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Introduzione
Lo scopo di questa tesi è quello di illustrare un problema che oggi investe
zone dei diversi territori italiani, ovvero il problema delle aree interne. Si
tratta di territori che soffrono di diversi problemi sotto il punto di vista non
solo strutturale e infrastrutturale, ma anche economico e di servizi primari al
cittadino. A fronte di questi motivi la maggior parte della popolazione più
giovane oggi imbocca la via dell’emigrazione, favorendo l’invecchiamento
e l’abbandono del territorio, portando quindi il deperimento delle reti
produttive locali. Si cercherà di tracciare un prospetto delle possibili
soluzioni per arginare il fenomeno, pertanto si analizzeranno gli strumenti
con i quali i vari attori -pubblici e privati- si regolamentano per risolvere il
problema.
Lo sviluppo di queste aree risulta oggi necessario, in quanto non può essere
avviata una strategia di sviluppo nazionale che non tenga conto di questi
territori. L’estromissione delle suddette aree porterebbe ad un incremento di
esclusione sociale, e il conseguente abbandono delle fasce di popolazione
più deboli. Questa questione, risulta oggi particolarmente importante e
prioritaria per la zona del Sulcis Iglesiente, zona altamente marginale con
forte mancanza di infrastrutture e servizi, fortemente gravata dalla chiusura
dello storico comparto industriale di Portovesme. L’ingente polo industriale
sulcitano forniva, in media, tremila posti occupazionali nel settore
metallurgico. Nel 2011, con diversi interventi orientati alle bonifiche delle
zone altamente sfruttate ieri e pesantemente inquinate oggi, sono stati
attivati dei piani di sviluppo e riqualificazione del territorio, diretti anche
alla ripresa del comparto metallurgico in modo da frenare l’emorragia
occupazionale. Si potrebbe evidenziare che il Piano Sulcis è stato il primo
vero e proprio banco di prova che rientra all’interno del Progetto Pilota.
La relazione si apre con una piccola descrizione del rapporto Barca nel
primo capitolo, un innovativo documento redatto da Fabrizio Barca, che
propone una nuova politica di coesione socio-economica, che si faccia
protagonista del superamento delle disparità regionali. Il secondo paragrafo
presenta una definizione di aree interne, evidenziando tutte le potenzialità e
i limiti che queste presentano. Tiene in considerazione le prospettive di
crescita possibili, mettendo in risalto il nuovo concetto di agricoltura
multifunzionale, coerente con gli obiettivi posti dalla nuova politica agricola
comunitaria (Pac2014-2020). Si conclude il primo capitolo mettendo in
evidenza un problema che oggi investe molte città italiane, in particolare del
Mezzogiorno, dove sono presenti delle risorse che solo se riconosciute
potranno essere attivate e costituiranno importante fattore di ricchezza per la
rinascita economica.
Il secondo capitolo si apre con un breve excursus sullo sviluppo rurale in
Europa a partire dagli anni Settanta ad oggi, mostrando i cambiamenti
avvenuti negli ultimi quarant’anni. Nel secondo paragrafo viene illustrato il
concetto di governance dopo il rapporto Barca. Proseguendo nella lettura
verrà offerta una descrizione dell’iniziativa LEADER Comunitaria e le tre
stagioni che la Sardegna ha attraversato, riportando qualche esempio dei
progetti regionali attuati. Nel terzo paragrafo vengono evidenziati gli
obiettivi della strategia nazionale delle aree interne, stipulata il 9 Dicembre
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2013 dal Ministro Carlo Trigilia, volta al miglioramento dei servizi al
cittadino e alla valorizzazione delle risorse locali presenti all’interno di
codeste aree.
Nel terzo e ultimo capitolo sarà descritto in modo definitorio il caso Sulcis.
Il primo paragrafo propone una breve lettura dei dati territoriali con cui si
cerca di fornire una chiara immagine della morfologia del territorio e della
situazione demografica e occupazionale. Ci si occuperà, con particolare
interesse, durante il secondo paragrafo, del Gal Sulcis Iglesiente, Capoterra,
Campidano, che riveste un ruolo importante nel Piano Sulcis. Le strategie
presenti all’interno del piano di sviluppo saranno messe in relazione con i
risultati attesi. Nel terzo paragrafo, sarà fatta una piccola descrizione dei
vari interventi di progettazione integrata avviati nel Sulcis durante la
stagione 1994-1999 (prima dell’istituzione della Provincia di Carbonia-
Iglesias) e durante la stagione 2000-2006, con una forte presenza dei
Progetti integrati territoriali (Pit).
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Capitolo I - Le aree interne.
1. Rapporto Barca
1.1 Politica per la coesione sociale
Si potrebbe aprire il discorso tramite una riflessione sul rapporto Barca e
perchè esso sia importante in termini di sviluppo locale, in quanto soggiace
sul nesso della coesione territoriale, rimarcando più volte gli obiettivi di
riduzione delle disparità regionali presenti nell’UE e inoltre ruota intorno a
due concetti fondamentali: quello di efficienza e quello di equità.
Ultimamente in campo economico, sociale e politico, la politica di coesione
dell’Unione Europea è stata molto dibattuta soprattutto in relazione ai
risultati che essa avrà. Tutto è accompagnato da un altro problema
abbastanza serio, infatti se è vero che l’unione europea ha portato a risultati
tangibili sotto il punto di vista economico, ad esempio con l’introduzione
dell’euro o l’integrazione del mercato, è anche vero che i suoi meccanismi e
le sue politiche hanno creato non solo dei vincitori, ma anche dei perdenti.
A tale proposito è necessario che tramite la politica di coesione venga
promosso uno sviluppo armonioso incentrato alla riduzione delle disparità
tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e l’arretratezza delle regioni meno
favorite, nonché linea guida del Trattato UE. Come si può dedurre, gli
obiettivi che ci si propone verranno realizzati attraverso uno strumento
innovativo: una politica di sviluppo mirata ai luoghi. Essa sostanzialmente
si concentra su tre tipi di risorse: specificità territoriali e istituzionali, sul
ruolo svolto dai collegamenti materiali e immateriali, e sulla necessità di
adottare degli interventi che siano adatti ai luoghi specifici. Questa strategia
di sviluppo, è una strategia a lungo termine il cui obiettivo è quello di
ridurre l’inefficienza e l’ineguaglianza, offrendo la produzione di beni e
servizi pubblici, progettati e attuati estraendo e aggregando quelle che sono
le preferenze e conoscenze locali per mezzo d’istituzioni politiche.
Possiamo evidenziare che le risorse del bilancio UE che saranno utilizzate
per questo obiettivo saranno delle risorse ingenti; per comprendere meglio il
nostro discorso, potremmo fare una prospettiva comparata tra quanto spende
l’UE per lo sviluppo locale e quanto ne spendono gli USA. Possiamo notare
che non solo l’UE ma anche gli USA destinano la maggior parte del loro
bilancio ad una politica incentrata sullo sviluppo locale, la differenza però
sta prima di tutto nella quantità di risorse impiegate da entrambi i sistemi,
infatti mentre l’USA destina circa 253 miliardi di euro, l’UE ne destina
massimo 84 miliardi. La composizione settoriale dei due bilanci è molto
simile, entrambi destinano simile distribuzione a infrastrutture, formazione,
occupazione, servizi sociali. Nonostante questi dati sia L’UE che gli USA
presentano grosse disparità regionali, anche se comunque più accentuate
nell’UE. Sul punto di vista istituzionale, l’UE ha possibilità d’intervento
diretto nelle politiche regionali, cosa che non ha invece il governo dell’UE.
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1.2 Concetto di efficienza ed equità
Continuando sulla scia del progetto dei luoghi ideali, è necessario mettere in
risalto due concetti basilari nell’attuazione di una valida strategia di
coesione e sviluppo territoriale: efficienza ed equità.
L’efficienza si riferisce al massimo sfruttamento delle risorse presenti in un
territorio, l’equità alla possibilità di garantire eguali opportunità agli
individui. L’efficienza in cui alcuni casi è stata considerata percorribile
attraverso il percorso dell’agglomerazione in quanto si riscontra che essa
riesca ad innescare dei processi di crescita e sviluppo, soprattutto come è
avvenuto nel caso della diffusione dei distretti industriali a partire dagli anni
70’ in Italia. Si potrebbe definire tecnicamente “l’agglomerazione come una
concentrazione d’imprese, lavoratori e consumatori, istituzioni formali e
informali in una determinata area, in cui quest’ultime garantiscono la
densità e la coesione dell’agglomerato.” (F.Barca, 2009, p.19). Nei paesi
industrializzati l’agglomerato è stato sinonimo d’innovazione. Gli
agglomerati sono in grado di avviare un processo produttivo molto
specializzato, e in un contesto globalizzato come il nostro esso rappresenta
fonte di ricchezza e sviluppo perché immette nei mercati internazionali dei
prodotti che sono unici e specifici nel loro genere, in quanto estrapolati da
contesti unici che possiedono quei tipi di risorse. Altro elemento positivo
degli agglomerati, è che esso riesco a fornire il vantaggio delle economie di
scala, risparmiando soprattutto sui costi del processo produttivo, per gli
attori economici che si trovano nella rete. La costruzione dell’agglomerato,
sicuramente può non essere spontanea da parte degli attori economici, infatti
si calcola che le imprese preferiscano stabilirsi laddove sia presente una
quantità di servizi, specialmente infrastrutturali, di alto livello, quindi questo
viene sicuramente considerato un fattore influenzante per la nascita della
rete.
Il concetto di equità, ultimamente molto discusso in Europa, nel campo
della riduzione delle disparità tra i diversi stati membri, si propone appunto
l’obiettivo di portare ad uguaglianza e pari diritti tra tutti i cittadini, in modo
tale da favorire il benessere economico e sociale, permettendo quindi di
avviare dei processi di inclusione sociale. Una misura che si potrebbe
utilizzare per la misurazione del benessere sociale, è quella del reddito, in
quanto permette di fare un esame approfondito dei paesi che oggi soffrono
ancora di povertà e necessitano di interventi strutturali. In conclusione si
tratta di evidenziare dove oggi siano presenti delle Capacitazioni all’interno
della società: “le Capacitazioni, corrispondono alla capacità degli individui
di trasformare o convertire una data quantità di “bene” in risultati importanti
per la propria vita, incluso il denaro.” (A.Sen, 1992). In breve potremmo
definire l’inclusione sociale, come “la possibilità di accesso da parte di tutti
i cittadini alla vita economica, sociale e culturale, per godere di un tenore di
vita e un benessere considerati normali dalla società.” (F. Barca, 2009,
p.31).
La soluzione nella riduzione delle disparità sociali, sembra quindi
auspicabile attraverso una fornitura integrata di pacchetti di beni e servizi
che permettano sia una possibilità di stabilimento degli attori economici che
vanno alla ricerca di spazi per praticare la loro impresa, ma anche per
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evitare che il semplice cittadino abbia un’offerta di servizi primari scadente
rispetto ad altre zone urbane o centrali.
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1.3 Perché una politica di coesione mirata ai luoghi?
La necessità di costruire delle politiche basate sui luoghi, è oggi obiettivo
necessario, per la riduzione delle disparità regionali, in quanto questo tipo di
politica tiene conto dei due concetti fondamentali nei processi di sviluppo:
l’equità e l’efficienza.
La soluzione più efficiente per portare questo tipo di politica sembra essere
quella di utilizzare un approccio di governance multilivello, dove il livello
di governo più vicino agli interessi locali, si occupa di realizzare degli
obiettivi imposti dal livello di governo superiore che invece ha il compito di
studiare degli obiettivi che permettano di avviare dei processi di sviluppo
territoriale. Tale sistema di governance multilivello è basato su una chiara
ripartizione dei compiti tra vari livelli amministrativi e prevede la
partecipazione di attori privati e attori in forma associativa. All’interno di
questo approccio si ritiene che sia più probabile raggiungere gli obiettivi
prospettati, dal momento che gli obiettivi sono studiati proprio in relazione
al contesto specifico. Il ruolo primario di questo tipo di politica mirata ai
luoghi è quello di stimolare gli attori locali a mobilitarsi dal basso, grazie
allo stimolo che le istituzioni danno dall’alto, aiutandoli a realizzare quello
che non sono riusciti a realizzare da soli. Elemento di notevole importanza è
quello della partecipazione, che deve avvenire al livello più basso della
governance multilivello, infatti è proprio qui che emergono tutta una serie di
conoscenze aggregate a livello locale.
In alcuni casi la partecipazione ha contribuito ad alimentare all’interno di
alcune reti di attori economici, una dose di fiducia, che a sua volta
incentiverà gli individui alla cooperazione e alla creazione di un circolo che
è a tutti gli effetti un circolo virtuoso.
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2. Le aree interne.
2.1 Aree interne dopo il rapporto Barca
A seguito del rapporto Barca si è iniziato a discutere, di quelle che sono le
zone marginali allo sviluppo, al cui interno sono presenti una quantità
ingente di risorse, che se riconosciute e attivate riuscirebbero a
permetterebbero a queste zone di avviare degli autonomi percorsi di
sviluppo. Queste zone principalmente hanno delle carenze dei servizi
essenziali primari al cittadino, a partire dalle infrastrutture che penalizzano
sia la parte che sociale che la parte economica; scarsa dotazione di servizi
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Fabrizio Barca – Un’agenda per la riforma della politica di coesione.
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Fabrizio Barca – Un’agenda per la riforma della politica di coesione.