Introduzione
“Io sono una Piccola Italiana. Amo la mia divisa
[…]. Le donne Italiane devono imitare le donne degli
antichi Romani. Esse stavano a casa ad allevare i figli ed a
educarli. Filavano la tela, e ripulivano la casa. Anche noi
dobbiamo prendere esempio, e stare a casa a ripulire,
ordinare, lavare e far da mangiare. Sono questi i doveri di
una vera donna Italiana”
Componimento datato 9 dicembre 1939
L'idea di questa tesi nasce da una convinzione che già aveva preso
piede in me quando anni fa avevo lavorato alla mia tesi triennale. Tale tesi
approfondiva infatti la figura di Mary Wollstonecraft, femminista ante
litteram vissuta alla fine del Settecento, la quale si dimostrò una pioniera
dei diritti delle donne, sotto un punto di vista politico e sociale. La
caratteristica però che più la rende interessante è il suo sottolineare come sia
l'educazione impartita nei primi anni a bambini e bambine che ne determina
la disparità nella vita. Proprio l'educazione è quella che forgia la mente
quando questa è più aperta a cambiare e modellarsi secondo quelli che sono
gli esempi proposti. La stessa Wollstonecraft alla fine del '700 si era resa
conto che molti dei difetti attribuiti alla donna erano il frutto degli stessi
insegnamenti proposti: bambini e bambine, nella sua visione ideale,
avrebbero avuto uguale accesso all'istruzione, scuole miste e classi miste.
Solo così si sarebbe potuto avere una società migliore dove anche le donne
avrebbero ricoperto un ruolo degno e una cittadinanza attiva.
A distanza di tempo possiamo gettare uno sguardo ampio sul corso
1
della storia e sulla conquista di una educazione paritaria per maschi e
femmine. Colpisce prima di tutto come l'aspetto educativo/scolastico sia
rimasto nel tempo quanto mai sottovalutato nella battaglia contro la
discriminazione di genere, a favore di battaglie apparentemente più urgenti
come quella per il voto o la parità salariale. È ovvio che tutte le battaglie per
i diritti trovano fondamento nel fatto stesso di rivendicare un diritto, ma
aver tralasciato la parte educativa nella lotta femminista ha portato a degli
evidenti fraintendimenti nel cammino verso l'emancipazione sessuale o
verso una più forte coscienza del proprio corpo o per il miglioramento del
welfare. Dalla riflessione su questo problema prospettico della battaglia per
l'abbattimento degli stereotipi di genere nasce il testo di Elena Gianini
Belotti che, pubblicato per la prima volta nel 1973, è ancora oggi un'analisi
di riferimento imprescindibile per chi vuole approfondire la discriminazione
di genere a livello educativo. Sull'importanza del piano scolastico ed
educativo Belotti è molto chiara:
“La parità di diritti con l'uomo, la parità salariale,
l'accesso a tutte le carriere sono obiettivi sacrosanti e,
almeno sulla carta, sono già stati offerti alle donne nel
momento in cui l'uomo l'ha giudicato conveniente.
Resteranno però inaccessibili alla maggior parte di loro
finché non saranno modificate le strutture psicologiche
che impediscono alle donne di desiderare fortemente di
farli propri. Sono queste strutture psicologiche che
portano la persona di sesso femminile a vivere con senso
di colpa ogni suo tentativo di inserirsi nel mondo
produttivo, a sentirsi fallita come donna se vi aderisce e a
sentirsi fallita come individuo se invece sceglie di
realizzarsi come donna”
1
.
Gli approfondimenti disponibili su questi argomenti convergono
1 Elena Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, Feltrinelli, Milano 2009, p.9
2
soprattutto su studi molto recenti e riguardanti la situazione contemporanea.
Il testo di Irene Biemmi Educazione Sessista ad esempio è un lavoro di
ricerca molto interessante che prende in considerazione gli stereotipi di
genere nei libri delle elementari di oggi, analizza molte collane di ampia
diffusione e si sofferma sulla qualità dei modelli proposti all'uno e all'altro
sesso
2
. Le conclusioni sono poco incoraggianti nonostante la sensibilità sui
temi di genere nelle scuole sia oggi più presente: le case editrici che
puntano a una proposta di qualità in questo senso sono ancora insufficienti.
In un capitolo intitolato “La femmina invisibile” la stessa Biemmi scrive:
“Il primo risultato unanime emerso è un dato
prettamente quantitativo: sia nei testi che nelle
illustrazioni si ha una netta prevalenza numerica dei
maschi sulle femmine. Questa disparità numerica viene
letta come un segno chiaro e indiscutibile di sessismo
[…]. Le donne, anche quando sono presenti, sono relegate
a ruoli insignificanti, di scarso rilievo, mentre tutta
l'attenzione è rivolta ai maschi (bambini e adulti) e alle
loro imprese”
3
.
Per quanto riguarda l'analisi invece dei testi appartenenti al passato (in
particolare all'epoca fascista per quanto riguarda questa tesi), la saggistica
disponibile è decisamente scarsa e approfondire i testi originali che si
trovano in questa tesi non è stato facile. Una positiva eccezione è il lavoro
di ricerca fatto da Anna Balzarro e contenuto nel testo La Storia Bambina
dove troviamo un ampio approfondimento dedicato totalmente alla figura
della bambina e ai modelli ad essa proposti attraverso la pubblicazione del
periodico fascista “La Piccola Italiana”: all'interno del testo si trovano
anche interessanti foto degli originali d'epoca e l'autrice riporta numerosi
2 Irene Biemmi, Educazione sessista, stereotipi di genere nei libri delle elementari,
Rosenberg & Sellier, Torino 2010
3 Ivi, p.35
3
passi e strisce fumettistiche tratte dalle rubriche del giornalino.
Altri lavori sempre intorno alla scuola italiana fascista sono stati
pubblicati ma in nessuno di essi vi è la chiara volontà di un'analisi sugli
stereotipi di genere: si prendono in considerazione gli aspetti più
strettamente politici o legislativi senza che il genere sia però la chiave di
lettura dello studio. Alcuni saggi interessanti sono stati pubblicati da
Simonetta Ulivieri, storica dell'educazione, che nell'analisi più ampia della
questione femminile scolastica italiana, non solo nel ventennio fascista, è
sicuramente un punto di riferimento.
Nel cercare di rileggere con uno sguardo di genere la produzione
fascista riguardante la scuola, anche l'uso del linguaggio si è rivelato
imprescindibile e soprattutto specchio di una mentalità ben radicata al di là
delle parole. In riferimento a questo ho ritenuto opportuno citare il lavoro di
Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana, che sull'uso sessista della
lingua è in Italia un lavoro di ricerca pionieristico, a cui anche Irene Biemmi
si è appoggiata nella stesura della ricerca sopracitata. Nelle mie
considerazioni si potrà infatti notare come l'elemento dell'analisi linguistica
ritorni spesso a coadiuvare l'analisi dei testi originali.
Nella parte seconda della tesi viene approfondito il percorso formativo
delle maestre e dei maestri durante il ventennio e in ultima analisi anche la
figura stessa della maestra e le difficoltà annesse allo svolgimento di questa
professione. A tal proposito è significativo ricordare che è stata fatta da
Gabriella Nocentini una ricerca decisamente originale di approfondimento
della biografia di una maestra toscana e del suo operato negli anni vissuti
sotto il fascismo. Nel volume, che viene citato nell'ultima parte della tesi, si
trova un saggio di commento scritto da Carmen Betti, storica della
pedagogia, la quale specifica proprio come si incontrino numerose difficoltà
nel reperimento di materiale da studio intorno alla figura della maestra e del
4
ruolo femminile nell'educazione durante l'epoca fascista; accade invece che
si scoprano nuove sfumature e possibilità di analisi dietro a biografie del
tutto ignorate dalla ricerca, come nel caso del testo in questione.
Partendo quindi da questi presupposti in questa tesi si è cercato di
approfondire e indagare la dimensione degli stereotipi di genere
approfondendo i caratteri della scuola fascista. La tesi si concentra infatti
sull'educazione di genere veicolata dalla scuola fascista e dai canali di
informazione per bambini, come libri e fumetti, che durante gli anni '20 e
'30 hanno condizionato l'immaginario italiano infantile. Lo sviluppo è
lineare in quanto cerca di seguire in questa analisi un andamento
cronologico, scandito in particolar modo dalle riforme che il governo
fascista ha dedicato all'ambito scolastico, con attenzione a quegli aspetti che
hanno inciso sulla separazione dei percorsi di istruzione in base al genere di
appartenenza. Un ampio spazio viene pertanto dedicato alla riforma Gentile
che in quanto prima grande riforma fascista dà un'innegabile nuova forma
all'ordinamento della scuola italiana, forma che rimarrà per lo più intatta
nonostante i numerosi ritocchi apportati successivamente da altri ministri. Il
pensiero di Gentile e la sua visione conservatrice dei ruoli femminili nella
società, come osservato nella prima parte della tesi, vanno ad incontrare le
opinioni che già Mussolini andava esprimendo in alcune sue dichiarazioni e
ben si riassumono nei provvedimenti adottati nella riforma per incanalare le
energie femminili al servizio della famiglia, del marito e dei figli.
La tesi è articolata in due parti principali: la prima dedicata alla scuola
elementare, ai modelli di genere proposti a bambini e bambine attraverso i
libri di scuola e alle pubblicazioni per Balilla e Piccole Italiane; la seconda
invece si concentra sugli istituti magistrali, sulla formazione dei maestri,
delle maestre e le difficoltà nell'avviamento alla professione.
L'attenzione alla figura del maestro o della maestra si inserisce
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all'interno del solco precedentemente illustrato secondo cui tutto ciò che per
la bambina o il bambino viene proposto come modello di ispirazione va a
scriversi indelebilmente nella mente e rimane come fondamento della futura
personalità dell'individuo. Quando queste figure guida allora vengono
formate e direzionate perché siano capaci di trasmettere stili di vita e valori
diversi sulla base del genere a cui appartiene la scolara/o, possiamo
immaginare quanto grande sia il peso che i loro insegnamenti (quando non
imposizioni) lasciano nella coscienza dei piccoli futuri cittadini; per quanto
la scuola non faccia parte della “socializzazione primaria” che avviene in
famiglia, essa è estremamente importante per l'immaginario del bambino
poiché è un'esperienza unica e assoluta. Sulla figura dell'insegnante
Marcello Dei suggerisce la seguente riflessione:
“[...] È vero che gli insegnanti sono funzionari
istituzionali, ma è innegabile che per gli alunni essi sono
oggetto di identificazione emotivamente intensa. Per
questo gli anni delle elementari e la figura della maestra si
insediano tanto stabilmente e profondamente nella
memoria di ciascuno e nell'immaginario collettivo. Ne
sapevano qualcosa le nostre corrispondenti [ex maestre,
n.d.r.] che, di frequente e non senza fierezza, a
conclusione delle note autobiografiche hanno menzionato
i segni di affetto che costantemente, non importa se erano
in servizio o già in pensione, hanno ricevuto dai loro ex
alunni ormai maturi uomini e donne”
4
.
Oltre alla riforma Gentile, si è analizzato anche il contenuto e il
linguaggio della Carta della Scuola ideata dal ministro Bottai la quale, pur
non avendo avuto il tempo di essere attuata, presenta interessanti spunti di
riflessione sul tentativo di creare percorsi di istruzione separati per maschi e
4 Marcello Dei, Colletto bianco Grembiule nero, gli insegnanti elementari italiani tra l'inzio
del secolo e il secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna 1994, p.10
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femmine.
Nella seconda parte si è cercato inoltre di portare avanti un'analisi
originale di alcuni annuari scolastici custoditi nelle biblioteche nazionali.
Tali annuari infatti presentano al loro interno la scansione della vita
scolastica di alcuni istituti magistrali toscani e rappresentano una piccola
finestra sulla vita quotidiana degli alunni e degli insegnanti. La
rappresentano tuttavia nella misura in cui raccontano come le cariche più
alte degli istituti si rivolgessero agli iscritti e alle iscritte e quali fossero i
toni con cui si comunicava alle ragazze (che rappresentavano quasi la
totalità dei frequentanti) durante le occasioni ufficiali. Non possono tuttavia
essere presi a riferimento per una ricostruzione più fedele delle sensazioni e
dell'atmosfera respirata quotidianamente tra i banchi di scuola, in quanto
documenti ufficiali e pubblici. Per ovviare a questo ho cercato di riportare
qualche stralcio di testimonianza presa da racconti autobiografici di alcune
maestre dell'epoca o di un'alunna che ha lasciato delle memorie anonime
sulla sua esperienza liceale sotto il regime fascista. Purtroppo infatti la
difficoltà del lavoro di ricerca è data sopratutto dalla pochezza di testi che
riportino testimonianze dirette, autobiografiche, quaderni di scuola, diari o
altro materiale che si sottragga alla ufficialità delle pubblicazioni statali.
La tesi vuole quindi cercare di delineare un quadro sulla
discriminazione di genere che i bambini e le bambine italiane hanno subito
e allo stesso tempo assimilato durante la loro infanzia scolastica, nel
tentativo di rimarcare come determinate esperienze vissute nei primi anni di
vita possano rappresentare un enorme ostacolo alla realizzazione nella vita
adulta dei singoli e al miglioramento della società tutta in un senso più
ampio. In Dalla parte delle bambine leggiamo:
“Nessuno può dire quante energie, quante qualità
vadano distrutte nel processo di immissione forzata dei
bambini d'ambo i sessi negli schemi maschile-femminile
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così come sono concepiti dalla nostra cultura, nessuno ci
saprà mai dire che cosa avrebbe potuto diventare una
bambina se non avesse trovato sul cammino del suo
sviluppo tanti insormontabili ostacoli posti lì
esclusivamente a causa del suo sesso”
5
.
Proprio per questo motivo è sempre più urgente una comprensione dei
limiti educativi sulle questioni di genere i quali hanno condizionato lo
sviluppo dei bambini tramite la scuola, le illustrazioni, i fumetti, i modelli
proposti dai media. Un'analisi storica può essere inoltre un modo per capire
come determinati cambiamenti culturali portatori di progresso possano
realizzarsi, con lo scorrere delle generazioni, solo a patto che questa
dimensione educativa abbia un'importanza riconosciuta da tutte le
discipline, compresa la storia di genere.
5 Elena Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, cit., p.9
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