INTRODUZIONE
Il presente lavoro vuole costituire un approccio di ordine generale a una
tematica che, anche in ragione della sua giovane età, attende ancora di occupare
uno spazio rilevante nella letteratura giuridica internazionale. Come organizzare
un'efficace protezione dei traffici marittimi dai pirati contemporanei? Una delle
risposte individuate dalla comunità internazionale a questa domanda è la strategia
di impiegare Vessel Protection Detachments (VPD, squadre composte da
personale militare) e di Privately Contracted Armed Security Personnel (PCASP,
o contractors, squadre composte da personale civile) a bordo delle navi mercantili
transitanti nelle acque dell'Oceano Indiano.
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Le opportunità e i rischi connessi
all'impiego di VPD e contractors nella lotta alla pirateria marittima sono snodi
fondamentali nel rispondere a una delle più urgenti e costose
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sfide
contemporanee alla sicurezza internazionale. L'obiettivo del lavoro è anzitutto
quello di fornire una panoramica d'insieme della materia impiegando la "lente" del
diritto internazionale. È legale fornire le navi di squadre di sicurezza armate?
Quando, dove e come possono agire? Si tenterà poi di dare alcuni spunti di
riflessione sul tema, che – si spera – possano contribuire a migliorare la qualità
dell'attuale disciplina.
1 Il lavoro si concentrerà sull'area dell'Oceano Indiano, colpita dalla pirateria attiva al largo
delle coste della Somalia e del Golfo di Aden, ma non mancheranno alcuni riferimenti ad altre
zone del pianeta. Questo anche in considerazione del fatto che gli attacchi nell'Oceano
Indiano si stanno via via attenuando, pur rappresentando un problema ancora urgente:
secondo dati raccolti dall'International Maritime Bureau (IMB) i quadranti attualmente più
colpiti dalla pirateria marittima sono il Golfo di Guinea (costa compresa tra la Sierra Leone e
l'Angola) e il Sud-Est Asiatico (in particolare Malesia, Indonesia e Singapore).
2 Secondo uno studio coordinato da A. Bowden, tra il 2009 e il 2010 la pirateria somala ha
prodotto un danno annuale stimato che oscilla tra i 7 e i 12 miliardi di dollari, includendo sia i
costi direttamente connessi all'attività di pirateria (riscatti, assicurazioni, risorse militari e di
sicurezza, riprogrammazione delle rotte, ecc.), sia i costi macroeconomici indiretti (legati agli
effetti inflattivi sulle economie nazionali e all'impatto sul commercio internazionale). A.
Bowden e a., The Economic Costs of Maritime Piracy 2010, One Earth Future Working
Paper, 2010. <http://www.steamshipmutual.com/Downloads/Piracy/>.
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Va osservato che l'attività dei VPD e dei contractors anti-pirateria si
inserisce in un contesto contraddistinto, sia sotto il profilo giuridico, sia dal punto
di vista operativo, da una continua evoluzione. Pertanto, dal momento che VPD e
contractors non operano in una cornice astratta, ma rappresentano un elemento
innovativo all'interno di un'esperienza – quella della lotta alla pirateria – più che
secolare, nel primo capitolo saranno presentati i principali strumenti giuridici
offerti dal diritto internazionale per inquadrare il fenomeno della pirateria
marittima e definire ampiezza, condizioni e limiti delle misure di contrasto.
Nel secondo capitolo saranno illustrati i mezzi – incluso l'uso della forza –
di cui la comunità internazionale dispone per condurre all'atto pratico l'attività
repressiva, nonché le principali operazioni attivate per rispondere alla minaccia
pirata nel Corno d'Africa, passando in rassegna le missioni interforze attive sotto
l'egida di alcune organizzazioni internazionali.
Nel terzo capitolo si presenteranno le attività di VPD e contractors nella
lotta alla pirateria, senza poter preliminarmente prescindere da una breve disamina
della figura del contractor in generale. In particolare, il tema sarà discusso
indagando se e in che misura il diritto internazionale attuale regoli l'azione di
queste figure giuridiche, con quali potenzialità e con quali limiti. Tali rilievi
saranno seguiti nel quarto capitolo da un'analisi in chiave comparata delle
soluzioni prospettate singolarmente da alcuni Stati europei per far fronte alle
insidie della pirateria proprio tramite VPD e contractors.
Il quinto capitolo approfondirà poi la legislazione italiana in materia,
imperinata sulla Legge 2 agosto 2011, n. 130 e sul ricco complesso di atti
secondari emanati in sua attuazione. Il regime giuridico e operativo dei Nuclei
Militari di Protezione (NMP) e delle Guardie Particolari Giurate (GPG) verrà
analizzato rilevandone in particolare i non pochi aspetti problematici.
Nel sesto capitolo alcuni dei principali interrogativi lasciati dalla
legislazione italiana saranno ripresi con riferimento alla nota vicenda della Enrica
Lexie, i cui risvolti contribuiscono a dimostrare che le normative disciplinanti i
VPD e i contractors anti-pirateria, sia sul piano interno (e italiano in particolare),
sia su quello internazionale, necessitano oggi di essere adeguate e arricchite con
nuovi strumenti. Verranno dunque esaminati i principali punti critici e su cui sono
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auspicabili interventi della comunità internazionale e dei singoli Stati, sia per
incrementare l'efficacia che VPD e contractors possono offrire in difesa da
attacchi pirata, sia per evitare che altri spiacevoli episodi possano dare adito ad
estenuanti e dannose crisi diplomatiche e controversie internazionali.
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CAPITOLO 1
LA PIRATERIA MARITTIMA
NEL DIRITTO INTERNAZIONALE
La pirateria marittima è un fenomeno di origini antichissime che ha
interessato l'umanità, suscitandone approcci e reazioni di varia natura, per un
lunghissimo arco di tempo. Non è esagerato affermare che la pirateria è un
crimine antico quanto la navigazione: come scrivono J. A. Gottschalk e B. P.
Flanagan, "the very first time something valuable was known to be leaving a
beach on a raft the first pirate was around to steal it”.
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Rimasto latente per alcuni
decenni,
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il fenomeno è oggi particolarmente diffuso e minaccioso per la sicurezza
della navigazione e dei traffici commerciali, e richiede che siano messe a punto
forme repressive efficaci, nonché conformi alla nozione giuridica di pirateria.
1.1. Definizione di pirateria marittima
Non si può quindi che iniziare dalla definizione accolta dal diritto
internazionale contemporaneo; questa è contentuta nella United Nations
Conventions on the Law of the Sea (UNCLOS) firmata a Montego Bay nel 1982,
all'art. 101, norma che conviene riportare per intero:
Piracy consists of any of the following acts:
(a) any illegal acts of violence or detention, or any act of depredation,
committed for private ends by the crew or the passengers of a private ship or a
private aircraft,
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and directed:
3 Jolly Roger with an UZI: The Rise and the Threat of Modern Piracy, Annapolis (Maryland,
USA), Naval Insititute Press, 2000, p. 1.
4 Come sarà precisato oltre, è dagli anni '80/'90 del XX secolo che la pirateria torna a
minacciare seriamente la libertà di navigazione e il commercio marittimo, mentre nei decenni
precedenti il fenomeno era avvertito come marginale e più che altro relegato nel passato,
anche in occasione dei lavori per le convenzioni di Ginevra e Montego Bay. Cfr. J. L. Jesus,
Protection of Foreign Ships against Piracy and Terrorism at Sea: Legal Aspects, in The
International Journal of Marine and Coastal Law, vol. 18, n. 3, 2003, p. 364.
5 L'art. 101 UNCLOS si applica ad atti di pirateria commessi sia tramite navi sia tramite
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(i) on the high seas, against another ship or aircraft, or against
persons or property on board such a ship or aircraft;
(ii) against a ship, aircraft, persons or property in a place outside
the jurisdiction of any State;
(b) any act of voluntary participation in the operation of a ship or of an
aircraft with knowledge of facts making it a pirate ship or aircraft;
(c) any act of inciting or of intentionally facilitating an act described in
subparagraph (a) or (b).
Questa definizione riprende fedelmente quella contenuta nell'art. 15 della
Convenzione di Ginevra sull'Alto mare (1958)
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e costituisce la base della nozione
di pirateria marittima come accolta dal diritto internazionale consuetudinario. In
effetti, è generalmente riconosciuto che, almeno in tema di pirateria, i due trattati
codifichino norme consuetudinarie,
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il che ha un non trascurabile effetto: data
l'identità delle nozioni pattizia e consuetudinaria di pirateria, gli Stati che non
hanno ancora ratificato la Convenzione di Ginevra o la UNCLOS
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sono tenuti a
rispettare una normativa nella sostanza identica a quella vincolante per gli Stati
parte di uno dei due trattati, in virtù del fatto che le norme consuetudinarie
vincolano tutti gli Stati della comunità internazionale.
È ora opportuno analizzare in dettaglio l'art. 101 UNCLOS, che contiene
una nozione di pirateria costruita su vari criteri. Si parla di pirateria per ogni atto
aeromobili. Per il nostro scopo, si parlerà qui solamente di imbarcazioni.
6 La normativa sulla pirateria contenuta nella UNCLOS (artt. 100-107) presenta un linguaggio
pressoché identico a quello degli artt. 14-21 della Convenzione di Ginevra sull'alto mare;
piccole differenze si trovano tra l'art. 21 e l'art. 107.
7 Cfr. sul punto K. E. Boon, A. Huq, D. C. Lovelace Jr. (a cura di), Terrorism. Commentary on
security documents, vol. 125. Piracy and international maritime security – Developments
through 2011, New York, Oxford University Press, 2012, p. 565-571, che al riguardo cita la
sent. Flores della Corte d'Appello degli Stati Uniti: “[...] a treaty will only consitute sufficient
proof of a norm of customary international law if an overwhelming majority of States have
ratified the treaty, and those States uniformly and consistently act in accordance with its
principles”. Per la Corte, il fatto che le normative contenute nelle due convenzioni sono in
effetti identiche e che moltissimi Stati abbiano ratificato la UNCLOS applicandola
costantemente, indica che la definizione ex art. 101 UNCLOS è dichiarativa del diritto
consuetudinario. Inoltre, nel preambolo della Convenzione di Ginevra si afferma che la
conferenza sul diritto del mare ha “adopted the following provisions as generally declaratory
of established principles of international law”.
8 Attualmente 166 Stati sono parti della UNCLOS (fonte: treaties.un.org).
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