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I INTRODUZIONE
I.a PUBBLICO E PRIVATO OVVERO GENESI DI UNA TESI
La quotidianità degli occidentali è pervasa da eventi che sembrano mossi da
preveggenza. Il sistema capitalista pare essere in grado di anticipare i desideri dei
singoli (Harford, 2007), provvedendo alla distribuzione o consegna di beni e servizi in
maniera estremamente celere se non istantanea, oppure creando identità parallele
grazie a oggetti o strumenti virtuali. Ogni qual volta l’individuo sente una necessità,
la risposta pare risiedere semplicemente nella sua trasformazione in consumatore, e
l’unico ostacolo all’ottenimento del bene o servizio desiderato si configura nella
transazione economica necessaria. Addirittura, è probabile che non sia neppure
richiesto di pagare un costo in denaro, bensì in informazioni: per diversi servizi online,
l’unico criterio di accesso è il conferimento dei propri dati personali. Infine, il
venditore può trovarsi lontano territorialmente, o addirittura essere frammentato in
decine di utenti connessi tra loro ma fisicamente localizzati in luoghi diversi, fino ai
casi più estremi di sistemi totalmente automatizzati che escludono il contatto, per
quanto indiretto, con altri esseri umani. Un tale scenario pone alcune domande: qual
è la dimensione politica di questi eventi? lo Stato, dov’è? Essere consumatori come
si relaziona con l’essere cittadini? Chi, come ed in che misura decide la forma che le
decisioni aziendali prenderanno, ed i conseguenti effetti su individui terzi, non
consultati e forse non consultabili? La risposta è ricercata molto spesso
nell’incrementale raggiungimento di un mercato ideale, non distorto, ove gli individui
siano in grado di prendere decisioni razionali grazie alle informazioni-prezzo: se essi
sono liberi di allocare le loro decisioni di spesa efficacemente, la dimensione politica
diviene irrilevante. Ma è veramente così?
La sovranità dello Stato, messa continuamente in discussione da questi eventi, è
sottoposta a due pressioni contemporaneamente: pare contesa tra difensori accaniti
della sua forma otto e novecentesca (nostalgici dello Stato forte ed assoluto), e
promotori di un ordine liberale globale, che vede la sovranità assoluta come un
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residuato storico sopravvissuto più per inerzia che per meriti reali. In questo lavoro
l’auspicio è di connettere il ruolo dei privati con la sovranità statale, al fine di giungere
ad una visione più complessa della realtà occidentale capace di superare questo
binomio.
Gli anni Ottanta del Novecento hanno rappresentato un momento unico nella storia
globale. L’approccio liberista è definitivamente uscito dalle scienze economiche per
riversarsi in modo dirompente nella sfera politica, forte degli attributi di razionalità,
efficienza ed efficacia. Non è possibile affermare che vi sia concordia unanime sul
carattere unico di questo decennio, essendo presente una vastissima letteratura in
merito ed essendo l’argomento stesso un intreccio profondo di domini accademici
eterogenei. Cionondimeno è conclamato che la fine del bipolarismo, ed il
conseguente predominio culturale del capitalismo finanziario, sia stata la spia di una
definitiva e profondissima messa in discussione dei concetti di Stato, di cittadinanza
e di sovranità, attraverso una riconfigurazione del discrimen fra pubblico e privato.
Essere parte della società occidentale oggi è essere molto più spesso consumatori
piuttosto che cittadini. La diluizione del confine tra pubblico e privato investe
pienamente la quotidianità e spazia attraverso le scelte governative più variegate,
dalla copertura sanitaria (si veda, per esempio, l’Obamacare statunitense), al ruolo
dell’istruzione privata, fino alla forma stessa del sistema di istruzione
1
; ma esiste, ed
è complementare benché meno nota e meno affrontata, una dimensione di
privatizzazione delle relazioni politiche, il cui senso è difficilmente comprensibile
nella sua totalità senza mettere in prospettiva il dibattito e, soprattutto, senza
utilizzare simultaneamente strumenti di analisi politica ed economica.
Benché queste riflessioni non abbiano di per sé carattere innovativo (Marcuse, 1999),
astrarre questi spaccati di quotidianità consente di porre quesiti teorici che mettono
al centro concetti nodali sia delle scienze politiche che delle scienze economiche: qual
è la condizione attuale del concetto di sovranità? Si può pensare che essa sia
1
In Italia il dibattito sulla capacità della scuola di formare lavoratori è stato rilanciato a fine 2014 da
Michele Boldrin, il quale ha ampiamente argomentato sull’opportunità di abolire il liceo classico.
Testo completo: http://noisefromamerika.org/articolo/aboliamo-classico
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condivisa? Dobbiamo quindi ridefinire i domini del pubblico e del privato? Qual è la
capacità dei privati di essere attori politici globali? In ambito scientifico non è comune
imbattersi in un approccio che non tenti di rispondere a questi quesiti mutuando dalla
prospettiva marxista l’assunto che le relazioni economiche determinano la
‘sovrastruttura politica’, e questo vale anche per le teorie neoliberiste (per quanto
ossimorico ciò possa apparire a prima vista). Benché questa tesi poggi sulla
costatazione che odiernamente il principio di economicità ha permeato la quasi
totalità delle relazioni sociali, la sfida è allontanarsi da un approccio marxista al fine
di rendere le dimensioni economica e politica equipollenti. A tal fine, almeno due
ambiti possono condurre a questo scopo.
Primo, lo studio del passaggio dallo Stato assoluto (con la non trascurabile parentesi
dei totalitarismi del Novecento) allo Stato liberale, e successivamente allo Stato
globale: la produzione economica e culturale passa da un monopolio, che imprime i
suoi caratteri fondamentali al popolo uniformato attraverso la creazione di momenti
collettivi e ricodificando i rapporti tra gli individui, ad un sistema frammentato e di
libero mercato ove i cittadini possano essere sia produttori sia fruitori di molteplici
alternative, per arrivare in ultima istanza al superamento dei confini nazionali come
limite geografico e culturale.
Secondo, l’economia aziendale come branca delle scienze economiche: la letteratura
specialistica ha dagli anni Settanta in poi cercato di definire il concetto di
‘responsabilità sociale dell’impresa’ (di seguito CSR
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), al fine di comprendere come le
scelte aziendali si riflettano sulla comunità nella quale essa opera; parallelamente si
sono ampliate la comprensione e l’efficacia del marketing, che nell’etimologia stessa
della parola è lo studio del mercato, intesa come analisi la cui ipotesi base di lavoro è
che gli individui tutti siano soggetti a razionalità limitata e consumatori in potenza
(Airoldi, Brunetti, & Coda, 2005 e Keller & Kotler, 2007).
La potenzialità del lavoro qui proposto è quella di un offrire una sintesi tra due
approcci accademici differenti, al fine di giungere ad una ipotesi politica basata su
2
Corporate Social Responsibility. Una lista delle abbreviazioni è presente in appendice
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due tradizioni di ricerca diverse, e virtualmente in grado di superare la mancanza di
commistione tra visione politologica ed economica. Un tale contributo alla
letteratura può essere rilevante sia per l’utilizzo di strumenti e teorie di entrambe i
domini, sia per l’impellente necessità di ripensare gli elementi fondamentali della
governance del capitalismo alla luce della ‘crisi globale’ iniziata nel 2008 (Willke &
Willke, 2012) e dell’evoluzione del concetto di cittadinanza.
In definitiva, questa tesi si propone di costruire un modello di analisi, un’ipotesi
politica, degli individui nella società occidentale capace di superare il binomio
cittadino/consumatore al fine di giungere al cittadino stakeholder, o ‘portatore di
interessi istituzionali’. Per approdare a questa ultima fase è però necessario
analizzare a monte i concetti politici di pubblico (relativamente al cittadino) e privato
(relativamente al consumatore), e la massima espressione di tale divisione è la
sovranità
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. Comprendere quindi i due elementi costitutivi e complementari della
sovranità condivisa (da una parte le teorie che ridisegnano lo Stato nazionale in Stato
globale e dall’altra le teorie che attribuiscono ad attori privati globali capacità
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di
creare e gestire relazioni politiche in passato monopolizzate) permette di ipotizzarne
l’esistenza e, su tale ipotesi, proporre un’ipotesi politica originale.
Questa tesi si dipana su cinque parti: in prima istanza vengono presentate le basi
teoriche e metodologiche sulle quali si è impostato il lavoro, affiancate dalle
definizioni dei termini utilizzati (e spesso mutuati dalle scienze economiche) e dalle
ipotesi di lavoro;
il primo capitolo affronta invece il concetto di sovranità ‘classica’, non condivisa, e le
teorie delle relazioni internazionali che, benché non si distacchino dalla netta
divisione pubblico/privato, hanno introdotto gli attori privati come attori principali
nell’arena internazionale;
3
Il termine è correntemente declinato in più sensi. Per una visione d’insieme sull’uso contemporaneo
di questo termine si vedano, per esempio, la ‘Treccani’ e l’‘Encyclopӕdia Britannica’. Testo
completo: http://www.treccani.it/enciclopedia/sovranita e
http://www.britannica.com/EBchecked/topic/557065/sovereignty.
4
Nel testo, ogni qual volta si fa riferimento alla/e ‘capacità del nazionale’, si intende nel senso di
Sassen, 2006, se non diversamente specificato
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il secondo capitolo propone invece un salto concettuale, presentando le teorie e gli
autori che argomentano come la divisione pubblico privato vada ripensata e con essa
l’idea della sovranità classica, e mostra come il capitalismo finanziario globale abbia
avuto un ruolo determinante. L’apice di questa visione è lo Stato globale;
il terzo capitolo propone di analizzare i concetti finora esposti da un’ottica rovesciata,
e cioè attraverso la crescente letteratura dell’economia aziendale che vuole
l’impresa, specialmente nella versione della corporation, come un attore globale di
estrema rilevanza tale da porre l’interrogativo se il concetto di cittadinanza sia da
ripensare alla luce della CSR. Nello specifico, la creazione di identità come attività
economica è studiata attingendo anche dall’antropologia economica (Hann & Hart,
2011);
Infine, il quarto ed ultimo capitolo propone un’ipotesi politica che dia la possibilità al
singolo di riprendere controllo dei rapporti politici che l’essere stakeholder, spesso
contro la sua volontà o addirittura a sua insaputa, gli impone.
Lo scopo di questa tesi è triplice. Primo, si propone di avvicinare la letteratura
crescente sullo Stato globale e sulla sovranità condivisa, al fine di interrogarsi se
quest’ultima sia davvero possibile o quanto meno definibile in maniera univoca;
secondo, cerca di avvicinare la letteratura economico-aziendalistica alla teoria
politica, un metodo di lavoro correntemente scarsamente scandagliato; terzo,
propone un’ipotesi politica che possa concettualizzare il gap esistente tra coloro che
sono affetti dalle narrative e dalle politiche di attori privati globali (stakeholders), e
coloro che possono attivamente influenzare tali dinamiche (il management e gli
stockholders, ovvero gli azionisti).
I tre scopi sono interconnessi e non possono prescindere uno dall’altro, poiché è
pensabile che la debolezza delle teorie odierne della sovranità come della CSR sia da
individuarsi nella marcata mancanza di contaminazione tra discipline politiche ed
economiche, segnatamente nella pervasiva ipotesi che lo spazio del pubblico e del
privato debbano essere inequivocabilmente divisi, per quanto interconnessi. Essendo
“already acutely conscious of working in a no-man’s-land between politics and
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economics” (Strange, 1996, p. 67), è qui presentata l’idea di sovranità condivisa come
ponte tra queste due sfere accademiche. Creare tale connessione è di estrema
importanza, poiché l’esistenza di attori economici privati liberi da ogni formale
responsabilità politica dinnanzi alle proprie decisioni economiche è già da lungo
tempo un problema impellente, sia a livello sociale che accademico (Latham, 2000).
Nella sezione successiva sono presentate le ipotesi di lavoro e la metodologia
utilizzata. Questo lavoro si basa sul fil rouge ideale che congiunge analisi
microfondata, frammentazione delle identità politiche degli individui, e
orientamento all’economia delle scelte di policy che impregnano la governance
globale. Il punto è che le dinamiche macro, globali, hanno una notevole influenza sul
micro, ma la dispersione del potere politico rende impossibile analizzare i due livelli
come separati. In questa sede, per semplicità analitica, i primi due capitoli adottano
un approccio strutturale, mentre gli ultimi due scendono a livello individuale, ferma
restando la perdurante ipotesi della compenetrazione dei due livelli.