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Capitolo 1 – Introduzione
Speech is what makes man a political being.
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(Arendt, 1958: 3)
Il linguaggio è una facoltà propria dell’essere umano. Lo distingue dalle altre specie,
permette di plasmare il pensiero, concettualizzare le esperienze di un mondo testuale
definito, costruire attraverso l’uso della parola una rappresentazione mentale della
realtà. La realtà di riferimento presa in considerazione nel nostro lavoro sarà quella
politica
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, dove il linguaggio è considerato da tempo lo strumento primario di
legittimazione del potere e, in ultimo, dell’azione.
Il termine politico suggerisce un micro-universo semantico particolare e il discorso
politico può essere inteso come la parola degli attori abilitati a tenere, o a contestare,
nei limiti di uno spazio istituzionalmente delimitato, il discorso del potere, per cui la
nozione stessa di potere rende conto, in un processo articolato di rapporti sociali,
degli effetti prodotti da un discorso (Desideri, 1980: 10).
Attraverso l’uso dei simboli gli individui conferiscono senso alla loro esperienza, in
quanto simbolizzare vuol dire rappresentare una realtà stabilendo un rapporto di
significazione tra le cose.
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La comunicazione politica utilizza i segni resi disponibili
da un codice linguistico, dove non tutti i simboli hanno una stessa carica e sono in
grado di suscitare effetti simili, ma che si presta, in base all’abilità dei suoi utenti,
alla definizione e alla messa in atto di strategie che permettano l’elaborazione di
categorizzazioni e rappresentazioni accettabili, le quali, per essere tali, devono
corrispondere all’immagine della realtà percepita sia dagli interlocutori che dai
destinatari (Amoretti, 2003). Il linguaggio in questo contesto può essere considerato
politico non tanto perché ne fanno uso i politici, bensì perché viene utilizzato per
esprimere una relazione di potere. Per questo la riflessione di molti studiosi in questo
campo si è incentrata sulla forza propria del linguaggio nel contesto della politica e
sugli effetti del discorso rivolto alla massa, fino a riconoscere il ruolo fondamentale
assunto dalla parola nella definizione dei rapporti di potere:
Il pubblico di massa non studia né analizza singoli avvenimenti (…) finché le azioni e i
discorsi politici non li rendono fonti simboliche di minacce o di rassicurazioni; la gente
reagisce quindi agli stimoli provocati da queste azioni e da questi discorsi, e non alla
conoscenza diretta dei fatti.
(Edelman, 1987: 87)
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Tutte le citazioni in lingua originale (che non siano in italiano) riportate in questa tesi sono state
tradotte in nota come segue. “Il linguaggio fa dell’uomo un essere politico”.
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Nel tentativo di fornire una definizione di politica, riportiamo quanto affermato da Paul Chilton
(2004: 3): “On the one hand, politics is viewed as a struggle for power, between those who seek to
assert and maintain their power and those who seek to resist it. (…) On the other hand, politics is
viewed as cooperation, as the practices and institutions that a society has for resolving clashes of
interest over money, influence, liberty, and the like” [“Da una parte, la politica è vista come una lotta
per il potere, tra coloro che cercano di ottenere e mantenere il proprio potere e coloro che cercano di
resistervi. (…) Dall’altra, la politica è vista come una cooperazione, come le pratiche e le istituzioni di
cui una società dispone per risolvere i conflitti di interesse che riguardano il denaro, le pressioni, la
libertà, e simili”].
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Il concetto di simbolismo politico è da intendersi come la riflessione scientifica sulle dimensioni
simboliche della politica, la trasmissione e lo scambio dei significati e dei valori (Mazzoleni, 2012:
103).
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Essendo la politica un’arte finalizzata al consenso, l’impiego di un determinato
linguaggio nel contesto politico può essere a ragione ritenuta una ricerca di potere,
oppure, al contrario, un’azione mirata ad ostacolarlo; anche in questo ultimo caso è
bisognosa di consenso. Quindi il linguaggio politico si presta ad essere inteso come
strumento di affermazione del potere, o della sua denigrazione. E in senso lato, il
linguaggio politico può essere considerato il linguaggio del potere per eccellenza:
The language of politics is the language of power.
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(Lasswell, 1949: 8)
Gli utilizzi del linguaggio nel contesto della politica diventano a loro volta
manifestazioni di potere plasmate in base alle capacità di chi ne fa uso,
l’intenzionalità e le finalità perseguite:
Fare politica è un esercizio di persuasione, è una negoziazione verbale, un’interazione di natura
contrattuale dove può determinarsi cooperazione oppure competizione.
(Cedroni, 2002: 14)
E il potere che scaturisce dall’uso del linguaggio nel fare politica è quella entità
astratta che regge i rapporti di forza nella società:
Il potere è il processo più fondamentale nella società, giacché la società si definisce intorno a
valori e istituzioni, e ciò che è considerato di valore e istituzionalizzato è definito da relazioni
di potere.
(Castells, 2009: 1)
Il discorso politico si realizza quindi nell’esercizio di una facoltà umana: il
linguaggio. È motivato da un’intenzionalità precisa che a sua volta determina
l’origine di tipologie distinte nell’ambito della comunicazione politica, la cui
specificità dipende dagli attori coinvolti, il contesto in cui avviene la comunicazione
e il canale prediletto al fine della trasmissione del messaggio.
Nel presente lavoro verrà analizzata la comunicazione nel contesto della politica e
nello specifico del caso WikiLeaks, soffermando l’attenzione sul discorso del suo
massimo esponente, Julian Assange, con il proposito di osservare una forma di
discorso che vorremmo in ultimo affiancare, in un confronto che considera come
punto d’incontro il moderno sistema mediale, al discorso politico classico
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,
tradizionale, prevalentemente ritualizzato e finora più diffuso nella comunicazione
politica all’interno del mezzi di comunicazione di massa.
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“Il linguaggio della politica è il linguaggio del potere”.
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Con l’aggettivo classico (o tradizionale) ci riferiamo in questo lavoro al discorso politico prodotto
dai soggetti politici in qualità di leader di partito o di governo oppure rappresentanti di determinate
istituzioni o organizzazioni che operano a livello nazionale o internazionale, approfonditamente
descritto in letteratura.
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1.1. Inquadramento teorico
L’interesse per l’argomento della comunicazione politica, suscitato in parte
dall’ascolto di vari discorsi politici in questi anni di studio universitario, ha condotto
a effettuare una ricerca di tipo sperimentale su una forma particolare di discorso
emersa recentemente nell’ambito della comunicazione politica all’interno del sistema
mediale, figlia del progresso tecnologico e frutto del perfezionamento del panorama
mediatico contemporaneo, risultato delle sorprendenti innovazioni nel campo
dell’informazione digitale, conseguenza diretta dell’avvento di Internet e dei nuovi
mezzi di comunicazione, che le hanno permesso di diffondersi tra un pubblico di
massa.
Con il presente lavoro ci proponiamo dunque di analizzare la comunicazione politica
nell’ambito dei nuovi media, incentrando l’attenzione sullo studio dei discorsi di
Julian Assange sul caso WikiLeaks
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. Sebbene il linguaggio oggetto del nostro studio
sia mosso prevalentemente da sentimenti di critica e dissenso verso decisioni e azioni
di soggetti politici e di organizzazioni influenti sulla scena politica, ha potuto
comunque avere eco a livello globale, proprio come successo alle varie tipologie di
discorso politico classico, in particolare il discorso pronunciato da figure di spicco
della politica e rivolto al pubblico degli elettori raggiungibile attraverso i mass
media. Il caso di studio comprende le rivelazioni degli scandali denominati nelle
testate giornalistiche datagate
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, la critica agli abusi di potere, la difesa ai membri e
all’attività dell’organizzazione, la rivendicazione di un nuovo modo di fare
giornalismo e, vedremo meglio nella presentazione dei risultati scaturiti dall’analisi,
anche di fare politica, destinato al pubblico di massa. Si tratta perciò di una forma del
tutto nuova di discorso nel contesto della comunicazione politica, apparentemente
diversa dalle modalità tradizionali di discorso politico descritte in letteratura che si
rifanno prevalentemente ai discorsi pronunciati dai leader, di partito, di governo o di
note organizzazioni nazionali e internazionali, mirate a ottenere il consenso o a
mantenerlo, mosse dall’intenzionalità di elogiare il soggetto politico a scapito
dell’avversario, rafforzare la credibilità, giustificare le scelte politiche, difendere la
reputazione e gli interessi di istituzioni o gruppi della politica.
Il discorso sul caso WikiLeaks rappresenta invece un nuovo linguaggio del potere,
considerato da alcuni manifestazione di dissidenza, in quanto fortemente criticato da
coloro che lo ritengono una minaccia all’ordine politico e un potenziale catalizzatore
di conflitti, altrettanto acclamato da altri per cui è al contrario ragione di speranza
verso una maggiore democrazia moderna che passi attraverso una sorta di cosiddetta
democrazia elettronica
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, permessa dalla rete e dall’accresciuta libertà di espressione
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Julian Assange è il fondatore e caporedattore di WikiLeaks, organizzazione mediatica non-profit il
cui scopo è quello di mostrare all’opinione pubblica rivelazioni scottanti perché relative ad abusi di
potere, mirando ad innescare un cambiamento politico. Approfondiremo il caso di studio e parleremo
dell’oratore oggetto della nostra analisi nel capitolo 4.
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La parola datagate, neologismo creato dai mass media italiani, si riferisce allo “scandalo legato a un
programma governativo di raccolta di informazioni, in rete e tramite intercettazioni telefoniche, su una
grande quantità di soggetti privati, eseguito dai servizi di sicurezza interni degli Stati Uniti”. Si tratta
di una “voce di formazione italiana (pseudoanglicismo), composta dal sostantivo plurale inglese data
[dati, informazioni], con l’aggiunta del confisso –gate (ricavato dal nome dello scandalo Watergate)”
(tratto da Treccani.it, sezione Neologismi, http://www.treccani.it/vocabolario/datagate_(Neologismi)/).
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Con democrazia elettronica si intende l’esercizio di democrazia permesso dai nuovi strumenti
elettronici di informazione e comunicazione. Si riporta un pezzo tratto dall’articolo intitolato
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concessa ai suoi utenti. Perché la rete si identifica spesso come il mezzo promotore e
amplificatore della voce del popolo e dei suoi interessi. Perché ha permesso a chi ne
ha saputo comprendere appieno i meccanismi di funzionamento di svelare i segreti
dei potenti e denunciare i lati oscuri della politica che persegue gli obiettivi di pochi.
Il caso WikiLeaks, che prende vita dal disaccordo della sfera pubblica nei confronti
del mondo della politica, è diventato presto un fenomeno di risonanza globale, un
caso dibattuto e discusso, oggetto di dure critiche da una parte, celebrato con vivo
entusiasmo dall’altra. Il capostipite, nonché attuale caporedattore dell’organizzazione
lanciata ufficialmente nel 2007, Julian Assange, è il massimo rappresentante di un
gruppo di attivisti desiderosi di dare il proprio contributo nel campo
dell’informazione libera. L’operato di WikiLeaks è stato giudicato da alcuni
un’insidia agli equilibri di potere, da altri un tentativo di sovvertire un ordine
precostituito e ingiusto, in cui le decisioni prese ai vertici vengono spesso nascoste
alla massa, determinando di conseguenza l’esclusione del popolo dal processo di
partecipazione politica. Tuttavia, è un dato di fatto che i membri dell’organizzazione
WikiLeaks, la maggior parte protetti dall’anonimato, siano stati percepiti, e talvolta
apertamente dichiarati, nemici della sfera politica. Perciò il discorso politico sul caso
WikiLeaks, fatto di denunce e di proteste indirizzate agli abusi di potere, certamente
temuto da molte figure che si confrontano sul palcoscenico politico, si è dimostrato
uno strumento estremamente efficace nel difendere gli interessi dei governati a
scapito di quelli dei governanti, verso l’affermazione di una democrazia più
autentica, dove una massa critica e informata potrà forse controllare i potenti.
Pertanto, la presente tesi si colloca nell’ambito della comunicazione politica, con
l’obiettivo di analizzare una forma ben distinta e rivoluzionaria di discorso per cui il
linguaggio si conferma ancora una volta lo strumento prediletto in una società che in
larga misura condivide l’idea di essere fondata su principi di libertà e democrazia:
Una società politica che si rispetti dovrebbe basarsi sul principio del consenso dei governati.
Questo concetto è stato universalmente accettato, ma può essere messo in discussione perché
troppo forte o troppo debole: troppo forte in quanto implica che la gente debba essere
governata e controllata, troppo debole in quanto perfino i governanti più brutali ricercano in
qualche misura il consenso e generalmente lo ottengono, non solo con la forza.
(Chomsky, 2002: 33)
Molti studiosi, sin dai tempi degli autori classici, hanno osservato l’impiego della
retorica e di strategie persuasive, affascinati da come pochi riuscissero a governare le
masse, e da come le masse venissero soggiogate dai pochi, fino ad essere disposte a
delegare a questi ultimi la facoltà di decidere per il loro destino, talvolta trovando
sorprendente, se non sconcertante nel caso dei regimi dittatoriali e autoritari, l’abilità
con cui i governanti riuscivano (e tutt’ora riescono) a esercitare un potere imposto
Tecnopolitica di Stefano Rodotà (2009), pubblicato nell’Enciclopedia Treccani online: “Il diffondersi
delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e in primo luogo l’espansione planetaria di
Internet, fanno parlare di un cambiamento radicale. Le tecnologie precedenti instauravano una
comunicazione verticale, a una sola via, dall’alto verso il basso, esaltando tanto il potere del
comunicatore quanto la passività della platea di coloro i quali ricevevano il suo messaggio. Le nuove
tecnologie modificano questo quadro. La comunicazione si fa orizzontale, paritaria, può procedere dal
basso verso l’alto, può fare a meno dei tradizionali mediatori sociali, espandendo i poteri individuali e
collettivi e rivelando potenzialità egualitarie. La natura stessa del sistema politico ne risulta
influenzata, e si ricorre abitualmente all’espressione democrazia elettronica”. Approfondiremo questo
aspetto nel corso della tesi (cfr. capitolo 3).