri enzimi: ad
esempio molti cianobatteri possiedono cellule specializzate (eterocisti) a
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pareti ispessite, che contengono la nitrogenasi e la isolano dal contatto
con l'O
2
atmosferico, oppure molti microrganismi azotofissatori anaerobi
vivono solo in strati profondi del terreno, dove l'O
2
è assente.
Il sistema più perfezionato di protezione contro l'O
2
atmosferico è
comunque rappresentato dalla simbiosi tra Rhizobium e leguminose: l'O
2
non può raggiungere i batteri in quanto è legato da una proteina (leg-Hb)
sintetizzata dalla pianta nei noduli radicali e che lo cede solo quando
necessario. Si è osservato che la biofissazione nei noduli radicali è dieci
volte più efficiente della biofissazione negli organismi a vita libera.
La simbiosi con le piante superiori è vantaggiosa sia per i microrganismi
(habitat congeniale, protezione della nitrogenasi da un eccesso di O
2
che
inibisce la fissazione, energia di alta qualità), sia per le piante che
ottengono azoto immediatamente assimilabile.
L'azoto viene poi reso disponibile in seguito al rilascio da parte delle
popolazioni microbiche azotofissanti, oppure per cattura e digestione
degli azotofissatori da parte di predatori. In questo modo l'azoto diventa
disponibile per gli altri organismi che vivono in quello stesso ecosistema.
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Mineralizzazione
L’azoto protoplasmatico, alla morte dell’organismo, passa da una forma
organica ad una inorganica (ammoniaca e nitrati) a causa dell’azione
mineralizzante di una serie di batteri decompositori, ciascuno
specializzato per un particolare passaggio.
Come tutti i viventi i Batteri hanno bisogno, per vivere e riprodursi, di
energia e di una serie di elementi che, opportunamente elaborati,
andranno a costituire i nuovi individui. La principale forma di energia
sfruttata dai Batteri utilizzati per i processi di biodepurazione è quella
contenuta nel legame chimico dei composti, da cui il nome di
“chemotrofi”, a differenza dei “fototrofi” che utilizzano l’energia
luminosa.
Un’ulteriore suddivisione riguarda i Batteri chemotrofi in:
ξ Chemorganotrofi: utilizzano l’energia chimica dei composti organici
ξ Chemolitotrofi: utilizzano l’energia chimica dei composti inorganici
Tra questi ultimi rientrano in particolare quelli trattati in questo lavoro,
cioè i Batteri nitrificanti, che ricavano energia dall’ossidazione
dall’ammoniaca a nitrito (appartenenti ai generi Nitrosomonas,
Nitrosospira, Nitrosococcus, Nitrosobulos) e da nitrito a nitrato (generi
Nitrobacter, Nitrospina, Nitrococcus), mentre limitano le altre esigenze
metaboliche a sostanze semplici come acqua, anidride carbonica,
solfati e alcuni sali minerali (Foch e Verstraete, 1977).
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Rimozione biologica dell’azoto dalle acque reflue
Le specie più interessanti nel campo dei trattamenti biologici sono
sicuramente Nitrosomonas europea (sinonimo Nitrosomonas
monocella) suddivisa in 13 ceppi* e Nitrobacter winogradskyi (sinonimo
Nitrobacter agilis) a sua volta divisa in 6 ceppi.
In letteratura è nota (Ramadori R., Tandoi V.) anche una nitrificazione
eterotrofa, cioè realizzata da microrganismi che necessitano di
carbonio organico per la crescita (Arthrobacter, Pseudomonas
aeruginosa, Hansenula mrakii, Aspergillus flavus), che però avviene
con una cinetica di due, tre ordini di grandezza inferiore a quella
chemolitotrofa.
Il processo di nitrificazione, trascurando la produzione di biomassa
(0.15 mg di cellule per mg di azoto ammoniacale ossidato ad azoto
nitrico), può essere rappresentato mediante le seguenti reazioni:
Nitrosomonas sp.
N-NH
4
+
+ 3/2 O
2
ο N-NO
2
-
+ 2 H
+
+ H
2
O
Nitrobacter sp.
N-NO
2
-
+ ½ O
2
ο N-NO
3
-
Riassumendo:
N-NH
4
+
+ 2 O
2
ο N-NO
3
-
+ 2 H
+
+ H
2
O
*
il ceppo si individua tenendo conto del diverso comportamento fisiologico dei batteri nell’ambito della stessa
specie.
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I batteri chemolitotrofi utilizzano l’ammoniaca ed il carbonio inorganico
per la sintesi cellulare, ottenendo l’energia per il metabolismo
dall’ossidazione dell’azoto ammoniacale a nitriti e nitrati e servendosi
dell’ossigeno molecolare come accettore finale di elettroni.
Caratteristiche Genere
Nitrosomonas sp. Nitrobacter sp.
Forma ovoidale o bastoncello
Dimensioni 0,6-0,8*1-2 µm 0,6-0,8*1-0,2 µm
Motilità presente o meno
Colorazione di
Gram
negativa
Tempo di
generazione
8-36 h 15-58 h
Autotrofia obbligata per entrambi
Utilizzo
ossigeno
anaerobiosi stretta per entrambi
Fig. 2: caratteristiche morfologiche e fisiologiche dei generi
Nitrosomonas e Nitrobacter
Assumendo che la composizione cellulare dei Nitrosomonas sp. e dei
Nitrobacter sp. sia C
5
H
7
O
2
N e che i rendimenti di crescita per queste
due specie batteriche siano rispettivamente 0.15 mg VSS*/mg N-NH
3
e
0.02 mg VSS*/mg N-NO
2,
l’equazione biochimica di ossidazione
completa a nitrato è:
N-NH
4
+
+ 1.83 O
2
+ 1.98 HCO
3
-
ο 0.02 C
5
H
7
O
2
N + 0.98 NO
3
-
+ 1.88 H
2
CO
3
+ 1.04 H
2
O
* solidi sospesi volatili: esprimono la quantità di biomassa prodotta
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Questa equazione evidenzia tre aspetti di notevole importanza nel
processo:
1. La significativa richiesta di ossigeno: ne sono necessari circa 4,3 mg
per mg di azoto ammoniacale ossidato ad azoto nitrico. Quindi è
necessario assicurare almeno 2 mg/l di O
2
disciolto nelle vasche di
reazione, perché sperimentalmente si è verificato che già sotto 1
mg/l la nitrificazione rallenta, sino a inibirsi completamente sotto il
valore di 0.2 mg/l di O
2.
Al contrario i batteri nitrificanti non sembrano soffrire eccessive
concentrazioni di O
2
disciolto, almeno sino a valori di 60 mg/l.
2. La significativa richiesta di alcalinità necessaria a tamponare l’acidità
prodotta dal metabolismo batterico come acido carbonico (circa 7
mg come CaCO
3
per mg di azoto ammoniacale ossidato). Visti
alcuni recenti studi (Ekama e Marais, 1984) si assume che i batteri
nitrificanti crescano alla loro velocità massima nell’intervallo di pH
compreso tra 7.2 e 8.5. Appare quindi necessario prevedere la
possibilità di dosaggio di un alcale, anche perchè il pH controlla la
concentrazione di ammoniaca libera e l’acido nitroso indissociato,
sostanze inibenti l’attività stessa dei batteri (Anthonisen et al., 1976).
3. La scarsa produzione di biomassa nitrificante per peso unitario di
azoto ammoniacale ossidato; i rapporti stechiometrici indicano la
produzione di solo 0.17 grammi di biomassa per ogni grammo di
azoto ammoniacale ossidato.
Altri importanti aspetti da sottolineare riguardo al processo di
nitrificazione:
ξ I batteri nitrificanti sono sensibili all’azione inibente di un gran
numero di sostanze che agiscono sia interferendo nel metabolismo
generale delle cellule sia bloccando la formazione dei vari composti