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OBIETTIVI DEL LAVORO DI TESI
Negli ultimi decenni è cresciuto l’interesse verso la produzione di materiali
nanostrutturati che permettono di produrre coating capaci di conferire ai sistemi
trattati proprietà idrofobe, idrofile, ignifughe, antibatteriche, per citarne alcune.
In tal senso, nel gruppo di ricerca nel quale si è svolto questo lavoro di tesi si
producono nanoparticelle di rame (CuNPs) tramite ablazione laser in liquido.
Il primo obiettivo di questo lavoro è stato quello di preparare per la prima volta
con tale tecnica nanocompositi a base di rame e di un biopolimero stabilizzante
(chitosano). Per perseguire questo fine è stata utilizzata una procedura similare a
quella utilizzata nel precedente lavoro di tesi svolto dal dottor Cacciapaglia, cioè
l’ablazione laser di un target di rame con impulsi nel range dei femtosecondi in
una soluzione acquosa acida contenente chitosano. Lo scopo è stato quello di
produrre un materiale nanostrutturato che esplicasse un’azione antibatterica
sinergica a carico di CuNPs e chitosano. Tali sistemi sono stati sottoposti a diverse
caratterizzazioni spettroscopiche tipicamente effettuate su materiali
nanostrutturati. Inoltre, essi sono stati anche depositati come film sottili a base di
un polimero disperdente. Il comportamento dei nanocompositi proposti in questo
lavoro verso specie microbiche è stato studiato mediante test biologici verso un
batterio modello Gram-negativo sia in soluzione che sotto forma di film
nanostrutturati.
In aggiunta agli aspetti applicativi dei nanomateriali realizzati, si è valutato
l’efficacia del protocollo di sintesi proposto. Infatti, tale approccio in batch è
affetto da alcune limitazioni quali scarsa riproducibilità, limitata possibilità di
ottimizzazione del processo e basse rese. Risulta, quindi, necessario proporre
un’alternativa a tale setup sperimentale per cui il secondo obiettivo del presente
lavoro è stato quello di mettere a punto un primo prototipo di sistema in flusso in
modo da rendere il processo più riproducibile e controllato.
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CAPITOLO 1
Introduzione
1.1 Nanoparticelle
Si definiscono nanoparticelle (NPs) aggregati di una qualsiasi natura chimica con
dimensioni comprese, indicativamente, tra qualche nanometro e qualche
centinaio di nanometro. Tutti gli aggregati compresi in questo range di
dimensioni presentano delle proprietà comuni. Le NPs hanno un elevato
rapporto superficie/volume; ciò significa che c’è una grande frazione di atomi
superficiali. In Fig. 1 è rappresentato l’andamento dell’area della superficie delle
nanoparticelle al variare del loro raggio.
Figura 1. Superficie delle NPs al variare del raggio. Si osserva che quando il raggio delle NPs è dell’ordine dei
nanometri, l’area superficiale è dell’ordine dei m
3
.
In generale nei materiali macroscopici succede che la superficie ha
caratteristiche molto diverse dal bulk, poiché la presenza di legami insaturi
all’interfaccia aria/materiale causa una maggiore reattività. Poiché le
nanoparticelle hanno aree superficiali molto più estese, questo fenomeno è
notevolmente amplificato, rendendo possibile tutta una serie di applicazioni non
consentite per un materiale macroscopico
(1). Per esempio nanoparticelle d’oro
possono essere utilizzate come catalizzatore in alcune reazioni
(2), mentre l’oro
bulk è inerte; si possono utilizzare nel campo della sensoristica e biosensoristica,
3
poiché l’elevata superficie a disposizione permette di progettare sensori molto
sensibili e selettivi
(3)
(4); si possono utilizzare come sistemi di drug delivery per
trasportare farmaci all’interno dell’organismo umano in modo da avere un
rilascio controllato e mirato ad una zona stabilita (5). Altra caratteristica
peculiare delle NPs è il cosiddetto confinamento quantico: le loro dimensioni
sono confrontabili con la lunghezza d’onda di de Broglie dell’elettrone, quindi,
come in una buca di potenziale, si avranno dei livelli energetici discreti, mentre
nei solidi bulk i livelli energetici sono sovrapposti andando a formare delle bande.
Inoltre, essendo il confinamento quantico un effetto molto sensibile alla
dimensione delle particelle, ne deriva che le proprietà ottiche sono fortemente
influenzate da forma, dimensione e ambiente circostante delle NPs
(6). La
spettroscopia è, dunque, uno strumento molto potente per la caratterizzazione
dei nanomateriali e la diagnostica del processo di produzione. Queste proprietà
ottiche sono caratteristiche solo dei materiali nanostrutturati e hanno trovato
applicazione nel campo delle energie rinnovabili
(7) Per esempio, AuNPs
(8) e
ZnONPs
(9), sono state utilizzate nelle celle fotovoltaiche organiche per
migliorare l’efficienza e l’assorbimento, e nella fabbricazione di semiconduttori
luminescenti
(10). Le NPs presentano anche delle particolari proprietà
magnetiche: molti materiali ferromagnetici, come la magnetite, se hanno
dimensioni al di sotto di 20 nm possono diventare supermagnetici
(11) e possono
essere utilizzati nell’ambito biomedico come mezzo terapeutico o come sonda
per esami clinici, tra cui la risonanza magnetica nucleare
(12). Le NPs hanno
anche spiccate proprietà antibatteriche, aspetto che verrà esaminato nel
paragrafo successivo.
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1.2 Proprietà antibatteriche delle nanoparticelle
Al giorno d’oggi è una sfida cruciale per la salute pubblica cercare nuovi metodi
alternativi per contrastare infezioni da batteri, virus e funghi. Il largo uso di
antibiotici ha permesso ad alcuni agenti patogeni di evolversi, riuscendo a
sviluppare una certa resistenza e rendendo quindi i farmaci usati finora poco
efficaci. Quindi, per combattere questi ultimi, bisogna utilizzare alte dosi di
antibiotici, che risultano generalmente pericolose per la salute dell’uomo, oltre che
svantaggiose economicamente (13). È stato dimostrato che le nanoparticelle hanno
interessanti proprietà che permettono di combattere efficacemente vari agenti
patogeni
(14). L’elevato rapporto superficie/volume delle nanoparticelle e la carica
elettrostatica che trasportano sulla superficie sono fondamentali nel combattere i
batteri, che spesso hanno una membrana cellulare carica elettrostaticamente e
quindi l’interazione con le NPs è molto efficace. Gli effetti delle nanoparticelle
dotate di bioattività posso essere distinti in battericidi (cioè capaci di uccidere i
batteri) e batteriostatici (capaci di rallentare la proliferazione di colonie batteriche).
L’efficacia delle nanoparticelle dipende, ovviamente, anche dal tipo di batterio
considerato, dal tipo di nanoparticella utilizzata e dalle condizioni esterne
(13).
Il tipo di membrana cellulare dei batteri, che è diversa nei batteri Gram-positivi o
Gram-negativi, influisce molto sul ruolo delle nanoparticelle. A seconda della
membrana, le NPs possono diffondere o meno all’interno, possono interagire o non
interagire affatto, per cui la tolleranza dei batteri alle nanoparticelle e il tipo di
interazione che si instaura cambiano notevolmente. Risulta, quindi, che alcune NPs
sono più efficaci di altre su un batterio per cui bisogna operare una scelta oculata a
seconda della situazione. Per esempio CuONPs sono più efficaci su E. Coli, che su S.
Aureus, mentre vale la situazione contraria per ZnONPs (15). Alcuni batteri sono
capaci di produrre un biofilm, uno strato che protegge la colonia batterica dagli
antibiotici: l’interazione elettrostatica tra le NPs e il biofilm può portare alla
distruzione dello strato protettivo del batterio, quindi lo si può combattere
efficacemente.
Queste proprietà sono molto importanti in vari ambiti, come l’industria tessile, il
food packaging, la medicina, la disinfezione delle acque
(13).
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D’altro canto, poiché non sono ancora completamente noti gli effetti di biotossicità
nonché l’impatto ambientale derivante dalle nanoparticelle, si deve esercitare un
controllo attento sul loro impiego. A questo proposito negli ultimi anni sono
aumentati gli studi riguardanti l’effetto delle nanoparticelle sull’ambiente e
sull’uomo. Infatti, un uso eccessivo di nanoparticelle porterebbe alla distruzione dei
batteri e dei microorganismi presenti nei terreni e nelle acque, utili alla
decomposizione o al ciclo dell’azoto, causando un disastro ambientale irreversibile.
In questo lavoro sono state prodotte nanoparticelle di rame tramite ablazione laser,
in presenza di chitosano (CS).
È noto, infatti, che le CuNPs, oltre ad avere proprietà adatte per essere utilizzate in
molti ambiti, come catalizzatori, film conduttivi, lubrificazione
(16; 17; 18), hanno
anche proprietà antimicrobiche contro un gran numero di microorganismi, come
batteri, funghi, alghe e virus
(19; 20). Infatti, fin dall’antichità, gli Egizi, i Romani, gli
Aztechi ed i Persiani hanno utilizzato il rame per sterilizzare l’acqua e per usi medici
contro varie patologie.
Il meccanismo con cui le NPs distruggono i batteri non è stato ancora ben
compreso, ma si pensa che l’elevata reattività le peculiari proprietà fisico-chimiche
causano gravi danni agli agenti microbici, in seguito a complesse reazioni redox che
portano alla distruzione delle membrane cellulari, delle catene di DNA e RNA e delle
proteine.
D’altra parte, il chitosano è un polisaccaride lineare naturale che si ottiene per
deacilazione della chitina. Esso, oltre ad essere non-citotossico, biocompatibile e
biodegradabile, mostra spiccate proprietà antibatteriche (21) contro funghi, batteri
Gram-positivi e Gram-negativi.
La sua azione antibatterica è dovuta alle interazioni elettrostatiche che si instaurano
tra il polimero e la membrana cellulare dei batteri. Questa interazione è influenzata
da alcuni parametri esterni, come il pH della soluzione e la forza ionica, o interni,
come il peso molecolare (MW) o il grado di deacilazione (deacetylation degree, DD)
(22).
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Figura 2. Formula di struttura del Chitosano.
A pH minore del pK
a
del polimero (che vale circa 6.3) avviene la protonazione dei
gruppi amminici. La carica positiva presente quindi sulla catena polimerica
interagisce elettrostaticamente con la carica negativa della membrana cellulare dei
batteri; è chiaro che a pH più bassi l’azione antibatterica è più efficace.L’azione del
chitosano è tanto più forte quanto maggiore è il DD (23); ciò succede a pH acidi ed è
quindi necessario utilizzare il chitosano a tale pH se si vuole sfruttare appieno la sua
azione antimicrobica. È importante anche minimizzare la forza ionica della
soluzione, poiché l’interazione di cationi metallici in soluzione con la membrana
cellulare dei batteri va a indebolire l’effetto del chitosano. Il chitosano ha anche una
grande capacità di formare complessi con cationi metallici, come Ag
+
e Cu
2+
. La
preparazione di CuNPs in presenza di CS dovrebbe consentire in seguito un’azione
antimicrobica sinergica tra chitosano e nanoparticelle di rame, che potrebbe
permettere di utilizzare delle concentrazioni molto basse dei due composti, rispetto
a quando essi sono considerati singolarmente (24). Per avere un risultato ottimale
bisogna considerare l’influenza del MW sul composito che si formerà. Con un basso
peso molecolare del chitosano si ottiene una soluzione poco viscosa, che favorisce
la coalescenza delle nanoparticelle a causa dell’Ostwald ripening, fenomeno tipico
di un sistema colloidale in cui le particelle più piccole si dissolvono e vanno ad
accrescere le particelle più grandi; con un alto peso molecolare si impedisce la
diffusione delle nanoparticelle all’interno della matrice polimerica per cui viene
prodotto un composito poco uniforme non molto efficace. Bisogna quindi ricercare
un buon compromesso tra i suddetti parametri, in modo da impedire la
coagulazione, ma non i moti diffusivi delle nanoparticelle.