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Introduzione
L’oggetto di questo lavoro è un panorama sullo scenario televisivo
sportivo italiano e su come in particolare il calcio è proposto dalle
diverse trasmissioni ed emittenti. L’obiettivo è quindi quello di
evidenziare come tale sport abbia subito nel corso degli anni una
crescente spettacolarizzazione per catalizzare l’attenzione dei
telespettatori attraverso diverse forme e modelli televisivi. Le
trasmissioni, infatti, non sono solo aumentate numericamente ma
hanno anche cercato diversi approcci per raccontare il calcio,
portandolo da una dimensione prettamente sportiva a una più
spettacolarizzata dove la rielaborazione e interpretazione del
calcio giocato risulta fondamentale. Evidenzieremo inoltre anche
come la partecipazione da casa del tifoso, attraverso la sua
rappresentazione in Tv e la soddisfazione di particolari esigenze
conoscitive, sia diventata un elemento portante e centrale nello
sviluppo di tali programmi.
Il rapporto tra televisione e sport, dopo essere stato considerato
per decenni un argomento del tutto marginale, sta conoscendo
nuovi sviluppi e molteplici punti di vista differenti per via dei
diversi approcci e punti di vista dai quali è possibile osservare tale
fenomeno. In particolare prenderemo spunto da quegli apparati
teorici che indicano nella preparazione, nella performance e nella
celebrazione i punti cardine dell’elaborazione televisiva. Il metodo
utilizzato è stato quindi principalmente l’analisi testuale di tali
programmi, cercando non solo una matrice comune di espressione
ma anche gli elementi originali proposti per trovare nuove vie di
comunicazione che suscitassero interesse.
Nel primo capitolo proporremo un excursus storico centrato
sull’evoluzione del parlare di sport in televisione dagli albori della
RAI sino alla caduta del monopolio televisivo.
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Nel secondo capitolo ci concentreremo su come sia proposto il
calcio giocato dalle diverse piattaforme televisive, ponendo
attenzione sulla celebrazione della materia sportiva e sulla
necessità di trovare spunti di riflessione pressoché infiniti da parte
dei personaggi protagonisti delle tante trasmissioni dedicate al
calcio.
Infine nel terzo capitolo prenderemo in esame quelle trasmissioni
che hanno abbandonato i classici modelli utilizzati per parlare di
calcio cercando di costruire una nuova dimensione. Saranno
quindi oggetto di attenzione sia le trasmissioni che hanno inserito
questo sport in una cornice più spettacolarizzata e meno sportiva
per garantirsi un seguito, sia quei programmi che hanno preferito
un approccio ironico per guardare da un differente punto di vista il
calcio, sia infine quelle trasmissioni che hanno cercato di
applicare, in modo differente, il modello del reality show per
soddisfare le curiosità e le esigenze dei telespettatori.
Fin dalle sue origini, la televisione italiana ha dedicato molto
spazio allo sport riconoscendogli non solo il ruolo di passatempo e
riempitivo ma anche un’importante funzione pedagogica: il calcio
tuttavia, durante i primi anni di programmazione, dovette
dividersi il tempo riservato alla materia sportiva anche con altre
discipline allora altrettanto popolari quali ad esempio il ciclismo e
la boxe. Con il trascorrere degli anni la presenza degli altri sport
gradatamente venne meno e fu legata principalmente alle grandi
manifestazioni straordinarie quali ad esempio le Olimpiadi: di
conseguenza la televisione concentrò tutta la propria attenzione al
solo calcio, vero principe indiscusso del piccolo schermo. A causa
delle difficoltà tecniche e della messa in onda di pochi canali,
durante il regime del monopolio lo spazio dedicatogli era
comunque relativo e ristretto a programmi in cui a malapena e
non sempre (specie durante i primi anni) si riuscivano a
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trasmettere le immagini di tutti i gol della giornata sportiva. Lo
sport era quindi un racconto fatto di poche immagini ma anche di
pochi commenti, tutti rigorosamente circoscritti all’interno della
Domenica Sportiva l’unico programma che andava in onda
solamente la domenica in seconda serata.
Con l’avvento delle televisioni locali e commerciali si assistette a
una svolta nel modo di parlare di calcio in televisione e nonostante
siano passati alcuni decenni, tali formule risultano essere tutt’oggi
non solo valide ma anche oggetto di rielaborazioni. L’elemento
preponderante che fece fortuna all’inizio degli anni ottanta e che
ancora caratterizza gran parte dello sport in televisione era la
volontà di rendere il calcio ancor più spettacolarizzato attraverso il
modo con cui se ne parlava per catalizzare l’attenzione del
numero sempre crescente di tifosi e appassionati attenti a ogni
sfumatura. Inoltre non era più necessario appartenere alla
ristretta schiera degli addetti ai lavori per parlare di calcio e
qualsiasi opinione acquisiva rilevanza per il semplice fatto di
essere stata espressa in televisione: ecco quindi che a parlare di
calcio in Tv furono chiamati un ampio ventaglio di personaggi,
famosi e non, accomunati dalla passione per lo sport.
Innanzitutto esistono una serie di trasmissioni che si fanno
direttamente al calcio giocato dalle maggiori società italiane, di cui
sono proposti racconti e commenti.
Sulle emittenti locali assistiamo a delle vere cronache delle partite
in diretta, dove dei commentatori sono chiamati a raccontare ai
telespettatori quello che accade in campo. La caratteristica
fondamentale di queste trasmissioni e dei suoi protagonisti è che
esse sono costruite da un punto di vista vicino a quello dei tifosi e
al loro modo di vivere l’incontro: il racconto offerto non è mai
asettico e imparziale ma al contrario volutamente di parte e
descritto con toni paradossali. Osservando queste trasmissioni si
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ha la sensazione di essere catapultati in un qualsiasi Bar Sport
dove i tifosi accorrono per vedere insieme la partita: allo stesso
modo anche i personaggi che vi prendono parte, veri opinionisti-
tifosi piuttosto che esperti di materia sportiva, incarnano a tutto
tondo un qualsiasi appassionato di calcio per il modo di proporsi e
di esprimere le proprie opinioni, seppure queste siano dettate
dall’enfasi del momento piuttosto che da una reale conoscenza
della materia. Gli opinionisti-tifosi acquisiscono notorietà e
autorevolezza soprattutto per via del loro favore rivolto verso una
società e non per l’oggettiva competenza. Oltre a raccontare in
diretta le fortune delle principali squadre italiane, le emittenti
locali riempiono i propri palinsesti quotidianamente con lo sport
mediante una serie di programmi che potremmo definire di
commento. Durante queste trasmissioni la caratteristica principale
è la discussione fine a se stessa condotta dagli stessi opinionisti-
tifosi che la domenica commentano le partite. Essi infatti si
definiscono, oltre che attenti conoscitori del calcio, anche vicini
agli ambienti delle società per cui evidentemente tifano riportando
al pubblico gli umori e le indiscrezioni che generalmente non
trovano mai spazio nelle dichiarazioni ufficiali dei suoi
protagonisti. Il loro compito è quello di togliere il velo da un
mondo affascinante ma percepito lontano dai tifosi, svelandone i
presunti litigi e debolezze nel tentativo di dare nuovi strumenti di
comprensione. Le opinioni, al di là dei pettegolezzi riportati, che
essi esprimono sono frutto dell’entusiasmo o della delusione del
momento: sempre scandite da termini assolutistici e roboanti, non
sono mai il risultato di una riflessione competente quanto più
dettate dalla moda del momento e da quello che il telespettatore
presumibilmente ama ascoltare.
Le televisioni nazionali generaliste non dedicano tanto tempo alla
materia sportiva, esclusi i telegiornali quotidiani che offrono le
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principali novità principalmente calcistiche. Sia RAI sia Mediaset
preferiscono occuparsi dei commenti a ridosso del termine delle
gare, godendo, a differenza delle emittenti locali, anche della
possibilità di mandare in onda ampi servizi per poterle raccontare.
Queste trasmissioni ospitano sempre dei commentatori,
generalmente ex calciatori o allenatori senza contratto, con il
compito di commentare le immagini. Il risultato delle discussioni
che si innescano, nonostante l’apparante pertinenza e qualità dei
suoi attori principali, in realtà non sembra molto differente
rispetto a quello prodotto all’interno dei programmi delle emittenti
locali perché anche in questo caso il paradosso, l’esagerazione,
l’approssimazione tecnica e la conseguente rissa verbale
sembrano essere i padroni incontrastati della scena. Sono inoltre
presenti anche giocatori di spicco ancora in attività che
occasionalmente presenziano durante le trasmissioni: essi tuttavia
ricoprono un ruolo quasi passivo, limitandosi a rispondere alle
domande che li riguardano direttamente o meno in modo evasivo,
rispettando una sorta di galateo sportivo.
Negli ultimi anni le piattaforme a pagamento hanno introdotto una
nuova offerta che consiste non solo nella possibilità di vedere in
diretta tutte le gare ma anche nel cercare di parlare in modo più
specifico e tecnico di calcio. Questa direzione è motivata
plausibilmente dal fatto che, chiunque dedica di sottoscrivere un
abbonamento, desideri sentire opinioni più competenti e concrete
supportate dalle immagini adeguatamente spiegate dagli esperti
(sempre ex calciatori o allenatori senza contratto) attenti a
svelare particolari sfuggenti a occhi poco avvezzi.
Congiuntamente a tutte queste trasmissioni che si occupano
apertamente di calcio giocato a prescindere dalla capacità di
analisi e competenza, esistono o sono esistite una serie di
programmi che dallo sport hanno tratto uno spunto o il motivo per
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cui andare in onda. Per diverse motivazioni essi hanno preferito
inserire il calcio in una nuova cornice, ancor più spettacolarizzata,
portandolo fuori dai consueti campi di gioco e dagli abituali
modelli cui il pubblico sportivo era abituato.
La trasmissione della RAI “Quelli che il calcio” nacque con la
primaria intenzione di raccontare in diretta e senza immagini,
seguendo quindi il modello delle emittenti locali, la giornata
sportiva della massima serie attraverso gli occhi di alcuni inviati
d’eccezione. Seppure apparentemente questo schema stia ancora
alla base del programma, la naturale concorrenza creatasi con le
televisioni a pagamento ha costretto gli autori a pensare a nuovi
contenuti per rendere la trasmissione accattivante senza perdere i
buoni ascolti ottenuti. Nel corso degli anni quindi la materia
sportiva è stata messa gradatamente da parte, a fungere da
lontano sottofondo, privilegiando i momenti di satira o più in
generale di intrattenimento.
Per diverse stagioni sono state mandate in onda trasmissioni con
l’obiettivo di sdrammatizzare il calcio, tema sempre più
seriamente cerando di fare ironia. Da una parte quindi “Mai dire
gol”, trovò la propria fortuna proponendo errori e situazioni
paradossali createsi sui campi di gioco; dall’altra “Gnok calcio
show” si impegnò a prendere in giro più in generale il mondo del
calcio centrando il suo obiettivo sulla moltitudine di personaggi e
trasmissioni che vi gravitano attorno.
La crescente attenzione riguardante il mondo di tale sport ma
soprattutto delle sue dinamiche generò anche il tentativo di offrire
una nuova prospettiva utilizzando il modello sempre più in voga
del reality show. Nacque in questo modo la trasmissione
“Campioni-il sogno” che seguiva fin dentro gli spogliatoi le sorti
della società dilettantistica del Cervia. L’intenzione iniziale era
quella di svelare il mondo in parte ancora ritenuto segreto di una
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società di calcio raccontandone quotidianamente le sorti e i
meccanismi che si producevano al suo interno. L’esperimento si
concluse al termine del secondo anno di programmazione poiché
nel tentativo di rendere più accattivante la trasmissione essa di
fatto fu snaturata a causa della volontà di portare in primo piano i
giocatori con le proprie storie personali, lasciando sullo sfondo il
calcio e le sue dinamiche.
Archiviata l’esperienza di “Campioni”, dalla scorsa stagione la
piattaforma a pagamento di Sky sembra aver voluto riprendere
quell’esperimento, seppure con delle sostanziali differenze. E’
infatti possibile osservare i giocatori impegnati nel posticipo o
nell’anticipo di campionato mentre si preparano negli spogliatoi
per scendere in campo. Anche questa novità fu dettata dal voler
aggiungere qualcosa di ancora non conosciuto, portando i
telespettatori nel sancta sanctorum del calcio proprio negli attimi
precedenti all’inizio degli incontri. In realtà anche questo
tentativo, nonostante vada puntualmente ancora in onda, in realtà
è risultato vano per la banalità dei suoi contenuti. Le immagini
proposte infatti non differiscono nei contenuti da una società
all’altra, sempre molto attente a far trapelare solo quanto sia
lecito e autorizzato vedere in modo ripetitivo e standardizzato.
Infine esistono le così dette televisioni tematiche dedicate alle
maggiori società italiane di calcio. Il loro obiettivo è di raccontare
unicamente la realtà di una sola squadra, lasciando sullo sfondo le
avversarie nelle diverse competizioni. In queste realtà il contatto
con il pubblico, selezionato naturalmente in base all’appartenenza
di tifo, risulta importante e cementificato mediante la possibilità di
chiamare durante le trasmissioni per esprimere la propria
opinione. L’elemento originale consiste nella possibilità di
mostrare le immagini degli allenamenti della propria squadra del
cuore, offrendo l’illusione di affiancarsi virtualmente all’allenatore
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e osservare da una posizione privilegiata i giocatori in campo. In
questo modo il telespettatore non solo teoricamente ha la
possibilità di conoscere tecnicamente meglio i propri campioni, ma
anche di avere maggiori informazioni circa l’identità tattica
generale della squadra. In realtà questo non si verifica poiché
sono trasmessi stralci poco significativi e generici, lasciando
sempre ben nascosti tutti quegli elementi che i tifosi vorrebbero
sapere. La conoscenza aggiunta è quindi solo fittizia: di fronte
all’apparente aumento delle informazioni, di fatto non si aggiunge
nulla a ciò che è già noto.
Seguendo questa carrellata delle principali trasmissioni riguardanti
il calcio, possiamo quindi notare che questo sport risponde alla
necessità di essere tradotto in materia di lunghi confronti verbali,
in cui non solo predomina il gusto della rissa mediatica ma anche
della sua spettacolarizzazione. Contemporaneamente l’attenzione
sempre crescente riguardante il calcio e i suoi protagonisti ha
portato a tentativi, fin qui poco riusciti, di far conoscere più a
fondo la realtà vissuta dai suoi primi attori.