Introduzione
«Et je remarquai, comme cela m’avait souvent frappé
dans ses conversations avec les sœurs de ma grand’mè-
re, que quand il parlait de choses sérieuses, quand il
employait une expression qui semblait impliquer une
opinion sur un sujet important, il avait soin de l’iso-
ler dans une intonation spéciale, machinale et ironique,
comme s’il l’avait mise entre guillemets, semblant ne
pas vouloir la prendre à son compte [. . . ].»
M.Proust
Du côté de chez Swann, I
Riferire un enunciato prodotto da altri è un’azione che fa parte del comunicare
quotidiano. Da un punto di vista linguistico questo atto di parola, ovvero il riporto
di un discorso altrui, e quindi il citare le affermazioni di una persona estranea al
contesto comunicativo in cui si sta trasferendo il suo messaggio, è un fenomeno parti-
colarmente complesso che non si limita solo a trasposizioni di ordine morfologico e
sintattico, poiché comporta anche una serie di cambiamenti nella struttura discorsiva
e nel contenuto dei messaggi; queste mutazioni si situano a livello meta-linguistico,
coinvolgendo campi di indagine di più ampio respiro, come quello dell’ermeneutica.
Il discorso riportato, infatti, non è che il risultato finale di un processo interpretativo
che inizia con un messaggio originale. Si pensi all’antico gioco del telefono, dove un
enunciato iniziale veniva trasmesso, e quindi riportato, di allocutore in allocutario
fino a giungere a una sua rappresentazione finale, che poteva corrispondere a un
messaggio più o meno conforme a quello di partenza. In questo senso, il discorso
riportato assume le sembianze di un’immagine proiettata, e come tale la veste lingui-
1
stica e i contenuti meta-linguistici del messaggio sulla superficie riflettente potranno
apparire più o meno travisati
1
.
«Sembrerebbe lecito [. . . ] ribadire che quando si riporta un discorso
si riproduce innanzi tutto l’immagine che di questo ci si è fatti; [. . . ] è
un’immagine allo specchio, e lo specchio può essere più o meno defor-
mante, più o meno limpido, con avarie più o meno vistose» (Mortara
Garavelli 1985: 82).
È sempre Bice Mortara Garavelli a ricordare che «tra un discorso come viene proferito
e lo stesso discorso come viene riportato in forma diretta il rapporto è quello che
sussiste tra un accadimento e la sua rappresentazione» (Mortara Garavelli 1985: 29).
Portando il concetto all’estremo, potremmo anche dire che la relazione tra un
messaggio originale e un messaggio in forma riportata è paragonabile al rapporto
tra l’effettiva entità di un terremoto e i racconti dei terremotati che l’hanno vissuto.
È una similitudine che, per quanto audace, ci aiuta a vedere il discorso riportato
sotto una nuova luce; anteporre i concetti di atto (o azione) e di rappresentazione
(o raffigurazione) è di grande importanza, dal momento che questo può modificare
radicalmente l’approccio di fondo che si ha leggendo un testo al discorso riportato o
trovandosi coinvolti in prima persona in una situazione comunicativa che fa uso di
questa particolare modalità dell’enunciazione.
Anche Christine Breslauer, in un brillante studio sul discorso riportato in tedesco
e in italiano, fa notare che il discorso riportato in forma indiretta – ma lo stesso
varrebbe per la forma diretta, come d’altronde già sostiene Mortara Garavelli – sia
una rappresentazione mediata (vermittelt) del messaggio:
«„Vermittelte“ Darstellung beinhaltet, daß hier nicht wie bei den direk-
ten Formen die Rede wörtlich aus der Perspektive des ursprünglichen
Sprechers referiert wird, sondern sich die sprachliche Gestaltung der Re-
de durch den referierenden Sprecher 2 vollzieht bzw. aus der Perspektive
des Sprechers 2 präsentiert wird» (Breslauer 1996: 78).
1
È questo il motivo per cui, in tedesco, si parla spesso di Rededarstellung; il discorso originale,
ovvero l’accaduto, il fatto e l’azione di parlare – Rede – è oggetto di una sua rappresentazione a
posteriori – Darstellung –.
2
Si parlerà più approfonditamente del tema della rappresentazione mediata, che esige
la presenza di un interprete del messaggio, allo stesso tempo anche allocutore e
reporter, e che interessa aspetti propri di discipline diverse dalla linguistica, come
per esempio la narratologia.
Il presente lavoro è diviso in due sezioni ben distinte tra loro, una di impianto
teorico e un’altra concepita in senso pratico.
In particolare, la prima parte adotterà due approcci leggermente distinti. Dapprima
ci si limiterà infatti ad alcune premesse necessarie sul discorso riportato in traduzione,
mentre in corso di scrittura ci si dirigerà verso un’analisi più strettamente teorica.
Riguardo alle premesse da avanzare, verrà presentato il problema terminologico del
discorso riportato, un dilemma quanto mai vivo in questo campo di studi, sempre
aperto a nuove discussioni e variazioni sul tema. Seguirà il problema traduttivo che,
se si vuole, contiene già in nuce la domanda che questo lavoro intende porre e porsi.
Ovviamente l’obiettivo non è di fornire risposte pronte né tantomeno generalizzanti,
poiché la questione del discorso riportato in traduzione, specialmente con un sistema
linguistico di riferimento come quello del tedesco, è una miniera inesauribile di
spunti di riflessione, un tema che da una parte resta aperto a interrogativi sempre
nuovi e dall’altra, come si avrà modo di vedere, ha un forte legame anche con il
contesto in cui si situa, quindi con la dimensione pragmatica. Un testo narrativo, un
contributo scientifico a scopo divulgativo, un reportage di attualità o l’editoriale in
un quotidiano che presentino il discorso riportato saranno trattati con un approccio
necessariamente diverso da parte del traduttore.
È soprattutto questo il motivo per cui si è ritenuto opportuno offrire una panoramica
generale su alcune categorie fondamentali della narratologia a cui la Redewiedergabe è
legata. Il tema non astrae dal quadro del presente lavoro; ne è anzi un complemento,
tanto più che il corpus testuale analizzato in questa sede è costituito da testi in prosa.
In sostanza si è creduto giusto far luce su aspetti teorici preliminari riguardanti la
letteratura che il traduttore dovrà tenere in considerazione al momento di tradurre.
Come ultima premessa si illustrerà brevemente come l’oggetto del discorso riportato
non siano solo parole proferite, ma anche pensieri, sentimenti, stati d’animo di varia
natura, concetto su cui peraltro la critica sembra abbastanza unanime, salvo alcune
dissonanze interne, di cui si farà menzione.
3
La prima parte del presente lavoro, come si è detto, vira poi verso un’impostazione
più teorica. Verranno infatti presentate le modalità di riporto del discorso nelle tre
lingue oggetto di questo studio – tedesco, italiano e francese –, con un’attenzione
maggiore alle dinamiche del tedesco. Ciononostante non si resterà troppo ancora-
ti a una concezione, diremmo, “classica” della grammatica. Una delle più grandi
rivoluzioni del secolo scorso nel campo della didattica delle lingue è stata la Text-
grammatik
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, che grazie al suo metodo di analisi linguistica fondato sul testo scritto è
riuscita ad avvicinare molto di più i discenti allo studio di fenomeni grammaticali –
li si potrebbe chiamare faits de langues
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– altrimenti solo astratti e privi di riscontro
pratico.
La seconda sezione del presente lavoro vuole rendere ancor più manifesto
questo approccio pratico poc’anzi menzionato con la selezione di un corpus di testi
in prosa di Thomas Bernhard (1931-1989), definito da molti come uno degli autori
più influenti nella letteratura di lingua tedesca a partire dal 1945
4
.
Lo scopo di questa “campionatura”
5
di testi narrativi è di mostrare, con l’aiuto di
tabelle, come è stato tradotto il passo in esame al discorso riportato in italiano e in
francese. Il caso Bernhard è sembrato piuttosto rilevante in quanto, in Italia così
come in Francia, le sue opere sono state tradotte solo una volta. Nell’impossibilità
di fare un confronto fra più traduzioni italiane, si è pensato così di confrontare il
testo di partenza con la traduzione italiana e francese e di analizzare le modalità di
resa del discorso riportato in due sistemi linguistici di arrivo diversi.
La scelta dell’autore non è certamente casuale. La lettura in traduzione di un’opera
di Bernhard come Holzfällen – ma si possono portare esempi tratti da altri testi – fa
2
È chiaro il riferimento a Harald Weinrich.
3
«Faits de langues» è il titolo di una rivista diretta da Laurence Rosier, studiosa di discorso riportato
e di linguistica dell’enunciazione.
4
Marcel Reich-Ranicki (1920-2013), in una puntata di una serie televisiva di dibattiti letterari
andata in onda nel 2001, parla della prosa di Bernhard come della più incisiva («die stärkste») nella
scena letteraria germanofona dopo il 1945, assieme a quella di Wolfgang Koeppen (1906-1996) e di
Günther Grass (1927).
5
Ci si chiede se è opportuno parlare di corpus, giacché questo lavoro non adotta un metodo
informatizzato di selezione e analisi dell’incidenza del Konjunktiv nei testi di Bernhard, com’è invece
l’approccio di numerosi studi di linguistica e sul discorso riportato che sono stati consultati. Si tratta
piuttosto di estrapolazioni, scelte seguendo anche un certo gusto personale, in cui il fenomeno della
Redewiedergabe è particolarmente evidente e interessante in ottica traduttiva.
4
emergere, a prima vista, un tratto stilistico sempre ricorrente nell’autore austriaco,
quello del contrappunto. Con questa nozione si intende la ripresa tel quel di porzioni
di testo già presenti nel corpo narrativo; si può trattare di intere frasi, ma anche,
e questo avviene molto di frequente, di parole, affermazioni di un personaggio,
citazioni. Questa vertigine della ripetizione, che può risultare davvero ossessiva alla
lettura, in realtà nasconde significati ben più profondi di una semplice ricopiatura
testuale
6
. Si osserverà come la tecnica del contrappunto costituisca, per così dire,
solo lo strato superficiale di un tessuto linguistico, prima ancora che narrativo,
estremamente profondo e composito. È il corpo sommerso che, suo malgrado,
rimane celato in traduzione il più delle volte; al traduttore il delicato compito e di
farlo riemergere.
La frequenza d’uso del Konjunktiv nella narrativa di Thomas Bernhard è sconcertante:
il discorso riportato, che può assumere sembianze diverse – discorso indiretto libero,
discorso riportato in forma indiretta, commistioni di discorso diretto e indiretto
in cui indicativo e congiuntivo vivono in simbiosi, citazioni – si fa cifra stilistica
7
.
Anche la lettura di un passo di breve lunghezza fa intuire da subito la necessità di non
tralasciare tutto quel Konjunktiv in traduzione; quell’affastellarsi di voci in gabbia e
di punti di vista deve essere riscattato, in qualche modo recuperato, proprio perché
marca inconfondibile della scrittura di Bernhard.
È questo il motivo che ha fatto ricadere la scelta su Thomas Bernhard. Se lo strato
esteriore del corpo narrativo rende bene anche in italiano e in francese alcune
peculiarità stilistiche dell’autore austriaco, come il già citato contrappunto o il
frequente ricorso al monologo interiore, si è sentita l’esigenza di dare spazio a un
fenomeno, quello del discorso riportato, che spesso resta sottaciuto in traduzione
6
Cfr. A.G. Gargani, La frase infinita. Thomas Bernhard e la cultura austriaca, Roma/Bari: Laterza
1990, un brillante studio in cui non solo viene messo in luce il rapporto ambivalente tra Bernhard e
l’illustre cultura austriaca figlia della Jahrhundertwende – sullo sfondo del grande tema della parola e
della (in)comunicabilità –, ma in cui viene dedicato ampio spazio anche ad aspetti tipici della scrittura
di Bernhard, per cui si potrebbe avanzare l’idea di uno stile bernhardiano. Alcune caratteristiche
verranno analizzate in questo elaborato al §4.5.
7
«In keinem einzigen Fall handelt es sich bei ihm um plan berichtende Ich-Erzählungen. Gerade
in der Vielfalt der Brechungen und Perspektiven spiegelt sich formal die Spannung zwischen Aussage
und Artistik wider. Bernhards Erzählen ist indirektes, konjunktivisches Erzählen, sagte er seine
gebräuchlichste Flosklel (daß er mehrere Jahre als Gerichtsreporter tätig gewesen ist, hat in Stil und
Thematik seiner Werke deutliche Spuren hinterlassen)» (Schweikert 1974: 3).
5
a causa di strutture enunciative asimmetriche fra tedesco, italiano e francese
8
. Si è
ritenuto pertanto interessante analizzare le traduzioni in due lingue d’arrivo diverse
tra di loro per comprendere quali strategie di fondo sono state adottate dai traduttori
e dalle traduttrici nel cercare di riprodurre tutta la carica semantica di discorso
riportato espressa dal Konjunktiv
9
.
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È anche per questo motivo che non ci si soffermerà sulla tecnica del monologo interiore che, in
un sistema linguistico come quello tedesco, non sembra porre grandi problemi al traduttore italiano
o francese. Più ardua è la trasposizione dall’inglese. Cfr. gli esempi tratti dall’Ulysses di Joyce in L.
Rega, Riflessioni su discorso riportato e traduzione, in: R. Mallardi (a cura di), Literary Translation and
Beyond – Traduzione letteraria e oltre. La traduzione come negoziazione dell’alterità, Bern: Peter Lang
2008, pp. 115-131.
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«In einer Zeit der umgangssprachlichen Abschleifung des Konjunktivs und der Tendenz zum
literarischen Understatement, der Zurücknahme des Pathos sind die vielleicht markantesten Stilmittel
Bernhards die Verwendung des Konjunktivs und des Superlativs (bzw. Elativs). Diese beiden
Stilmittel stehen in einer deutlichen Spannung zueinander. [. . . ] Es entsteht ein Eindruck von
Referaten radikaler Subjektivität, die sich in ihrer Konkurrenz ausschließen würden, wären sie eben
nicht im Konjunktiv gemilderte Referate» (Dittberner 1974: 25).
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