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INTRODUZIONE
Nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto del trust ha conosciuto un’attenzione crescente
in esito alla ratifica della Convenzione dell’Aia che è stata resa esecutiva in Italia con la legge 16
ottobre 1989, n. 364, entrata in vigore in data 1 gennaio 1992.
Come si vedrà più analiticamente nel corso della presente trattazione il trust è uno strumento
molto flessibile sotto il profilo operativo, capace da un lato di rispondere alla domanda di strumenti
giuridici nuovi che emerge dal contesto economico finanziario, dall’altro di superare i limiti degli
istituti giuridici tradizionali dell’ordinamento italiano.
Le ritrosie verso tale istituto sia in quanto il trust si fonda su un concetto di proprietà diverso
rispetto a quello conosciuto nei paesi di civil law, sia per la mancanza di una disciplina fiscale “ad
hoc” sono state superate con l’art.1, comma 74 della legge Finanziaria per il 2007.
Con la menzionata legge è stata riconosciuta al trust la soggettività tributaria, elencandolo
tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società ex art. 73 D.P.R. 1986, n. 917, pur se a
tutt’oggi non vi è una disciplina civilistica interna.
Secondariamente, sono state introdotte alcune specifiche disposizioni antielusive per la
determinazione della residenza fiscale di trust istituiti in Paesi che non prevedono uno scambio di
informazioni. Non sono mancati dubbi e perplessità tra gli operatori giuridici che lamentavano le
scarne disposizioni legislative e la difficoltà nel pervenire a una disciplina unitaria del fenomeno.
L’Amministrazione finanziaria, a riprova del fatto che il trust non rappresenta più un oggetto
misterioso nel nostro sistema fiscale, è intervenuta integrando la disciplina normativa con la
Circolare n. 48/E del 6 agosto 2007 e con la Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 dove ha
disciplinato dal punto di vista fiscale la materia delle imposte sui redditi e delle imposte indirette del
trust. Un ulteriore recente intervento, che ribadisce la costante attenzione dell’Agenzia delle entrate
all’istituto in esame, è ravvisabile nella Circolare n.18/E del 29 maggio 2013 in tema di imposte di
registro.
Questa ricerca si occupa, senza pretesa di esaustività, di delineare il regime tributario del
trust in Italia. Nel primo capitolo, dopo una breve premessa sulle origini storico-giuridiche
dell’istituto, la maggior parte della trattazione si incentra sulla compatibilità di tale figura con
l’ordinamento italiano, attraverso l’analisi delle fonti giuridiche più importanti, a partire dalla
Convenzione dell’Aja, e delle principali analogie e differenze con altri istituti che sono tipici
dell’ordinamento civilistico italiano.
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Nel secondo e nel terzo capitolo, invece, si vuole analizzare l’aspetto tributario del trust
rispettivamente nelle imposte dirette e nelle imposte indirette.
Nel secondo capitolo, in particolare, si raffronta la situazione anteriore alla legge finanziaria
per il 2007 con quella successiva all’entrata in vigore di tale norma.
Nel terzo e ultimo capitolo, infine, si analizzano i profili tributari del trust in relazione
all’imposta di successione e donazione, all’imposta di registro e all’imposta sul valore aggiunto.
Nel complesso, si vuole offrire uno spunto di riflessione sulla fiscalità del trust, mettendo in
evidenza che la sua duttilità ed eterogeneità fanno si che non si possa individuare una soluzione
unica valida per tutti i tipi di trust, ma occorre di volta in volta ricostruire il regime tributario che
risulta applicabile al caso in esame.
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CAPITOLO I
LE ORIGINI DEL TRUST E I PROFILI DI COMPATIBILITA’ CON
L’ORDINAMENTO ITALIANO
1.1.Definizione
Il trust è un istituto giuridico che ha origine nei Paesi anglosassoni e che è stato recepito in
Italia solo in seguito alla ratifica della convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, avvenuta con
l’emanazione della L. 16.10.1989 n. 364.
La suddetta legge di ratifica, tuttavia, ha previsto la mera possibilità di riconoscere gli effetti
giuridici in Italia di trust disciplinati da una legge straniera, anche nell’ipotesi in cui lo Stato non
abbia firmato la Convenzione
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.
Nella realtà odierna, il trust si sta affermando sempre più come efficace strumento di
pianificazione patrimoniale e fiscale
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.
Secondo lo schema tipico del trust il disponente, ovvero il settlor – proprietario dei beni, si
spossessa dei beni e li attribuisce in proprietà ad un gestore, il cosiddetto trustee, il quale assume
l’obbligo di amministrarli secondo quanto previsto dall’accordo di trust “deed of trust”
nell’interesse del beneficiario che è individuato dallo stesso disponente.
Quest’ultimo soggetto può esercitare un controllo più mirato sull’attività del trustee con la
nomina di un protector, ossia una persona fisica o giuridica di fiducia del settlor, al quale viene
affidato il compito specifico di verificare il rispetto delle indicazioni contenute nell’atto istitutivo
del trust.
Per sua stessa natura, il trust è strutturato in maniera tale da consentire molte applicazioni
pratiche; infatti, esistono numerose tipologie di trust che si differenziano tra loro a seconda dello
scopo perseguito, ragione per la quale si parla di trust liberali - caritatevoli, commerciali, finanziari,
successori eccetera.
Per esempio, vengono istituiti trust al fine di assicurare un patrimonio ai minori o ai soggetti
disabili, oppure di evitare richieste economiche eccessive di uno dei coniugi in caso di separazione,
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Secondo LUPOI M., Introduzione ai trusts: diritto inglese, Convenzione dell’Aja, diritto italiano, Milano, 1994, p.
155 “la Convenzione conduce (…) al riconoscimento in Italia dei trusts sottoposti ad una legge straniera. L’Italia non
fa propria alcuna nozione di trust; aderisce tuttavia a quella del trust amorfo perché un preteso trust che in essa non
rientri non avrà diritto di essere riconosciuto in forza della Convenzione”.
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LUPOI M., Il trust nell'ordinamento giuridico italiano dopo la Convenzione dell'Aja del 10/07/1985, in Vita Notarile
1996, p. 966; PICCOLI P., La Convenzione dell'Aja sulla legge applicabile ai trusts, in Rivista del Notariato, 1990.
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nonché di garantire una particolare tutela alla famiglia di fatto
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; alcuni tipi di trust perseguono
l’obiettivo di curare la riscossione dei crediti verso l’erario nelle procedure concorsuali o anche di
rappresentare gli obbligazionisti in caso di fallimento della società mittente
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.
In mancanza di una legge “ad hoc” che disciplini il trust dal punto di vista civilistico e
fiscale, se si eccettua la legge di ratifica della Convenzione dell’Aja, la giurisprudenza italiana ha
delineato alcuni orientamenti che introducono alcuni importanti riferimenti in materia.
Tra questi si menzionano, ad esempio, la possibilità di trascrivere il trust sulla base della
legge nazionale di ratifica, nonché la possibilità per i privati di derogare l’art. 2740 c.c., con il
conseguente effetto segregativo che si produce sui beni costituiti in trust
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Tale effetto segregativo, che viene a crearsi nel patrimonio del trustee, è legittimato da
determinate disposizioni normative che sono previste nella convenzione dell’Aja e che sono state a
loro volta introdotte nell’ordinamento italiano con la legge di esecuzione
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.
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LUPOI M., Lettera ad un notaio conoscitore dei trust, in Rivista del notariato 2001, 1, p. 1168, riporta questo
esempio: “Tizio intende provvedere alla propria compagna non abbiente, commisurando le elargizioni alle effettive
necessità della stessa, senza tuttavia recare danno alla propria famiglia legittima. Il nostro ordinamento non conosce
alcun negozio in grado di soddisfare tali finalità, nonostante appaiano meritevoli di tutela. Non la donazione di beni
corrispondenti alla quota disponibile, perché Tizio non vuole ridurre il patrimonio destinato alla famiglia; ma neanche
l’attribuzione dell’usufrutto sui medesimi beni, perché così non si potrebbe realizzare la commisurazione alle effettive
necessità della compagna, che potrebbero essere inferiori. Se, poi, in luogo della donazione ricorresse al legato
testamentario, egli darebbe vita all’imbarazzante situazione legata ad un rapporto durevole fra la compagna e la
famiglia legittima. In ogni caso, non le darebbe quella tranquillità che intende farle godere sin da ora. Tali
inconvenienti potrebbero essere superati mediante un trust, che trasferisce immediatamente al trustee la porzione
disponibile affinché il trustee corrisponda le rendite, nella misura occorrente alla vita della compagna di Tizio, dopo la
morte di questi o, in caso di separazione fra i due, anche prima, accantonando ogni eccedenza e, alla morte della
beneficiaria, consegni i beni ed ogni reddito non erogato ai figli del disponente”.
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Nei paesi anglosassoni hanno trovato una propria disciplina i seguenti tipi di trust: private trusts (con beneficiari) e
pubblic trusts, con scopo determinato (ad es. i chairities e i non caritable purpose trusts), trusts inter vivos e trusts
mortis causa , a secondo del titolo costitutivo; business trusts, trust fixed o discretionary, pension trusts.
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A tale proposito, il Tribunale di Bologna nella sentenza n. 545/2003 ha affermato che “il fenomeno della separazione
patrimoniale è ricorrente nella legislazione speciale e anche in quella "tradizionale" e tale circostanza sembra dunque
smentire la portata di principio generale di ordine pubblico attribuita all'art. 2740 c.c., il quale pone come eccezionali
le ipotesi di limitazione della responsabilità patrimoniale (un autore afferma che il rapporto è stato addirittura
"capovolto"): proprio per l'univocità dei più recenti interventi del legislatore, la segregazione patrimoniale non può più
essere considerata un "tabù" e, di contro, l'unitarietà della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. non può
valere come un dogma sacro ed intangibile del nostro ordinamento”.
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Per l’art. 11 della Convenzione dell’Aja, “un trust istituito in conformità alla legge determinata in base al capitolo
precedente sarà riconosciuto come trust. Tale riconoscimento implica, quanto meno, che i beni in trust rimangano
distinti dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia la capacità di agire ed essere convenuto in giudizio, di
comparire, in qualità di trustee, davanti a notai o altre persone che rappresentino un’autorità pubblica.Nella misura in
cui la legge applicabile lo richieda o lo preveda, tale riconoscimento implica in particolare: a) che i creditori personali
del trustee non possano rivalersi sui beni in trust; b) che i beni in trust siano segregati. rispetto al patrimonio del
trustee in caso di insolvenza di quest’ultimo o di suo fallimento; c) che i beni in trust non rientrano nel regime
matrimoniale o nella successione del trustee; d)che la rivendicazione. dei beni in trust sia permessa nella misura in cui
il trustee, violando le obbligazioni risultanti dal trust, abbia confuso i beni in trust con i propri o ne abbia disposto.
Tuttavia, i diritti ed obblighi di un terzo possessore dei beni sono disciplinati dalla legge applicabile in base alle norme
di conflitto del foro”.