INTRODUZIONE
Il lavoro di ricerca che ho condotto e di cui qui si presentano i risultati consiste
nella costruzione di un percorso storico e culturale riguardante Altamura, cittadina
della Murgia barese di circa 70.000 abitanti. Tale percorso si riferisce alla storia
della fotografia altamurana e, contemporaneamente, fa luce sulle tradizioni
culturali locali connesse con il ciclo della vita, con il ricorso sia all‟analisi delle
immagini sia a informazioni di natura orale.
Quella che qui sarà proposta è una fotografia riportabile a chi per anni ha fatto del
ritratto l‟oggetto principale del suo lavoro. Una fotografia, inoltre, che è in grado
di raccontare eventi e situazioni riferibili al ciclo della vita umana e che riflette le
tradizioni, i rituali, le cerimonie, gli usi, i costumi e le credenze osservati e
praticati nella città pugliese. Una fotografia, ancora, che rivela attenzione alle
differenze sociali e che, allo stesso tempo, riproduce forme di rappresentazione
delle diverse componenti della società locale, e in tale, che contribuisce alla
ricomposizione di pezzi di storia appartenenti alla città murgiana.
La prospettiva demologica, antropologica, o anche storiografica, che caratterizza
le fotografie raccolte e considerate nel corso della ricerca, le sottrae «a quella
sorta di ambigua autonomia con cui essa è stata sovente osservata»
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e restituisce
loro un carattere di descrizione densa di specifici e circoscritti ambiti della realtà.
Nella prospettiva del mio lavoro, la fotografia, da sola, non può raccontare, se non
con effetti riduttivi, sia il percorso storico relativo alle origini della fotografia ad
Altamura sia, in particolar modo, le tradizioni relative al ciclo della vita.
Le informazioni orali prodotte dalle persone che ho intervistato rappresenta, poi,
un aspetto non secondario del lavoro. La parola di chi racconta, anzi, è considerata
con l‟equivalente valore attribuito alla fotografia, anche perché essa costituisce un
utile strumento di comprensione delle immagini.
La trasmissione orale del sapere tradizionale è, in molto casi, dalla scrittura, per
cui si è reso necessario nel corso del lavoro procedere alla lettura di libri, riviste e
1
F. FAETA, Fotografi e fotografia, Milano, Franco Angeli, 2006, p. 62.
2
periodici, dove sono reperibili dati e informazioni sul ciclo della vita nella cultura
contadina del passato.
Con il ricorso a tali fonti, iconografiche, scritte e orali, ho potuto stabilire
sequenze spazio temporali, identificare eventi, personaggi, situazioni; per quanto
riguarda, in particolare, le cerimonie del ciclo della vita, ho provato a ricostruire le
varie fasi e a ricomporre costumi, usanze e credenze.
Il rapporto costante tra fotografie e racconto è così divenuto sempre più evidente.
Nella redazione dell‟elaborato ho posizionato le immagini, man mano che
articolavo le diverse parti del lavoro, subito dopo il testo scritto.
Così fotografia e scrittura finiscono col completarsi a vicenda: dove non arriva
l‟una giunge l‟altra, sul piano della lettura e della esplicazione dei fatti e dei
fenomeni e «ai fini della comprensione di fatti e fenomeni che trovano
spiegazione e motivazione in uno sviluppo storico segnato da una costante
dialettica tra continuità e discontinuità»
2
.
Nei miei intendimenti, questo lavoro si propone come un‟operazione di
conoscenza e trasmissione di un patrimonio culturale. E, in tale prospettiva, risulta
evidente il mio legame con il contesto locale, la sua storia, la sua ricchezza
culturale.
Sia attraverso la fotografia che mediante la trasmissione orale e scritta, ho cercato
di produrre elementi per la conoscenza della storia dei fotografi e della fotografia
altamurana e delle pratiche rituali e cerimoniali connesse al ciclo della vita
umana. Per quanto riguarda il primo aspetto, il primo e, finora, pressoché isolato
tentativo effettuato risale al 1981-82, anno in cui l‟A.B.M.C. (Archivio-
Biblioteca-Museo Civico) di Altamura pubblicava il numero doppio 23-24
dell‟annuale rivista storica/bollettino del‟A.B.M.C., al cui interno è presente un
contributo sui primi fotografi altamurani che portava la firma dell‟allora studente
universitario Pasquale Sardone, ora professore di Storia e Filosofia nel locale
Liceo-Ginnasio intitolato a Luca de Samuele Cagnazzi e autore negli anni di
diversi studi sulla storia culturale di Altamura. Dopo quasi trent‟anni ho voluto
riprendere quel saggio, portando oltre l‟interesse dal punto di vista temporale.
Difatti, se lo studio di Sardone arrivava fino al 1933, anno in cui moriva Antonio
2
F. MIRIZZI, Prefazione a F. AMODIO, Santa Dunella vestita di nero…, Venosa (Pz), Osanna,
1994, pp. VII-XIII: X.
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D‟Alesio, l‟ultimo in ordine cronologico dei fotografi altamurani da lui citati, io
ho voluto proseguire la ricerca sino alla fine degli anni Sessanta del ‟900. Quanto
alle fotografie, ho provato a realizzare un vero e proprio archivio fotografico e a
proporre qui 100 immagini: Le prime venti sono relative ai fotografi altamurani,
alla loro biografia e alle rispettive produzioni di maggior rilievo. Le restanti
ottanta fotografie riguardano il ritratto come genere fotografico, come costruzione
dell‟identità personale e dell‟aspetto sociale; quindi le fasi più significative e
simboliche dei rituali della nascita, del battesimo, della comunione e della
cresima, del fidanzamento, del matrimonio e, infine, del funerale.
La ricerca ha permesso di reperire una notevole quantità di immagini riferibili a
generi differenti: fondamentalmente si possono distinguere due diverse tipologie:
quella della fotografia archivistica e quella della fotografia vernacolare.
Nell‟ambito dell‟indagine qui condotta la fotografia d‟archivio è rappresentata da
immagini realizzate, per lo più, da autori colti, professionisti per mestiere,
dilettanti con l‟hobby della fotografia. Si tratta di immagini scattate in tempi
diversi, in luoghi e città differenti, che ho cercato di catalogare attentamente nel
rispetto della loro funzionalità spazio-temporale.
La fotografia vernacolare è identificabile, invece, con le foto familiari e con le
immagini autoprodotte e, quindi, non realizzate da professionisti o cultori del
mezzo fotografico.
Le immagini vernacolari sono forse le più interessanti: negli album di famiglia,
infatti, ho in particolare reperito molte immagini riguardanti il ciclo della vita e le
cerimonie a esso collegate. Pur tuttavia le fotografie amatoriali hanno contribuito
meno al corpus qui presentato, avendo preferito a esse le immagini realizzate dai
fotografi di professione, dal momento che la conoscenza di elementi e di ragioni
di contesto consentiva una maggiore connessione tra la storia della fotografia
locale e gli aspetti connessi al ciclo della vita umana.
Il contributo della fotografia vernacolare è stato utile nel momento in cui si
doveva descrivere una fase cerimoniale non documentata per immagini dai
fotografi professionisti; quindi, in mancanza di foto d‟autore, è stato molto utile il
ricorso a immagini di tipo amatoriale.
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La metodologia di lavoro applicata alle immagini fotografiche potrebbe essere
accostata alle tecniche dell‟indagine demologica. La ricerca, infatti, ha comportato
la raccolta di materiali sul campo e il ricorso al rilevamento e allo spoglio dei dati.
Il rilevamento consente la produzione di documenti che possono essere raccolti
direttamente all‟interno della realtà socioculturale costituente il contesto della
ricerca, mentre lo spoglio permette di rintracciare documenti già prodotti,
ricavabili da opere precedenti, che contengono informazioni sulla realtà studiata
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.
Il rilevamento ha comportato il ricorso all‟intervista o al colloquio, mentre lo
spoglio la consultazione di testi di cultori locali, riviste, giornali, archivi
fotografici e album di foto familiari.
Per ciò che riguarda il trattamento dei dati raccolti, i documenti reperiti sono stati
sottoposti ad attenta documentazione e analisi. La documentazione ha rivolto
essenzialmente l‟attenzione all‟esistenza o no di certi fatti nello spazio temporale
preso in considerazione. L‟analisi, invece, ha riguardato l‟organizzazione dei dati
raccolti, la descrizione verbale e la proposizione delle immagini catalogate e
riprodotte.
In maniera limitata si è poi ricorso alla tecnica di comparazione, una delle
principali metodiche impiegate negli studi demologici italiani, consistente nel
«confronto tra fenomeni di tempi o luoghi diversi, allo scopo di rilevare
uniformità o differenze dal cui esame ci si ripromette di ricavare precisazioni
documentarie e indicazioni interpretative che non potrebbero essere usate
altrimenti»
4
.
Importante per l‟impostazione e l‟articolazione della ricerca è stata la
consultazione del volume curato Da vicino e da lontano. Fotografi e fotografia in
Lucania,
5
la cui lettura mi ha consentito una accurata rivisitazione dei primi passi
della fotografia ad Altamura, una quanto più possibile ordinata biografia dei primi
fotografi altamurani e, infine, la descrizione meticolosa dei luoghi in cui trovava
compimento l‟arte fotografica, ovvero gli atelier dei fotografi. Tutto questo è
riportato nel primo capitolo della tesi, mentre la seconda parte del lavoro delinea
3
A. M. CIRESE, Cultura egemonica e culture subalterne, Palermo, Palumbo, 1973, pp. 237-239.
4
A. M. CIRESE, Cultura egemonica e culture subalterne, Palermo, Palumbo, 1973, p. 275.
5
Da vicino e da lontano. Fotografi e fotografia in Lucania, a cura di F. Mirizzi, Milano, Franco
Angeli, 2010.
5
con attenzione l‟indagine fotografica messa a punto. Qui si è fatto un quadro
generale sulla ricerca svolta, e quindi sulla metodologia della ricerca,
identificando e illustrando gli strumenti principali del lavoro e le fonti dalle quali
sono state attinte le informazioni, e si è evidenziato il rapporto spazio-temporale
tra la fotografia e i soggetti sociali e, quindi, la relazione tra il fotografo e i suoi
clienti; si è poi parlato di generi fotografici e si sono introdotti i temi relativi al
ciclo della vita. Il racconto dei momenti e degli eventi più importanti nel percorso
esistenziale di un individuo, tanto importanti da tradursi in cerimonie, riti e rituali,
connessi a loro volta ad usanze, costumi e credenze, si è avvalso negli anni
dell‟apporto fondamentale della fotografia.
Il terzo capitolo della tesi s‟inizia con un paragrafo intitolato “Foto e tradizioni”,
dove si dà conferma di quell‟evidente legame prodottosi tra tradizione e
fotografia, tema ricorrente nell‟ultimo capitolo del lavoro con riferimento ai riti di
passaggio e seguendo lo schema del classico libro di Arnold Van Gennep
6
,
«opera fondamentale che ha rappresentato un punto di riferimento obbligato nella
formazione di intere generazioni di demologi ed etno-antropologi»
7
.
L‟opera di Van Gennep, dalla nascita alla morte, fa riemergere analiticamente i
riti di iniziazione, aggregazione o unione, e di separazione, tutti rituali connessi
alle cerimonie di nascita e battesimo, al fidanzamento e al matrimonio, alla morte
e alla gestione del lutto. A tali momenti del ciclo della vita umana è stata aggiunta
l‟analisi del ritratto e la considerazione della comunione e della cresima: il ritratto
perché primo e più identificativo genere fotografico, la comunione e la cresima
come momenti non compresi tra i riti trattati da Van Gennep, ma ugualmente e
variamente segnati da tradizioni, usanze, costumi e credenze e, soprattutto, al
centro dell‟interesse dei fotografi, che con il passare degli anni ne hanno fatto
degli specifici e ulteriori generi fotografici.
6
A.V. GENNEP, I Riti di passaggio, Torino, Boringhieri, 1981 (ed. or.: 1809).
7
F. MIRIZZI, Prefazione cit., p. VII.