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Introduzione
Nel presente elaborato mi occuperò delle conseguenza dell’avvento dei farmaci
generici nel mercato farmaceutico, con particolare riferimento al canale farmacia.
Inizialmente verrà descritto il settore farmaceutico con le sue particolarità e
caratteristiche, con maggiore focalizzazione sul mercato italiano. In questa parte
della tesi verranno discusse le principali mutazioni che stanno attraversando il
mercato della salute.
Nel secondo capitolo tratterò più in dettaglio il tema dei medicinali equivalenti.
Saranno analizzati i benefici che si otterrebbero conseguentemente ad un aumento
della loro penetrazione presso i consumatori. Verrà dedicato spazio anche alle
motivazioni alla base del ritardo dei generici. Tale ritardo è particolarmente
accentuato nel nostro paese, in cui la penetrazione dei medicinali equivalenti è
ancora meno rilevante rispetto agli altri paesi commercialmente più evoluti. Infine
traccerò il profilo delle principali aziende produttrici di medicinali equivalenti.
In seguito verrà preso in considerazione il punto di vista industriale, in particolare le
azioni competitive attuate dall’industria farmaceutica di marca per contrastare la
minaccia costituita dall’aumento della penetrazione dei generici. Mi soffermerò su
diverse strategie messe in atto in seguito alla scadenza dei brevetti relativi ai principi
attivi. Farò un’analisi della loro efficacia economica, supportata da vari esempi
forniti da azioni realmente effettuate da alcuni attori del mercato. Verranno
descritte le strategie che fanno registrare risultati migliori nel lungo periodo, e
quelle meno efficaci, che portano gli attori che le attuano a perdere quote di
mercato.
Infine si prenderà come riferimento il punto di vista distributivo, relativamente alla
distribuzione despecializzata, e in seguito a quella specializzata. Per quanto riguarda
la GDO, verrà prima descritto il panorama distributivo italiano relativo agli attori
operanti nel mondo del largo e generale consumo. Mi soffermerò sull’effetto delle
liberalizzazioni che hanno permesso la diversificazione assortimentale della GDO nei
farmaci da banco e nei parafarmaci. Uno spazio sarà dedicato ai limiti delle
liberalizzazioni, che hanno ridotto la loro efficacia in termini di miglioramento della
concorrenza del mercato e, indirettamente, del welfare. La marca commerciale nel
farmaco verrà trattata ampiamente, con esempi sulle profonde differenze in termini
di penetrazione della private label nelle diverse zone del pianeta.
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Per quanto riguarda le farmacie, descriverò le minacce del mercato che stanno
indebolendo la loro posizione di rendita. L’aumento delle vendite dei medicinali
equivalenti ha modificato gradualmente il ruolo del farmacista, che spesso si trova a
sostituire il medico nella scelta del farmaco da suggerire ai pazienti. Nella parte
finale verranno discusse le possibili reazioni che la distribuzione specializzata può
mettere in atto per fronteggiare le minacce competitive degli ultimi anni.
Parallelamente alla parte compilativa/descrittiva, mi occuperò di una parte
sperimentale. L’esperimento vedrà coinvolti diversi farmacisti, che sottoporrò a
brevi interviste semi-strutturate, per tentare di far luce su alcune aree poco
trasparenti. In particolare si analizzerà il rapporto delle farmacie con le case
farmaceutiche produttrici di generici, e le differenze rispetto a quello con l’industria
farmaceutica di marca, con particolare focalizzazione sulla fase negoziale della
relazione verticale.
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Capitolo 1
Il Mercato Farmaceutico
1.1 La composizione del mercato
Segmentazione dei farmaci
Il mercato farmaceutico è segmentabile in diverse sotto-categorie. Secondo la
metodologia prevalentemente utilizzata i prodotti farmaceutici possono essere divisi
in farmaci etici, farmaci da banco e parafarmaci. I farmaci etici possono essere
acquistati solo in presenza di una ricetta medica, non possono essere assunti per
libera iniziativa da parte dei pazienti. Essi sono infatti quelli con il maggiore grado di
posizionamento medicale. Tale posizionamento conferisce loro i più elevati margini
di profitto per le imprese farmaceutiche. I motivi dell’elevata marginalità sono
riconducibili a fattori da offerta e da domanda. Analizzando l’offerta, l’elevata
marginalità si giustifica per la necessità di una maggiore percentuale di spesa in
ricerca e sviluppo (dato l’elevato tasso di innovazione che caratterizza il mercato),
che va ad appesantire la struttura dei costi legati alla produzione. Per questo motivo
i suddetti costi devono essere scaricati a valle aumentando i prezzi al consumo in
modo più marcato rispetto alle altre categorie di farmaci. Per quanto riguarda le
motivazioni da domanda, assume importanza il fatto che i pazienti generalmente
manifestano una ridotta sensibilità al prezzo per l’elevato coinvolgimento emotivo
dovuto alla problematicità della tipologia di acquisto. I farmaci etici possono a loro
volta essere suddivisi in fasce: A, H e C. Gli etici di fascia A sono a totale carico del
Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e sono distribuiti attraverso le farmacie o dalle
strutture pubbliche ai pazienti, che provvederanno autonomamente alla
somministrazione. Sono riconducibili alla spesa farmaceutica territoriale. Gli etici di
fascia H sono anch’essi a totale carico del SSN ma sono somministrati negli ospedali
o nelle cliniche direttamente ai pazienti, non sono pertanto acquistabili per la
somministrazione autonoma, per questo motivo sono riconducibili alla spesa
farmaceutica ospedaliera. Gli etici di fascia C si differenziano dalle tipologie
precedentemente elencate per essere a totale carico del paziente, pur necessitando
di una ricetta medica per l’acquisto.
Nei farmaci etici la marca non è sviluppata perché non sono venduti direttamente al
consumatore ma proposti al medico, che li prescrive. Per questo motivo mancano i
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presupposti alla base di un’attività di branding di successo. Nella maggior parte dei
paesi, i farmaci etici non sono pubblicizzabili direttamente al consumatore, questo è
un altro grande ostacolo alla costruzione di una politica di marca. Tuttavia, anche
laddove la pubblicità al pubblico è concessa, si ritiene ragionevolmente che la sua
efficacia sia limitata in quanto il consumatore/paziente non ha autonomia nella
scelta di tali prodotti perchè il suo comportamento di acquisto è guidato dal medico.
Per questo motivo la maggior parte degli investimenti promozionali in questa
categoria sono indirizzate ai prescrittori (medici, infermieri ecc.). Alcune delle
tecniche più usate per questo genere di attività sono: la visita diretta ai medici da
parte degli informatori farmaceutici che hanno il compito di far conoscere i nuovi
prodotti; le pubblicità sulle riviste scientifiche lette prevalentemente dai tecnici del
settore; la sponsorizzazione di conferenze medico/scientifiche, in modo da
guadagnare visibilità e notorietà presso i medici che vi partecipano; la consegna di
gadget/omaggi ai medici target. Molte di queste attività sono spesso criticate in
quanto si entra in un campo in cui tecniche di marketing sono utilizzate per
modificare le preferenze di professionisti della salute che dovrebbero avere come
unico obiettivo quello di tutelare il benessere dei propri pazienti. In particolare, in
un settore nel quale l’influenzatore ha un ruolo particolarmente forte, come
appunto, nel caso dei farmaci etici. In questo ambito, infatti, si ritiene che il paziente
abbia fiducia del giudizio del medico che prescrive un farmaco scegliendo tra diverse
opzioni, dando per scontato che la scelta sia effettuata con l’unico obiettivo del
benessere del paziente, e non guidata dalle attività promozionali delle case
farmaceutiche.
I farmaci da banco, a differenza degli etici, possono essere acquistati liberamente
dai pazienti, senza la necessità di una ricetta medica. Sono denominati farmaci OTC
(over the counter), ma in Italia sussiste un’ulteriore differenziazione tra OTC e SOP
(senza obbligo di prescrizione), a differenza dei primi, i secondi non possono essere
pubblicizzati. Per questa tipologia di farmaci sono più elevate le componenti di spesa
relative alla pubblicità e al marketing, mentre sono più ridotti i costi imputabili alla
ricerca e sviluppo. I farmaci OTC hanno un posizionamento medicale ovviamente più
basso rispetto a quello dei farmaci etici. Negli ultimi anni il loro utilizzo sta
crescendo, soprattutto nei paesi più sviluppati, in cui il consumatore ha maturato
una consapevolezza maggiore in questo ambito e ricorre spesso all’automedicazione
senza ricercare il parere del medico. Per i farmaci da banco il ruolo del farmacista è
attivo e non si limita ad una funzione meramente logistica. Spesso infatti i pazienti si
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recano in punto vendita comunicando la patologia/disturbo da curare e si affidano al
consiglio del farmacista, che consiglierà il prodotto da acquistare. Per questo motivo
le attività di marketing delle case farmaceutiche in questa categoria di prodotti
hanno come target proprio i farmacisti, che hanno un ruolo più rilevanti rispetto a
quello dei medici per i farmaci da automedicazione. L’evoluzione del
comportamento di consumo e di acquisto unita all’aumento degli investimenti in
consumer marketing da parte delle case farmaceutiche ha fatto in modo che si
sviluppassero gli acquisti programmati nei farmaci da banco. Infatti spesso il
consumatore acquista direttamente i prodotti desiderati in totale autonomia, non
chiedendo neanche il consiglio del farmacista. Tali caratteristiche fanno in modo che
in questa categoria la marca nel farmaco rivesta un’importanza maggiore per il
paziente, in quanto è egli stesso, e non più il medico, a decidere se utilizzare una
specialità medicinale piuttosto che un’altra. Ciò spiega perché le case farmaceutiche
investono molto nella pubblicità diretta al pubblico oltre che in quella diretta agli
influenzatori (che in alcuni casi suggeriscono ai pazienti la tipologia di farmaco da
utilizzare, anche per quelli senza obbligo di ricetta). Le basse spese in ricerca e
sviluppo si giustificano per il fatto che per quanto riguarda i farmaci OTC sono pochi
quelli che rappresentano innovazioni radicali, la maggior parte infatti sono nuove
versioni di farmaci che prima erano soggetti a prescrizione, e dei quali, alla scadenza
del brevetto, si creano versioni simili con una percentuale ridotta di principio attivo,
in modo da rendere le nuove versioni coerenti con il ruolo dell’automedicazione.
A differenza dei farmaci etici, che per legge non possono essere esposti a libero
servizio, per gli OTC è concessa l’esposizione in punto vendita che permette ai
consumatori di sceglierli autonomamente. Questa logica è interessante in chiave di
trade marketing in quanto i produttori possono utilizzare contributi/incentivi rivolti
ai distributori al fine di migliorare la visibilità a scaffale e sostenere le vendite delle
proprie referenze. In questo modo si innescano meccanismi simili a quelli
caratteristici del largo consumo, che vedono i produttori di marca competere sul
mercato intermedio per ottenere vantaggi competitivi che si ripercuotono sul
mercato finale. Ovviamente il comportamento d’acquisto relativo ai farmaci è
sostanzialmente diverso da quello che si verifica per i beni grocery: i primi hanno
una problematicità di acquisto ben più elevata in quanto direttamente collegati alla
tutela della salute. Tuttavia negli ultimi anni i consumatori hanno maturato
atteggiamenti più consapevoli perché sono sempre più attenti e informati sulle
caratteristiche dei prodotti, che utilizzano più frequentemente rispetto al passato, e
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si rivolgono meno frequentemente al medico per prendere decisioni relative
all’acquisto dei farmaci da banco.
I parafarmaci comprendono tutti quei prodotti appartenenti al mercato della salute
ma non classificabili nella categoria merceologica dei farmaci in senso stretto, in
quanto spesso non contengono alcun principio attivo. Fanno parte di questa
categoria i prodotti omeopatici, igienici, cosmetici ecc. I parafarmaci sono molto
presenti anche nella grande distribuzione organizzata, oltre che nelle farmacie e
nelle parafarmacie. Sono stati infatti oggetto di un processo di diversificazione
assortimentale che ha visto i retailer despecializzati più evoluti ampliare la gamma
dei prodotti offerti nei loro punti vendita. ”Un altro segnale di cambiamento è la
crescente propensione delle grandi strutture di vendita a diversificare il loro
assortimento verso categorie distribuite in modo specialistico*…+. L’introduzione di
una nuova categoria determina normalmente un contributo superiore al margine
operativo superiore al contributo negativo che discende dalla riduzione
dell’esposizione delle linee correnti, che si rende necessaria per far posto alla
nuova.” (Lugli, Marketing Channel, La creazione di valore nelle distribuzione
specializzata,2011). In questo modo la GDO ha utilizzato come driver di crescita
categorie di prodotto che prima erano lontane dal core buisness dei distributori
grocery. Gli attori che si sono mossi per primi in questo senso hanno ottenuto un
vantaggio competitivo rispetto ai competitor e hanno inoltre sostenuto la crescita
anche a scapito dei distributori specializzati, che prima erano gli unici a trattare i
parafarmaci. Nel processo di diversificazione assortimentale le nuove categorie
introdotte presentano una marginalità unitaria superiore alla media di punto
vendita in quanto, essendo trattate esclusivamente dalla distribuzione specializzata
non hanno ancora subito i processi di concorrenza distributiva intersettoriale, ciò ha
fatto in modo che mantenessero dei prezzi al consumo relativamente più elevati con
conseguente trascinamento verso l’alto dei margini. Inoltre lo spazio espositivo dei
punti vendita ha rendimenti decrescenti, pertanto la contrazione delle vendite
dovuta alla riduzione dello spazio delle categorie già presenti in assortimento sarà
verosimilmente più che compensata dall’aumento delle vendite delle nuove
categorie introdotte. La presenza in assortimento delle nuove categorie, se
valorizzata e gestita virtuosamente anche in chiave di comunicazione, innescherà
meccanismi che potranno sostenere le vendite dell’intero assortimento. Ciò è
dovuto all’interdipendenza delle domande parziali: l’assortimento è una delle
variabili più importanti che condizionano la scelta del punto vendita da parte del