CAPITOLO 1
LA NUOV A NORMATIVA DELL'AFFIDAMENTO CONDIVISO
1. PRINCIPI ISPIRATORI DELLA RIFORMA:” BIGENITORIALITA'”
E “INTERESSE DEL MINORE”.
La legge 8 febbraio 2006, n.54, rubricata “disposizioni in materia di
separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli” ha introdotto
nell'ordinamento italiano un profondo mutamento nella delicata tematica
dell'affidamento dei figli nella dissoluzione del nucleo familiare.
La riforma dell'affidamento condiviso e' il risultato di un lungo e travagliato
iter volto a conformare la normativa italiana alla Convenzione di New York
del 1989 (ratificata in Italia con L.27.05.1991, n.176 ), in cui si affermava il
diritto del minore alla bigenitorialità , alla Convenzione europea sull'esercizio
dei diritti dei minori, che attribuisce al fanciullo la possibilità di partecipare
alle procedure giudiziarie che lo riguardano, alla Convenzione Vilnius del
2003, diretta a garantire al minore il diritto a mantenere il contatto con
entrambi i genitori.
L'art.1 della Legge del 2006 ,introducendo l'affidamento condiviso dei figli, ha
integralmente sostituito il previgente art.155 cc. con i nuovi artt. 155-155
sexies c.c.
Detti articoli si riferiscono a tutte le situazioni di crisi familiare in quanto l'art
4 della nuova legge ne estende l'applicazione anche ai casi di annullamento,
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scioglimento del matrimonio e alle ipotesi di cessazione di convivenza more
uxorio .
La norma da ultimo richiamata ha colmato una lacuna presente nel sistema
previgente, che non prevedeva alcuna disposizione per la regolamentazione
della dissoluzione delle famiglie di fatto, consentendo così di superare la
pesante distinzione che intercorreva tra figli naturali e legittimi.
Il testo ante riforma dell'art 155 cc. stabiliva che : “il giudice che pronunzia la
separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro
provvedimento relativo alla prole,con esclusivo interesse morale e materiale di
essa.”
Era cosi sancita la regola dell'affidamento esclusivo dei figli ad un solo
genitore in base alla quale spettava al giudice identificare quale tra i genitori
fosse più idoneo a tutelare gli interessi della prole.
Mentre il genitore affidatario continuava a svolgere i propri compiti di
educazione e di decisione, l'altro si vedeva riconosciuto solo un “diritto di
visita”, da esercitare nei tempi e secondo le modalità fissate dal giudice;
finendo cosi' ad essere relegato ad una figura di sfondo nella vita dei propri
figli.
Il figlio viveva stabilmente con il genitore a cui era affidato, che esercitava in
modo esclusivo la potestà, mentre il non affidatario concorreva nell'assumere
le decisioni di maggior interesse e poteva ricorre al giudice laddove riteneva
che i poteri esercitati dal genitore affidatario fossero in contrasto con
l'interesse del minore.
Si riteneva pertanto che la soluzione migliore al fine di assicurare al minore la
possibilità di godere di un'abitazione stabile, di ricevere un'educazione
omogenea e di trascorrere una vita tranquilla senza dover essere coinvolto nell'
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eventuale conflitto parentale fosse quella di essere affidato ad un solo
genitore, il quale finiva per rappresentare il suo unico punto di riferimento
1.
La conseguenza evidente di siffatto modello di affido era la perdita per il figlio
di un genitore ma “ la sostanziale privazione del proprio ruolo per uno dei
genitori veniva dunque ritenuto il prezzo da pagare per assicurare al minore
tranquillità e stabilità di vita”
2
Il legislatore, con l'art.6 co. II l. divorzio
3
, affiancò all'affidamento mono-
genitoriale due forme alternative ed eccezionali di affido, ovvero quello
congiunto e quello alternato, che potevano essere disposti dal giudice solo
laddove ritenuti compatibili con l'interesse del minore.
L'affidamento alternato, che consisteva nel trasferimento del figlio
dall'abitazione di un genitore a quella dell'altro
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, ha trovato poca applicazione
in quanto ritenuto causa
nella prole di disorientamento e forte instabilità emotiva e quindi contrario
all'interesse morale e materiale della stessa.
L'affidamento congiunto, invece, consentiva al minore di essere curato da
entrambi i genitori sulla base di un progetto comune ma la sua applicazione,
nel caso concreto, era molto limitata in quanto la giurisprudenza richiedeva
spesso dei presupposti rigidi tra i quali : la richiesta spontanea da parte di
entrambi i genitori di tale modalità di custodia, la stretta collaborazione tra gli
1
Cfr. B. De Filippis, Diritto di famiglia. Leggi, prassi e giurisprudenza, Padova, 2011, 468;
E. Gabrielli, Della famiglia in Commentario del diritto civile, a cura di Luigi Balestra, Torino, 2010 ,669
2
E. Gabrielli., Della famiglia in Commentario del diritto civile, a cura di Luigi Balestra. Torino, 2010, 669
3
Cosi come sostituito dall'art.11 della legge 6 marzo 1987 n.74 : “il Tribunale che pronuncia lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dichiara a quale genitore i figli sono
affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale
e materiale di essa. Ove il tribunale lo ritenga utile all'interesse dei minori,anche in relazione all'età degli
stessi,può essere disposto l'affidamento congiunto o alternato.”
4
Per es. Trib. Roma, 12 maggio 1987, in Giurisprudenza di merito, 1988, I, 9;
M. Maglietta., L'affido condiviso, come è, come sarà, Milano, 2010, 42, il quale precisa che “.. ciò che si
alterna non sono i figli ma le facoltà decisionali su questioni di ordinaria amministrazione, che seguono
gli spostamenti di questi ultimi, che ci sarebbero comunque, con qualunque regime.”
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stessi e la vicinanza delle rispettive abitazioni
5
.
Il nuovo art. 155 cc., contenente le norme sui provvedimenti riguardanti i figli
in materia di separazione, ha operato una radicale inversione rispetto a quanto
stabilito nella normativa previgente; ribaltando la prospettiva cui guardare il
rapporto tra i genitori e i figli .
Il I° comma del novellato art. 155 cc. enuncia il principio della bigenitorialità'
post coniugale: “ anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio
minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con
ciascuno di essi,di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di
conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun
ramo genitoriale.”
La disposizione di apertura eleva a valore fondamentale la continuazione del
rapporto tra figli e genitori, che non potrà perciò essere pregiudicato
dall'avvenuta disgregazione dell'unità familiare, identificando pertanto in capo
ad entrambi i genitori non solo il dovere primario di continuare ad impegnarsi
nell'arduo compito di educare e curare la prole, partecipando attivamente e
costantemente alla sua vita, ma anche quello di superare la conflittualità che
eventualmente caratterizza i rispettivi rapporti.
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Lo stesso I° comma prosegue riconoscendo al figlio il diritto di conservare
rapporti con ascendenti e parenti di ciascun genitore, difendendo i sentimenti e
i legami costruiti dal minore con nonni e parenti stretti nel tempo precedente la
separazione.
Occorre precisare che il principio della bigenitorialità non rappresenta una
novità assoluta in quanto e' stato introdotto nel nostro Ordinamento giuridico
5
Per es. Trib. Catania, 9 luglio 1994, in Diritto di famiglia e delle persone, 1995, 922; Trib. Genova, 18
aprile 1991, in Giustizia civile, 1991, I, 3095.
6
G. Oberto, Il nuovo rito del contenzioso familiare e affidamento condiviso:le riforme del diritto di
famiglia viste dagli avvocati, Padova, 2007, 591.
9
con la legge di ratifica 27.05.1991 alla Convenzione di New York sui diritti
del fanciullo del 20.11.1989, che, all'art 9 co. III, prevede il diritto del minore
a mantenere relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori.
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La lettera del I° comma parla di rapporti “equilibrati “ e “continuativi”.
Con il termine “continuativo” si vuole sottolineare la necessita' che il rapporto
instaurato tra genitore e figlio non subisca limiti, in modo tale da consentire al
genitore di essere continuativamente presente nella vita di ogni giorno del
figlio. Il termine “ equilibrato” pone , invece, i genitori sullo stesso piano di
importanza e
postula l'assenza di sproporzioni tra i ruoli assunti da ciascuno di essi nei
confronti del figlio; permettendo cosi' di superare la precedente distinzione tra
genitore affidatario e genitore del “tempo libero”
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.
Il principio di cui al I° comma e' stato elevato dal legislatore a vero e proprio
diritto soggettivo del minore, annoverato, secondo la dottrina
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predominante,
tra i diritti della personalità .
Per assicurare al minore il diritto a mantenere rapporti continuati e significati
con entrambi i genitori, la Novella del 2006 ha previsto, al co. II art.155 c.c.,
un nuovo modello di affidamento della prole ovvero quello “condiviso”.
Il legislatore ha invertito il precedente rapporto tra regola ed eccezione,
elevando ora l'affidamento condiviso a fattispecie preferenziale e degradando
7
Art.9 co. III della convenzione di New York cosi statuisce : “ gli Stati Parti rispettano il diritto del
fanciullo,separato da entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e
contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del
fanciullo.”
8
Cfr, Aa. vv. , L'affidamento dei figli nella separazione e nel divorzio, Milano, 2009, 159.
9
B. De Filippis, il matrimonio, la separazione dei coniugi e il divorzio, Padova, 2007, 297.
Nello stesso senso: M. Sesta, A. Arceri, L'affidamento dei figli nella crisi di famiglia in Nuova
giurisprudenza di diritto civile e commerciale, diretto da M. Sesta, Torino, 2011, 12 : “..la bigenitorialità
non costituisce una legittima rivendicazione del genitore,bensì un diritto soggettivo del minore da
collocarsi nell'ambito dei diritti della personalità,al quale assicurare la più ampia attuazione a fronte di un
evidente e profonda crisi dei modelli familiari consolidati...” ; M. Sesta, “Le nuove norme
sull'affidamento condiviso: a) profili sostanziali”, in Famiglia e diritto, n. 4/2006 , 377
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