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Introduzione
"Parlare a qualcuno in una lingua che comprende
consente di raggiungere il suo cervello.
Parlargli nella sua lingua madre
significa raggiungere il suo cuore".
Nelson Mandela
La conoscenza delle lingue straniere permette l’interazione sociale, promuove la
creatività, rompe gli stereotipi culturali, serve a trovare punti d’incontro. Tutti abbiamo
bisogno di interagire con gli altri, di essere capiti e di capire. I linguisti hanno scoperto
che chi conosce piø di una lingua sviluppa meglio le capacità logiche e favorisce il
rendimento scolastico. A causa della globalizzazione, della mobilità, dei matrimoni
misti oggi non basta piø parlare una sola lingua. I giovani studenti si muovono per
lavoro, viaggiano per visitare altri Paesi, hanno amici in tutto il mondo. Hanno quindi
grandi motivazioni per padroneggiare una lingua straniera in cui comunicare, scambiarsi
i messaggi su social network, studiare, scoprire nuove realtà, leggere, scrivere e
guardare dei film. Oggi potremmo dire che tutti studiano le lingue straniere. Già i
bambini all’asilo cominciano ad imparare un’altra lingua. Ma se tutti le studiano come
mai sono in pochi a parlarle? Come mai gli studenti universitari, dopo anni di studio di
una lingua straniera, raggiungono livelli così bassi di conoscenza linguistica? Come mai
il loro studio non è stato efficace? Questa tesi ha lo scopo di rispondere a queste
domande. Desidero anche condividere qualcosa della mia esperienza come insegnante
di lingua italiana. Le persone che si iscrivono ai corsi di lingua spesso hanno grandi
aspettative: vogliono imparare una lingua in poco tempo e senza grande impegno.
Semplicemente venendo alle lezioni. Secondo loro sarà l’insegnante a fare tutto.
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Quando si rendono conto che, per imparare una lingua, non basta una semplice
esposizione, cominciano a riflettere su come fare, su come si può imparare, su come
studiare e ricordare. Proprio questo è un momento adatto per aiutarli e portarli anche
all’autonomia nello studio. Nel mio lavoro di insegnante d’italiano vengo a contatto con
i giovani che hanno tanta voglia di imparare, ma non sanno come. E il mio compito è
proprio quello di riconoscere le loro predisposizioni ad apprendere una lingua e aiutarli
a capire il loro stile di apprendimento, le strategie che possono usare, incoraggiarli e
seguirli. Il giovane deve prima di tutto sapere perchØ studia una lingua: per viaggiare e
conoscere altri Paesi, per lavoro, per una ragazza o un ragazzo, per il piacere di studiare
le lingue, per allenare il cervello, per la bellezza di una lingua.
Cosa significa allora apprendere una lingua? Quali sono i processi sottostanti?
Come si fa ad apprendere? Cosa fare perchØ lo studio sia efficace? Cos’è
l’autoefficacia? A che cosa serve conoscere le lingue straniere? Quali sono le strategie
per imparare una lingua? A queste e altre domande ho cercato di dare una risposta in
questa tesi.
L’apprendere una lingua straniera è un processo complesso che coinvolge tanti
aspetti: cognitivi, motivazionali, affettivi e relazionali. Inoltre non basta solo conoscere
il lessico e la grammatica ma anche tutti i significati connotativi, idiomatici, la cultura,
le usanze di un Paese straniero. Il giovane non deve solo imparare a produrre ma a
costruire un linguaggio. L’aggettivo di lingua “straniera” indica una lingua che viene
studiata in un Paese dove essa non è presente a differenza della lingua “seconda” che è
studiata proprio là dove è presente. Dell’insegnamento e dell’apprendimento delle
lingue si occupa soprattutto la glottodidattica, una scienza interdisciplinare che cerca di
rispondere ai bisogni metodologici e didattici dell’insegnamento. La glottodidattica non
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può fare a meno della psicologia dell’apprendimento o della psicolinguistica che studia
il rapporto tra l’apprendimento verbale e il comportamento.
Durante lo studio i giovani incontrano delle difficoltà nell’apprendimento.
Alcuni si scoraggiano facilmente dando colpa a se stessi, altri si sentono frustrati, altri
invece cercano di capire e superare le interferenze che impediscono lo studio.
Sicuramente è diverso quando si impara in un ambiente naturale, nell’interazione con le
persone e con il mondo concreto e non virtuale o astratto, ma è possibile rendere lo
studio in classe molto piacevole ed efficace. Le difficoltà che possono impedire lo
studio di una lingua straniera sono tante. Qui ne elenco solo alcune: interlingua,
fossilizzazione, fattori interni quali personalità, motivazione insufficiente, ansia,
difficoltà di apprendimento, e nello specifico mancanza di concentrazione, incapacità di
organizzazione delle informazioni, difficoltà nel rispettare i tempi di memorizzazione,
fatica nel controllo delle proprie emozioni, scarsità di fiducia in se stessi, mancanza di
continuità, incapacità di organizzazione, inefficacia del metodo di studio. Alcune di
queste difficoltà possono essere superate facilmente, con l’aiuto dell’insegnante.
Nel primo capitolo parlo dell’apprendimento e dei processi sottostanti, come la
motivazione che spinge il giovane all’azione. Piø forte è il desiderio di imparare una
lingua, piø potente sarà la motivazione. La motivazione dà forza, energia allo studente
per raggiungere la meta prescelta. Ma essa può anche spingere lo studente ad arrendersi
nello studio. I sentimenti di soddisfazione, un buon senso di autoefficacia e i successi
nutrono la motivazione e spingono all’impegno nello studio. Ma la sola motivazione
non basta. Bisogna saper essere attenti agli stimoli che arrivano dall’esterno e
selezionare quelli rilevanti. In classe ci sono molti motivi di distrazione. Bisogna
distinguere la stanchezza dalla noia, prendere in considerazione che l’attenzione può
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diminuire perchØ si è malati, preoccupati, stanchi o assonnati. L’attenzione permette una
buona memorizzazione del materiale ricevuto. Occorre anche riflettere su tutto il
processo di apprendimento, essere consapevoli di ciò che si studia, di ciò che si vuole
ottenere dallo studio e in che modo. Lo studio è quindi un atto cosciente e volontario.
Non tutti però hanno l’attitudine per imparare una lingua. Questi giovani studiano con
piø fatica e non sempre ottengono dei risultati soddisfacenti. Se non costretti allo studio
di una lingua straniera, spesso lasciano il corso di lingua. L’apprendimento non è solo
una ricezione degli stimoli e un dare delle risposte. Ogni informazione ricevuta e
memorizzata comporta dei cambiamenti al livello neuronale perciò oggi non possiamo
piø prescindere dagli aspetti neuropsicologici nell’apprendimento.
Non tutto però dipende dallo studente. Un ruolo molto importante è giocato
dall’insegnante che dovrebbe diventare una guida per il giovane. L’insegnante è colui
che segue, che fornisce gli strumenti necessari allo studio, che aiuta a scegliere le
strategie piø adatte perchØ l’apprendimento sia efficace. L’insegnante è colui che porta
il giovane alla massima autonomia in tutto il processo di apprendimento. Un altro
aspetto molto importante da prendere in considerazione è la totalità della persona che
studia. Il giovane che si siede in classe per apprendere una lingua possiede una sua
personalità, porta nel cuore dei desideri, ha delle aspettative, sente e pensa a modo suo,
è soggetto agli stimoli dell’ambiente, ha un certo livello di motivazioni, usa un certo
stile di apprendimento e non altro, sa o non sa autoregolarsi nello studio, possiede un
suo tipo di intelligenza, ecc. La teoria umanistico-affettiva prende in considerazione
tutta la persona, gli aspetti sia cognitivi che affettivi del giovane. Le emozioni
influiscono sulla efficacia dell’apprendimento e possono sia migliorare l’acquisizione
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delle nuove informazioni, sia peggiorare o perfino impedire l’acquisizione e la
memorizzazione del nuovo materiale.
Nel secondo capitolo voglio dare spazio al senso di autoefficacia che possiedono
i giovani, e che sembra sia la componente indispensabile per un apprendimento di una
lingua. Il termine “autoefficacia” è stato introdotto da Albert Bandura come una
convinzione sulle proprie capacità di raggiungere degli obiettivi. Bandura ha inserito
l’autoefficacia nella sua teoria socio-cognitiva come una variabile che riguarda un
ambito specifico. Se il giovane ha il senso dell’autoefficacia alto il suo impegno nello
studio sarà grande, gli obiettivi saranno ambiziosi, non avrà paura di sbagliare, non si
scoraggerà facilmente nelle difficoltà. Al contrario, il giovane con un senso di
autoefficacia bassa si proporrà delle mete modeste, darà il minimo, lascerà perdere con
estrema facilità. I processi che stanno alla base dell’autoefficacia sono cognitivi,
motivazionali, affettivi e di scelta. Ciò che incrementa l’autoefficacia sono le esperienze
positive dirette, le esperienze vicarie, la persuasione, l’immaginazione, il controllo degli
stati affettivi e fisici. Oltre che dell’autoefficacia degli studenti bisogna parlare
dell’autoefficacia degli insegnanti. Il loro impegno, l’atteggiamento verso
l’insegnamento e verso gli studenti influisce in gran parte sull’efficacia del loro
apprendimento. Numerose ricerche hanno evidenziato che non è tanto importante la
capacità quanto il senso della propria efficacia per usare al massimo le proprie abilità e
raggiungere degli obiettivi con successo. A seconda della percezione dell’autoefficacia i
giovani attribuiscono i successi o gli insuccessi alle cause esterne o interne. Coloro che
hanno un senso di efficacia alto attribuiscono i successi alle cause interne e gli
insuccessi alle cause esterne. Coloro che hanno un basso senso di efficacia pensano
all’opposto.
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L’ultimo capitolo riguarda l’autoregolazione e l’autonomia nello studio, che
permettono agli studenti di sentirsi i principali protagonisti di tutto il processo di
apprendimento, nonchØ i primi responsabili. La capacità di autoregolarsi nello studio
garantisce un apprendimento soddisfacente, piacevole ed efficace. Ogni giovane ha un
tipo di intelligenza che gli permette di apprendere in modo originale e questa viene unita
allo stile di apprendimento. Ad esempio, gli studenti con un’intelligenza visivo-spaziale
useranno uno stile di apprendimento visivo, faranno quindi molta attenzione alle forme,
al colore, alle immagini. Le loro strategie di apprendimento saranno perciò legate allo
stile: useranno le penne colorate per sottolineare le parole, guarderanno volentieri i film
in lingua straniera, a ogni nuova parola conosciuta cercheranno di associare
un’immagine mentale, ecc.
Molti sono gli aspetti che bisogna tener presente nell’apprendimento e
nell’insegnamento delle lingue straniere. I giovani hanno grandi capacità, forti
motivazioni e il senso di autoefficacia piuttosto alto. Hanno bisogno che qualcuno creda
in loro e che dia loro gli strumenti utili e validi perchØ possano apprendere in modo
efficace. Conoscere una lingua straniera permette loro di conoscere altre persone, altre
culture e di realizzarsi sul lavoro.
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Capitolo primo: L’apprendimento delle lingue straniere
1.1 Cosa significa apprendere
L’apprendimento di una lingua nel contesto scolastico-formativo non è per
niente facile. Bisogna creare le condizioni ottimali, favorevoli perchØ lo studente possa
acquisire una nuova lingua in modo quasi naturale, senza troppo sforzo
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. Una cosa è
imparare una seconda o nuova lingua da piccoli, in età evolutiva; ma è ben diverso
impararla da grandi. Prima di parlare nello specifico dell’apprendimento delle lingue
straniere bisogna chiedersi: che cosa significa apprendere? Apprendere significa
cambiare, modificare soprattutto le conoscenze di una persona; ed è un processo
complesso perchØ non possiamo scindere l’apprendimento da emozioni, motivazioni,
attenzione, memoria o percezione. Krashen
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distingue l’acquisizione
dall’apprendimento. L’acquisizione, secondo lui, è profonda, stabile, permette la
comprensione e produzione linguistica in modo inconscio. Coinvolge tutte e due gli
emisferi del cervello e riguarda la memoria a lungo termine. L’apprendimento invece è
un processo razionale, conscio, instabile, di poca durata e governato dall’emisfero
sinistro. L’apprendimento ha varie fasi: la motivazione, la comprensione, la conoscenza,
l’immagazzinamento, il recupero, la generalizzazione, l’uso delle strategie in pratica.
Ogni persona apprende in modo diverso, affronta lo studio con livelli differenti
di conoscenze già acquisite, porta nello studio le proprie esperienze e vive lo studio con
emozioni che portano solo il suo nome. Ciò significa che l’insegnante deve tener
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Si fa riferimento qui alla glottodidattica che si occupa dell’istruzione in aula, della
preparazione del materiale didattico, dell’uso degli strumenti adatti per l’insegnamento di
lingue, ecc.
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Krashen S., Second Language Acquisition and Second Language Learning, Prentice Hall, New
Jersey, 1981.