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PREMESSA
L’obiettivo principale della tesi è quello di fornire uno strumento che
sia insieme fattore di innovazione ed elemento portatore di
cambiamento per quanto riguarda le dinamiche territoriali
dell’area comunale di Alghero; tale strumento viene identificato
con l’introduzione di una moneta locale, intesa come valuta
complementare da affiancare a quella nazionale. Lo sviluppo e il
cambiamento sono ciò a cui si tende, in particolare per via di una
sempre più palese necessità di crescita.
Per poter spiegare come una moneta complementare può
diventare parte integrante nell’economia locale, viene analizzato
inizialmente il ruolo che la moneta ha all’interno dell’economia e il
suo funzionamento.
Tramite questo studio emerge che vi sono contesti in cui una
moneta utilizzata a livello “globale” (ad esempio, per un’area vasta
che comprende diversi paesi) può comportare talvolta una
penalizzazione, ad esempio per quelle attività economiche che
non risultano competitive nei confronti del mercato globale, e che
pertanto non hanno uguali opportunità, rispetto ai mercati stabili, di
produrre e diffondere beni e servizi non meno importanti di quelli
offerti dai mercati globali.
Cos’è che limita alcune attività, come ad esempio le piccole
produzioni? Perché vi sono potenziali scambi di beni e servizi che
non avvengono, nonostante la potenziale utilità che essi mostrano?
Il limite a tali scambi è dato dalla carenza di moneta; questa
mancanza implica una scelta, da effettuare tra diversi beni: si può
scegliere di comprare un bene o un altro, un servizio o un altro, in
4
base alla disponibilità effettiva di moneta. È chiaro che con questo
presupposto si va necessariamente ad escludere alcune attività, le
più deboli. In questo senso, la moneta locale diventa una sorta di
protezione per quelle attività che hanno potere solo a livello locale;
una valuta complementare fa sì che la comunità di appartenenza
sia disposta a comprare, poiché ne ha la possibilità.
L’introduzione di una moneta locale necessita dell’individuazione di
politiche monetarie differenti rispetto a quelle che guidano la
valuta nazionale. Queste politiche sono mirate all’aumentare gli
scambi locali e quindi aumentare le stesse produzioni, che vanno
via via a formare una sorta di “circuito complementare”, nel quale
una parte della produzione è veicolata dalla nuova moneta.
Tramite l’analisi della teoria delle aree valutarie ottimali, la tesi
spiega in che modo un’altra valuta può essere introdotta all’interno
delle politiche monetarie, a quale scala e quali sono i benefici che
ne scaturiscono. In che modo è possibile affiancare una moneta
complementare alla valuta nazionale senza che questa comporti
problemi a scala ampia? In che modo l’economia informale può
avere effetti tangibili e rilevanti tenendo conto del potere
monetario della valuta vigente?
Innumerevoli “esperimenti” che vedono l’introduzione di una valuta
alternativa e complementare sono stati portati avanti in diversi
paesi del mondo, a livello comunale o addirittura regionale. Gli esiti
sono per lo più positivi. Nella tesi vengono studiati alcuni di questi
casi, accomunati tutti dall’intento di rivalorizzare l’economia locale,
l’economia delle produzioni tipiche che, sovrastate dall’economia
globale, non riescono a interpretare il ruolo che meritano.
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Il progetto di inserimento di moneta locale proposto nella tesi
prevede una suddivisione in varie fasi, nelle quali, a partire dallo
studio di esperienze concrete, si estrapolano i costi e i benefici
offerti dall’introduzione di una valuta complementare in un sistema
economico ben consolidato, e si definiscono i criteri di
funzionamento perché questa sia efficace all’interno di una
determinata comunità.
La comunità di riferimento, nella tesi, è quella della città di Alghero,
e pertanto l’emissione e la circolazione della moneta locale
avvengono in ambito comunale; confini ben definiti e politiche di
utilizzo che risultino chiare e semplici sono la base per un adeguato
funzionamento.
Nel contesto di studio, l’unica differenza rispetto ai casi esistenti
risiede nell’ancorarsi a qualcosa di già esistente: si tratta della
conversione di un “buono” che già viene emesso dal Comune in un
qualcosa che ottiene una sfaccettatura polivalente, e il cui utilizzo si
amplia; si tratta dei normali biglietti dell’autobus urbano. Attribuire
una nuova connotazione a uno strumento già in circolazione dà
maggiore potere alla fase di fiducia nei confronti della nuova
valuta e diffusione della stessa: avere in mano uno strumento che
già in sé funziona è una sorta di elemento “confortante” che getta
le basi per la fase iniziale di diffusione e conoscenza.
Infine, per spiegare al meglio come verrà utilizzata la moneta locale
e le sue potenzialità, si ipotizzeranno alcune applicazioni all’interno
di imprese o associazioni già esistenti e attive sul territorio, così da
poter valutare al meglio la possibile efficacia e le ripercussioni
sull’economia locale. Verranno inoltre proposte alcune possibili
6
applicazioni in contesti non ancora esistenti, come ad esempio
incentivi in moneta locale per un corretto riciclaggio.
Una moneta complementare può essere una risposta alle necessità
locali? Può in qualche modo diventare strumento chiave per la
riattivazione di quell’economia marginale che viene limitata da
un’economia globale confermata e sovrastante?
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1) ECONOMIA MONETARIA E INTEGRAZIONE ECONOMICA
Le singole economie di ogni Paese necessitano di politiche e
gestione opportune, che siano relative alla situazione in cui ci si
trova. Non tutti i Paesi risultano essere sviluppati allo stesso modo,
motivo per cui occorre effettuare un’analisi approfondita che
possa determinare le necessità primarie da soddisfare per poter
avviare un processo di crescita. Vi sono contesti in cui si avverte il
bisogno di uno strumento che possa far integrare maggiormente
Paesi vicini, economicamente e geograficamente parlando,
promuovendo una coordinazione adeguata delle politiche degli
scambi di beni e servizi e offrendo una diversa opportunità di
gestione delle risorse.
L’introduzione di una moneta unica in una determinata area, ad
esempio, si avvia con l’intento di attuazione di un processo di
integrazione economica; ogni Paese coinvolto ha così la possibilità
di integrare le proprie economie a differenti livelli, con l’obiettivo di
ottenere maggiore efficienza interna e maggiore solidità nei
confronti degli eventi esterni. È importante distinguere tra unione
monetaria a valuta unica e unione monetaria a valuta multipla,
poiché la prima opzione offre un approccio più diretto verso
l’integrazione.
Le fasi che si susseguono perché si possa ottenere l’integrazione
economica possono essere riassunte in 6 punti chiave
1
:
1. Area di scambio preferenziale: si dà priorità a determinati
prodotti che provengono da dati Paesi; questo è possibile
tramite una riduzione dei dazi.
1
Commissione Europea (2007), “Una valuta unica per un’Europa unita”, Comunità Europee
(Belgio) http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication6730_it.pdf
8
2. Area di libero scambio: si eliminano dazi, quote e preferenze
tariffali per determinati paesi su determinati beni scambiati.
3. Unione doganale: si tratta di un accordo di commercio
preferenziale tra Paesi, i quali vedono l’abbattimento di
barriere commerciali e l’istituzione di una tariffa doganale
esterna comune.
4. Mercato comune: si basa sulla libera circolazione di persone,
servizi, merci e capitali (art. 3 Costituzione Italiana
2
); il
Mercato Europeo Comune (MEC) è il precursore dell’Unione
Europea e viene creato nel 1957. Tramite l’istituzione di uno
spazio economico unificato, si tende a condizioni di libertà
nella concorrenza tra imprese e negli scambi di beni e servizi.
5. Unione economica e monetaria: in Europa, la UEM (Unione
Economica e Monetaria) viene sancita con il Trattato di
Maastricht (1992), e il suo esito è rappresentato dal conio di
una moneta unica europea (euro), in sostituzione delle valute
dei Paesi membri.
6. Piena integrazione economica: si tratta del passo finale per
l’ottenimento di un’integrazione economica; in questo caso,
le unità economiche integrate hanno poco controllo sulla
politica economica, un’unione monetaria completa (punto
5) e un’armonizzazione fiscale completa o quasi. Una piena
integrazione economica si ha maggiormente in un paese
che non abbia istituzioni sovranazionali
3
.
Cenni storici. A partire dal secondo dopoguerra, e fino all’inizio
degli anni ’70, gli scambi internazionali erano regolamentati dal
2
Costituzione della Repubblica Italiana, p. 1
http://www.governo.it/rapportiparlamento/normativa/costituzione.pdf
3
Commissione Europea (2014), “L’unione economica e monetaria”,
http://ec.europa.eu/economy_finance/euro/emu/index_it.htm
9
Sistema di Bretton Woods
4
, stabilito in seguito a una conferenza
monetaria e finanziaria svoltasi nel 1944 nella località omonima
(New Hampshire) e alla quale presero parte 44 Stati; l’obiettivo era
quello di definire i futuri rapporti economici e finanziari internazionali
così da evitare le difficoltà economiche che avevano preceduto la
guerra. Tale sistema mostrava però segni di cedimento già a partire
dalla fine degli anni ’50. Nel 1969, tramite la relazione Barre
5
(“Commission Memorandum to the Council on the Co-ordination of
Economic Policies and Monetary Co-operation within the
Community”), venivano raccomandate politiche economiche che
vertessero all’evoluzione delle variabili economiche di produzione,
occupazione e prezzi, da mettere in pratica tramite accordi tra i
ministri responsabili della politica economica e monetaria.
Nel 1970, il Primo Ministro delle Finanze del Lussemburgo, Pierre
Werner, emette un Rapporto (il Rapporto Werner
6
appunto),
identificabile come il primo lancio dell’Unione Monetaria ed
Economica; tale rapporto propone l’istituzione di un’unione
economica e monetaria, sottolineando la totale convertibilità delle
valute, così da eliminare le fluttuazioni dei cambi e promuovere la
liberalizzazione dei movimenti di capitale. Tuttavia, nel Rapporto
non si teneva conto del fatto che i tassi di cambio non fossero fissi
ed erano inoltre ancorati alla moneta statunitense: nel 1971, in
seguito alla fluttuazione libera del dollaro, nacque una nuova
ondata di instabilità sui mercati, indebolendo la speranza di riuscire
a legare le valute europee.
4
Bordo M. D., Eichengreen B. (1993), “A retrospective on the Bretton Woods System”, The
University of Chicago Press, Chicago
5
Bankpedia, “Piano Barre”, http://www.bankpedia.org/index.php/it/121-italian/p/21596-piano-
barre
6
Molinari L., “Rapporto Werner”, Relazione comunitaria,
http://aleasrv.cs.unitn.it/glossalea2.nsf/00000000000000000000000000000000/5691287d3c89c
930c1256936004d627c?OpenDocument
10
Una nuova proposta di Unione Monetaria ed Economica si ebbe
nel 1977 da parte di Roy Jekins (presidente della Commissione
Europea); seppur parzialmente, la nuova politica venne avviata
con il nome di SME (Sistema Monetario Europeo) nel 1979, e ne
presero parte le valute di tutti gli Stati membri, esclusa la sterlina
britannica. Lo scopo primario dello SME era quello di ridurre
l’instabilità dei tassi di cambio. L’autonomia monetaria veniva così
trasferita, dato che i tassi di cambio per la prima volta potevano
essere variati solo tramite il mutuo consenso degli Stati membri.
Nel 1988 viene istituito, nel Consiglio Europeo di Hannover, un
“comitato per lo studio dell’Unione economica e monetaria”, a cui
prendevano parte i governatori delle banche centrali nazionali;
tale comitato definì come obiettivo dell’unione monetaria quello di
liberalizzare i movimenti di capitale, di integrare pienamente i
mercati finanziari, di avere convertibilità irreversibile delle valute, di
fissare i tassi di cambio e di avviare una possibile sostituzione delle
monete nazionali con una valuta unica. Tali obiettivi si stimarono
perseguibili in 3 fasi: la prima prevedeva il completamento del
mercato interno e l’eliminazione degli ostacoli nei confronti
dell’integrazione finanziaria, la seconda la creazione dell’Istituto
monetario europeo così da poter fondare poi il Sistema Europeo
delle Banche Centrali (SEBC) e la terza doveva servire per fissare i
tassi finali di cambio per giungere alla transizione verso l’euro.
Nel 1992, tramite il Trattato di Maastricht, i capi di Stato decidono
definitivamente di introdurre una valuta unica in Europa entro la
fine del secolo. Per far sì che l’economia di ogni Stato membro
fosse adeguata a supportare tale cambiamento, il Trattato stabiliva
dei “criteri di convergenza”, ai quali far riferimento per ottenere una
base comune stabile ed avere flessibilità nei confronti di possibili
shock economici. I criteri individuati nel Trattato stabilivano che il