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INTRODUZIONE
La produttività della pubblica amministrazione negli ultimi anni è al centro del
dibattito politico, per le sue implicazioni organizzative, sociali e morali. Le
amministrazioni pubbliche, diversamente dalle imprese, sono chiamate per missione
istituzionale a soddisfare i bisogni come fine immediato e non come finalità mediata
(Borgonovi,1993), di conseguenza ciò che nel settore privato è affidato al gioco delle
forze di mercato, nel settore pubblico è affidato all’intervento politico ed istituzionale.
Nell’ultimo decennio sono state promossi molti mezzi per controllare nel miglior modo
possibile le pubbliche amministrazioni, si pensi alle spending review, che consistono in
analisi sistematiche della spesa pubblica seguite dall’emanazione di raccomandazioni in
merito a come “spendere meglio”
1
. Con l’influenza del New public management si è
diffusa la convinzione della necessità di responsabilizzare la pubblica amministrazione,
attraverso l’implementazione di sistemi in grado di legare l’attività svolta con i risultati
ottenuti, definiti tecnicamente performance. Massimizzare il valore delle performance
ottenute è molto complicato all’interno di un ente pubblico, ciò a causa della vasta entità
degli stakeholder (individui o gruppi che possono influenzare o essere influenzati dal
raggiungimento degli obiettivi di un’organizzazione
2
) e degli interessi divergenti. Il
carattere altamente diversificato delle politiche e dei servizi pubblici che gli enti locali si
ritrovano a soddisfare implica la necessità di trovare tecniche più mirate che permettono
di essere più vicini al cittadino. In quest’ottica si inseriscono i meccanismi di
rendicontazione sociale tecnicamente definito come l’insieme di tecniche o strumenti (es.:
bilancio partecipativo, sociale, di mandato) utilizzate per rendere conto a qualcuno
(stakeholder) delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato
periodo
3
. Rappresentano metodi che permettono alle amministrazioni pubbliche di
ritrovare la propria identità, riaffermando la propria natura di attori sociali e di istituzioni
finalizzate alla salvaguardia dell’interesse comune (Tanese 2004). Partendo da uno studio
che ha analizzato 110 province italiane nel periodo 2006-2011 sono state individuate le
1
S. Calciolari “Gestione della pubblica amministrazione basata sui risultati: criticità, strumenti e prospettive” Azienda
Pubblica, n. 4, 2009, p. 646.
2
E. Freeman, “Strategic Management: A Stakeholder Approach”
3
L. Hinna, “La rendicontazione sociale ed il bilancio sociale”
4
variabili che influiscono in questi processi: il periodo di riferimento, l’area di
rendicontazione, il coinvolgimento degli stakeholder e i confini istituzionale. Partendo da
questi fattori si possono evidenziare la differente utilizzazione degli strumenti
dimostrando come: il 57% utilizzano un bilancio sociale, il 36% un bilancio di fine
mandato, l’11% un bilancio di genere, il 7% un bilancio partecipativo e il 4% un bilancio
ambientale (in alcuni casi esiste una convivenza di più strumenti contemporanei, come
nella Provincia di Cosenza dove sono presenti sia i bilanci sociali, sia quello di mandato )
4
.
Modena dal 2004, ha deciso di attuare i bilanci partecipativi, per rispondere alla
necessità di rendicontare e razionalizzare le risorse. Diversamente dalle altre città
rappresenta un esempio di come si possono evolvere queste tecniche in quanto si passa da
un modello di prima generazione, a progetti più mirati nelle tematiche e che ricercano una
maggiore qualità della partecipazione. In queste pagine, si riprenderà la storia di Modena
da come ha iniziato la sperimentazione, al processo di implementazione soffermandosi
sulle tecniche utilizzate per ascoltare il cittadino e renderlo partecipe. È interessante
analizzare come è avvenuta questa “trasformazione” e capire se è stata positiva o negativa,
se i risultati sperati sono stati ottenuti o se è stato un esperimento fallimentare. Si cercherà
di capire se il bilancio partecipativo, inizialmente, ed i progetti partecipativi, in seguito,
sono riusciti a cambiare l’evoluzione socio-economica della città attenuando gli effetti
della crisi o se sono stati solo uno strumento di attività politica. Si analizzerà cosa è stato
concretamente realizzato e cosa è rimasto solo un progetto.
4
D. Maggi, “Accountability e strumenti di rendicontazione sociale nelle province italiane”, Azienda Pubblica,
n.4,2012, p. 475.
5
1. Il bilancio partecipativo: esperimenti nel mondo
L’ Orçamento Partecipativo (o meglio conosciuto come bilancio partecipativo) ha
visto il suo trampolino di lancio nell’esperienza di Porto Alegre, situata nel sud del Brasile,
capitale dello Stato del Rio Grande do Sul. Una sperimentazione nata da una forte
tradizione di autonomia e di movimenti popolari urbani, nel 1988 quando il Partido dos
Tradbalhadores è entrato al governo. Il primo risultato ottenuto, attraverso il bilancio
partecipativo, è stato la riforma fiscale al fine di ottenere nuove risorse, successivamente si
è cercato di creare nuovi metodi per coinvolgere tutti i soggetti nelle scelte collettive.
Secondo una ricerca svolta nel 2000 gli intervistati affermano di frequentare le assemblee
soprattutto per aiutare la propria comunità e per esercitare concretamente la cittadinanza,
il 60% afferma di aver beneficiato direttamente di iniziative o servizi ottenuti con il
bilancio partecipativo, il 64% di avere sempre o quasi sempre un potere decisionale nelle
assemblee, il 65% pensano che i delegati rispettino di regola la volontà della comunità e la
informino in modo soddisfacente
5
. Oggi Porta Alegre è famosa in tutto il mondo anche
grazie al Forum Social Mundial tenutosi per la prima volta nel 200, negli stessi giorni del
Forum economico mondiale di Davos ed ha visto la partecipazione di 18.000 persone
appartenenti a migliaia di associazioni non governative di quasi tutti i continenti.
In Italia si inizia a sentire il bisogno di rendicontare a causa di una concomitanza di
fattori storici. In primo luogo alla fine degli anni 80 si inizia a comprendere che le cause
dell’elevata disoccupazione e della crescita dei tassi di inflazione, sono la spesa pubblica
discrezionale e le politiche sociali universalistiche e generose. Seguono gli anni 90 con le
politiche privatistiche e la caduta di credibilità legata ai fatti di tangentopoli, che hanno
spinto a domandarsi su quale fosse veramente il ruolo delle amministrazioni pubbliche
6
. Il
concetto di bilancio partecipativo in Italia inizia a svilupparsi dopo la pubblicazione di un
articolo su “Le Monde Diplomatique” grazie ad alcuni studi universitari e alla neonata
rivista “Carta”. Durante la sua espansione, ha subito l’influenza delle concezioni
privatistiche del New Public Management con le sue teorie sul ruolo dei cittadini-clienti-
5
S. Cangemi, “Bilancio partecipativo: l’esperienza di Porto Alegre”.
6
C. Vallone, “Il sistema di rendicontazione sociale nel settore pubblico”, Azienda Pubblica, n. 4, 2009, p. 686.
6
consumatori con particolare riferimento ai servizi monopolistici
7
. Tale filone di studi è
considerato in dottrina come un movimento generale che ha sviluppato la tesi secondo
cui il miglioramento dell’amministrazione pubblica è attuabile attraverso l’utilizzo di
logiche decisionali e strumenti operativi di ispirazione privatistica, dove con questo temine
si intendono i principi e le logiche tipiche dell’economia industriale capitalistica, al fine di
evidenziare la differenziazione rispetto alle logiche applicate nel mondo pubblico.
Nasceva in quegli anni l’esigenza di comunicare in maniera trasparente ed
immediato seguendo le logiche del Corporate social Responsibility, definito nel libro
verde della Commissione europea come “integrazione volontaria, da parte delle imprese,
delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro
rapporti con le parti interessati”
8
. L’amministrazione pubblica inizia a esser vista come un
azienda privata e come tale deve rendicontare a tutti i suoi stakeholder. In Italia si trova la
prima esperienza di bilancio partecipativo in Europa si trova nel comune di Grottammare
(provincia di Ascoli Piceno), la sua origine è legata ad un movimento cittadino che ha
fatto della partecipazione la propria bandiera e che ha promosso una lista civica che è al
potere dal 1993. Lo strumento centrale è considerato la riunione settimanale aperta a tutti
i cittadini, volendo focalizzare come metodologia fondata sulla deliberazione come sintesi
della volontà popolare. La risposta dei cittadini negli anni sono stati molto stabili, anche
se dopo i tagli alla finanza pubblica i temi della coodecisione si sono spostati dagli
interventi di tipo urbanistico alla definizione delle politiche sociali e culturali
9
.
Nell’est Europa la diffusione del bilancio partecipativo è stata più fattibile poiché
questo concetto si è legato alla necessità della modernizzazione dell’apparato
amministrativo e della lotta alla corruzione delle istituzione. Nel nord est della Russia il
processo di sperimentazione locale si è messo in relazione con una complessa riforma del
sistema finanziario e di bilancio che voleva promuovere la credibilità della gestione locale
e regionale davanti agli investitori stranieri. A livello europeo con sentenza del 30 giugno
2009 il Bunderverfassungsgericht (Corte Costituzionale Federale tedesca) ha ratificato il
trattato di Lisbona da parte della Germania per invitare il parlamento di quel paese ad
7
G. Allegretti, “Tra efficienza e sviluppo”.
8
C. Vallone, op. cit., p. 686.
9
L. Bartocci, Il bilancio partecipativo negli enti locali, Torino, G. Giappichelli Editore, 2012, p. 86.