INTRODUZIONE
L’utilizzo dei videogiochi è un fenomeno sempre più in espansione e rappresenta la tipologia di giochi
utilizzati al giorno d’oggi dalla maggior parte di bambini e adolescenti (Myers, 2008).
Numerose ricerche di mercato (e non solo) hanno dimostrato che, negli ultimi anni, i videogiochi a
contenuto violento rappresentano la categoria di videogiochi preferita dai minori e proprio per questo,
anche grazie alle tecnologie sempre più evolute, gli sviluppatori di videogiochi hanno creato e messo in
commercio, numerose tipologie di videogiochi a contenuto violento, rendendoli sempre più realistici e
aumentando così l’interesse da parte dei minori (Myers, 2008; Anderson, Gentile & Buckley, 2007).
Questa forte espansione è dovuta al parallelo sviluppo tecnologico, che caratterizza i giorni d’oggi, con
tecnologie sempre più avanzate ed evolute che hanno modificato anche il modo di giocare, le tipologie di
giochi, i luoghi di gioco che sono sempre più virtuali (Ghezzo & Pirone, 2007).
La diffusione dei videogiochi è avvenuta a partire dagli anni Sessanta/Settanta, ma solo negli anni novanta
hanno iniziato a diffondersi i videogiochi a contenuto violento che, con il passare del tempo e con
l’evolversi delle tecnologie, sono diventati sempre più “cruenti” rendendo molto realistiche le scene di
violenza e di sangue, e diventando i videogiochi più ricercati e scelti dai minori (Anderson, Gentile &
Buckley, 2007).
A causa di questa forte attrazione nei confronti dei videogiochi a contenuto violento la domanda che molti
esperti si sono posti è: quali possono essere gli effetti del costante utilizzo di videogiochi a contenuto
violento?
In particolare, i ricercatori dell’area psicologico-sociale si sono chiesti se l’utilizzo di videogiochi violenti
incrementi l’aggressività delle persone che ne usufruiscono, soprattutto se minori.
E’ importante sottolineare come l’aggressività non venga intesa soltanto come un comportamento
esplicito, volto a provocare un danno a qualcuno, ma rappresenti anche un atteggiamento e un sentimento
come si vedrà nel corso dei capitoli.
Prima dell’avvento e della diffusione dei videogiochi, è stata studiata in maniera approfondita l’influenza
esercitata dai media, in particolare dalla televisione, su bambini e adolescenti e, anche in questo caso, non
mancano numerosi studi relativi alla violenza mostrata in programmi televisivi e film.
A tal proposito sono oggi presenti molti studi che mettono a confronto l’influenza esercitata
dall’esposizione a programmi televisivi violenti e l’influenza esercitata dai videogiochi violenti. Anche se il
dibattito è ancora molto aperto e la risposta a una domanda di questo spessore richiede approfondimenti
maggiori, molti studiosi rivelano che l’influenza esercitata dai videogiochi sia maggiore di quella esercitata
dai programmi televisivi,, per ragioni che verranno esposte più avanti.
Gli studi relativi all’influenza dei videogiochi a contenuto violento sull’aggressività dei fruitori sono stati
condotti con differenti approcci e metodologie, prendendo in considerazione numerose variabili. Le
ricerche, inoltre, nascono alla luce di diversi modelli teorici e hanno a loro volta contribuito alla definizione
di teorie diverse una dall’altra.
La domanda alla quale si cercherà di dare una risposta nell’elaborato può essere cosi formulata: il fatto di
assistere a scene di violenza e di aggressività in televisione o tramite l’utilizzo di videogiochi, può avere
effetti su atteggiamenti e comportamenti nella vita dei minori?
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Tra i vari autori e le varie teorie formulate sul tema è possibile identificare l’esistenza di due filoni: da un
lato coloro che sostengono che l’utilizzo di videogiochi violenti può influenzare negativamente l’aggressività
del giocatore (per esempio: il modello generale dell’aggressività e l’approccio dei fattori di rischio),
dall’altro lato coloro che, al contrario, sottolineano come l’utilizzo di videogiochi violenti possa portare a
una riduzione dell’aggressività del giocatore (per esempio la teoria della catarsi).
I risultati ottenuti sono controversi. Molti studi hanno rilevato come l’utilizzo di videogiochi violenti porti ad
un aumento dell’aggressività sia nell’immediato che nel futuro e che possa portare ad un peggioramento
delle prestazioni scolastiche; allo stesso tempo che numerosi fattori sembrano aumentare o diminuire la
possibilità di comparsa di atteggiamenti o comportamenti aggressivi, tra questi il controllo da parte dei
genitori, il tempo passato a giocare con videogiochi, il carattere.
Allo stesso tempo altri studi hanno evidenziato una diminuzione della risposta aggressiva a seguito
dell’utilizzo di videogiochi a contenuto violento.
Nel primo capitolo verrà affrontata l’influenza dei programmi televisivi violenti su comportamenti e non
solo. In secondo luogo si affronterà il passaggio dell’interesse di studio dalla televisione ai videogiochi
violenti, e verranno esplicitate le motivazioni che hanno spinto alcuni ricercatori a concentrarsi sullo studio
della violenza mediatica e sui suoi possibili effetti sugli spettatori.
La prima parte del secondo capitolo è specificatamente dedicata alle teorie e ai modelli teorici sviluppati da
vari autori, relativi all’influenza dei videogiochi violenti sull’aggressività, tra questi; il modello generale di
aggressività (Anderson & Bushman, 2002; Anderson & Carnagey, 2003; Anderson & Huesmann, 2003), la
prospettiva di rischio e resistenza (Glantz & Johnson, 1999), la teoria della catarsi (Feschebach & Singer,
1971), la teoria dell’apprendimento sociale (Bandura, 1997), la “Arousal Theory” (Tannenbaum & Zillmann,
1975), la Theory of Priming” (Berkowitz, 1984) e la “Drive Reduction Theory” (Rubin, 1994). Mentre la
seconda parte del secondo capitolo si concentra sulle diverse tipologie di videogiochi violenti e sulle
caratteristiche che li portano ad essere considerati “nocivi”, sulla loro influenza sull’aggressività e i fattori di
rischio che possono aumentare le probabilità di influenza negativa.
Nel terzo capitolo verranno invece esposti e analizzati alcuni studi effettuati con differenti approcci e che
hanno ottenuto risultati molto importanti. Le diverse tipologie di studi affrontati saranno: studio
sperimentale, studio longitudinale, studio correlazionale, un studio basato su un particolare modello
teorico (il modello semiotico) e verranno analizzati i fattori di rischio che sono stati presi in considerazione
nello studio longitudinale presente all’interno del capitolo.
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CAPITOLO 1:
L’INFLUENZA DEI MEDIA SUI MINORI: DALLA TELEVISIONE AI VIDEOGIOCHI
Prima di affrontare e approfondire l’argomento dei videogiochi, risulta necessario sintetizzare quanto
studiato circa l’influenza esercitata dalla televisione sui minori, con particolare attenzione all’esposizione a
programmi televisivi violenti. La necessità di affrontare l’influenza esercitata dalla televisione, prima di
affrontare l’argomento dei videogiochi, nasce dal fatto che, sia televisione che videogiochi, rappresentano
due potenziali mezzi di influenza mediatica essendo degli strumenti tecnologici, ormai, diffusi in tutto il
mondo e utilizzati da persone di tutte le età. In secondo luogo è importante sottolineare come sia
televisione che videogiochi trasmettano un insieme di valori, modelli di comportamento sociale,
rappresentazioni aggressive/violente che, secondo gli studiosi potrebbero avere effetti di influenza su chi li
riceve.
La comparsa della televisione ha anticipato i videogiochi di parecchi anni. Dalla sua prima comparsa,
avvenuta più di sessant’anni fa, la televisione come mezzo di comunicazione di massa ha suscitato molto
interesse negli scienziati e studiosi di numerose e diverse aree scientifiche (dalla scienza delle
comunicazioni alla medicina, dalla sociologia alla psicologia ecc.) e con la sua progressiva diffusione in tutto
il mondo ha aperto questioni di notevole interesse, in particolare relative alla sua influenza sugli spettatori.
Una delle ragioni principali di questo forte interesse, in particolare da parte di studiosi delle scienze umane
(per esempio psicologia, sociologia, comunicazione ecc.), risiede nel fatto che i mass media rappresentano
una delle principali agenzie di socializzazione assieme a famiglia, scuola e gruppo dei pari. In quanto agenzia
di socializzazione, la televisione trasmette numerosi modelli di comportamento, modelli morali e
rappresentazioni alle quali sono esposti gli spettatori. Oltre agli effetti e alla possibile influenza esercitata
dai media su tutti gli spettatori, gli studiosi si sono spesso concentrati su una categoria specifica: i minori.
La ragione dell’interesse di questa specifica categoria consiste nel fatto che i minori, la cui identità, il
pensiero e gli interessi risultano ancora in fase di formazione e di conseguenza, i minori, potrebbero
risultare maggiormente vulnerabili rispetto ad adulti già formati dal punto di vista dell’identità, del pensiero
e degli interessi.
Vista la diffusione della televisione e con essa quella dei suoi contenuti attraverso una grande quantità di
programmi/film sempre più vari, i ricercatori si sono concentrati su quei contenuti ritenuti negativi in
quanto violenti. I risultati di alcune ricerche hanno dimostrato che stare a contatto con programmi televisivi
e/o film il cui contenuto è caratterizzato da scene di violenza e aggressività rappresenta un fattore di rischio
che potrebbe favorire l’insorgere di atteggiamenti violenti e aggressivi nel bambino (o comunque minore)
spettatore di tali scene, quindi l’esposizione alla violenza mediatica (in questo caso dalla televisione)
potrebbe aumentare la probabilità di comparsa di comportamenti o atteggiamenti aggressivi (Anderson,
Gentile & Buckley, 2007).
Uno dei motivi per cui l’esposizione a programmi a contenuto violento può avere effetti sul
comportamento è spiegato dalla teoria dell’Apprendimento sociale di Bandura, secondo la quale le persone
apprendono il comportamento sociale per osservazione e imitazione (Bandura, 1997); quindi anche
l’aggressività potrebbe, essere appresa per imitazione e osservazione di modelli di riferimento presenti in
televisione.
Oltre all’influenza che la visione di programmi televisivi violenti può esercitare sui comportamenti, ne sono
stati individuati alcuni sul pensiero (Myers, 2008).
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