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1. IL FUMETTO DI REALTÀ
1. 1 Giornalismo e fumetti oggi
Alcuni fenomeni nuovi hanno caratterizzato gli ultimi decenni della produzione
internazionale di fumetti. Parallelamente, le pagine di quotidiani e delle riviste
nell’ultimo periodo hanno visto aumentare esponenzialmente il numero di giornalisti
che scelgono il linguaggio del fumetto per i loro reportage, inchieste, interviste,
cronache e biografie. D’altra parte, le modalità con le quali si fa giornalismo nell’era
della multimedialità sono molteplici: alle forme più tradizionali dei quotidiani, delle
riviste, della fotografia e delle televisioni generaliste, si sono aggiunte quelle
multimediali, rappresentate dai canali tematici e da internet. Il fumetto non è che una
delle vie possibili per narrare un fatto. In un’epoca in cui l'orizzonte del web diventa
la cornice ideale per la convergenza di diversi tipi di giornalismo, la dieta mediale
contemporanea è dunque sempre più variegata: uno stesso contenuto giornalistico
potrà essere ricevuto su diversi supporti e diffuso da differenti canali e mezzi
1
. Tra
questi, c’è appunto il medium fumetto, la cui attenzione nei confronti della realtà
sociale, politica e culturale, è oggi in costante crescita. Generi e tipi di fumetto molto
diversi hanno descritto la realtà a loro contemporanea, o di narrare vicende storiche
più o meno lontane nel tempo. Dal fumetto autoriale dei cosiddetti graphic novels a
quello seriale, tipico degli albi distribuiti in edicola,
“l’attrazione del fumetto nei confronti del reale non è una novità recente. Accanto al più
diffuso e commercialmente fortunato filone fantastico, esiste fin dai primordi una
declinazione dell’arte sequenziale di stampo realistico, che dà spazio sia alla
rappresentazione del quotidiano sia alla sua cornice: cronache storiche, opere popolate da
personaggi fittizi ma ambientate in precisi momenti del passato, biografie di personaggi
storici, fino ai veri e propri reportage giornalistici”.
2
All’interno di questo panorama editoriale, il graphic journalism (giornalismo a
fumetti) si definisce come quella forma di fumetto che, a fronte di questa
generalizzata tendenza del comics contemporaneo, è intrinsecamente orientata al
1
Cfr. A. Papuzzi, Manuale del giornalista: tecniche e regole di un mestiere, Roma, Donzelli, 1993.
2
S. Boggio, “Disegno dal vero”, in Nuvole di confine (Graphic journalism: L’arte del reportage a
fumetti), a cura di L. Beatrice, Milano, Rizzoli Lizard, 2012, p. 9.
7
racconto della realtà. Se consideriamo il fumetto come “una delle possibili forme di
scrittura e narrazione”
3
, risulta evidente che il contenuto del racconto possa variare e
così le forme scelte: dalla fiction del graphic novel al racconto della realtà tipico del
graphic journalism, declinato nei suoi diversi generi (inchiesta, reportage, dossier,
cronaca, ricostruzione storica e biografica).
Pur avendo origini lontane, il giornalismo a fumetti rappresenta una forma di
narrazione ibrida perfettamente adattabile al mondo dell’informazione odierno
4
. Una
delle sue caratteristiche è infatti la potenzialità multimediale
5
, la capacità cioè di
sovrapporsi e intrecciarsi con altri media e altri linguaggi. Tale vantaggio lo rende
competitivo rispetto ad altre forme di giornalismo più tradizionali, in quanto gli
permette di servirsi dei codici, delle tecnologie e delle diverse piattaforme dei nuovi
media, dalla fotografia a internet. Non solo. In un sistema mediatico come quello
contemporaneo, sommerso dalle notizie che quotidianamente lo raccontano, il
fumetto di realtà permette di rappresentare al lettore fatti complessi in modo chiaro e,
al tempo stesso, accattivante, grazie alla sintesi imposta dallo spazio limitato della
vignetta e ad una maggiore semplicità discorsiva data dal dispositivo narrativo che
accosta parole e immagini:
“siamo gli uomini e le donne più informati della Storia, ma anche i più confusi e disorientati.
Il racconto della realtà è sempre più simile a una comunicazione fluida e fulminea, gravida di
notizie in costante aggiornamento, che da una parte ci sottopone a una martellante
iperstimolazione, dall’altra rischia di appiattirsi su un logorio acustico-visivo dall’effetto
anestetizzante”
6
.
Esistono oggi numerosi studi sulla moltiplicazione di informazione che i diversi
media rendono disponibile al pubblico di consumatori di notizie. Il tema suscita
grande interesse, data l’attuale proliferazione delle emittenti all-news - che
trasmettono ininterrottamente telegiornali e programmi d’approfondimento
giornalistico - e l’affermazione di internet come fonte di notizie facilmente
accessibili e in costante aggiornamento. Già sul finire degli anni ’80, il teorico
3
R. Pallavicini, “Prefazione”, in F. Fasiolo, Italia da fumetto. Graphic journalism e narrativa
disegnata nel racconto della realtà italiana di ieri e di oggi, Latina, Tunué, 2012, p. XII.
4
La studiosa Celine Fox, ad esempio, fa risalire i primi casi di illustrazione documentaria assimilabili
al graphic journalism ad un periodo di grande fermento editoriale vissuto dalla stampa periodica
inglese tra il 1830 e il 1840, riferendosi in particolare alle testate pioniere “Punch” e “Illustrated
London News”: C. Fox, Graphic journalism in England during the 1830s and 1840s, New York-
Londra, Garland Publishing 1988.
5
F. Fasiolo, Italia da fumetto, cit, pp. 63-4.
6
S. Boggio, Disegno dal vero, cit., p. 9.
8
dell’informazione Richard Saul Wurman aveva dedicato un saggio alla
trasformazione in atto, intitolato L’ansia dell’informazione
7
, in cui rilevava come un
qualsiasi numero del “New York Times” contenesse più informazioni di quante un
cittadino inglese del Seicento potesse raccogliere del corso di una vita intera:
“l’incremento di quanto viene notiziato dai media tradizionali, a parte internet che lo porta
verso una misura tendente all’infinito, si duplicherebbe ogni cinque anni”
8
.
Il fatto curioso è che questo aumento esponenziale non sembra in realtà riguardare la
quantità di tempo che il pubblico per eccellenza del sistema informativo, il pubblico
cioè dei quotidiani cartacei, destina alla lettura: il target della stampa quotidiana
leggerebbe infatti “un massimo del 25% dei testi e del 56% dei titoli, osserverebbe il
75% delle fotografie e l’80% dei grafici e delle cartine”
9
.
A fronte del quadro appena descritto, il fumetto di realtà - nello specifico il genere
del graphic journalism, figlio della civiltà dell’immagine, che si trova a dover
competere con i nuovi media in un mondo inflazionato di foto, filmati, animazioni e
videogame - offre, a suo modo, un antidoto alla confusione generata dal
bombardamento quotidiano di notizie:
“Le linee essenziali del disegno, inserite nello spazio limitato della vignetta, consentono di
sintetizzare ed esporre le realtà più complesse. Uno stile semplice, derivato di un processo
anacronisticamente lento, che ha la fondamentale funzione di tradurre grovigli di dati in
geometrie ordinate, riducendo la sovrabbondanza di stimoli visivi a volumi scarni dai
contorni netti. In alcuni casi il disegno rimane ricco e dettagliato e al bianco e nero netto
possono accompagnarsi composite ombreggiature e scale di grigio. Qualcuno non rinuncia al
colore. Ma tutti fanno i conti con l’inquadratura minima della vignetta, all’interno della
quale, come dice Spiegelman: ‘non c’è spazio per le stupidaggini’. Da qui la necessaria
cesellatura per la sintesi, che naturalmente spetta anche al parlato. Così l’immagine
fumettistica riesce a fare quadrato contro l’eccesso di realtà, a lenire l’iperstimolazione visiva
e a riorganizzare il caos – pregi che il lettore accoglie con una fruizione lenta, recuperando
intera la facoltà di osservare, riflettere e ricordare”
10
.
7
R. S. Wurman, L’ansia dell’informazione, Milano, Leonardo, 1989.
8
M. Bottaro, Nascita, vita e morte della notizia. Manuale per fare il giornalista (e per difendersi dai
media), Genova, Redazione, 2007, p. 13.
9
Ibidem.
10
S. Boggio, Disegno dal vero, cit., p. 11.
9
1. 2 Alcune definizioni
Giornalismo a fumetti, graphic journalism, fumetto di realtà, fumetto politico,
graphic novel. Molte sono le declinazioni del fumetto che interessano l’oggetto di
studio di questa tesi. Nel corso di questo capitolo, cercheremo di dare una definizione
di tutte queste categorie linguistiche, facendo ordine all’interno dell’autentica babele
terminologica che rischia di confondere il giornalismo a fumetti con generi affini, e
in quale modo precursori, dalla vignetta satirica, nelle forme delle daily strips, al
graphic novel. Babele terminologica che, come avremo modo di constatare, non è
che lo specchio di un approccio storiografico nei confronti del medium fumetto che
non soltanto stenta ad inquadrare il fenomeno entro confini cronologici certi, ma
fatica anche a metterne a fuoco il profilo identitario in quanto prodotto autonomo
della moderna cultura di massa, tendendo piuttosto a considerarlo e descriverlo in
rapporto, o contrasto, con le altre forme di arte e comunicazione
11
.
Partiamo dalla definizione di fumetto. A questo proposito, il saggio del 2005 di
Daniele Bonomo, Will Eisner. Il fumetto come arte sequenziale
12
, sulla scia della
chiave di lettura offerta nel lontano 1964 da Umberto Eco in Apocalittici e
integrati
13
, lo descrive come
“un mezzo di comunicazione di massa, connotato dalla narrazione di una storia attraverso una
sequenza logica di immagini disegnate che prevedono, attraverso l’utilizzo di alcuni suoi
elementi fondanti, la possibilità di includere il testo scritto”
14
.
Al pari di Bonomo, anche il disegnatore americano Scott McCloud considera i
comics una forma artistica e narrativa a sé stante, caratterizzata dal fatto di
organizzarsi in base ad un principio di sequenzialità. Nel suo Capire il fumetto.
11
F. Gadducci-M. Stefanelli, “La storiografia del fumetto in Italia. Tradizioni e strategie culturali” in
Il secolo del fumetto: lo spettacolo a strisce nella società italiana 1908-2008, a cura di S. Brancato,
Latina, Tunué, 2008, p. 107.
12
D. Bonomo, Will Eisner. Il fumetto come arte sequenziale, Latina, Tunué, 2005.
13
U. Eco, Apocalittici e integrati: comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Milano,
Bompiani, 1964. Il saggio è stato più volte ristampato nel corso dei decenni successivi e l’edizione più
recente è del 2013 (U. Eco, Apocalittici e integrati, Milano, Tascabili Bompiani, 2013). In particolare,
il semiologo e massmediologo italiano dedica al fumetto il capitolo intitolato “Lettura di ‘Steve
Canyon’, Il mito di Superman e Il mondo di Charlie Brown”, nel quale riflette sui comics come
esempio di letteratura di massa e come potenziale strumento di persuasione.
14
D. Bonomo, Will Eisner, cit, p. 5.
10
L’arte invisibile
15
, originale saggio a metà strada tra l’estetica semiotica e la filosofia
del linguaggio, egli analizza il medium in forma di fumetto, affrontando il tema del
rapporto parola/immagine – uno dei più ricorrenti all’interno della letteratura critica
legata al mezzo
16
– studiandolo dal suo interno, dal punto di vista della produzione
del testo stesso. Già Will Eisner, considerato uno dei più importanti autori di fumetto
e al quale si deve, come tra poco vedremo, la nascita del genere graphic novel,
riflettendo sui propri procedimenti creativi si rese conto che gli elementi costitutivi
dei comics, che per lui erano sempre stati istintivi, erano “in realtà la base più di
un’arte della comunicazione che di una semplice branca dell’arte figurativa”
17
.
Dall’opera di Eisner Fumetto & Arte Sequenziale
18
, McCloud ricava il concetto di
arte sequenziale che sta alla base del fumetto, ampliandolo nella seguente
definizione: “immagini e altre figure giustapposte in una deliberata sequenza, con lo
scopo di comunicare informazioni e/o produrre una reazione estetica nel lettore”
19
L’ampiezza della descrizione qui adottata si rivela estremamente utile, in quanto, pur
stabilendo le coordinate che permettono di inquadrare il fumetto in quanto forma di
comunicazione e linguaggio artistico, implica un’interpretazione del medium come
sorta di “recipiente” con il quale vestire i contenuti più diversi, anche quelli
informativi. In questo modo, senza rendersene conto
20
, McCloud delimita un mezzo
di comunicazione e una disciplina artistica entro la quale possiamo agevolmente far
entrare anche il genere del graphic journalism, il cui scopo è, appunto, quello di
informare un pubblico di lettori attraverso l’uso del linguaggio fumettistico.
Nel macro-contenitore del fumetto si inserisce anche un altro genere, che viene
giustamente apparentato al giornalismo a fumetti e che condivide con quest’ultimo
numerose caratteristiche, prima tra tutte il formato editoriale: il graphic novel. Come
specifica infatti Francesco Fasiolo:
15
G. P. Caprettini, “Prefazione. La narrazione visiva e lo spettacolo della mente”, in S. McCloud,
Capire il fumetto. L’arte invisibile, Torino, Vittorio Pavesio, 2006, p. 3.
16
Sul rapporto tra parola e immagine cfr. F. Antinucci, Parola e immagine. Storia di due tecnologie,
Roma, Laterza, 2011; A Pagliaro, La parola e l’immagine, Ed. Novecento, 1957; A. Sangiovanni, Le
parole e le figure. Storia dei media in Italia, dall’età liberale alla seconda guerra mondiale, Roma,
Donzelli, 2012.
17
D. Bonomo, Will Eisner. Il fumetto come arte sequenziale, cit., p. 7.
18
Will Eisner, Fumetto & arte sequenziale, Torino, Vittorio Pavesio, 1997.
19
S. McCloud, Capire il fumetto. L’arte invisibile, Torino, Vittorio Pavesio, 2006, p. 17.
20
Capire il fumetto viene pubblicato negli Stati Uniti nel 1993, quando ancora il genere del graphic
journalism e il dibattito attorno alla possibilità del fumetto di rappresentare la realtà sono agli albori.
11
“le opere di giornalismo a fumetti utilizzano di solito la strategia di proposizione del graphic
novel, termine qui inteso come label, come etichetta editoriale, in grado di posizionare il
prodotto sia in libreria sia rispetto alle aspettative dei lettori e degli addetti ai lavori. Graphic
novel qui significa non albi a cadenza periodica, non vignette singole o strisce (come quelle
satiriche che vediamo nei quotidiani o nelle riviste)”
21
.
Le opere di graphic novel e di giornalismo a fumetti presentano una struttura dal
respiro molto più ampio rispetto ai fumetti seriali che possono essere acquistati in
edicola. Le loro storie si sviluppano nell’arco di parecchie tavole, senza una
lunghezza predefinita, e sono solitamente pubblicate in un unico volume. Qualora
appaiano per la prima volta a puntate su riviste specializzate, vengono
successivamente raccolte in un solo libro. Il graphic novel è quindi definibile,
anzitutto, come una modalità di pubblicazione specifica, che si discosta dalle
strategie editoriali messe a punto per il fumetto seriale: albi tascabili, riviste,
antologie. In termini strettamente cartotecnici, l’intenzione che si cela dietro agli
elementi costitutivi di un libro a fumetti, dalla copertina alla qualità della carta alle
dimensioni scelte, è quella di infondere un’impressione di maggiore solidità fisica,
nonché di autorevolezza. Tutti questi elementi soddisfano quei requisiti di
presentabilità che hanno aperto le porte delle librerie al graphic novel
22
.
Questa diversa collocazione, che abbandona il tradizionale canale distributivo delle
edicole in favore del luogo per eccellenza della diffusione letteraria, ha provocato
degli effetti sulla percezione stessa del nuovo genere: non a caso, tra gli appassionati
lettori di graphic novel troviamo personalità illustri del mondo della cultura, come
l’intellettuale Goffredo Fofi, che ha dichiarato di rintracciare in questa particolare
forma di fumetto “il campo espressivo e artistico più vitale oggi nel mondo”
23
. In
questo senso, il graphic novel è stato accolto dai critici come l’evoluzione “autoriale”
del fumetto contemporaneo. L’uso del termine graphic novel si registra infatti già a
partire dal 1964, negli Stati Uniti, come espressione di nicchia, per indicare un certo
tipo di fumetto europeo dall’impronta “sofisticata”, ma è con Will Eisner e la sua
raccolta di racconti Contratto con Dio e altre storie
24
, edita nel 1978 direttamente in
21
F. Fasiolo, Italia da fumetto, cit., p. 21.
22
Ciò non implica necessariamente un giudizio sul valore qualitativo dell’opera pubblicata. Esistono
storie tratte da fumetti seriali caratterizzate da una qualità e godibilità maggiori di tanti libri a fumetti.
23
G. Fofi, “L’unica forma d’arte figlia del nostro tempo”, in Tirature 2012. Graphic novel. L’età
adulta del fumetto, a cura di V. Spinazzola, Milano, Il Saggiatore, 2012, pp. 10-14.
24
W. Eisner, A Contract with God, New York, Baronet Books, 1978 (trad. it. Contratto con Dio. La
trilogia, Bologna, PuntoZero, 2001).
12
volume senza passare dal formato dell’albo, che il concetto entra a far parte del
vocabolario corrente. In origine, o almeno nelle intenzioni del grande disegnatore
americano, esso voleva sì designare un particolare formato editoriale, che riflettesse
inoltre una serie di specifiche caratteristiche di contenuto:
“proprio le esperienze di vita sono alla base di questa nuova narrativa per immagini.
Ambientazioni reali dove personaggi reali svolgono realmente le proprie attività, non ci sono
personaggi in calzamaglia, mascherati o paperi parlanti, tutto si svolge nel mondo, nel nostro
mondo. […] L’ispirazione viene dalla vita di tutti i giorni, dall’osservazione del consorzio
umano e dai ricordi personali. Un romanzo grafico che grazie alla fusione tra i disegni e il
testo rende gradevole alla lettura anche temi più impegnati, quali possono essere la
discriminazione razziale, i rapporti burrascosi nella famiglia o le vicende della vita di un
quartiere”
25
.
Dal punto di vista contenutistico, quindi, alla base del graphic novel troviamo un
felice connubio tra filone fantastico e cruda penetrazione della realtà, unitamente a
una forte sensibilità per i dettagli politici e sociali, specchio, d’altra parte, di quella
dicotomia che, fin dalle origini a cavallo tra Ottocento e Novecento, ha segnato il
percorso evolutivo del fumetto, “quando al brutale realismo del ghetto newyorkese di
Yellow Kid si affiancò l’universo immaginario di Little Nemo”
26
. Non fa eccezione
l’opera fondatrice del genere – la già citata Contratto con Dio e altre storie
27
– che
racconta eventi fittizi, ma lo fa attraverso un piglio narrativo decisamente realista e
con una grande attenzione per la descrizione della vita quotidiana e metropolitana nel
distretto newyorkese del Bronx, nel quale è ambientata la vicenda dell’ebreo Frimme
Hersch e del suo tormentato rapporto con la fede, il tutto sullo sfondo degli anni
Trenta segnati dalla Grande Depressione.
Altro esempio di graphic novel in grado di restituire lo spaccato fedele di un’epoca
storica è Maus di Art Spiegelman
28
, opera che molti comprendono sotto l’etichetta di
“giornalismo a fumetti”, essendo il racconto autobiografico, e dunque non finzionale,
degli incontri tra l’autore e il padre polacco sopravvissuto alla seconda guerra
mondiale e al genocidio della Shoah. Ripercorrendo il filo dei ricordi del padre,
Spiegelman si sofferma dapprima sull’esperienza vissuta dalla propria famiglia nella
25
D. Bonomo, Will Eisner. Il fumetto come arte sequenziale, cit., pp. 53-4.
26
B. Tobagi, Scrivere disegnando in “La Repubblica”, 31 luglio 2010.
27
W. Eisner, Contratto con Dio, cit.
28
L’opera è suddivisa in due parti: A. Spiegelman, Maus I - A Survivor’s Tale: My Father Bleeds
History, New York, Pantheon Books, 1986 (trad. it. Maus I: Mio padre sanguina storia, Milano,
Milano Libri, 1989); Maus II – A Survivor’s Tale: …And Here My Troubles Began, New York,
Pantheon Books, 1992 (trad. it Maus II: …E qui cominciarono i miei guai, Milano, Milano Libri,
1992).
13
Polonia degli anni Trenta occupata dai nazisti, per poi concentrarsi sui lunghi mesi di
prigionia trascorsi nei campi di sterminio, fino ai giorni della liberazione. Analisi
profonda di un dramma storico e privato, nonché lucida riflessione sul rapporto
personale con il padre nel presente narrativo, Maus, pur senza rinunciare alla propria
natura fumettistica, e anzi esaltandone i tratti graficamente più riconducibili al
modello seriale amato dai ragazzi, come avviene per la famosa scelta di disegnare gli
ebrei come topi e i nazisti come gatti, segna un’autentica svolta per quanto riguarda il
percorso che dal fumetto conduce, passando attraverso gli stilemi del graphic novel,
verso il giornalismo a fumetti. L’opera raggiunge una notorietà straordinaria anche e
soprattutto presso un pubblico non avvezzo alla lettura dei fumetti e, al tempo stesso,
allontana i critici più puristi dal pregiudizio che vede in questo medium una forma di
comunicazione e narrazione popolare e “bassa”, qualitativamente inferiore rispetto a
un testo meramente letterario. Non stupisce che si tratti della prima opera a fumetti a
vincere il Premio Pulitzer, nel 1992, a sei anni dalla sua prima pubblicazione in
volume negli Stati Uniti.
Tuttavia, non è detto che un graphic novel debba necessariamente narrare vicende
realmente accadute, come invece avviene imperativamente nelle opere di graphic
journalism che, per poter essere definite tali, devono conservare come propria
prerogativa, assieme allo scopo informativo, il racconto della realtà. Il significato
letterale dell’espressione graphic novel è, in primo luogo, quello di “romanzo
grafico” o “romanzo a fumetti”.
“In quanto romanzo, un graphic novel contiene a pieno diritto, nella definizione stessa, la
possibilità di raccontare storie assolutamente finzionali. Lo spostamento semantico del
termine in direzione realistica e a volte giornalistica, in definitiva, è posteriore”
29
.
Infatti, nel corso degli anni l’etichetta graphic novel ha ampliato il proprio perimetro
d’applicazione, ritrovandosi a descrivere anche fumetti di genere supereroico, nei
quali però un universo immaginario fa da sfondo a una feroce critica sociale, come in
Batman: il ritorno del cavaliere oscuro (1986-’87) di Frank Miller
30
. La stessa regola
della pubblicazione direttamente in forma di volume è stata, nei fatti, contraddetta in
numerose occasioni:
29
F. Fasiolo, Italia da fumetto, cit., p. 7.
30
F. Miller, The Dark Knight Returns, DC Comics, 1986 (trad. it. Batman - Il ritorno del Cavaliere
Oscuro, Milano, Rizzoli, 1989).