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Introduzione
Il seguente lavoro si propone di analizzare le politiche distributive adottabili dalle
industrie cosmetiche per comprendere se e in quale misura le scelte effettuate in
tale ambito possano influenzare il rapporto con i distributori. Relativamente a
questa tematica è stata condotta una prima analisi teorica volta all’identificazione
della cosmesi e del mondo dell’industria e del mercato a essa collegati. Questa è
stata successivamente completata dall’analisi di un caso studio relativamente a un
distributore italiano di prodotti cosmetici francesi. Il distributore in questione è la
Cosmitalia s.r.l., partner di due imprese produttrici di cosmetici, Auriege e Yon-Ka.
L’analisi svolta metterà in evidenza le politiche distributive utilizzate dalle due
imprese, per poter mettere in luce le conseguenze che tali decisioni hanno nel
rapporto, e nella gestione dello stesso, con il distributore.
La scelta dell’argomento da trattare è dovuta innanzitutto al mio vissuto personale,
da sempre a stretto contatto con il mondo della cosmesi e dell’estetica, ma anche
dalla crescente importanza che tale mercato ha acquisito nel corso del tempo e
continua ad acquisire tuttora. L’acquisto di prodotti cosmetici è, infatti, diventato
una costante nella vita quotidiana di ogni individuo, essendo ormai fondamentale
per l’esecuzione di veri e propri rituali giornalieri come la cura dell’igiene personale
o ancora il trucco.
Il primo capitolo si concentra sulla storia della cosmesi, dalle sue origini fino all’età
contemporanea. L’excursus intrapreso ha reso evidente che l’uso dei cosmetici non
è sempre stato appannaggio di tutti, ma anzi. In un primo momento, infatti, questa
rappresentava un’esclusiva delle élite, per mostrare il loro prestigio di fronte al
popolo che non poteva permettersi di prendersi cura di sé, per mancanza di tempo
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e mancanza di denaro o merci di scambio. La cosmesi era simbolo di lusso e
ricchezza, caricandosi così di una forte connotazione culturale, com’è stato più
volte sottolineato lungo tutto il capitolo, e come espresso da Umberto Eco nel suo
Storia della bellezza, rimanendo, pertanto, privo di qualsiasi interesse di tipo
economico.
In epoca contemporanea, tuttavia, l’aumento del potere d’acquisto per le masse
congiuntamente alle scoperte in ambito medico e scientifico hanno trasformato la
cosmesi da mera rappresentazione culturale, a vero e proprio oggetto d’interesse
economico. Si diffondono a partire dalla seconda metà dell’Ottocento le prime
industrie cosmetiche e i primi anni del ‘900 danno il via ai consumi di massa. Il
consumatore della prima metà del ‘900 è un consumatore bisognoso, ma senza
pretese, che si dedica per lo più all’acquisto di beni standardizzati, omologati ed è
ancora facilmente influenzabile da attività di marketing semplici, come la pubblicità
e la promozione. Tuttavia, la sempre maggiore differenziazione del prodotto, data
dalla nascita di molteplici brand, così come la circolazione di un quantitativo
d’informazioni sempre più elevato, hanno portato, a partire dagli anni settanta, i
consumatori a diventare più esigenti e a iniziare a richiedere dei prodotti
personalizzati, adatti a soddisfare i propri bisogni e che gli consentano, inoltre, di
differenziarsi dall’altro. L’avvento di internet ha reso tale fenomeno di grande
importanza poiché per il consumatore è ormai possibile acquistare tutto e
soprattutto ovunque e in qualsiasi momento. Nascono così nuovi tipi di consumatori
e associazioni di consumatori, come le Consumers’ Tribes, quest’ultime addirittura
considerate come un singolo attore economico da Cova, Kozinets e Shankar,
nonostante risultino essere composte da molteplici consumatori uniti da una stessa
passione.
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La cosmesi, ad ogni modo, non perde la propria connotazione culturale, come
spiega De Mooji, mettendo in evidenza che anche il consumo di un bene come il
deodorante, è soggetto alla percezione culturale. Per far fronte a questo nuovo
consumatore e ai suoi bisogni, oltre che a un mercato frammentato e in continuo
mutamento, le imprese cosmetiche hanno subito profonde mutazioni dal punto di
vista strategico, che all’interno del presente lavoro sono state riassunte nelle scelte
concernenti le metodologie di produzione e di distribuzione. Nel secondo capitolo si
è quindi entrati nel vivo dell’argomento presentando innanzitutto le diverse opzioni
che da un punto di vista produttivo si presentano all’impresa. Questa può scegliere
di internalizzare o esternalizzare la produzione delle proprie merci; entrambe le
scelte offrono innumerevoli vantaggi all’impresa, che s’indirizzerà verso una o l’altra
secondo il proprio orientamento strategico. Un’impresa che vuole distinguersi dalle
altre, ad esempio, dando una forte connotazione nazionale al proprio prodotto sarà
più propensa a internalizzare la produzione, comprendendo la possibilità di attirare
quelle fasce di consumatori che sono solite collegare la qualità di un prodotto al suo
paese di origine. Se un’azienda, tuttavia, si rende conto di non possedere le risorse
economiche e le conoscenze specializzate per svolgere tutte le attività necessarie
per la realizzazione delle proprie merci, e soprattutto, se questa opera in un
mercato richiedente un alto grado di flessibilità, in questo caso, come sottolinea
Tracogna, si renderà necessario il ricorso a una produzione di tipo indiretto, o
esternalizzata. In ambito cosmetico, tuttavia, si rende necessario parlare di un terzo
tipo di produzione, le formule galeniche, in altre parole la produzione farmaceutica.
Le formule galeniche nascono in realtà come preparazioni medicamentose
estemporanee, ma queste si sono recentemente affacciate anche al mondo della
produzione cosmetica. Numerose sono tuttavia le leggi che limitano l’azione del
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farmacista, cercando di favorire le aziende propriamente cosmetiche, così come
sottolinea Bettiol nel suo Manuale delle preparazioni galeniche.
Terminata la panoramica sulle strategie produttive, saranno analizzate nel dettaglio
le diverse tipologie di distribuzione cui può ricorrere l’impresa, partendo dalla
divisione fondamentale tra distribuzione diretta e distribuzione indiretta.
La descrizione delle forme di distribuzione diretta ingloberà al suo interno tutte
quelle forme distributive (negozio monomarca, shop in shop, e così via) in cui il
passaggio del bene dall’impresa produttrice al cliente finale avverrà in modo diretto,
in altre parole, in assenza di intermediari. Analizzando la distribuzione indiretta,
invece, saranno passate in rassegna tutte quelle forme distributive (canali
professionali, supermercati, profumerie, e così via) in cui l’impresa produttrice si
consacrerà a una distribuzione di tipo business to business, affidando la vendita
delle merci al consumatore finale a un distributore esterno.
Il secondo capitolo fa quindi da introduzione per il terzo, interamente consacrato
all’analisi del caso studio preso in esame. La presentazione delle due aziende,
Auriege e Yon-ka, aiuta a meglio comprendere le differenze, soprattutto a livello di
strategie distributive, che contraddistinguono le due imprese. Se da un lato, infatti,
Auriege si presenta come un’azienda attiva sul mercato, alla costante ricerca del
consumatore grazie al ricorso a politiche distributive sia dirette che indirette,
dall’altro Yon-Ka, soprattutto per il suo intento di conservare il suo status di marca
di lusso e professionale, si inserisce nel mercato in modo indiretto, affidando la
propria distribuzione a distributori internazionali e ai canali professionali.
Le differenti scelte in ambito distributivo messe in atto dalle due imprese, come
verrà fuori dalla successiva analisi delle risposte che il signor Angelo Sciarra,
amministratore dell’azienda Cosmitalia, ha fornito al questionario che gli è stato
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sottoposto, influiscono nel rapporto che le due imprese intrattengono con i propri
distributori esteri, in diversi ambiti. Dall’analisi effettuata è, infatti, emerso che
Auriege, avendo una più forte propensione alla vendita diretta, non cura il rapporto
con i propri distributori, tanto da diventare agli occhi degli stessi un semplice
fornitore piuttosto che un’azienda leader, mentre Yon-Ka, volendo stabilire
un’immagine di marca unica e uniforme nel mondo intero segue con attenzione i
propri distributori, supportandoli e aiutandoli nella realizzazione di attività
promozionali e pubblicitarie.
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Capitolo 1
La cosmesi e l’evoluzione sociale
1.1 Le origini della cosmesi
La cosmesi è l’utilizzo di sostanze naturali e/o sintetiche al fine di ottenere
miglioramento, cura, protezione e modificazione dell’aspetto estetico. Questo
desiderio di cambiamento è intrinseco nella natura dell’uomo e trova riscontro
nell’analisi della storia della cosmesi.
La cosmesi nasce con la nascita dell’uomo. Già gli uomini primitivi ricorrevano
all’utilizzo di colori per decorare il proprio corpo per mimetizzarsi o per incutere
timore, non solo nei propri nemici, ma anche negli animali.
In epoca antica il cosmetico ha grande successo presso le civiltà orientali, favorito
dalla presenza nelle terre d’Oriente delle principali materie prime per la produzione
di sostanze per la cura di sé, non soltanto in senso edonistico, ma anche per motivi
di igiene. Questi prodotti, inoltre, riscontrarono numerosi consensi anche presso
altre culture come i Fenici, gli Ebrei e gli Egizi, iniziando a diffondersi e insinuarsi
negli usi e costumi del mondo Occidentale.
Presso gli Egizi l’uso del cosmetico era diventata una pratica ampiamente diffusa
già a partire dal 3500 a.C. La pulizia del corpo era un vero e proprio rituale,
eseguito con sostanze quali il natron
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, il saubu
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, unguenti e profumi. Il trucco era
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Fango del Nilo
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Impasto di cenere e argilla
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altresì importante. Si ricorreva all’utilizzo del bistro
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(kohol) per il trucco degli occhi
e a quello dell’henné
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per decorare le unghie di mani e piedi e ben presto queste
pratiche si diffusero in tutta l’area mesopotamica e mediterranea.
1.1.1 La bellezza classica: i greci e i romani
La storia della cosmesi non può prescindere dall’analisi dei diversi canoni di
bellezza che si sono susseguiti nelle varie epoche storiche, poiché è da questi che
dipende il suo sviluppo.
I greci, attenti indagatori delle fattezze umane e della bellezza e i romani sostenitori
dell’importanza dell’otium (il tempo libero) durante il quale circondarsi di cose belle,
rappresentano due civiltà che meritano sicuramente un’attenzione particolare nel
discorso che si sta affrontando.
Nella Grecia antica la bellezza non aveva ancora acquistato uno statuto
indipendente, il concetto di bello era legato ad altre qualità, così come appare
chiaro anche nella risposta dell’oracolo di Delfi sul valore della valutazione della
bellezza: «Il più giusto è il più bello» (cfr. Eco, 2012, 37). Bello è qualcosa che
appaga non solo il corpo, ma anche la mente. La bellezza, tra le altre cose, è
considerata dai greci, come rileva Elain Scarry nel suo libro On Beauty and Being
just (2001, 23-24) analizzando l’Odissea di Omero, come sacra poiché
caratteristica propria degli dei e come salvatrice di vita in quanto suscita sensazioni
forti, appunto in grado di far sentire vivi. In ambito artistico la riproduzione di una
bellezza così complessa e articolata veniva ricercata nella realizzazione eccellente
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Fuliggine diluita utilizzata in cosmetica e in pittura.
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Foglie essiccate di Lawsonia inermis con azione colorante.
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e proporzionata del corpo umano che rispecchiasse non soltanto la bellezza
corporea, ma anche la bellezza spirituale. Tale aspetto si ritrova anche in ambito
cosmetico. La cura di se’, infatti, doveva far emergere la bellezza interiore
attraverso quella fisica; curare il corpo permetteva di far emergere la beltà
dell’anima. La cosmesi accompagnava ogni attività della vita quotidiana. La pulizia
del corpo era una pratica fondamentale negli usi e costumi della civiltà greca e
veniva effettuata con l’utilizzo di Soda (nitrum), ossia la creta finissima, ovvero la
farina di fave (lomentum). La cura di sé rivestiva un ruolo talmente importante
presso i greci che vennero persino nominati appositi magistrati con il compito di
multare le donne che trascuravano la propria immagine e la propria igiene
personale.
Il profumo era uno dei cosmetici più diffusi, e la cura della capigliatura femminile
era la pratica più in voga. Questa infatti doveva sempre essere perfettamente
acconciata e brillantata e grazie all’ampia diffusione delle tinture vegetali, le donne
greche erano solite cambiare spesso colore di capelli.
La situazione a Roma non era poi così diversa. Grazie alle sue innumerevoli
conquiste l’Impero Romano scoprì la cosmesi ed entrò in contatto con i canoni di
bellezza più disparati; pertanto l’ideale del bello che andava diffondendosi
nell’Urbe, non era un ideale innovativo, ma piuttosto la sintesi dei concetti di
bellezza che si erano andati affermando nelle varie popolazioni assoggettate.
Questa mancanza di innovazione si rispecchia anche nell’arte romana, volta alla
rappresentazione dei fasti dell’impero, la res, in modo tale da diffondere
un’immagine di Roma positiva e potente agli occhi delle altre popolazioni, piuttosto
che alla realizzazione della figura perfetta. Ciò non toglie che la cosmesi fosse