Introduzione
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basati su entrambi i materiali, monocristallino e policristallino, per individuare le diffe-
renze di prestazioni e per identificare le dinamiche del trasporto di carica. Questa parte
consta di misure di corrente sia in assenza sia in presenza di radiazione, in funzione del-
la tensione applicata o del tempo. Si cercherà di spiegare, tramite alcuni modelli, i fe-
nomeni osservati e si darà una stima di alcuni parametri propri dei fotorivelatori.
L’ultima parte di questo capitolo sarà dedicata alla descrizione delle misure di caratte-
rizzazione e alla comparazione di quattro tipi diversi di contatti elettrici, ottenuti me-
diante differenti metallizzazioni superficiali. Anche in questo caso si riporteranno sia le
caratteristiche della corrente in funzione della tensione, sia quelle in funzione del tempo,
per poter comprendere quali sono le proprietà di ogni singola giunzione.
Nel quarto capitolo, infine, si confronteranno i migliori risultati ottenuti da que-
sti rivelatori a diamante con le prestazioni dei rivelatori di fotoni UV comunemente usa-
ti, per cercare di capire i vantaggi ed i limiti attuali della tecnologia dei dispositivi a dia-
mante ed identificare gli aspetti che richiedono ulteriori sviluppi.
Capitolo I: Il diamante artific iale
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1 Capitolo I: Il diamante artificiale.
1.1 Caratteristiche del diamante
Grafite e diamante sono fasi allotropiche del carbonio di natura cristallina, en-
trambe stabili a pressione e temperatura ambiente, anche se il diagramma delle fasi del
carbonio prevedrebbe la stabilità della sola grafite . Di fatto, la notevole differenza di
energia tra fase grafitica e diamante (circa 7 eV) rende quest’ultimo stabile al punto che,
per osservare una conversione spontanea in grafite, è necessario arrivare a 1300°C.
Il diamante, in partico-
lare, è un materiale che sta
diventando sempre più ap-
prezzato e utilizzato nel cam-
po tecnologico e scientifico
per le sue caratteristiche e-
streme. Le proprietà meccani-
che del materiale sono giusti-
ficate dalla struttura cristalli-
na, composta di atomi di car-
bonio formanti legami sp3 in
geometria tetraedrica (vedi
fig. 1-1) e distanti mediamen-
te 1,545Å, con una densità
atomica di 0,176 atomi per Å3.
Ad esempio, l’energia necessaria alla rottura dei legami cristallini è più che doppia ri-
spetto a quella necessaria in un cristallo di silicio, e questo conferisce al diamante la ca-
Figura 1-1 Struttura cristallina del diamante.
Capitolo I: Il diamante artific iale
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ratteristica durezza. Inoltre, ha una compressibilità bassissima e un bassissimo coeff i-
ciente di espansione termica e, contemporaneamente, ha il più alto coefficiente di con-
ducibilità termica.
Chimicamente, il diamante è inerte: risulta inattaccabile dagli acidi e dalla mag-
gior parte degli agenti chimici, con l’eccezione di quelli che, ad alte temperature, si
comportano come ossidanti; ad esempio, sopra gli 800°C in atmosfera di ossigeno, il
diamante ossida e forma CO e CO2. Anche alcuni metalli possono reagire chimicamente
col diamante, comportandosi come solventi o formando i rispettivi carburi.
Le proprietà elettriche ed ottiche sono determinate da un gap energetico di 5,48
eV tra la banda di conduzione e quella di valenza. Il diamante puro, dato l’alto valore
del gap di banda, è trasparente in un’ampia zona spettrale che va dal vicino infrarosso
(circa 2,5 mm) al vicino UV (circa 220 nm); la presenza di difetti o di impurezze peggio-
ra questa qualità ottic a e può conferire ai cristalli una caratteristica colorazione, ad e-
sempio gialla per la forte presenza di azoto. Il materiale non presenta inoltre birifran-
genza, per la sua struttura reticolare cubica e dunque isotropa e ha un indice di rifrazio-
ne di 2,4. Queste caratteristiche determinano la sua rinomata brillantezza, che viene ul-
teriormente esaltata da opportune sfaccettature.
Il largo gap conferisce al diamante puro anche la proprietà di essere un ottimo
isolante. Oltre ai cristalli ad elevata resistività, in natura sono stati trovati anche rari
campioni semiconduttori di tipo p1, particolarità quest’ultima riconducibile alla presen-
za ridotta di impurità di azoto, accompagnate da un abbondante contenuto di boro.
L’elevata energia di gap, permette al materiale di assorbire radiazioni molto energeti-
che, come i raggi UV e gli X. Per quanto detto sopra, quindi, un dispositivo di rivelazio-
ne per fotoni UV basato sul diamante sarebbe teoricamente cieco alle radiazioni visibili
e presenterebbe correnti di buio estremamente basse, data l’esigua disponibilità di port a-
tori coinvolti nel processo di conduzione elettrica, in assenza di cariche libere, prodotte
dalle suddette radiazioni.
Nella tabella alla pagina seguente, riportiamo riassunte alcune delle caratteristi-
1
Vedi appendice A
Capitolo I: Il diamante artific iale
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che fisiche del diamante:
Tabella 1-1: Caratteristiche Fisiche del Diamante comparate con quelle del Silicio.
Grandezza Diamante Silicio
Numero atomico 6 14
Peso atomico 12,01 28,09
Densità ρm (g.cm-3) 3,52 2,33
Numero di atomi (x1022cm-3) 17,7 4,96
Distanza atomica media (Å) 1,54 2,35
Punto di fusione (°C) 4100 1420
Work function F (eV) 4,81 4,58
Gap di banda (eV) 5,5 1,12
Rigidità dielettrica (V/cm) 107 3 105
Resistività (W/cm) >1011 2,3 105
Densità intrinseca portatori (cm-3) <103 1,5 1010
Mobilità degli elettroni (cm2V-1s-1) 1800 1350
Mobilità delle lacune (cm2V-1s-1) 1200 480
Costante dielettrica 5,7 11,9
Energia di coesione atomica (eV/atomo) 7,37 4,63
Conducibilità termica (Wm-1K-1) 1000-2000 150
Energia di creazione di una coppia e-h (eV) 13 3,6
Coefficiente di diffusione degli elettroni (cm2s-1) 47 38
Coefficiente di diffusione delle lacune (cm2s-1) 31 13
Capitolo I: Il diamante artific iale
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1.2 Cenni sulle tecniche di crescita del diamante.
Il diamante, come facilmente intuibile da quanto detto nel precedente paragrafo,
è sempre stato un materiale di estremo interesse per applicazioni scientifiche, tecniche e
industriali. Il limite ad un suo largo impiego è legato alla scarsità della risorsa, alla forte
selezione per trovare la gemma soddisfacente i requisiti richiesti e ai costi che tutto ciò
implica. Con la scoperta dei metodi di sintesi ad alte pressioni e alte temperature
(HPHT) degli anni ’50, nei laboratori della General Electric, si dette il via all’utilizzo di
questo materiale per applicazioni meccaniche anche se, il vero e proprio abbattimento
dei costi del diamante non era stato ancora realizzato. Le tecniche HPHT si suddividono
a loro volta in tre metodologie applicative:
• Il processo detto “per impatto”, che prevede di portare istantaneamente la polve-
re di carbonio ad elevatissime pressioni, in modo da ottenere una conversione di-
retta da stato grafitico a stato diamante. L’innalzamento brusco della pressione
può avvenire, per esempio, con l’ausilio di un’esplosione all’interno della came-
ra di conversione o dall’urto di grandi masse accelerate. Il processo è, quindi,
difficilmente controllabile e porta alla formazione di cristalli di grandezza varia-
bile, solitamente inferiore ai 50 mm.
• Il processo detto “per conversione diretta”. Questo metodo di crescita consiste
nel sottoporre la polvere di carbonio a pressioni statiche di 13-16 GPa e ad una
temperatura di 3000-4000 °C. Si ha in tal modo un passaggio diretto di fase, at-
traverso la decomposizione dei legami grafitici e la riorganizzazione in legami
sp3 necessari per la formazione del diamante.
Capitolo I: Il diamante artific iale
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• Processo catalitico (o di flusso). Consiste in una procedura di crescita simile al
sopra citato metodo diretto, giacché si applica al materiale di partenza una pres-
sione statica e un’alta temperatura. In questo processo, però, vengono utilizzati
anche nichel e ferro, o altri metalli di transizione come catalizzatori, in modo da
permettere alla reazione di conversione di avvenire a temperature molto più bas-
se. La miscela, composta da polveri di carbonio e dai suddetti metalli, viene ri-
scaldata a temperature che si aggirano intorno ai 1500°C e viene portata a pres-
sioni dai 4 ai 6 Gpa, in
modo da ottenere una so-
luzione satura di grafite.
Come visibile dal dia-
gramma delle fasi in fi-
gura 1-2, in tale zona il
diamante è stabile e que-
sto, unitamente al fatto
che la grafite è molto più
solubile del diamante
nella suddetta soluzione,
rende possibile la preci-
pitazione del diamante.
Di recente[1], sono state
messe a punto anche tec-
niche HPHT che sfruttano
laser per il riscaldamento,
polveri di fullereni e non
di grafite, come composti iniziali, e gradienti di pressione (da 4 a 50GPa) applicati da
incudini di diamante, che funzionano anche da semi di crescita del nuovo materiale.
Oggi, alle tecniche HPHT si è affiancata anche la tecnica detta di deposizione di
vapori chimici (Chemical Vapor Deposition, CVD) che, a sua volta, si è differenziata in
diverse metodologie di crescita, comunque ad essa riconducibili. Con la tecnica CVD è
Figura 1-2 Diagramma delle fasi del carbonio
Capitolo I: Il diamante artific iale
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possibile ottenere policristalli di ottima qualità a costi ridotti, e questo ha permesso una
maggiore diffusione del diamante. Negli anni ’70, è stata messa a punto la tecnica di
crescita detta PACVD (Plasma Assisted Chemical Vapor depositino), comunemente
chiamata CVD, che si basa sulla deposizione di film sottili di diamante da fase gassosa
a bassa pressione, di solito compresa tra 650 e 1300 bar. La tecnica consiste nel fornire
una densità di potenza
termica maggiore di 100
W/cm3 ad una miscela di
gas contenenti carbonio,
idrogeno e ossigeno in
concentrazioni opportu-
ne. Con questo processo,
le molecole dei gas ven-
gono in parte dissociate
ed in parte ionizzate,
dando luogo ad un pla-
sma, grazie al quale
comincia la deposizione
del policristallo su un
substrato che, solitamen-
te, è realizzato in silicio. L’ottimizzazione dei vari parametri di crescita, come la poten-
za termica, le concentrazioni e le composizioni dei gas della miscela, la pressione e la
temperatura del plasma e del substrato, porta a ridurre la presenza di carbone amorfo e
di grafite e a produrre film anche di considerevoli dimensioni, formati da policristalli
con grani colonnari di dimensioni variabili dai 5 ai 100 mm. Questa tecnica impiega una
miscela di CH4 e H2 trasformata in plasma per mezzo di una scarica elettrica nelle fre-
quenze delle microonde (MW-CVD Micro Wave-CVD vedi fig. 1-5), nella gamma del-
le radiofrequenze (RF-CVD) oppure in continua (DC-CVD). Altre tecniche di crescita
prevedono l’attivazione dei gas precursori tramite fiamme all’acetilene-ossigeno, trami-
Figura 1-3 Reattore per la sintesi del diamante con tecnica
PACVD
Capitolo I: Il diamante artific iale
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te calore derivante da un filamento caldo HF-CVD (Vedi fig. 1-4) o tramite scariche
elettriche ad arco (fig. 1-6). La deposizione del film di diamante sul substrato si ha solo
quando la concentrazione di idrogeno atomico risulta sufficientemente significativa. La
motivazione dell’essenzialità dell’idrogeno nella creazione dei policristalli non è ancora
chiara. Tuttavia, sembra che questo abbia un ruolo fondamentale nella rimozione della
grafite, che si deposita insieme al diamante in quantità confrontabili, e nel mant enimen-
to della geometria di legame sp3, legandosi temporaneamente al carbonio, tipologia di
legame necessaria alla successiva creazione del diamante. Ultimamente, si è giunti alla
convinzione che, ai fini della crescita del diamante, non sia tanto importante la natura
dei gas componenti la miscela, ma le concentrazioni relative degli atomi di carbonio,
idrogeno e ossigeno in essa presenti[2]. Il ruolo giocato dalla composizione del substrato
e dalla sua temperatura è fondamentale nell’accrescimento del diamante. Infatti, il sub-
strato deve possedere una temperatura di fusione sufficientemente elevata da poter resi-
stere nella camera di crescita e non deve presentare grandi coefficienti di solubilità e di
diffusione del carbonio. Queste proprietà fanno in modo da non sottrarre atomi alla su-
perficie dal lato di crescita, al fine di favorire lo sviluppo di carbonati all’interfaccia e,
conseguentemente, la sintesi dei cristalli può avvenire subito sopra a questo.
Figura 1-4 Schematizzazione e foto di una camera per la crescita col metodo Hot Filament
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Capitolo I: Il diamante artific iale
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Figura 1-56 Schema e foto di una camera per la crescita col metodo Arc Discharge CVD
Figura 1-65 Schema e foto di una camera per la crescita col metodo Plasma Assisted CVD
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Capitolo I: Il diamante artific iale
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Figura 1-87 Fotografia al microscopio elettronico della sezione di un diamante policristallino
Figura 1-78 Fotografia al Microscopio elettronico del lato crescita di un diamante policritallino
con orientazione cristallina casuale.
Capitolo I: Il diamante artific iale
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1.3 Le applicazioni attuali e in via di sviluppo
In questo paragrafo, intendiamo fare una breve panoramica sulle attuali applica-
zioni del diamante sintetico, trattando la rivelazione di radiazioni UV nel paragrafo suc-
cessivo.
Vista l’elevata conducibilità termica del diamante e le sue ottime doti di isolante
elettrico, il materiale viene utilizzato come dissipatore di calore per diodi laser e per cir-
cuiti a microonde integrati. Altre applicazioni prevedono l’utilizzo del diamante nella
fabbricazione di circuiti integrati perché, riuscendo a dissipare meglio il calore, permet-
te la diminuzione delle loro dimensioni, evitando surriscaldamenti delle giunzioni e mi-
gliorandone quindi l’affidabilità e la vita media.
Il diamante sintetico può altresì essere utilizzato in utensili per l’abrasione o
come rivestimento per punte per il taglio o per la perforazione, allungandone la vita me-
dia e l’efficienza. Sempre per la sua estrema durezza e resistenza, il diamante viene usa-
to nelle teste di perforazione delle trivel-
le, oppure come rivestimento per ingra-
naggi o parti meccaniche particolarmen-
te sottoposte ad usura.
Le proprietà ottiche del diamante
ne fanno un ottimo materiale per la pro-
duzione di finestre nell’infrarosso, per
l’utilizzo in ambienti avversi. Infatti, at-
tualmente vengono utilizzati a tale scopo
materiali quali ZnS, Ge o ZnSe che, pur
avendo ottime proprietà di trasmissione,
sono facilmente danneggiabili. È neces-
sario, quindi, utilizzare direttamente finestre in diamante free-standing, oppure fornire
Figura 1-9 Micro ingranaggio ricoperto da
un film sottile in diamante
Capitolo I: Il diamante artific iale
13
un rivestimento a quelle sopra citate tramite un film sottile. Inoltre, al fine della rivela-
zione degli infrarossi, riveste particolare importanza la rugosità delle superfici interpo-
ste alla rivelazione. Questa caratteristica superficiale deve essere ridotta al minimo per
evitare effetti di scattering delle radiazioni e, per questo, anche per il diamante, sono
state prodotte tecniche di riduzione della rugosità, fino a 1 nm r.m.s. Ancora per quanto
riguarda le proprietà ottiche del diamante, che gli conferiscono un’ottima trasparenza
nel campo della radiazione visibile e una buona riflettività nel UV, riportiamo applica-
zioni innovative per l’impiego dei film policristallini come beam splitter o come specchi
per UV, al fine di filtrare direttamente con lo specchio la luce incidente e ottenere, ad
esempio, una divisione dei cammini ottici della luce visibile da quella UV[3].
L’elevatio gap energetico tra banda di conduzione e di valenza fa del diamante
un ottimo isolante elettrico; inoltre, la possibilità di drogarlo ne permette l’utilizzo come
semiconduttore. Tuttavia, esistono ancora alcuni problemi da risolvere prima di poter
approdare ad una vera e propria classe di dispositivi interamente sviluppati sul diaman-
te. Infatti, la conformazione policristallina del film porta alla presenza, nel materiale, di
difetti che ne peggiorano notevolmente le caratteristiche, come vedremo in modo più
approfondito nel secondo capitolo. Allo stato attuale delle tecnologie di crescita, si è
potuto dare dimostrazione della possibilità di costruzione di componenti elettronici att i-
vi, soltanto tramite l’impiego di cristalli singoli omoepitassiali, mentre l’utilizzo dei po-
licristalli non ha fornito, per ora, risultati analoghi. I drogaggi di tipo p vengono ottenuti
semplicemente aggiungendo opportune percentuali di B2H6 alla miscela di crescita; que-
sto garantisce l’inclusione nel policristallo del boro che, appartenendo al V gruppo, è un
elemento accettore per il carbonio. Invece, per quanto riguarda i drogaggi di tipo n, il
processo non è altrettanto facile: l’alta densità cristallina del diamante rende altamente
difficile l’inclusione nel reticolo di elementi con atomi più grandi di quelli del carbonio
stesso, come quelli che agirebbero da droganti di tipo n. Recenti studi si stanno focaliz-
zando su drogaggi alternativi a quelli classici utilizzando, ad esempio, il litio. Perman-
gono, tuttavia, limiti tecnologici nella creazione di profili geometrici di drogaggio parti-
colarmente complessi.
Nonostante ciò, è già possibile trovare sul mercato i primi dispositivi basati sul
Capitolo I: Il diamante artific iale
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diamante, come quelli che sfruttano le proprietà piezoelettriche, alcuni rivelatori di ra-
diazioni o di particelle, nonché i primi transistor ad effetto di campo (FET). Di recente,
l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata sull’utilizzo del materiale come emettitore di
elettroni in display elettroluminescenti a bassissimo consumo di energia o in interruttori
ultra veloci. Infatti, il diamante, se polarizzato negativamente in vuoto, è un ottimo e-
mettitore di elettroni, dato che la sua affinità elettronica risulta negativa, ovvero il live l-
lo energetico corrispondente all’emissione in vuoto dell’elettrone è inferiore al minimo
della banda di conduzione e
perciò anche in presenza di pic-
coli campi elettrici gli elettroni
vengono emessi preferenzial-
mente in vuoto. Utilizzandolo
quindi come catodo freddo,
congiuntamente ad opportuni
fosfori, si riescono a costruire
visori ultra piatti, con ampio
angolo di visuale, molto lumi-
nosi e adattissimi per l’utilizzo
all’aperto. Switch ultra veloci
possono essere ottenuti tramite
l’utilizzo di anodi metallici per
la raccolta della carica emessa.
Il diamante riveste grande importanza anche nel campo della dosimetria dei rag-
gi X, della rivelazione delle particelle e della radiazione di sincrotrone. Infatti, l’estrema
resistenza del materiale alle radiazioni ionizzanti è una caratteristica particolarmente
apprezzata per rivelatori che devono sopportare a lungo la permanenza in ambienti e-
stremamente avversi.
Figura 1-10 Diplay basato su pixel utilizzanti film di
carbonio (http://www.carbontech.net/)
Capitolo I: Il diamante artific iale
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Interessanti si rivelano anche le applicazioni dei film sottili come rivestimenti
indurenti e di protezione dagli agenti chimici aggressivi per cavi metallici, o come strati
di rinforzo nelle matrici di metalli compositi per applicazioni aerospaziali[4].