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CAPITOLO I
LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA NEL SISTEMA
DELLE PIANIFICAZIONI
SOMMARIO: 1. Principio di pianificazione e modelli di piano – 2. Le teorie
sull’elemento caratterizzante della pianificazione
1. Principio di pianificazione e modelli di piano
In linea di principio, pianificazione vuol dire avviare un percorso di
individuazione di obiettivi rispetto ai quali si assumono delle scelte per
realizzarli; così intesa, la pianificazione è una prassi perseguibile a ogni
livello e a ogni scala della vita umana.
1
Pianificazione, come dice la parola
stessa, vuol dire formare un piano, individuare le risorse, i tempi, gli
spazi e le modalità per la realizzazione. Il piano si pone a metà tra una
previsione generale e preventiva e il provvedere concretamente caso per
caso.
2
Il piano è lo strumento giuridico che fissa i rapporti tra diritti, poteri,
interessi in modo che il complesso di situazioni preso in considerazione
abbia un assetto; la pianificazione è un’attività: azione che dà assetto a
rapporti fra diritti, poteri, interessi secondo una forma complessiva. Il
primo è un “ordine ordinato”, la seconda è un “ordine ordinante” in una
società pluralistica dove vi è un sistema di interessi soggettivi e di poteri.
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Per i soggetti pubblici l’attività di pianificazione ha un’importanza
vitale in quanto è una delle tecniche fondamentali della loro azione.
Occorre tener presente che, quando la pianificazione opera in ambito
1
Cfr. G. GIOIOSO (a cura di), La pianificazione strategica partecipata in Italia, Roma,
Formez, 2006, pag. 19
2
In tal senso P. L. PORTALURI, Il Principio della pianificazione, in www.giustizia-
amministrativa.it.
3
Cfr. F. SPANGATI, Camminare sulle acque, in F. PUGLIESE – E. FERRARI (a cura di),
Presente e futuro della pianificazione urbanistica, Milano, Giuffrè, pagg. 196 – 197.
4
pubblicistico e quindi è volta al perseguimento di un pubblico interesse,
essa non può essere demandata a privati i quali potranno semmai
svolgere un’attività di ausilio tecnico. È stato sostenuto, in particolare,
che il principio di sussidiarietà orizzontale contenuto nell’art. 118 c 4
Cost. (il quale impone agli Enti territoriali di favorire l’autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli ed associati) non va applicato in maniera
incondizionata, ma deve essere coordinato con altri beni-interessi; nel
caso del potere di pianificazione degli Enti, i principi di legalità,
imparzialità e buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.) fanno sì che
l’attività pianificatoria non sia disponibile e quindi delegabile ai privati.
4
Ogni attività di pianificazione richiede che si elabori un progetto e si
predisponga un piano. Proprio perché pianificazione vuol dire gestire
tempi, spazi, risorse e modalità per realizzare un obiettivo, tale attività è
stata utilizzata sempre in più ambiti dell’azione amministrativa e risale a
tempi remoti. Dall’economia ai servizi sociali, dall’urbanistica all’edilizia
settoriale, dall’ambiente al paesaggio. Invero, accanto al termine di
pianificazione viene usato anche il termine programmazione. In
economia, ad esempio, più che piani si predispongono i programmi
5
se si
considera che la Costituzione, all’art. 41 c 3, parla di programmi
“opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali”.
In uno schema semplificativo si può costruire una nozione strutturale
della pianificazione, almeno quando essa è svolta dai pubblici poteri:
determinazione di obiettivi tra essi compatibili e valutazione delle
strategie alternative, indicazione delle risorse e dei centri di
responsabilità dei procedimenti e dei tempi di attuazione, misurazione e
valutazione dei risultati. Il piano è il risultato della pianificazione ed
4
Cfr. A. CARUSO, I poteri di pianificazione degli enti locali, in A. MEALE, Il potere
amministrativo degli enti locali, Maggioli, 2014, pag. 34.
5
Cfr. M. S. GIANNINI, Pianificazioni, in Enc. Dir., vol. XXXIII, Milano, Giuffrè, 1983,
pag. 629-634.
5
individua il disegno prescrittivo e la sequenza di azioni e decisioni che si
prefiggono di raggiungere secondo gli obiettivi prefissati.
6
Nell’ambito della pubblica amministrazione, le prime forme di
pianificazione (rectius programmazione) risalgono al settore economico e
riguardano il bilancio preventivo dello Stato, risalente al XVI secolo. Per
quel che concerne lo Stato, in tema di programmazione rilevanti sono il
Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, ora diventato
Documento di Finanza Pubblica, e la legge di stabilità che accompagna il
Bilancio (preventivo) dello Stato.
Per gli Enti locali, invece, il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, conosciuto
come “Testo Unico degli Enti Locali”, disciplina i seguenti strumenti di
programmazione: il bilancio annuale di previsione, la relazione
previsionale e programmatica, il bilancio pluriennale, il piano esecutivo di
gestione e il piano generale di sviluppo.
7
I servizi socio-sanitari rappresentano anch’essi un campo di
applicazione della pianificazione che, contrariamente agli altri settori, si
è sviluppata solo negli ultimi anni. Tale tipo di pianificazione nasce nel
contesto del welfare state. La politica sociale viene intesa come l’insieme
di iniziative volte a garantire il riequilibrio delle disuguaglianze sociali e
la possibilità di assicurare il benessere ai cittadini che non riescono a
garantirselo da soli.
8
La legge di istituzione degli enti comunali di assistenza, nel 1937,
disponeva che l’ente, non oltre il 30 giugno di ogni anno, doveva
presentare al Prefetto della provincia una relazione sull’opera
assistenziale svolta e il programma da svolgere nell’anno successivo. Tale
programma presentava un processo decisionale di allocazione delle
risorse e di articolazione nel tempo degli interventi. Tale impostazione è
6
Cfr. A. MARI, La pianificazione dei servizi sociali, IPSOA, 2003, pagg. 66 – 67.
7
Cfr. A. CARUSO, I poteri di programmazione degli enti locali, in A. MEALE, Il potere
amministrativo degli enti locali, op. cit., pagg. 87-97.
8
Cfr. U. FERRARO – C. BRUNI, Pianificazione e gestione dei servizi sociali, Milano, Franco
Angeli, 2009, pag. 16.
6
stata mantenuta dalle leggi successive, comprese quelle degli anni ’90.
Con la legge quadro 8 novembre 2000, n. 328, a seconda dell’ambito di
riferimento spaziale, temporale e personale, la pianificazione può
assumere una valenza generale, strategica o operativa. La pianificazione
generale di settore dà luogo ai piani nazionali, regionali e di zona. Si
definisce “generale” perché riguarda tutti i settori di intervento in
materia di servizi sociali. È di settore perché si richiama a piani più ampi.
La pianificazione strategica consiste nell’esaminare la situazione presente
e sviluppare una strategia per conseguire degli obiettivi come una sorta di
autoprogrammazione. La pianificazione operativa è il modo di agire
dell’amministrazione dei servizi sociali. È la programmazione delle
attività amministrative in materia di servizi sociali, rappresentata da
una pianificazione degli interventi individuali.
9
Tra tutti questi piani, assumono una certa importanza la
pianificazione generale di zona e la pianificazione operativa. La prima è
affidata agli ambiti ottimali individuati da ciascuna regione, formati da
un insieme di Comuni, con la partecipazione delle ASL. Tale
pianificazione ha la finalità di favorire la formazione di sistemi locali di
intervento fondati su servizi e prestazioni complementari, qualificare la
spesa, definire i criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun
comune anche con delle risorse aggiuntive con il raggiungimento di
obiettivi e prevedere degli interventi di formazione e aggiornamento degli
operatori. Il piano di zona, che per i suoi contenuti è chiamato anche
piano regolatore sociale, è adottato con un accordo di programma
sottoscritto dai diversi soggetti.
10
Nell’ambito della pianificazione operativa rivestono una certa
importanza i piani che riguardano i servizi alla persona perché in essi si
riassume l’obiettivo principale dei servizi sociali. I piani individuali
possono essere dei progetti-obiettivo, che impiegano delle risorse per far
9
Cfr. A. MARI, La pianificazione dei servizi sociali, op. cit., pagg. 74 – 75.
10
Ivi, pagg. 117 – 119.
7
fronte alle necessità della persona individuata, che possono essere il
percorso di recupero e inserimento sociale, oppure dei sussidi o assistenza
per le persone portatrici di handicap, oppure dei progetti familiari, che
mirano ad aiutare le famiglie con minori a carico per rimuovere le
difficoltà che impediscono il mantenimento, l’eduzione e l’istruzione dei
figli”.
11
Altro ambito in cui si incontra, già nel 1939, una forma di
pianificazione è il paesaggio, disciplinato in passato dalla legge 9 giugno
1939 n. 1497 relativa alle “bellezze naturali”, tra cui rientrano pure i
“complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto
avente valore estetico e tradizionale” e le “bellezze panoramiche
considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di
belvedere accessibili al pubblico dai quali si goda lo spettacolo di quelle
bellezze”
12
. La nozione di “paesaggio”, adesso, ha abbandonato la visione
estetizzante, abbracciando l’idea del “paesaggio integrale”, che
ricomprende tutto il territorio confrontato con la storia, i costumi, la
tradizione.
13
Questa impostazione è stata data dal Codice dei Beni
Culturali e del Paesaggio, nel tentativo di descrivere gli elementi che
formano il paesaggio e che dovranno essere contenuti nel piano
paesaggistico.
Già la legge del ’39 – come anticipato - aveva introdotto, all’art. 5, la
facoltà per il Ministero di compilare un piano c.d. territoriale paesistico
per le località caratterizzate dalla presenza di beni di cui all’art. 1 nn. 3 –
4 l. 1497/39. La legge del 8 agosto 1985 n. 431 (detta Galasso), nel
11
Cfr. A. MARI, La pianificazione dei servizi sociali, op. cit., pagg. 244 – 246.
12
Art. 1 l. 1479/39 conosciuta per aver introdotto un primo sistema di vincoli per questi beni,
detti “ambientali”, oggi compresi nell’art. 136 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio;
successivamente, la legge del 8 agosto 1985 n. 431 (Legge Galasso) ha introdotto dei vincoli ex lege
per i beni espressivi di un ecosistema naturale da preservare e conservare, come le aree a ridosso di
fiumi, laghi, torrenti, mari, vulcani, ecc., che vengono tutelate al di là della loro bellezza (oggi
compresi nell’art. 142 del Codice); poi, con il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, si è
introdotta una terza categoria di vincoli, quelli relativi agli immobili e alle aree indicati dal Piano
Paesaggistico (art. 134 let. C del Codice).
13
Cfr. E. BOSCOLO, Paesaggio e tecniche di regolazione, in G. CUGURRA - E. FERRARI -
G. PAGLIARI (a cura di), Urbanistica e Paesaggio, ediz. Scientifica, 2006.
8
ridisciplinare il piano paesaggistico, consentiva alle Regioni di sostituirlo
con un piano urbanistico-territoriale “con specifica considerazione dei
valori paesistici ed ambientali”
14
; l’idea di rendere i piani urbanistici e
territoriali come “sede di composizione procedimentalizzata di interessi
diversi insistenti sul medesimo territorio”
15
è risultata rafforzata col citato
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, il quale all’art. 135 non ha più
però previsto il piano paesaggistico (o urbanistico-territoriale a valenza
paesaggistica) come mera facoltà, ma come un obbligo delle Regioni.
Il piano paesaggistico esplica anzitutto una funzione conoscitiva del
territorio, valutando i singoli paesaggi in vista della suddivisione del
territorio in ambiti omogenei, con obiettivi di qualità paesaggistica
differenziati per ogni ambito: riqualificazione, valorizzazione, recupero,
tutela.
16
Confluiscono, poi, i vari vincoli “paesaggistici” derivanti dal
sistema del ’39, dal sistema della legge Galasso e cioè quelli ex lege e i
nuovi vincoli (disciplinati dal Codice all’art. 134, lett. c)) introdotti
direttamente dal piano.
17
Anche in materia ambientale tale principio di pianificazione si applica
in numerose sub-materie. Il d.lgs del 03 aprile 2006 n. 152 (il Codice
dell’Ambiente) all’art. 5 lett. c ha dato una definizione di ambiente come
“sistema di relazione tra i fattori antropici, fisici, chimici, naturalistici,
climatici, paesaggistici, architettonici, culturali ed economici”. Il bene
giuridico ambiente è dato da un equilibrio di questi diversi fattori che
costituiscono un valore complessivo da salvaguardare e quindi viene
“proiettato nella salvaguardia dell’insieme delle condizioni ambientali in
14
Art. 1 bis legge 431/85.
15
P. L. PORTALURI, M. BROCCA, Ambiente e Pianificazioni, in D. DE CAROLIS – E.
FERRARI – A. POLICE (a cura di), Ambiente, attività amministrativa e codificazioni, Milano,
Giuffrè, 2006, pag. 374.
16
Cfr. P. URBANI, La costruzione del piano paesaggistico, in G. CUGURRA - E. FERRARI -
G. PAGLIARI (a cura di), Urbanistica e Paesaggio, op. cit., pag. 205.
17
Vedi G. PAGLIARI, Permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica, in G. CUGURRA -
E. FERRARI - G. PAGLIARI (a cura di), Urbanistica e Paesaggio, op. cit., pag. 273 e ss.
9
cui vive ed opera l’uomo”.
18
I piani che in tale materia si applicano sono: il
piano di bacino
19
, il piano stralcio di distretto per l’assesto idrogeologico
(PAI) costruito nelle more del piano di bacino, il Piano di tutela delle
acque
20
, il Piano per il Parco
21
, il Piano di gestione dei rifiuti, il piano per
la bonifica delle acque inquinate, etc…
Altro campo di applicazione è quello dei lavori pubblici. L’art. 128 del
d.lgs del 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici) dice che
l'attività di realizzazione dei lavori pubblici di singolo importo superiore a
100.000 euro si svolge sulla base di un programma triennale e di suoi
aggiornamenti annuali che le amministrazioni aggiudicatrici
predispongono e approvano, unitamente all'elenco dei lavori da realizzare
nell'anno stesso. Tale programma triennale costituisce un momento
attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei
propri bisogni che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono
nell'esercizio delle loro autonome competenze e, quando esplicitamente
previsto, di concerto con altri soggetti in conformità agli obiettivi assunti
come prioritari. Tale programma deve prevedere i lavori strumentali al
soddisfacimento dei predetti bisogni e contiene l'analisi dello stato di fatto
di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche,
architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue componenti di sostenibilità
ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche.
22
18
A. CROSETTI, R. FERRARA, N. OLIVETTI RASON, Diritto dell’ambiente, Editori
Laterza, Bari, 2008, pag 437.
19
E’ disciplinato all’art. 65 del T. U. sull’ambiente e contiene i vincoli idrogeologici, quello
che ha come finalità la preservazione di un buon regime delle acque, della stabilità del territorio
evitando pericoli di inondazioni, frane, smottamenti.
20
E’ disciplinato all’art. 12 del T. U. sull’ambiente ed è finalizzato alla tutela delle acque
dagli inquinamenti, imposti in zone attorno alle risorse idriche.
21
Contiene i vincoli naturalistici finalizzati alla protezione dei valori naturalistici ed
ecologici, geologici e biologici (ma anche estetici) che troviamo nelle aree protette o nei Parchi
naturali.
22
Deve prevedere un ordine di priorità e sono da ritenere comunque prioritari i lavori di
manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, i
progetti esecutivi approvati, nonché gli interventi per i quali ricorra la possibilità di
finanziamento con capitale privato maggioritario.