Introduzione
“Delle sventure pubbliche ci accorgiamo solo quando coinvolgono gli
interessi privati: nulla in esse ci tocca più profondamente che la perdita del
nostro denaro.”
Tito Livio
Partiamo da qui, dal fatto che molto spesso per una persona è molto più
pesante perdere il proprio denaro, il proprio status sociale piuttosto che la
propria salute o la propria libertà. Lo è per una persona comune, lo è ancor
di più per un criminale. Negli ultimi anni il legislatore deve essersi posto
più volte questo concetto di fronte nel momento in cui ha provveduto ad
inserire le varie normative riguardanti la confisca nel nostro paese, divenute
quasi di moda negli ultimi tempi. Tra le tante confische che esistono nel
nostro ordinamento, e dico confische a ragion veduta, dal momento che
ormai non esiste più un singolo istituto, ma una pluralità di strumenti che
sono stati dati in mano alla magistratura, abbiamo voluto orientare il nostro
sguardo verso una delle più nuove e più dibattute, quella riguardante i reati
tributari. Per lungo tempo, malgrado il nostro ordinamento prevedesse
questo tipo di delitti, si era deciso di non estendere la confisca a questo tipo
di crimini, ritenendo che le norme a supporto della riscossione fossero
sufficienti a recuperare quanto dovuto e che al fine di scoraggiare gli
evasori fosse più utile indirizzarsi verso pene di carattere detentivo. E
questo anche dopo l’introduzione della confisca per equivalente nel nostro
ordinamento, fondamentale in questo tipo di fattispecie in quanto si riteneva
di non poter applicare la confisca diretta a crimini di natura tributaria, dato
che sono passati molti anni prima di prevederne l’estensione anche ai reati
previsti dal decreto legislativo 74 del 2000. Poi verso la fine del secolo
scorso vi è stata una brusca inversione di rotta e si è deciso di estendere con
un tratto di penna una normativa pensata per tutt’altro anche a questo tipo di
delitti. La cosa, fatta in maniera frettolosa con una semplice riga all’interno
di una delle più vituperate leggi finanziarie della storia della Repubblica, la
finanziaria 2008, ultima del governo Prodi II, che per ottenerne
l’approvazione nei tempi l’ha trasformata in pratica in due articoli con al
loro interno centinaia di commi sulle materie più disparate, venne infatti
introdotta semplicemente dicendo che per i reati previsti dal decreto
legislativo sopra richiamato, che riassume in sé essenzialmente le previsioni
di carattere penale scaturenti dagli obblighi tributari, è applicabile l’istituto
della confisca previsto dall’articolo 322 ter del codice penale, disciplinante
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la confisca per equivalente per i reati commessi da pubblici ufficiali.
Vedendo la cosa in questo modo era quasi scontato che si generasse un
dibattito enorme in dottrina e giurisprudenza al riguardo, cosa che in effetti
si è verificata e che ha addirittura portato ad un intervento legislativo utile
ma quasi comico, dato che nel 2012 il legislatore ha semplicemente deciso
di inserire le parole “o profitto” alla fine del primo comma. “La confisca nei
reati tributari” nasce da questi presupposti, è l’analisi di uno strumento
fortemente invocato dagli esperti di diritto che ha visto la luce in maniera
rocambolesca e che allo stesso modo sta proseguendo la propria vita. Per
procedere in merito abbiamo deciso di strutturare il lavoro in tre diversi
capitoli, il primo riguardante la confisca in maniera generale, il secondo con
una discesa specifica nell’ambito della confisca per i reati tributari e il terzo
con una ulteriore focalizzazione, andando a visualizzare nello specifico la
confisca tributaria per quanto riguarda società ed enti. Vediamoli meglio.
Nel primo partiremo dall’analisi dell’evoluzione storica dell’istituto,
partendo da come è nato e andando dalla confisca generale dei beni
presente nel diritto romano sino a quella dei giorni nostri, per poi analizzare
più approfonditamente la natura della confisca nel nostro ordinamento, con
il presupposto, come sottolineato da Emanuele Nicosia, che non esiste più
una confisca, ma è obbligatorio parlare di confische. Analizzeremo quindi,
tenendo comunque conto del fatto che questo lavoro non è diretto all’analisi
generale dell’istituto e che quindi occorre rimanere a un livello superficiale
nel momento in cui ne trattiamo la natura, la ripartizione in pena accessoria,
misura di sicurezza, misura di prevenzione e misura civile - amministrativa
a seconda del momento e delle casistiche in cui si presenta. Entreremo
quindi nello specifico della normativa di carattere penale e analizzeremo
dapprima l’articolo 240 del codice penale, riguardante la confisca
cosiddetta diretta e, subito dopo, gli strumenti che permettono la confisca
per equivalente nel nostro ordinamento. Essendo questi gli strumenti
principe che vengono utilizzati per quanto riguarda la materia tributaria ci
focalizzeremo su di essi, entrando nello specifico delle modalità di
determinazione del valore da confiscare e vedendo il concetto di profitto
lordo e netto del reato e la ripartizione tra reati-contratto e reati in contratto
prevista dalla Suprema Corte. Tale concettualizzazione ci sarà di notevole
utilità nel momento in cui si dovrà valutare l’importo dell’evasione fiscale
da sottoporre a confisca, uno dei casi più tipici di reato commesso
all’interno di un’attività lecita, in cui occorre separare la parte di profitto
ottenuta correttamente da quella ottenuta mediante mezzi truffaldini. Da
ultimo dedicheremo spazio a quello che è lo strumento maggiormente
utilizzato in campo tributario e cioè il sequestro finalizzato alla successiva
confisca. Come vedremo infatti vi sono casi in cui il sequestro disposto non
si concretizza poi nella confisca in quanto il profitto derivante dal reato
tributario è già stato prelevato dallo Stato mediante il procedimento di
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riscossione, avvenuto mediante il versamento volontario da parte del reo o
in maniera coattiva.
Terminata la disamina generale entreremo nello specifico, analizzando le
singole fattispecie di reato previste in campo tributario, differenziando i
reati dichiarativi e quelli esterni alla dichiarazione e verificando quali
saranno le prossime modifiche legislative in questo ambito, essendo stata
approvata una legge delega che dà al Governo l’autorità di emanare uno o
più decreti legislativi di riforma dell’ordinamento tributario, compresa la
normativa penale ad esso collegata. Ci addentreremo poi nella verifica di
come è avvenuta l’estensione della confisca per equivalente ai reati tributari
e vedremo come vengono determinati i beni da sottoporre a confisca, con la
disamina del concetto di disponibilità in capo al reo, del loro valore e della
connessione tra confisca per equivalente e pagamento delle imposte.
Dedicheremo poi spazio al sequestro preventivo e concluderemo il capitolo
con l’analisi di due istituti previsti dalla normativa antimafia, quello della
confisca allargata e quello della confisca di prevenzione, analizzando le
casistiche in cui essi si intersecano e hanno diretta influenza sulla normativa
penale tributaria.
Nel terzo capitolo vedremo invece uno degli argomenti più interessanti e
controversi riguardanti la confisca nei reati tributari, cioè la sua estensione a
società ed enti. Sapendo che le evasioni fiscali di notevole entità sono
sempre, o quasi, commesse da organismi collettivi, è infatti determinante
vedere come essa può andare a colpire (e se può colpire) questo tipo di
strutture sociali e in che modo. Dopo avere introdotto il decreto legislativo
231 del 2001, perno fondante per la responsabilità penale degli enti,
vedremo i casi in cui possono essere sequestrati e confiscati beni della
persona giuridica a causa di reati tributari, soffermandoci sui casi specifici
delle società di comodo e di quelle che non lo sono. Vedremo infine nel
dettaglio l’importantissima sentenza 10561 del 30 gennaio 2014, emessa
dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha definitivamente
chiuso alcune questioni riguardanti l’applicazione della confisca per
equivalente all’interno dell’ambito societario e, allo stesso tempo, ha aperto
un nuovo fronte estendendo di fatto l’utilizzo della confisca diretta anche a
questo tipo di reato e situazione.
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La confisca
Cenni storici
La natura dell’istituto
La confisca nell’ordinamento attuale - l’art. 240 del codice penale
La confisca per equivalente nell’ordinamento italiano
Le modalità di determinazione del valore da confiscare
Il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente
Per analizzare a fondo il particolare ambito del nostro studio ritengo utile
partire da un piccolo approfondimento dei caratteri generali dell’istituto per
poi, successivamente, scendere nello specifico. L’Enciclopedia Treccani
Online alla voce confisca recita, mutuando in parte il codice penale:
“Misura di sicurezza a carattere patrimoniale consistente
nell’espropriazione da parte dello Stato delle cose utilizzate o destinate a
commettere il reato ovvero rappresentative del suo prodotto o profitto”.
Vediamo meglio di cosa si tratta.
Cenni storici
La confisca è uno strumento giuridico antico e che addirittura ha perso nel
corso del tempo parte della sua forza
1
. La troviamo, come pena accessoria,
già nel diritto romano, sotto forma di confisca generale dei beni, prevista
per i reati più gravi. Tenendo conto del fatto che in quel mondo i beni erano
interamente del capofamiglia possiamo renderci conto facilmente di quanto
afflittivo poteva essere lo spogliare interamente dei beni una famiglia intera,
lasciando numerose persone senza alcun tipo di sostentamento economico.
Proprio da questa forza è nata l’usanza, resa celebre al grande pubblico dal
film “Il Padrino Parte II” di ricorrere al suicidio da parte del reo onde
bloccare l’utilizzo dello strumento e salvare quindi la propria famiglia
dando in cambio la propria vita.
Lo strumento è sopravvissuto essenzialmente nella stessa forma (pena
aggiuntiva ai reati più gravi riguardante l’intero patrimonio) fino alla fine
1
A. ALESSANDRI, Confisca nel diritto penale, in Dig. Pen. 1989, p. 42. “Nella confisca traspare
un archetipo sanzionatorio il cui profilo funzionale è rimasto, nella sostanza, immutato per secoli:
di esso solo in tempi più recenti è iniziata un’erosione, o meglio uno sfrangiamento, fenomeni che
tuttavia (...) appaiono orientati, se portati alle loro coerenti conseguenze, a far posto ad una serie di
misure del tutto nuove, che con l’antica hanno (equivocamente) in comune poco più che il dato
nominalistico”.
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del 18° secolo, quando le spinte illuministiche portarono a considerare una
pena così afflittiva ingiusta e controproducente in quanto indirizzata non
solo verso il reo, ma, e forse soprattutto, verso i suoi famigliari che, lasciati
senza alcuna forma di sostentamento, molto spesso non potevano fare altro
che iniziare a loro volta a delinquere
2
. Cesare Beccaria, ad esempio, nel
libro “Dei delitti e delle pene” scrisse: “le confische mettono un prezzo
sulle teste dei deboli, fanno soffrire all’innocente la pena del reo, pongono
gli innocenti medesimi nella disperata necessità di commettere delitti”.
Sotto tali spinte l’istituto fu, giustamente, rimosso dall’ordinamento e per
alcuni anni disparve
3
.
Poco dopo però fece la sua ricomparsa nella veste in cui lo troviamo ancora
oggi, cioè di misura volta a togliere dalla disponibilità del reo, sempre che
non si tratti di beni appartenenti ad altri soggetti, le cose che sono servite a
commettere il delitto o ne sono scaturite e le cose che risultano vietate
direttamente dalla normativa penale, come previsto dall’art. 36
dell’abrogato codice Zanardelli. Malgrado in alcuni casi particolari ci si sia
ritrovati di fronte nuovamente alla confisca generale dei beni
4
, come ad
esempio durante la Prima Guerra Mondiale per il reato di diserzione e nel
secondo Dopoguerra per i reati connessi alle attività di natura fascista, si
può dire che tale forma è, essenzialmente, quella che è stata tramandata sino
ai giorni nostri.
La natura dell’istituto
Siamo così giunti ad oggi e possiamo dire che l’istituto della confisca,
malgrado non sia più presente la confisca generale, è più vivo che mai,
essendo ora presente anche in campo amministrativo, come ad esempio per
alcune violazioni al codice della strada. “La generalità dei contributi
dottrinali e giurisprudenziali più recenti tende infatti a sottolineare
unanimemente (e giustamente) come oggi, più che di confisca, debba ormai
parlarsi nel contesto italiano (e non solo) di “confische” al plurale: e ciò in
quanto l’istituto si è ormai sfaccettato in molteplici figure che hanno in
comune il solo fatto di consistere in un atto di sottrazione coattiva di beni al
titolare (con contestuale attribuzione definitiva degli stessi allo Stato) in
conseguenza della commissione di un reato o comunque dello svolgimento
di attività illecita o pericolosa, ma che peraltro sarebbero assai diverse le
une dalle altre per natura giuridica, funzioni, presupposti, modalità di
applicazione, destinatari, oggetto, ambito di applicabilità temporale e
spaziale. E si sottolinea ugualmente come, di conseguenza, l’analisi di tutti
2
P. AURIEMMA, La confisca per equivalente, pubblicato su Archivio Penale n. 1/2014, p. 3.
3
Ibidem.
4
Ivi, p. 4.
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gli aspetti rilevanti e la soluzione pratica dei problemi applicativi
andrebbero condotte con riferimento alla specifica figura di confisca di
volta in volta considerata, senza necessariamente farsi influenzare dalle
soluzioni adottate in merito ad altre figure. Di qui la frequente tendenza a
trattare e analizzare separatamente le diverse figure di confisca, i relativi
caratteri e i relativi problemi”
5
. Essendo di nostro interesse la parte relativa
all’ordinamento penale tralasceremo però i casi ad esso esterni,
concentrandoci su quello che serve al nostro scopo. All’interno del codice
penale la confisca è stata inquadrata, come vedremo meglio tra poco, nella
forma della misura di sicurezza patrimoniale anche se, nel corso degli anni,
la dottrina ha più volte contestato questo tipo di classificazione
6
.
La causa principale di questo tipo di problematica è in linea di massima il
fatto che negli anni il ricorso a questo strumento è andato via via
aumentando e, assieme a questo maggior uso, sono state introdotte tutta una
serie di varianti che ne hanno, in qualche modo, stravolto la natura
originaria, prima tra tutte la confisca per equivalente. “Il problema nasce
evidentemente dal fatto che l’istituto della confisca, genericamente inteso
nel suo significato minimo di atto di sottrazione coattiva di beni al titolare,
con contestuale attribuzione definitiva degli stessi allo Stato, in
conseguenza della commissione di un reato o comunque di attività illecita o
pericolosa, si presta ad essere concepito, qualificato e disciplinato in
astratto dal legislatore, nonché utilizzato in concreto in sede giudiziaria, in
modi e con fini anche molto diversi tra loro”
7
. Inizialmente lo scopo
dell’istituto era essenzialmente quello di impedire al reo di commettere o
continuare il reato o, eventualmente, di scoraggiare la commissione di
nuovi reati privandolo del frutto del proprio illecito ed aveva un carattere
essenziale di tutela diretta della collettività, ma negli anni questa
caratteristica è divenuta sempre più sfumata in quanto le nuove modalità di
utilizzo della figura, come ad esempio la confisca per equivalente, in cui, se
non risulta possibile confiscare i beni derivanti direttamente dal reato si
procede a confiscare beni equivalenti ad essi per valore, hanno via via
sempre più stravolto questo tipo di concezione e hanno avvicinato la natura
della confisca a quella di pena accessoria
8
. In realtà quello che possiamo
dire è che essa non ha più, visti i molteplici utilizzi attualmente in vigore
nel nostro ordinamento, una natura singola e inquadrabile in quanto tale, ma
una molteplice veste che cambia a seconda del quadro di riferimento in cui,
di volta in volta, viene utilizzata.
5
E. NICOSIA, La confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi
ricostruttivo-applicativi, Giappicheli Editore, 2012, p. 2.
6
A. AULETTA e A. SERPICO, La natura giuridica della confisca e l’incidenza della Cedu,
pubblicato su Innovazione e Diritto n. 6/2010, p. 209.
7
E. NICOSIA, La confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi
ricostruttivo-applicativi, Giappicheli Editore, 2012, Cit. p. 20.
8
A. AULETTA e A. SERPICO, La natura giuridica della confisca e l’incidenza della Cedu,
pubblicato su Innovazione e Diritto n. 6/2010, Cit., p. 209.
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