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CAPITOLO PRIMO
La condizione giuridica della donna in Italia tra la fine
dell’Ottocento e gli inizi del Novecento
SOMMARIO: 1. Premesse – 2. Il diritto di famiglia negli Stati preunitari – 3. Le
discussioni parlamentari e il progetto di Codice Civile presentato da Pisanelli nel
1863 – 4. Il diritto di famiglia e la donna nel Codice Civile italiano del 1865 – 4.1.
Patria potestà. – 4.2. La donna sposata e l’autorizzazione maritale. – 4.3. L’art 135
del Codice Civile del 1865: i casi in cui viene meno la necessità dell’autorizzazione
maritale. La donna mercante. – 5. La donna nel diritto pubblico – 5.1. La questione
del voto femminile e la sentenza Mortara del 1906.
1. Premesse
Gli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento in Italia rappresentarono,
per quanto concerne la condizione giuridica della donna, un periodo di
transizione, in cui si ritrovavano forti influenze del passato, ma anche
nuove spinte verso la modernità; si incontravano, cioè, forti tendenze
conservatrici, attente a rispettare una tradizionale idea della donna
come regina del focolare domestico, ma anche tendenze progressiste
di alcuni sostenitori dell’emancipazione femminile; da queste ultime
presero il via le prime idee volte ad allargare la condizione giuridica
della donna e a riconoscerle i diritti civili e politici che fino a quel
momento erano stati esclusiva prerogativa degli uomini.
Uno dei più importanti autori che, in quel periodo, si dedicò
all’argomento fu Carlo Francesco Gabba, autore della celebre opera
Della condizione giuridica delle donne: studi e confronti, (prima
edizione del 1861, rivista e aggiornata nel 1880). In essa l’autore
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sottolineava come in quel periodo fosse evidente l’influenza dei tempi
passati in cui le donne erano vittime dell’egoismo dei mariti e delle
famiglie; appariva ovvio, dunque, che di quei pregiudizi del passato
non poteva non essere rimasta qualche traccia nel modo di pensare
degli uomini e delle donne dell’epoca. Proprio per questi motivi gran
parte, non solo degli scrittori, ma anche dell’opinione pubblica era
contraria alle idee di emancipazione del sesso femminile, volte a
parificare i diritti dei due sessi.
Ciò che, invece, era da tutti condiviso era la convinzione che la donna
necessitasse di un miglioramento dal punto di vista dell’istruzione e
della condizione sociale
1
. Infatti la maggior parte degli scrittori che
all’epoca si occuparono dell’argomento miravano più al
miglioramento della condizione morale ed intellettuale delle donne,
piuttosto che all’ampliamento dei loro diritti
2
.
Molti erano gli autori che ammettevano che le donne, per
predisposizione naturale, sarebbero state potenzialmente in grado di
svolgere tutti gli uffici di cui l’uomo si occupava, ma affermavano che
di fatto non lo erano: il motivo si ritrovava, secondo Gabba, nella
“maschile tirannia” dell’uomo, che da sempre le aveva relegate tra le
mura domestiche, e ciò non aveva permesso loro di apprendere
null’altro che la dedizione alla casa e alla famiglia. Era quindi da
molti condivisa l’idea per cui, qualora le donne avessero svolto quegli
uffici che erano ritenuti prettamente “maschili”, sarebbero state
perfettamente in grado di farlo, ma ciò era categoricamente escluso,
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Non a caso proprio in quel periodo fu ampliata l’istruzione femminile e furono
aperte le porte di alcuni nuovi uffici. C.F. GABBA, Della condizione giuridica
delle donne: studi e confronti, Torino 1880, pp. 18-19.
2
Ibidem, p. 204.
3
poiché ne sarebbe derivato un grave danno per la famiglia e per la
casa
3
. Di conseguenza, ogni idea volta al miglioramento della
condizione femminile era sempre finalizzata al perseguimento di scopi
puramente familiari: si auspicava, infatti, un miglioramento
dell’educazione delle donne, e ciò al solo fine di renderle
maggiormente idonee ad educare i figli, crescendoli come uomini colti
e studiosi
4
.
Tra coloro che, nel XVIII e XIX secolo, si occuparono del tema della
condizione della donna, Gabba distingueva due categorie, le quali
corrispondevano a due momenti storici distinti: i meno recenti erano
quelli che auspicavano un miglioramento morale della donna,
attraverso l’educazione e l’istruzione, rendendo la donna
maggiormente consapevole dei suoi doveri, e predisposta ad
adempierli; i più recenti erano invece quelli che avrebbero voluto una
riforma della condizione giuridica e sociale della donna, in modo da
renderla più disinibita e libera nella famiglia e nella società. Questi
ultimi parlavano, in proposito, di una specie di «dovere che la donna
ha verso se stessa», di acquistare tutti i diritti che le sarebbero spettati,
quale «indispensabile premessa affinché poi ella adempia i doveri suoi
verso la famiglia e verso la società»
5
.
Gabba si soffermava soprattutto sul pensiero di Caterina Franceschi
Ferrucci
6
, la quale dedicò diverse sue opere all’argomento
3
Ibidem, pp. 222-223.
4
Ibidem, p. 232.
5
Ibidem, p. 251.
6
Caterina Franceschi Ferrucci fu una latinista, scrittrice di molte opere in ambito
filosofico e politico, dedita soprattutto all’educazione morale ed intellettuale dei
fanciulli. La sua passione per i classici latini la portò all’insegnamento universitario
e alla nomina di membro dell’Accademia della Crusca (la prima donna ad esservi
eletta). Diresse l’Istituto italiano di educazione femminile a Genova, in cui riuscì a
4
dell’educazione intellettuale delle donne italiane: per lei tale
formazione sarebbe stata soprattutto finalizzata a quello che per la
scrittrice è il principale compito delle donne, ossia l’educazione della
gioventù. Secondo la Ferrucci, lo stato di soggezione a cui le donne
erano state abituate ne aveva ridotto l’ingegno ed aumentato la vanità;
tuttavia, se le donne avessero ricevuto un’idonea educazione, gli
uomini ne avrebbero apprezzato molto di più le capacità
7
. Ciò
nonostante l’autrice non andava oltre: infatti, la stessa Ferrucci
affermava, in una delle sue opere, che «compagne dell’uomo certo noi
siamo. A lui si appartiene di attendere ai pubblici ed ai privati negozii;
a noi di reggere la casa, di mantenerla ordinata e lieta, di dare allo
Stato buoni ed utili cittadini nei nostri figli. L’uomo per valore
militare, per dottrina, per senno ottiene fama ed onori: le nostre cure
sono largamente rimunerate dall’amore della famiglia, dalla riverenza
[…] alla bontà vera»
8
. Per lei era importante convincere le
«giovinette, essere la donna per natura, per legge, per forza di
far valere il suo programma di educazione improntato all’insegnamento della
religione e della morale. Partendo da un’impostazione giobertiana, si fece
promotrice di un rinnovamento nazionale dal punto di vista dell’educazione che,
secondo la Ferrucci, doveva essere in mano alle madri. Fu profondamente
influenzata dalla visione femminile dell’epoca, condividendo la concezione della
donna quale moglie e madre; infatti, nonostante auspicasse un miglioramento
dell’educazione delle donne, esso doveva mirare esclusivamente all’educazione dei
figli, poiché non avrebbe mai inteso confondere i ruoli degli uomini con quelli
delle donne, attribuendo a queste ultime gli uffici tipicamente maschili. Quando il
marito e il figlio parteciparono alla Battaglia di Curtatone e Montanara, nel ’48, col
battaglione universitario pisano, emerse il suo entusiasmo patriottico, che la
spingeva ad incitarli fortemente a fare il loro dovere, guadagnando onore e gloria,
disprezzando coloro che erano rimasti o tornati a casa. N. DANELON VASOLI,
voce Franceschi Caterina, in Dizionario Biografico degli italiani, vol 49, Roma
(1997), pp. 610-612.
7
GABBA, Della condizione giuridica delle donne, pp. 257-259.
8
C. FRANCESCHI FERRUCCI, Degli studi delle donne italiane, Firenze 1876,
Prefazione, p. VII.
5
consuetudine sottoposta al giusto imperio dell’uomo: in troppe cose
ella avere bisogno della difesa e del soccorso di questo, perché si
debba stimare sciolta da ogni obbligo d’ossequio e di gratitudine
rispetto a lui»
9
; il matrimonio era da lei considerato come principale
destinazione della donna, e, rivolgendosi ad una ipotetica «figliuola,
giunta in età da marito», diceva: «sappi […] che la tua volontà ed il
tuo cuore debbono essere interamente congiunti alla volontà e al cuore
del tuo marito. Egli il tuo signore, ei la tua guida, egli il compagno e
l’amico tuo»
10
.
Questo era il pensiero, a quel tempo, condiviso dalla maggior parte
degli scrittori che si erano dedicati all’argomento: uguaglianza di
dignità dei due sessi, famiglia come missione principale della donna,
necessità di un miglioramento della educazione e di un ampliamento
dell’istruzione femminile
11
.
9
ID., Della educazione intellettuale, libri quattro, indirizzati alle madri italiane,
vol. II, Torino 1851, p. 112.
10
ID., Della educazione morale della donna italiana, Torino 1848, p. 164.
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Ad esempio, per Niccolò Tommaseo la donna doveva essere in grado di
insegnare ai figli gli elementi di tutte le materie e le arti; ciò significava che doveva
senz’altro essere istruita, ma non doveva essere letterata, perché, secondo l’autore,
la donna doveva dare prevalenza a quel tipo di intelligenza che deriva dai
sentimenti e dalle passioni, senza farsi influenzare dai libri o dalla società, che,
secondo Tommaseo, la privavano di quel tipo di intelligenza. Maria Mozzoni
sosteneva la superiorità morale della donna e proponeva una riforma educativa che
rendesse la donna degna della sua missione, capace di educare i figli e di istruire il
popolo. Malvina Frank riteneva che la principale missione della donna fosse la
famiglia; la donna aveva il compito di educare il genere umano, di conciliare le
divisioni ed inimicizie. GABBA, Della condizione giuridica delle donne, pp. 265-
268. La stessa Frank affermava poi che le donne avrebbero dovuto essere ammesse
a tutte le carriere a cui si dedicano gli uomini. Ibidem, pp. 288-289.