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questo fine secolo, ma dall’altro ha avuto un impatto negativo sulle qualità e quantità delle
risorse ambientali.
Come si vedrà nel capitolo 2, la ricerca di uno sviluppo agricolo sostenibile, capace
cioè di garantire il rispetto delle risorse naturali, ha indirizzato parte della ricerca
scientifica e industriale verso lo sviluppo di applicazioni biotecnologiche “vegetali”.
L’obiettivo è quello di ridurre gli input chimici in agricoltura mediante la riproduzione di
piante capaci di “autoproteggersi” dagli attacchi dei diversi patogeni e capaci di adattarsi
maggiormente alle avverse condizioni climatiche ed ambientali.
Alcune di queste nuove varietà hanno già superato la fase di sperimentazione e per
loro è già iniziata la coltivazione su larga scala. Si descriverà la mappa della produzione
agricola biotecnologica mondiale, mettendo in evidenza le aree in cui maggiore è stata, in
questi primi anni, la diffusione delle colture geneticamente modificate. Si vedrà, inoltre,
quali sono le colture transgeniche maggiormente coltivate, nonché quali sono le
caratteristiche, modificate per via genetica, maggiormente diffuse.
L’analisi operata sui dati relativi a questi primi anni di produzione agricola
geneticamente modificata permette di stimare eventuali vantaggi e svantaggi economici e
ambientali.
Nei capitoli successivi passeremo a descrivere gli “attori” che ruotano attorno alla
biotecnologia applicata all’agricoltura.
Più precisamente, nella prima parte del capitolo 3, analizzeremo la normativa
relativa agli organismi geneticamente modificati (OGM). Dapprima vedremo come il
legislatore statunitense ha inteso disciplinare la materia, evidenziando in particolare quali
sono le autorità competenti e le procedure richieste per ottenere l’autorizzazione alla
sperimentazione e alla commercializzazione degli OGM.
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Successivamente si passerà a descrivere la normativa comunitaria in materia di
organismi geneticamente modificati, sulla quale c’è stato un intenso dibattito in sede
politica.
Nella seconda parte, invece, si discuterà del regime di protezione della proprietà
intellettuale relativo alle varietà vegetali, distinguendo, anche in questo caso, fra normativa
statunitense e comunitaria.
Nel capitolo 4, si vedrà, che proprio la specificazione di una regolamentazione
trasparente ed efficiente è fra i fattori che hanno influenzato le decisioni di investimento
nelle industrie operanti nella realizzazione di applicazioni biotecnologiche. Queste
applicazioni incorporano ed implicano quantità elevate di ricerca e sviluppo che, per lungo
tempo, assorbono ingenti quantitativi di capitali senza produrne di nuovi.
Si descriverà il ruolo di primo piano svolto dalle “Dedicated Biotechnology
Firms” (DBFs) nei primi anni di sviluppo di questo business ed il successivo ingresso delle
grandi multinazionali “Large Diversificated Firms” (LDFs) volto ad introdurre sul mercato
le prime applicazioni biotecnologiche. Il loro ingresso ha dato il via ad un processo che ha
portato ad una concentrazione in vari settori industriali fra cui quelli sementiero e agro-
chimico.
Infine, nel capitolo 5, si è analizzata la questione delle biotecnologie in agricoltura
dal lato della domanda, focalizzando l’attenzione sui consumatori. Si è cercato di
comprendere come l’opinione pubblica, sia statunitense che europea, percepisca le
innovazioni biotecnologiche, individuando le eventuali differenze e tentando di
comprenderne le ragioni.
Date le specificità socio-economiche, culturali, nonché territoriali del vecchio
continente, sarà interessante procedere all’individuazione di un “approccio alternativo” a
quello americano nell’impiego delle varietà transgeniche e compatibile con il nuovo
orientamento di politica agricola promosso dalla Commissione Europea.
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Capitolo 1. DALLA “RIVOLUZIONE VERDE” ALLA
“RIVOLUZIONE GENETICA”
1.1. LA BIOTECNOLOGIA
Per poter comprendere il dibattito in corso riguardo all’uso, nel settore agro-
alimentare, della biotecnologia è utile porre l’attenzione sul concetto di biotecnologia in
modo da capire cosa esso racchiude. Il termine, che è stato usato per la prima volta nel
1919 (AA.VV., 1997a), è composta da tre termini di origine greca: bios, che significa vita;
teuchos, che significa strumenti e logos, il cui significato è studio, essenza. Per cui il
significato etimologico della parola biotecnologia e: “lo studio degli strumenti provenienti
da organismi viventi” (Zinnen, 1996).
L’OCSE definisce la biotecnologia come “l’applicazione di principi scientifici e
ingegneristici per la trasformazione di materiali tramite agenti biologici, al fine di produrre
beni e servizi” (OCSE, 1982).
L’U.S. Office of Technology Assessment la definisce un “insieme di potenti
strumenti che impiegano organismi viventi (o parte di essi) per fare e modificare prodotti,
migliorare piante o animali, o sviluppare microrganismi per usi specifici” (US. OTA,
1984).
Come si può osservare nella successiva figura1.1, la biotecnologia non è una nuova
tecnologia, bensì un integrato di principi di biochimica, di microbiologia, di genetica e di
ingegneria genetica che attraverso agenti biologici -quali microrganismi, enzimi, cellule
animali e vegetali, batteri- realizzano prodotti -quali cibi, farmaci, composti chimici,
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sementi, ecc.- o servizi -quali trattamenti antinfluenzali, diagnostici, controlli ambientali,
ecc. - (Gauri, 1992; OCSE 1989).
Figura 1.1 - I legami intersettoriali della biotecnologia
Fonte: nostra elaborazione.
Numerosi autori fanno osservare che la biotecnologia non è niente di nuovo poiché
ad essa possono essere ricondotti i metodi di produzione che impiegano organismi viventi
e che sono già noti e usati da migliaia di anni come la fermentazione, l’allevamento, la
selezione vegetale con quelli risalenti solo ad una ventina d’anni come la tecnologia del
DNA ricombinante.
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Il tentativo di far apparire la biotecnologia un insieme di processi ormai consolidati
da un uno uso millenario, se da un lato cerca di ridurre le aspettative e i timori ad essa
legati, dall’altro genera una certa confusione che ostacola la percezione delle novità in essa
contenute.
Per tale motivo è opportuno suddividere la biotecnologia in due gruppi (NSTC,
1995):
- Biotecnologia tradizionale: racchiude le già note e radicate tecniche basate
sull’uso di lieviti per produrre pane, birra, vino e formaggio; le tecniche tradizionali di
allevamento e selezione vegetale; la produzione di vaccini.
- Biotecnologia moderna: ricomprende l’uso delle più recenti tecnologie
come quelle basate sul metodo del DNA ricombinante, sulla moderna tecnica delle
cellule in coltura.
La suddivisione proposta non deve ingenerare il convincimento che esistano due
diverse tipologie di biotecnologia, ma piuttosto far capire come si tratti di un processo
evolutivo in cui le conoscenze acquisite nel campo della genetica e della biologia nel corso
del primo stadio costituiscono le basi per lo sviluppo di quello successivo.
Dalla tabella 1.1 si nota come l’impiego di organismi viventi per realizzare e
modificare prodotti è noto già da tempo. La fermentazione era una tecnica che le antiche
popolazioni usavano per conservare il cibo o per migliorarne il sapore. I cibi venivano
lasciati per un certo periodo di tempo a contatto con dei microbi i quali ne trasformavano la
struttura o il sapore. Gli antichi Sumeri e Babilonesi, popoli vissuti nel 6000 a.C.,
preparavano la birra; gli Egiziani il pane lievitato già nel 4000 a.C..
Si ritiene che i più noti conoscitori della tecnica di fermentazione erano i Giapponesi
i quali preparavano salse di soia e pasta usando l’azione trasformatrice dei microbi.
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Tabella 2.1 – L’evoluzione della biotecnologia
6000
a.C.
I Sumeri producono la birra.
4000
a.C.
Gli Egiziani preparano il pane con il lievito.
1675 Leeuwenhoek scopre i batteri.
1802 La parola biologia viene usata per la prima volta.
anni
1860
Mendel postula la legge di ereditariatà mentre Pasteur scopre
che la fermantazione ha origine da microrganismi.
1902 I biologi Hugo de Vries, Carl Corresn e Erich von Tscermak
riscoprono, attraverso lavori indipendenti, i principi di Mendel.
1906 Viene introdotto il termine “genetico”.
1919 Viene usato per la prima volta il termine “biotecnologia”.
1920 Evans e Long scoprono l’ormone della crescita.
1928 Fleming scopre la penicillina, il primo antibiotico.
1941 Per la prima volta viene usato il termine “ingegneria genetica”.
1944 Oswald Avery riconosce nel DNA il fattore di trasmissione
genetica.
1953 Watson e Crick rivelano la struttura tridimensionale del DNA a
doppia elica.
1954 Steward sviluppa la tecnica della coltivazione delle cellule.
1966 L'intero codice genetico del DNA viene decriptato.
1970 L’enzima di restrizione è usato per tagliare una parte di DNA.
1973 Viene applicata per la prima volta la tecnica del DNA
ricombinante.
1981 La Suprema Corte statunitense in riferimento al caso Diamond
contro Chakrabarty approva il principio di brevetto di forme di
vita geneticamente modificate.
1982 L’insulina è primo prodotto rDNA farmaceutico approvato per
la vendita in Usa e GB.
Il primo animale rDNA è un topo al quale è stato introdotto
l’ormone della crescita.
Viene realizzata la prima pianta rDNA.
1985 L’U.S. Patent Office estende la brevettabilità alle piante
geneticamente modificate.
1987 In USA compaiono i primi campi sperimentali di piante
transgeniche.
1988 L’U.S. Patent Office estende la brevettabilità agli animali
geneticamente modificati.
1993 La Food end Drugs Administration dichiara che i cibi
geneticamente modificati “non sono inerentemente pericolosi”
per cui non richiedono speciale regolamentazione.
1994 Il pomodore della Calgene “Flavr Savr” viene approvato per la
vendita.
1996 Scienziati scozzesi clonano la pecora “Dolly”.
Fonte: nostra elaborazione da AA.VV. 1997a e Persley, 1990
22
Tuttavia i meccanismi di base della lievitazione e della fermentazione vennero
compresi e descritti solo nel corso del 1800 grazie al lavoro di Louis Pasteur che identificò
i microrganismi causa dei desiderati o degli indesiderati fenomeni di modificazione
biologica degli alimenti, dando un’impronta scientifica a quelle che in precedenza furono
scoperte causali. Questo permise di migliorare l’affidabilità delle fermentazioni tradizionali
e di garantire una più sicura conservazione di alimenti e bevande. Pasteur pensava che la
presenza di microbi fosse sempre necessaria al fine di avviare i processi di cambiamento in
atto durante la fermentazione.
Solo verso la fine del secolo scorso si è compreso che vi sono estratti “non viventi”
che causano le mutazioni solitamente attribuite ad organismi viventi: gli enzimi. Nel 1926
viene dimostrato che gli enzimi sono delle proteine.
Durante gli anni ‘40, sono stati messi a punto metodi di crescita dei microbi in grandi
vasche di fermentazione per la produzione di penicillina e di altri antibiotici.
Oggi questa tecnologia di fermentazione consente la produzione commerciale d’una
vasta gamma di prodotti microbici. Questi includono gli enzimi, -come l’insulina-, le
vitamine, gli amminoacidi ed i prodotti chimici di prima scelta -come ad esempio l’acido
citrico, ecc.-.
Negli anni 60 viene svolto un lavoro di selezione dei microbi presenti in natura, e di
successiva identificazione dei principali principi attivi (gli enzimi), al fine di utilizzarli
nell’industria alimentare per produrre alimenti con desiderate caratteristiche.
Numerosi attualmente sono gli enzimi usati dall’industria alimentare come si può
osservare nella tabella 1.2 in cui sono riportati quelli principalmente usati (AA.VV.,
1997b).
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Tabella 1.2 - Principali enzimi usati nell’industria alimentare
Enzima Prodotto Utilizzo
alpha amylase
dolcificanti
birra
Pane, torte e
biscotti
Liquefazione dell’amido
Rimozione dell'amido
Completamento della farina
b-galactosidase
Lattosio HD
latte e latticini
Rimozione di lattosio per coloro che sono
intolleranti al lattosio
chimosina Formaggio Coagulazione delle proteine del latte
glucose oxidase Succhi di frutta Rimozione dell’ossigeno
lipasis Formaggio Sviluppo del sapore
proteases Pane Intenerimento del glutine
Fonte: The University of Reading, 1997
Gran parte dell’evoluzione della biotecnologia è rappresentata dai progressi fatti
negli anni dalla scienza genetica nella comprensione dei complessi meccanismi alla base
dell’ereditarietà.
Gli agricoltori hanno compreso molto tempo fa l’esistenza di un meccanismo che
regola l’ereditarietà, infatti essi selezionavano per la successiva riproduzione solo quegli
animali o piante che possedevano una desiderata caratteristica. Ma il meccanismo di come
questi caratteri passavano da una generazione all’altra è stato compreso solo in anni
recenti.
Il primo importante contributo verso la conoscenza di questo processo è stato
apportato nel corso del 1860 dall’austriaco monaco e botanico Gregor Mendel.
Mendel, lavorando nell’orto del monastero, osservò che le piante discendenti
possiedono caratteristiche fisiche simili a quelle possedute dalle piante genitrici o
progenitrici. Per cercare di capire il funzionamento di questo fenomeno effettuò
fecondazioni incrociate fra piselli gialli dalla buccia liscia e piselli verdi e rugosi al fine di
individuare come le caratteristiche somatiche passavano da generazione a generazione;
cioè come le caratteristiche di un fenotipo venivano ereditate dal suo genotipo. Dopo
diversi anni di studi Mendel concluse che determinate particelle o “fattori”, direttamente
24
responsabili dei tratti fisici, vengono trasmesse dalle piante genitrici a quelle discendenti in
un processo continuo di generazione in generazione. I suoi lavori furono pubblicati negli
atti della Società di storia naturale di Brno ma restarono ignorati dai suoi contemporanei,
cosicché l’identificazione di questi “fattori” menzionati da Mendel rimase sconosciuta per
diversi anni.
Si dovrà attendere fino al 1902 prima che i biologi Hugo de Vries, Carl Corresn e
Erich von Tscermak lavorando in indipendenti esperimenti riscoprano i principi formulati
da Mendel. Proprio i lavori del monaco austriaco vennero citati nei loro scritti. Ha così
origine la branca della biologia nota come biologia genetica.
Numerosi, negli anni successivi, furono gli scienziati intenti ad individuare gli
elementi responsabili dell’ereditarietà. Grazie a questi lavori nel 1944 il dottor Oswald
Avery con la collaborazione di Colin McLeod e Maclyn MacCarty stabilirono che i fattori
ereditari intuiti da Mendel risiedono nel DNA (Acido DesossiriboNucleico).
Partendo da queste basi si giunse nel 1953 alla definizione precisa della struttura
tridimensionale del DNA ad opera di Watson e Crick. Questa data assume un valore
rilevante in quanto segna il passaggio dalla biotecnologia tradizionale alla biotecnologia
moderna.
Il DNA appare come una “scala a chiocciola” in cui l’impalcatura esterna è composta
da molecole di zucchero desossiribosio, mentre i “gradini “ sono composti da basi azotate.
Sono proprio queste basi a formare il così detto “alfabeto genetico”: Adenina (A), Timina
(T), Guanina (G) e Citosina (C) (Hobbelink, 1991; Serra, 1998).
All’inizio degli anni ’70 Hamilton Smith e Kent Wilcox fecero una scoperta che si
rivelò determinante nel processo di sviluppo che condusse la biotecnologia verso l’impiego
della tecnica del DNA ricombinante (rDNA). Essi individuarono l’esistenza in molti
microrganismi di un enzima chiamato “enzima di restrizione” capace di tagliare la
sequenza del DNA in un punto preciso.
25
Tali enzimi permettono, inoltre, di ricomporre le molecole precedentemente tagliate
in un nuovo DNA con proprietà diverse rispetto al precedente.
Il DNA può essere visto come un linguaggio nel quale le varie informazioni
genetiche sono scritte.
Gli scienziati di varie discipline hanno cercato degli strumenti capaci di leggere,
scrivere e modificare questo linguaggio. I metodi di individuazione della struttura del DNA
si possono paragonare a strumenti di lettura di questo particolare linguaggio, mentre la
sintesi chimica delle molecole del DNA è paragonabile a strumenti di scrittura del
contenuto. In ultima, ed è la realtà più rivoluzionaria, le tecniche di ingegneria genetica
permettono la riscrittura del linguaggio del DNA, cioè del linguaggio in cui la vita è
codificata (Elkington, 1985).
Questa tecnica si evolve a tal punto da permettere nel corso degli anni ’70 la
produzione per uso commerciale di un prodotto farmaceutico l’“Humulin” realizzato
inserendo un gene umano produttore dell’insulina in un batterio.
Bisogna comunque evidenziare che l’evoluzione fin qui descritta si limitava al
trasferimento di geni fra microrganismi, mentre per poter attuare gli stessi processi su
organismi più complessi, quali le pianti e gli animali, sono necessari ulteriori scoperte. La
maggiore difficoltà di manipolazione genetica delle piante è dovuta al fatto che possiedono
un numero più elevato di geni rispetto ai microrganismi ed inoltre le loro cellule sono
caratterizzate da schermi di protezione più rigidi, quindi difficili da penetrare. La soluzione
viene offerta da un batterio l’Agrobacterium tumefaciens il quale naturalmente infetta il
sistema genetico delle piante, causando la formazione di piccoli tumori sulle loro foglie.
La formazione del tumore è dovuta alla presenza all’interno del batterio di un gene il
Ti (tumor inducing). La tecnica per modificare geneticamente una pianta e farle assumere
le caratteristiche desiderate si basa sulla rimozione del gene del batterio dannoso per la
pianta con un nuovo gene.
26
A questo punto la pianta viene infettata con il batterio geneticamente modificato che
ne trasferirà il gene desiderato all’interno del sistema genetico dando così alla pianta la
caratteristica desiderata (Hobbelink, 1991; Serra, 1998).
Nell’anno successivo alla definizione della struttura del DNA si sviluppò un’ulteriore
tecnica di rilievo di cui la biotecnologia è composta: la tecnica delle cellule in coltura.
A differenza delle cellule animali quelle vegetali sono “totipotente”. Ogni cellula è in
grado, cioè, di rigenerarsi in un’intera pianta, la quale risulterà identica a quella da cui la
cellula è stata estratta.
Negli anni ’50 Stewart e i suoi colleghi furono i pionieri di questa tecnica basata
sulla scoperta che le piante possono svilupparsi partendo da una singola cellula.
Specifiche cellule vegetali vengono isolate ed inserite in una soluzione contenente
vitamine, sali minerali, glucosio, aminoacidi e ormoni che determinano la proliferazione in
cellule contenenti tutte lo stesso corredo genetico. Dopo che un certo numero di cloni si
sono formati vengono aggiunti degli ormoni che attivano il processo di formazione di una
vera e propria piantina, con foglie e radici pronta per essere inserita nel terreno.
Il più grande contributo di questa tecnica risiede nel ruolo svolto nell’ingegneria
genetica delle piante. La coltura delle cellule permette una rapida rigenerazione di cellule
vegetali geneticamente manipolate, primo passo verso la realizzazione delle piante
transgeniche.
Attualmente la ricerca più avanzata è rivolta all’applicazione delle cellule in coltura
per realizzare quelli che vengono chiamate “sementi artificiali”. Attraverso la tecnica della
coltura vengono prodotte in gran quantità cellule vegetali identiche che successivamente
vengono attivate con particolari ormoni creando degli embrioni di pianta. Tali embrioni si
inseriscono in capsule di gel resistente.
La forma e la funzione delle capsule è quella di un seme naturale con la sola
differenza che il seme è il prodotto della fecondazione di una pianta, mentre il seme
27
artificiale è il risultato di un processo biotecnologico.
Con l’esempio in ultima riportato si conclude la descrizione dei passaggi di maggior
interesse dell’evoluzione della biotecnologia.
Riprendendo la metafora del linguaggio utilizzata sopra la biotecnologia può essere
vista come un potente “Word processor” con il quale si digita il testo, lo si modifica a
piacimento tagliando pezzi di testo ed incollandolo in zone diverse dello stesso o di altri
testi (Elkington, 1985).
La biotecnologia moderna permette di andare al di là dei limiti riproduttivi che la
natura si è imposta. Parti di codice genetico di una determinata specie (stralci di testo)
possono essere inseriti nel DNA di un’altra specie: geni animali sono inseriti nel corredo
genetico di piante o altri vegetali e viceversa. Inoltre gli scienziati, al pari di un utilizzatore
medio di Word processor, sanno che premendo un tasto la lettera corrispondente appare
sullo scherma, ma non è ha conoscenza dei processi messi in atto dalla pressione del tasto.
Le applicazioni di queste moderne tecnologie negli ultimi anni sono uscite dal
mondo dei laboratori per approdare sul mercato mondiale attraverso il settore farmaceutico
ed il settore agroalimentare. Ed è proprio in quest’ultimo comparto che le previsioni di
futuri sviluppi risultano maggiormente innovative se non addirittura rivoluzionarie sia dal
punto di vista agronomico che commerciale. “Il modo della biotecnologia si è sempre
mosso molto velocemente, ma ora si sta muovendo ancora più velocemente. Molti aspetti
stanno emergendo, un numero sempre crescente di terre vengono seminate con varietà di
colture modificate geneticamente. L’industria biotecnologica mondiale da un lato investe
miliardi di dollari in acquisizioni, fusioni, per assicurarsi un accesso diretto a questo
mercato in rapida espansione, mentre dall’altro investe miliardi di dollari nella ricerca e
sviluppo” (Krattiger, 1998).
28
1.2. L’AGRICOLTURA MONDIALE
Il sistema agricolo internazionale si trova ad operare in condizioni di forti pressioni
determinate in modo particolare dalla domanda alimentare della popolazione mondiale.
Infatti, pur ridimensionate, le previsioni fornite dall’ONU relative alla crescita della
popolazione mondiale nei prossimi 50 anni, indicate nella figura 1.2, evidenziano come nei
primi sei mesi del 1998 la popolazione mondiale abbia raggiunto un livello di 5,9 miliardi
di persone con 4,7 miliardi, corrispondenti all’80%, situati nei paesi in via di sviluppo.
Considerando la previsione di una fertilità media possiamo, però, vedere come il tasso di
crescita della popolazione tenda a ridursi considerevolmente, infatti esso raggiungerà lo
0,34 % negli anni 2040 – 2050.
Figura 1.2 - Crescita della popolazione mondiale dal 1950 al 2050 (dati in miliardi)
Fonte: ONU, 1998
0
2
4
6
8
10
12
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050
alta
media
bassa
29
Passando da dati relativi a dati assoluti vediamo comunque che la popolazione nel
2050 raggiungerà gli 8.909 milioni di persone, sempre considerando uno scenario a fertilità
media (ONU, 1998).
Inoltre, le migliorate condizioni economiche hanno mutato le abitudini alimentari di
paesi come la Cina e l’India. Questo indirizzerà la domanda alimentare verso prodotti
“ricchi” come pollame e carne incrementando la domanda di quei prodotti agricoli destinati
all’alimentazione del bestiame (Vasil, 1998).
A fronte, quindi, di una sostenuta domanda alimentare, numerose sono le
problematiche vecchie e nuove che l’agricoltura mondiale di oggi e ancor più quella del
prossimo futuro, dovrà affrontare per soddisfare tale domanda.
In primo luogo permane il problema della riduzione delle terre adatte per lo
svolgimento dell’agricoltura. Infatti, secondo uno studio condotto da Henry Kindall
1
e
David Piementel fenomeni come la sovracoltivazione, l’acidificazione del terreno, la
compattazione hanno determinato nell’ultimo decennio una visibile riduzione della resa
annua delle terre coltivate, ma quel che è peggio hanno compromesso la capacità
produttiva futura.
L’erosione ha costretto i contadini ad abbandonare circa 430 milioni di ettari di
terreno coltivabile negli ultimi 40 anni, cioè un’area equivalente ad un terzo delle terre
coltivabili presenti.
Quindi, da un lato vi è la continua perdita di terre coltivate ad un tasso pari allo 0,7%
annuo, dall’altra quasi tutte le terre mondiali adatte alla coltivazione sono sfruttate.
Questo perchè la maggior parte di quelle ancora da utilizzare sono terre troppo impervie o
troppo umide o troppo fredde per l’agricoltura.