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Introduzione
Il presente lavoro è rivolto ad analizzare il fenomeno della diffusione delle
Information Communication Technology nel contesto educativo italiano e le
condizioni di sostenibilità dei processi innovativi avviati a favore.
Le trasformazioni degli ultimi decenni avvenute nel campo della comunicazione
e della tecnologia hanno rivoluzionato il modo di comunicare, accedere e
condividere le conoscenze e le informazioni. Stante il forte legame tra questi
aspetti socio-comunicativi e le metodologie didattiche che le scuole mettono in
pratica, appare evidente che queste vanno riviste alla luce di tali trasformazioni
che hanno una portata rivoluzionaria.
Questa situazione, ancora in evoluzione nel territorio italiano (e in ritardo
rispetto alle altre realtà dell’Unione Europea) pone nuove condizioni alla
didattica e allo stesso tempo offre nuove possibilità. Introdurre le ICT nel
contesto educativo scolastico non è solo una necessità della scuola che
desidera rinnovarsi. E’ prima di tutto una responsabilità che deve assumersi nei
confronti delle nuove generazioni che vanno educate verso un uso critico e
riflessivo di tali strumenti. I più giovani sono coloro che hanno un contatto
maggiore con questi strumenti, pertanto la scuola dovrebbe assumere il ruolo di
mediatore tra i giovani e le ICT: deve offrire agli studenti gli strumenti critici e la
capacità di analisi necessarie per utilizzare i nuovi media in maniera
consapevole e giudiziosa. “Ci deve essere, allora, un modo per ripensare,
valorizzare, il concetto di alfabetizzazione, e, senza minimizzare l’importanza di
una scuola di massa che rappresenta, certo, la grande conquista degli ultimi
decenni, rivedere alcuni capisaldi della nostra idea di formazione, ora che
apparteniamo a un’epoca definita “della conoscenza”, che chiede cittadini pronti
ad affrontare la complessità che il futuro sembra riservarci” (Anichini, 2012, p.
xiii). Grazie ai progressi degli ultimi decenni nel campo dell’informatica e delle
ICT la scuola può avvalersi di nuovi strumenti che, attraverso la tecnologia di
Internet, possono permettere un apprendimento di tipo esperienziale,
contrapposto alla classica trasmissione passiva delle conoscenze. Tale
prospettiva ha le sue radici nei lavori d’inizio Novecento condotti da John
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Dewey (1859 - 1952), poi rafforzata da quelli di Kurt Lewin che sottolinea
ulteriormente l’importanza della pratica collegata alla teoria. Anche le teorie di
Jean Piaget danno rilievo al ruolo dell’esperienza empirica nell’apprendimento
del bambino e sullo stesso sfondo epistemologico si muove David Kolb che
approfondisce maggiormente le fasi dell’ apprendimento basato sull’esperienza.
Questi sono solo alcuni tra i più importanti autori che hanno contribuito alla
realizzazione del modello d’apprendimento costruttivistico, basato appunto,
sulla costruzione delle conoscenze e non sulla loro trasmissione. Tale visione
sembrerebbe oggi possibile grazie alle ICT che, applicate in campo didattico,
possono contribuire alla realizzazione di un apprendimento di questo tipo che si
discosta dalle tradizionali lezioni frontali. Per supportare e sostenere le pratiche
attive e collaborative che questo modello prevede è necessario prendere atto
delle diverse dimensioni che vengono coinvolte, oggetto di questa tesi: la
dimensione formativa, la dimensione organizzativa, la dimensione finanziaria e
la dimensione della sostenibilità che, in un certo senso, abbraccia
necessariamente le precedenti.
Le implicazioni formative derivate dall’introduzione delle tecnologie didattiche
nei percorsi educativi sono diverse e si cercherà di esaminarle dal punto di vista
del discente e del docente, pertanto anche dalla prospettiva dell’intero corpo
scolastico. La trasformazione avvenuta dal punto di vista socio-comunicativo
rende necessario rivedere metodi e procedure, prevedere corsi di formazione
per il proprio personale e pertanto, interessa l’istituto nella sua totalità di aspetti.
L’istituto scolastico e il corpo docente sono coinvolti anche dal punto di vista
strutturale poiché l’ingresso di tali nuovi media spinge a una riconfigurazione
degli ambienti che sia maggiormente adeguata ai modi collaborativi e attivi di
apprendimento che si vogliono sviluppare.
Questi cambiamenti che coinvolgono, dal punto di vista didattico, elementi
squisitamente legati all’apprendimento e all’educazione ma anche aspetti
infrastrutturali, hanno destabilizzato gli istituti scolastici italiani, già spaesati
dalla stessa rivoluzione che procede, ancora, molto velocemente.
Si cercherà di comprendere le posizioni dei docenti il cui ruolo si rimodella nel
nuovo scenario didattico. S’indagherà sui loro bisogni formativi più volte
espressi in alcune ricerche, e quegli atteggiamenti di resistenza riscontrati in
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diverse realtà. Un’ulteriore indagine si focalizzerà sui progetti realizzati
attraverso i finanziamenti promossi dalle istituzioni politiche nazionali e
internazionali e si esamineranno i presupposti di fattibilità degli stessi.
Tre esperienze italiane saranno utilizzate per descrivere il primo approccio con
le tecnologie nel contesto scolastico quotidiano e il loro utilizzo effettivo nella
quotidianità. Verrà inoltre esaminato un importante un progetto di formazione
dedicato, invece, ai docenti, fulcro di questa rivoluzione e della sua sostenibilità,
come si dimostrerà nell’analisi finale di ogni caso dedicata, appunto, alle
condizioni di fattibilità dei processi innovativi in corso.
I contesti educativi italiani dotati di tecnologie sufficienti a garantire forme
innovative di apprendimento rappresentano, purtroppo, una percentuale minima
rispetto alla totalità del sistema scolastico italiano. Si rende così evidente la
necessità di superare questo divario che può rappresentare una
discriminazione sotto il profilo delle opportunità di sviluppo e di crescita. Se
consideriamo lo sviluppo delle competenze digitali come valore per la crescita e
lo sviluppo sociale del paese, superare il digital divide creatosi è fondamentale.
S’intende, in tal senso, sia la dotazione tecnologica e infrastrutturale sia la
presenza di competenze tali da permettere un uso dei media nei contesti
didattici. In presenza di tale condizione, che si traduce in un vero disagio
sociale, si preclude la possibilità di apprendere in maniera diversa.
“Sognavo di poter un giorno fondare una scuola in cui si potesse apprendere
senza annoiarsi, e si fosse stimolati ma porre dei problemi e a discuterli; una
scuola in cui non si dovessero sentire risposte non sollecitate a domande non
poste; in cui non si dovesse studiare al fine di superare gli esami” (Karl Popper,
1997, p. 107).
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Capitolo I
La rivoluzione digitale
1.1 L’evoluzione storica delle ICT e la loro influenza nel contesto
sociale contemporaneo
Nel corso della storia, il sapere e la sua accessibilità hanno avuto diverse
sfaccettature: talvolta pubblico, talvolta custodito dalle istituzioni, ha sempre
avuto un carattere del tutto diverso da quello odierno. Accedere alla
conoscenza è sempre stata una caratteristica che, nell’immaginario collettivo,
appartiene a poche personalità dotate di una particolare predisposizione. Il
sapere, sulla scorta di questo stereotipo, si configura come qualcosa di
“segreto”, di “difficile appropriazione”: un privilegio cui hanno accesso solo le
menti più edotte.
Con la nascita della scuola pubblica e, soprattutto, con la sua obbligatorietà, il
sapere ha perso questa immagine per acquisirne una nuova, anzi contraria:
diventa qualcosa di pubblico, di comune, si trasforma in un diritto che viene
garantito a tutti. Nel scorso secolo, la sua immagine è cambiata ancora a
seguito dei progressi delle ICT (Information and Communication Technology),
acronimo inglese il cui corrispondente italiano è TIC (Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione). Con questo termine s’intende
l’insieme delle tecnologie che permettono la trasmissione, l’elaborazione e la
ricezione delle informazioni e pertanto consentono la comunicazione, sincrona
o asincrona, a distanza.
A seguito della diffusione, su larga scala, di queste tecnologie, le informazioni
da esse veicolate hanno raggiunto un alto grado di accessibilità sociale. Dal
diciannovesimo secolo, infatti, “con il dilatarsi del mondo, la progressiva
scoperta della diversità, la crescita sempre più rapida delle conoscenze
scientifiche e tecniche, il progetto di dominio del sapere da parte di un individuo
o di un gruppo ristretto si è rilevato sempre più illusorio. Oggi, è diventato
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evidente, tangibile a tutti, che la conoscenza è definitivamente passata dalla
parte del non-totalizzabile, del non-dominabile” (Lévy, 1997, p. 157).
Nonostante la trasformazione dell’ambito del sapere, la scuola continua a
svolgere un ruolo fondamentale di supporto nella formazione delle nuove
generazioni e offre loro le conoscenze di base e i metodi per acquisirne delle
nuove. Senza questo supporto non sarebbe possibile nemmeno il cambiamento
sociale in atto oggi, derivato proprio dalla nascita e dalla diffusione delle nuove
ICT, argomento di questa tesi. Giuseppe Longo, epistemologo e teorico dei
nuovi media, sostiene che l’uomo - fin dai primordi - “è sempre stato
strutturalmente ibridato con gli oggetti culturali (tecnologici, rituali, simbolici) che
ha prodotto” (2003, p. 189). L’autore utilizza il termine simbionte per descrivere
la complessa interazione uomo-ambiente-altri uomini-tecnologia. Gli uomini,
sostiene l’autore, sono sempre stati dei simbionti delle tecnologie che hanno di
volta in volta ideato, utilizzato e spesso subito. Tale visione, criticata in seguito,
evidenzia comunque lo stretto rapporto tra uomo e tecnologia. Secondo Feola,
le tecnologie della comunicazione modificano le idee sul modo di trasmissione
del sapere, sul rapporto con esso e la sua immagine collettiva. Gli sviluppi delle
tecnologie della comunicazione “stanno quotidianamente mutando le abitudini e
i comportamenti fino a spostare le frontiere del possibile sulla produzione
stessa del sapere. E’ un radicale cambiamento di prospettiva che mette in gioco
le stesse immagini del sapere” (2013, p. 65).
La conoscenza e il sapere, un tempo racchiusi nei libri e nelle grandi opere
letterarie, ora sono ovunque. Non è necessario avere più libri per ogni disciplina
o argomento. Tutto può essere visualizzato sullo stesso supporto che,
connesso alla rete, ha accesso a qualsiasi contenuto. La rivoluzione, da questo
punto di vista, è innegabile, soprattutto per coloro che hanno vissuto i decenni
precedenti a queste novità.
Dagli anni ’60, ad oggi, le tecnologie informatiche sono entrate a far parte del
novero degli oggetti utilizzati nel quotidiano dall’uomo per facilitare, velocizzare
e compiere le più svariate attività nonché per accedere a qualsiasi
informazione. In quegli anni i primi personal computer cominciavano a
diffondersi, prima negli Stati Uniti e poi nel vecchio continente, e il loro utilizzo
diventava sempre più “domestico”.
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Erano gli albori di quella che venne poi denominata rivoluzione digitale, in cui
tutt’oggi ci troviamo coinvolti: al personal computer si sono aggiunti nuovi
dispositivi tecnologici che, grazie alla velocità della connessione a banda larga,
ulteriore rivoluzione che ha cambiato il loro utilizzo e, di riflesso, la loro
immagine, stanno trasformando diversi aspetti della vita sociale (e non solo)
dell’uomo.
Inizialmente, il mercato restò indifferente a questi primi input, attirando
l’attenzione solo di appassionati o di particolari personaggi illuminati. Questi
ultimi, tra cui possiamo citare Steve Jobs e Steve Wozniak, perseguivano
l’obiettivo di rendere semplice ed economico, e quindi “personal”, il computer
affinché potesse essere alla portata di tutti. Tutti dovevano possedere tale
strumento, funzionando, peraltro, come qualsiasi altro elettrodomestico
casalingo. La visione, poi realizzatasi concretamente nei decenni a seguire, fu
sempre sostenuta dalla corrente dei tecno-entusiasti, di coloro cioè che in
queste tecnologie hanno sempre visto il futuro dell’uomo nonché il suo
progresso, fino ad arrivare alle più recenti teorie deterministiche.
D’altro canto, vi era chi invece diffidava da queste novità e, fuorviato anche dai
primi corsi di formazione, rimaneva restio di fronte alle nuove possibilità di
questi strumenti. Quando queste pesanti macchine sono riuscite, grazie ai
nuovi progressi tecnologici, a uscire dall’“autismo comunicativo”, cioè dalla
solitudine di fronte alla macchina che caratterizza i primi corsi on line dell’e-
learning, la fiducia nel loro utilizzo è cresciuta e ha permesso alle ICT di
invadere le case delle famiglie nei paesi sviluppati.
La svolta è avvenuta grazie alla tecnologia di Internet, quando il 6 agosto 1991
Tim Berners Lee mette in linea il primo sito web. Da allora la sua diffusione è
sempre stata esponenziale sino a raggiungere 2.405.518.376 di persone on line
in una recente rilevazione (Internet World States, 2012).
Sebbene si pensò inizialmente all’utilizzo delle tecnologie in ambito didattico
come “facilitatori” del docente -e i tecno-entusiasti contribuirono notevolmente a
dare quell’”aurea” di magia a questi strumenti che parevano quasi sostituire lo
sforzo del discente- prima della diffusione della tecnologia di connessione a
banda larga, è difficile dire quanto le tecnologie potessero essere fruibili. Con
questo termine intendiamo “quella tecnologia che permette un’effettiva fruizione