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Introduzione.
Le misure di sicurezza e la pericolosità sociale nel diritto penale moderno, sembrano
potersi definire una parte fondamentale della difesa sociale. Nel momento in cui
subentra la pericolosità sociale, la difesa sociale viene garantita con l’applicazione delle
misure di sicurezza, destinate ai soggetti autori di un reato e per l’appunto socialmente
pericolosi. Il codice penale a volte implica come sanzione penale, quale conseguenza di
un fatto penalmente rilevante, il ricorso alla pena affiancata a una misura di sicurezza, si
tratta del cosiddetto doppio binario, vale a dire coesistenza di pena e misura di
sicurezza. Affinché si possa applicare quest’ultima, i presupposti necessari sono, la
commissione di un reato e la pericolosità sociale di un soggetto, sia esso imputabile,
semi-imputabile o non imputabile. Quotidianamente veniamo informati dai telegiornali
e dai mezzi di stampa di casi di cronaca nera i cui autori risultano essere soggetti
socialmente pericolosi. Molto spesso quando si viene a conoscenza di questi casi, si ha
la cattiva abitudine di dare giudizi affrettati e del tutto infondati. I soggetti affetti da
qualche infermità mentale si giudicano automaticamente socialmente pericolosi, senza
nessun criterio o titolo di preparazione per poterlo fare; ed ecco che in tal modo si fa
strada il determinismo. Così il mio lavoro verte ad analizzare la realtà della pericolosità
sociale e delle misure di sicurezza atte a contenerla e a intervenire in maniera adeguata
sui soggetti destinatari di esse, e a smentire la convinzione che il malato di mente è
automaticamente pericoloso. Nel primo capitolo ho analizzato il sistema sanzionatorio
del doppio binario, nel quale viene canalizzata la garanzia della difesa sociale. Doppio
binario che inevitabilmente ha portato alla conseguente analisi della pericolosità sociale
sotto vari aspetti e delle diverse specie di misure di sicurezza, in particolar modo gli
OPG e la loro chiusura; trattando in maniera approfondita il decreto “svuota carceri”.
Nel secondo capitolo ho esposto la correlazione tra imputabilità e colpevolezza, ho
inoltre esaminato alcuni fattori che possono influenzare o meno il giudizio
d’imputabilità e nel caso in cui influiscano su di essa, i mezzi ai quali si fa ricorso per
appurare in che modo lo abbiano fatto, come ad esempio la perizia psichiatrica. Durante
l’effettuazione di varie ricerche si sono riscontrate la scindibilità dell’infermità mentale
dalla pericolosità sociale e l’inscindibilità della responsabilità penale dalla suitas. Nel
terzo e ultimo capitolo ho riportato un caso giudiziale, quello di Jadranka Kuleva
riguardante il duplice omicidio di due bambini avvenuto per mano della suddetta madre.
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Caso dal quale è emersa l’assenza della fattispecie penale di figlicidio; difatti nel
momento in cui un genitore uccide il proprio figlio si parlerà di omicidio. Durante
l’analisi di questo caso è emerso inoltre quanto risulti essere cruciale il fattore
cronologico tra l’infermità e il fatto, ai fini dell’imputabilità. Questo perché la decisione
della sanzione penale tra le altre cose, dipende da ciò. Sanzione penale che porterà
all’applicazione di una misura di sicurezza anziché di una pena, nel caso in cui
all’infermità si accosti la pericolosità sociale; e alla cui infermità qualora si tratti di
vizio totale di mente, conseguirà la sentenza di proscioglimento.
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Cap. I
1. La garanzia della difesa sociale canalizzata nel sistema sanzionatorio del
doppio binario.
Nel diritto penale moderno, la difesa sociale viene garantita con l’applicazione delle
pene e delle misure di sicurezza. Le pene sono delle <<sanzioni afflittive comminate
dall’autorità giudiziaria a chi abbia commesso un reato>>
1
; il presupposto necessario
per l’applicazione è la colpevolezza. Vale a dire, “nullum crimen sine culpa”, ovverosia
nessun crimine senza colpevolezza. Il principio di colpevolezza trova il suo fondamento
nell’art. 27 comma 1 Cost., il quale sancisce che la responsabilità penale è personale.
Tale principio, oltre a dover essere inteso come divieto di responsabilità per fatto altrui,
va inteso anche come responsabilità per fatto proprio colpevole. Nel caso in cui venga
riconosciuta tale colpevolezza si va incontro a delle pene, che ai sensi dell’art. 27
comma 3 Cost. non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e
devono tendere alla rieducazione del condannato. A tal proposito la sentenza n.
364/1988 Corte cost., puntualizza che il principio sopracitato è essenziale per assicurare
la libertà sul come scegliere di agire e conseguentemente assicura che ci si troverà a
dover rispondere di un comportamento antigiuridico, solo se questo risulta conseguenza
di una propria azione od omissione dolosa o colposa. Per l’appunto si chiede
quantomeno la colpevolezza del soggetto in rapporto agli elementi più significativi della
fattispecie tipica. D’altronde, in caso contrario, riprendendo l’art. 27 comma 3 Cost.,
sarebbe irragionevole la rieducazione di un soggetto se non lo si può giudicare
colpevole. Le misure di sicurezza invece costituiscono misure di prevenzione
individuale della delinquenza, di cui la pericolosità sociale <<(pericolosità delle persone
e pericolosità delle cose)>>
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e la commissione di un reato, sono i presupposti necessari
ai fini dell’applicazione. La pericolosità sociale delle persone va desunta dalle
circostanze indicate nell’art. 133 c.p. In tal modo il legislatore ha voluto limitare la
libertà di valutazione nel giudizio attinente la suddetta pericolosità, saldandola a
elementi indicatori ben precisi, in omaggio al principio di tassatività. <<Tassatività che
anche in ambito di misure di sicurezza certamente mira a scongiurare il ricorso
1
Voce Pena, in http://www.treccani.it/enciclopedia/pena/, ult. cons. 27 dicembre 2013.
2
G. Marinucci, E. Dolcini, Manuale di Diritto Penale, Parte Generale, Quarta edizione, Giuffrè Editore,
Milano 2012, p. 657.
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all’analogia, in rapporto all’individuazione delle singolari misure e ai presupposti per
l’applicazione>>
3
. <<In omaggio invece al principio di legalità l’art. 199 c.p. sancisce
che nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente
stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti>>
4
. I parametri legali
che il giudice deve seguire per la commisurazione della pena sono quelli della
retribuzione, quindi gravità del fatto; e della prevenzione speciale, dunque capacità a
delinquere. Perciò, ai sensi dell’art. 202 co. 1 c.p. le misure di sicurezza possono essere
applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto
preveduto dalla legge come reato. Ciò nonostante, con riferimento alla commissione di
un reato, l’art. 202 co. 2 c.p. aggiunge che la legge penale determina i casi nei quali a
persone socialmente pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto
non preveduto dalla legge come reato. In altre parole, vi sono dei casi straordinari in cui
è autorizzata l’applicazione della misura di sicurezza anche in assenza della
commissione di un reato, per il fatto che dal comportamento assunto dal soggetto
emerge un chiaro sintomo di pericolosità criminosa. Si tratta del c.d. quasi-reato, che
comprende il reato impossibile; l’accordo per commettere un delitto; l’istigazione
accolta a commettere un reato; l’istigazione non accolta a commettere un delitto.
Dunque, presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza può essere un reato
oppure un quasi-reato. <<Nell’ipotesi di reato, si ha l’offesa di un bene con la
conseguente applicazione di una pena prevista e motivata dalla legge che mira a
tutelarlo; invece nell’ipotesi di quasi-reato, rappresenta offesa indicativa di pericolosità
sociale che induce a dover applicare un mezzo penale di difesa sociale dal carattere
specialpreventivo>>
5
. <<La pericolosità sociale cui si fa riferimento è la cosiddetta
pericolosità generica, vale a dire l’eventualità che l’autore di un fatto previsto dalla
legge come reato ne commetta di nuovi, che comporterebbero necessariamente un
giudizio criminale>>
6
, dal momento che le misure di sicurezza figurano una risposta a
comportamenti delinquenziali e sono legate all’attestazione di colpevolezza per un
3
Martini-King, art. 133, in Codice penale, a cura di T. Padovani, con il coordinamento di G. De
Francesco, G. Fidelbo, IV edizione, Giuffrè editore, Milano 2007, pag. 1321.
4
Calabria-Caccamo, art. 199, in Codice penale, a cura di T. Padovani, con il coordinamento di G. De
Francesco, G. Fidelbo, IV edizione, Giuffrè editore, Milano 2007, pag. 1320.
5
Monteverde-Zavatarelli, art. 202, in Codice penale commentato, a cura di G. Marinucci, E. Dolcini, III
edizione, Ipsoa Editore, Milano 2011, p. 2177.
6
Monteverde-Zavatarelli, art. 203, in Codice penale commentato, a cura di G. Marinucci, E. Dolcini, III
edizione, Ipsoa Editore, Milano 2011, p. 2198.
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reato, o altrimenti all’accertamento di un antigiuridico fatto tipico attinente sia sul piano
materiale che psichico ad un soggetto non imputabile. Dalla coesistenza delle pene e
delle misure di sicurezza, nasce il sistema sanzionatorio del “doppio binario”,
<<termine che riassume il compromesso tra scuola giuridica classica e scuola giuridica
positiva, in cui le misure di sicurezza ordinate nei confronti di soggetti imputabili e
semi-imputabili si accostano come strumento sanzionatorio penale ma si eseguono,
come principio generale, solo nel momento in cui la sentenza di condanna sia divenuta
irrevocabile>>
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; nello specifico, la misura di sicurezza qualora venga aggiunta ad una
pena detentiva, si eseguirà quando quest’ultima sia stata scontata o estinta; viceversa nel
caso in cui la misura di sicurezza venga aggiunta ad una pena non detentiva, si eseguirà
non appena la condanna diventi irrevocabile. <<Il carattere afflittivo che accomuna la
pena e la misura di sicurezza ha fatto pensare ad una truffa delle etichette>>
8
. Questo
meccanismo infatti è stato continuamente criticato in dottrina. Questo perché, se da una
parte il meccanismo può dirsi assennato in relazione alla successione pena detentiva-
misura di sicurezza non detentiva, dall’altra non può dirsi altrettanto; dal momento che
<<è chiaramente illogico un trattamento basato sulla successione, punire
immediatamente con la pena detentiva e assistere successivamente con una misura di
sicurezza detentiva in cui le probabilità di recupero sociale del reo sono rimandate e
condizionate ad una pena che per le sue caratteristiche esecutive può avere lampanti e
aggiuntive valenze afflittive e criminogene>>
9
. In base al modo in cui incidono, le
misure di sicurezza si differenziano in misure di sicurezza personali e misure di
sicurezza patrimoniali. Le misure di sicurezza personali incidono sulla libertà personale;
mentre quelle patrimoniali incidono per l’appunto sul campo patrimoniale. Le misure di
sicurezza personali si distinguono a loro volta, ai sensi dell’art. 215 c.p., in misure di
sicurezza detentive e non detentive. Le prime, al pari della pena detentiva consistono in
una perdita della libertà personale; le seconde, invece, vertono in precise forme di
limitazione della libertà di circolazione, di soggiorno e di riunione. <<Nonostante tale
distinzione, le misure di sicurezza personali anche se in maniera differente,
7
Zavatarelli, art. 211, in Codice penale commentato, a cura di G. Marinucci, E. Dolcini, III edizione,
Ipsoa Editore, Milano 2011, pp. 2247-2248.
8
Calabria-Caccamo, art. 211, in Codice penale, a cura di T. Padovani, con il coordinamento di G. De
Francesco, G. Fidelbo, IV edizione, Giuffrè editore, Milano 2007, pag. 1357.
9
Zavatarelli, art. 212, in Codice penale commentato, a cura di G. Marinucci, E. Dolcini, III edizione,
Ipsoa Editore, Milano 2011, p. 2248.